Domani Catanzaro protagonista su Rai Uno con Linea Verde Life

Catanzaro torna in televisione grazie a Rai Uno. «Un’occasione unica per mostrare a tutta Italia quant’è bella Catanzaro». Così il sindaco Nicola Fiorita ricorda l’appuntamento di domani sabato 11 novembre, alle 12.25, su Rai Uno con Linea Verde Life.

Tra modernità e tradizione il capoluogo calabrese guarda al futuro: il programma condotto da Elisa Isoardi e Monica Caradonna ha fatto tappa a Catanzaro e nel suo comprensorio. Tra i focus della puntata i temi della ricerca, dell’innovazione, dell’ambiente e dell’economia circolare. Alla scoperta del territorio, dal centro storico fino al mare, con l’immancabile approfondimento sulla gastronomia, sul piatto tipico del morzello e sui prodotti locali.

L’appuntamento televisivo è stato realizzato nell’ambito della convenzione tra Rai Com e la Regione Calabria e ha visto l’amministrazione comunale, con lo staff del sindaco, partecipare attivamente nella selezione dei temi di interesse e nell’organizzazione logistica delle location attenzionate dalla produzione. (rcz)

Il programma di Rai Uno “Paese che vai” alla riscoperta di San Francesco di Paola

Il programma di Rai Uno Paesi che vai… luoghi, detti comuni… ideato, scritto e condotto da Livio Leonardi, è in Calabria per ripercorrere la vita, la storia ed i miracoli di San Francesco di Paola.

Col consueto linguaggio fiabesco, che da sempre contraddistingue il noto programma di Rai Uno – che va in onda la domenica mattina – e quella capacità di far rivivere il passato nel racconto televisivo, Livio Leonardi – insignito proprio per questi motivi di importanti riconoscimenti quali la Medaglia d’Oro della Società Dante Alighieri per la diffusione della lingua e della cultura italiana nel mondo – immergerà il proprio racconto nella storia di questo straordinario territorio partendo da Cosenza e si addentrerà tra le mura di alcune spettacolari opere architettoniche. 

Partendo da Paola, città natale del Santo, dove Padre Paolo Rendace accoglierà il conduttore, il racconto proseguirà all’interno del Monastero di San Marco Argentano e nel maestoso Santuario di Paola. Le telecamere si sposteranno poi nei Monasteri di Paterno Calabro e di Corigliano Calabro, per arrivare infine al Castello di Corigliano Calabro… un antico maniero custode di affreschi molto particolari.

Ma non è finita qui… sempre con Livio Leonardi – vincitore del Premio Internazionale “Visioni” della Fondazione (Agnelli) Civita di Bagnoregio – andremo anche alla scoperta di alcune location che hanno fatto da set ad una celebre miniserie televisiva.

Ed infine “Paesi che vai” si immergerà nelle bellezze naturalistiche di un’area montana considerata il “cuore verde” della Calabria. (rcs)

Oggi su Linea Verde (Rai1) si parla di Pizzo, Soriano e Mongiana

La Calabria oggi in evidenza su Linea Verde, la popolare trasmissione di Rai Uno in onda alle 12.20. Beppe Convertini illustrerà il suo viaggio nell’entroterra Vibonese, alla scoperta di Pizzo e Soriano Calabro, invece, Peppone Calabrese parlerà delle antiche ferriere borboniche della Mongiana.

Prima tappa quella sulle tracce dei Fenici che per primi portarono la vite di Zibibbo lungo la costa e che oggi è diventato un vino Igp grazie alla passione e all’impegno di Giovanni, un giovane viticoltore che con tenacia ha voluto salvaguardare una tradizione millenaria. Poi sarà la volta di Soriano Calabro dove si confronterà con un glorioso passato che ha visto sorgere uno dei più grandi e potenti conventi domenicani d’Europa, ancora oggi l’immagine di San Domenico in Soriano è meta di pellegrinaggi.

