di ERCOLE INCALZA – Forse sarà utile cominciare ad approfondire il tema legato ai Livelli Essenziali delle Prestazioni (Lep); sicuramente un simile approfondimento lo avremmo dovuto fare prima, tuttavia, se vogliamo dare vita alla Legge sull’autonomia differenziata delle Regioni non possiamo più rinviare questa lettura capillare di alcuni fenomeni che denunciano, chiaramente, le distanze esistenti nella erogazione dei servizi essenziali tra alcuni ambiti territoriali del Paese.
Affronto prioritariamente il comparto legato al “trasporto pubblico locale” e ricordo, soprattutto, un dato: “le famiglie italiane spendono ogni anno circa 38 miliardi di euro per la mobilità all’interno delle aggregazioni urbane piccole, medie e grandi”; cioè nel bilancio delle famiglie, annualmente, c’è una erosione sostanziale dei relativi bilanci. A questo dato, davvero preoccupante, se ne aggiunge uno ancora più grave: il Mezzogiorno incide per oltre il 50%. Cerco di essere più chiaro: le famiglie del Sud vedono, annualmente, il proprio bilancio privato di un valore globale di oltre 19 miliardi di euro.
Ebbene, non posso non ricordare che nel 2001, l’anno in cui venne approvata dal Parlamento sia la Legge 443/2001 (Legge Obiettivo), sia il Programma delle Infrastrutture Strategiche (Pis), lo stato del trasporto pubblico italiano era a livelli davvero tragici, in termini di reti metropolitane vi erano solo 56 chilometri; eravamo in Unione Europea penultimi come dotazione di reti metropolitane, fortunatamente avevamo 8 chilometri in più della Grecia altrimenti saremmo stati ultimi.
La Legge Obiettivo riuscì a dare vita ad un programma che oggi viene venduto come programma del Pnrr o dei Governi che si sono succeduti dal 2015 in poi. Ho voluto fare questa precisazione perché proprio in questi giorni sono comparsi una serie di dati che riporto di seguito ed in cui si precisa: Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) assegna per infrastrutture di trasporto di massa (metropolitane, tramvie e reti ferroviarie urbane) 6,6 miliardi dal 2021 al 2026.
Questo volano di 6,6 miliardi di euro è stato inoltre integrato da tre fondi dalle Leggi di bilancio 2022, 2023 e 2024 così articolati: Estensione della rete metropolitana e del trasporto rapido di massa (4,7 miliardi dedicati alle città di Genova, Milano, Roma e Torino per progetti tra il 2022 e il 2036; Fondo per la Linea C di Roma con uno stanziamento di 2,2 miliardi di euro e 150 milioni di euro per interventi a Milano e Napoli fra il 2023 e il 2035; Contributo per il Comune di Milano per gli oneri del rimborso dei prestiti per le linee M4 ed M5 con un budget di 560 milioni di euro per il periodo 2024 – 2038.
In sintesi i budget governativi dal 2021 portano ad un valore di 14,21 miliardi di euro per l’efficientamento della mobilità urbana dal punto di vista ambientale, energetico ed economico grazie al completamento di 144,2 chilometri di nuove linee metropolitane
Ora se andiamo a leggere l’Allegato Infrastrutture al Documento di Economia e Finanza del 2014 (Allegato previsto dalla Legge Obiettivo e riferimento portante dell’intero impianto programmatico previsto dalla Legge) scopriamo che quelle scelte, quelle opere, con relative coperture, erano già presenti e contenevano anche interventi e risorse per:
Completamento della Linea 1 e la Linea 6 di Napoli; Interventi nel sistema ferroviario locale del nodo di Bari (Ferrovie del Sud Est, Appulo Lucane e Bari Nord); Interventi nel sistema integrato catanese (Rete delle Ferrovie dello Stato e Circumetnea); Interventi nel sistema ferroviario lungo l’asse Punta Raisi – Palermo.
Questi interventi, tutti nel Mezzogiorno, raggiungevano un valore di 4,3 miliardi e in tal modo bilanciavano, in parte, le risorse che erano assegnate nel Centro Nord.
In realtà, quindi, il quadro programmatico definito nel 2014 e, adeguatamente supportato da risorse, è rimasto fermo per dieci anni e, cosa davvero grave, questa infrastrutturazione avrebbe reso un sostanziale ridimensionamento dei costi e, soprattutto, ci sarebbe stato un rilevante contenimento dei bilanci delle famiglie per il trasporto pubblico locale.
Ma questo quadro, ripeto, deve contenere di nuovo le risorse per le realtà urbane del Mezzogiorno ed in particolare deve assicurare anche i collegamenti tra le reti urbane ed i relativi hinterland; a tale proposito dobbiamo convincerci, una volta per tutte, che realtà urbane come Cagliari, come Napoli, come Bari, come Reggio Calabria, come Catania, come Palermo hanno interazioni funzionali con una fascia di realtà che, direttamente o indirettamente, gravano sui nodi urbani centrali e queste interazioni non sono, allo stato, serviti da adeguati impianti di tipo metropolitano.
Ora questa sintetica analisi ci porta automaticamente ad una conclusione: riconosciamo innanzitutto le responsabilità di un passato, quello che nel 2015 praticamente ha bloccato questo processo infrastrutturale, e cerchiamo di dare attuazione congiuntamente alle opere indicate sin dal 2014 con la chiara indicazione anche delle opere del Mezzogiorno. Questo impegno formalizziamolo subito nella redigenda Legge di Stabilità ed in particolare inseriamo nella norma le disponibilità presenti nel prossimo quinquennio.
Una volta tanto effettuiamo un vero bagno di verità senza ricorrere ad annunci di opere non garantite da coperture; questa volta ci viene incontro il fatto che se non lo facessimo verrebbe meno il rispetto delle procedure legate alla costruzione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni, verrebbe meno la concreta attuazione della Legge sulla autonomia differenziata delle Regioni. (ei)