Le antiche ferriere borboniche della Mongiana era una vera e propria industria di cui sono rimaste pochissime tracce, La restanza è il filo conduttore di Convertino e Calabrese, restanza intesa come ciò che resta di un passato ma anche come storie di chi sceglie di restare e investire nella propria terra. Convertino e Calabrese incontreranno poi una famiglia dedita alla coltivazione delle fragole, un gruppo di amici che decide di far nascere una start – up di artigianato orafo nel loro piccolo paese di origine, che rischia di spopolarsi, e poi anche Stefano Caccavari che a San Floro, attraverso un crowdfunding,  ha ridato vita all’ultimo mulino a pietra della Calabria.  E ancora un giovane allevatore di capre e un musicista che ha composto la sua opera ispirandosi proprio al suono dei campanacci. Si parlerà, naturalmente anche delle le specialità tipiche del Vibonese come la ndjua, i fileia e i mostaccioli. (rrm)

SULLA RAI UNA CALABRIA CHE NON ESISTE
LA FICTION ‘LA SPOSA’ INSULTA I CALABRESI

di SANTO STRATIPassi per le belle spiagge della Puglia contrabbandate per le incantevoli coste calabresi, passi per un dialetto che con calabrese c’azzecca poco, ma il mercato delle “vacche” no, non è tollerabile. La fiction Rai La sposa con la regia di Giacomo Campiotti e la sceneggiatura di Valia Santella (Nastro d’argento 2019 e premio David di Donatello nel 2020) ha fatto invelenire i calabresi e scatenare un’ondata di sdegno come non capitava da tempo. La vicenda è molto semplice. La Rai propone in tre puntate (doppie) la storia di una giovane calabrese (splendidamente interpretata da Serena Rossi) che sposa per procura un settentrionale vicentino per garantire sostegno finanziario alla propria famiglia, in disgrazia dopo la morte del padre.

Ora, la storia in sé potrebbe anche essere carina e avvincente per una trasposizione televisiva (ricorda vagamente un racconto del collettivo Lou Palanca del 2015, che non viene minimamente citato) ma appare evidente che la storyteller si sia fatta prendere la mano attingendo non si sa da quali fonti circa un mercato di vergini (peggio della schiavitù) offerte ad aspiranti possidenti matrimoniabili del Nord. È una vergognosa invenzione che, oltretutto, non trova neanche una collocazione temporale giustificabile: che in Calabria (come in tutt’Italia) ci fossero i famosi “sensali” di nozze che combinavano matrimoni misti nord-sud è cosa risaputa, si davano da fare fino a tutti gli anni Sessanta, ma la storia televisiva dice che siamo nel 1967 (quando già c’erano i germogli della emancipazione femminile che da lì a poco sarebbe esplosa) e traccia un’immagine della povera e disperata Calabria che nemmeno il buon Muccino, tra coppole e asinelli, avrebbe potuto immaginare. 

Il disprezzo verso i meridionali è fin troppo evidente ma risulta gratuito e sgarbatamente odioso (Calabria, vuoi sempre sghei!)  e questo non è tollerabile in una televisione che è Servizio pubblico. Si offre un’immagine contorta e distorta di inciviltà come non è mai esistita: si propone un mercato di vergini al miglior offerente che nemmeno negli emirati arabi d’inizio secolo o negli States di miss Rossella e Mamie della guerra americana di Via col vento, tra razzismo, schiavitù e ribellione. No, hanno ragione i calabresi a indignarsi, soprattutto pensando alle lotte contadine, al sacrificio di Giuditta Levato e di tantissime altre anonime donne che hanno pagato con la vita il rifiuto della sottomissione e della violenza di genere.

È un falso storico e in una fiction, in un film, in un romanzo, si può raccontare di tutto, senza tener conto della realtà, ma un conto è l’invenzione creativa, un altro il viscido filo di razzismo che viene trasmesso dalla tv di Stato e sbattuto in faccia alle cattive coscienze dei sostenitori dell’autonomia differenziata (del Nord ai danni del Mezzogiorno).

Le costiere che appaiono in video non sono della Calabria (gli esterni al mare sono stati girati a Vieste, nel Gargano, per evidenti opportunità di produzione – Film Commission Apulia è stata più brava della nostra?), ma neanche la storia, i volti, i personaggi sono della Calabria. 

Un Paese come l’Italia che conta circa 4 milioni di calabresi fuori dalla regione sparsi per la penisola (alcuni illustri, famosi e meritoriamente apprezzati in tutti i campi) non può accettare un’immagine così retriva della storia del Sud, della Calabria, che offende non solo tutti i calabresi, ma anche gli italiani. 

Non è una “storia di Calabria” quella de La sposa che per tale è stata contrabbandata e grazie al cielo non è stata finanziata dalla Calabria Film Commission, ma ha trovao grande pubblico televisivo nella prima serata di RaiUno.  

Una brutta pagina di televisione che coltiva il seme dell’odio razzistico (Nord contro Sud – non s’affitta ai meridionali) sulla quale riteniamo opportuno proporre e riportare i commenti di due scrittori “autenticamente” calabresi: Santo Gioffrè e Giusy Staropoli Calafati. Due riflessioni che, personalmente, condividiamo in pieno e che, siamo convinti, troveranno il giusto apprezzamento. Ma qualcuno, alla fine, risponderà mai di tanta infamia a buon mercato? (s)

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LO SDEGNO DELLO SCRITTORE DI SEMINARA

di SANTO GIOFFRÈ – Mancava, solo, l’anello al naso. Poi, mel reale immaginario dell’Italia da bere, la Calabria torna terra del Grand tour… Micuzzu… Micuzzu ,vota i crapi, ca cattai na capretta  Calabrisi in Puglia e a facimu cumbojjari du muntuni Veneto, in Piamonte… 

Certo che solo la fantasia e la testa malata, infetta da 40 anni di qualunquismo razzista e clerical- reazionario, con evidenti e subitanee complicità Calabresi,  poteva partorire una ipotesi pseudo filmica in cui, negli anni ‘60, le ragazze calabresi venivano fatte sfilare nelle piazze dei paesi, in un mercato delle vacche, come facevano, nel ‘700, gli schiavisti anglo-olandesi- americani, e sottoposte ad aste in base allo stato di verginità, alla dentiera e alla prestanza fisica per usarle come troie da traino nelle terre del nord. 

Qualsiasi proseguo avrà, questa fiction è di una violenza xenofoba…(prendi i sghei, Calabria…) mai fin’ora apparsa in una fiction su una Rete di Stato. Falsa dal punto di vista storico (negli anni 60 non vi furono, mai, fenomeni  di vendite evidenti e pubbliche di donne… anzi in quel periodo, in Calabria, iniziarono lotte politiche feroci per l’emancipazione, il riscatto culturale e sociale e contro il potere politico dominante… e se drammi sociali e familiari vi furono, questi vanno raccontati sotto il profilo storico, antropologico e sociale…). 

La letteratura calabrese, in quel periodo, mostrava, Resistenza, se pur minima, anche se incapace di farsi avanguardia d’impulsi  d’emancipazione …Cialtroni, miserabili e venduti alla vulgata razzista del nord. Ma ve lo meritate… I pacchi i pasta, anche questo sono, visto che accettate di tutto pur di aver qualcuno da chiamare padre!  (s.g)

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NON È LA CALABRIA, È UNA QUESTIONE DI IDENTITÀ

di GIUSY STAROPOLI CALAFATI – Permalosi e orgogliosi. I calabresi siamo così. Suscettibili quando ci toccano la storia e ci reinventano i luoghi. Alterano tutto ciò che attorno ad essi si compie. E che completa la nostra esistenza. Dà acqua alle nostre radici. Fortemente emotivi quando ci scombinano la narrazione, ci strapazzano l’ideologia, ci adattano ai tempi, e ci modificano i decorsi. E non è campanilismo questo risentimento che si palesa sui volti di un popolo intero, è questione di identità.

La Calabria è una parte del Sud, troppo intima, da rendicontare il tempo di una briscola o un tressette. Troppe, infinite le sue declinazioni. Impossibili di essere colte nella totalità.  E interpretarla si sbaglia il concetto, a imitarla si erra per presunzione. E nessuno riesce mai, e per precise ragioni di appartenenza, a fidelizzare con lei completamente. La sua lingua è un ossimoro. Il suo è un idioma potente, impossibile da rendere mediatico. Ha un accento che non esiste.

La Calabria è una gentile colomba. Così ritrae le spose d’Aspromonte, Corrado Alvaro. Anche quelle maritate per procura. Con una sola foto oltre l’oceano. Preservate dal male e dall’affascino.

Nella prima puntata de La sposa, la Calabria torna sul grande schermo ammantata di arretratezza e inciviltà. Riproponendo una questione meridionale praticamente irrisolta.  Ma La sposa non è la Calabria.

La donna calabrese non è una regalia. Non sfila nelle piazze dei paesi, come accade nel film, al mercato delle vacche, per essere messa all’incanto a seconda della sua verginità. Sulla base delle sue possibili prestazioni. Né ieri né mai. La donna calabrese è fimmina! È forza, coraggio, dignità, lavoro, ostinazione e senso, altissimo, dell’onore. 

La sposa in Calabria è valore, anche per procura. È rispetto, è considerazione. La storia cerca verità, non compiacimento. E allora non si esagera, neppure nei fil. È questione di identità.  

La Calabria non è un bicchiere sempre mezzo vuoto, con cui il Nord cerca di placarsi l’arsura quando cazzo gli pare. La mia terra, è un calice di vino rosso pieno che anche il cinema deve imparare a rispettare. Onorando la sua storia, in nome di donne come Giuditta Levato, con tutto il dolore e la resistenza, le lotte e non la ciotìa. Donne come Caterina Pisani Tufarelli, prima donna sindaco d’Italia. Tra le “ragazze del ‘46”, quando già la Calabria aveva avviato la sua emancipazione.

Se non fosse per la capacità del regista, d’aver attributo alla protagonista Maria, interpretata magistralmente da Serena Rossi, la forza inequivocabile che la Calabria ha, che a quanto pare sarà proprio lei a salvare il Veneto, avrei ammonito con fermezza e rigore questa storia. Strumentalizzare una terra come la Calabria, come a volerle ogni volta piegare il capo per la benedizione, è un delitto che non si può perdonare. La Calabria è una terra speciale, e come tutte le cose speciali, va prima provata, assaporata. E solo poi, eventualmente, raccontata nei libri o in televisione.  (gsc)

 

Domenica su Linea Verde protagonista l’antica gastronomia della Calabria

Da non perdere, domenica 24 ottobre, alle 12.20, la puntata di Linea Verde su Rai Uno che sarà in Calabria per raccontare la gastronomia antica calabrese, dalle influenze greche, albanesi, romane, arabe, normanne e spagnole.

Beppe ConvertiniPeppone Calabrese, dunque, a bordo di una vecchia Bianchina, porteranno i telespettatori alla scoperta dei borghi che si stanno ripopolando grazie ad un prodotto della terra finora segreto e finalmente svelato al mondo, come nel caso di Longobardi e della melanzana Violetta De.Co.

La cucina calabrese è riservata, schiva, quasi segreta ed è sullo svelamento di questo segreto che si stanno ripopolando molti borghi, ricchi di storia e arte, abbandonati nel tempo, ma ancora in grado di offrire lavoro e reddito proprio ripartendo da prodotti agricoli unici del territorio. Come nel caso di Diamante e del peperoncino, il prodotto tipico della Calabria. (rrm)

La bella Calabria approdata su Rai Uno, grazie alla Fata Morgana…

di GIUSY STAROPOLI CALAFATI – Ci risiamo! Con estrema puntualità, ecco che il cinema, o meglio ancora la Calabria prodotta dal cinema, diventa motivo di discussione. E sapete tra chi? Tra i calabresi. E sulle basi della solita traccia: “a noi non ci accontenta mai nessuno”.
Al di là del fatto che il film di Matteo Oleotto, prodotto dalla Pepito Produzioni, diretta dal calabrese Agostino Saccà, Tutta Colpa della fata Morgana, andato in onda ieri sera alle 21:30, su Rai 1, possa essere piaciuto o meno, essendo il gusto una questione soggettiva, trattandosi peraltro di una leggerissima commedia all’italiana, la Calabria non è facile raccontala, e a noi calabresi non ci accontenta mai nessuno.
Ecco che infatti, unica tra le terre del Sud, dopo ogni qualvolta appare sul grande schermo, la Calabria, si getta nella polemica fitta da sola.
Il mondo calabrese purtroppo, per quanto ricercato, non riesce mai a essere veramente individuato. E questo è vero, ma tutto è dovuto alla complessità della sua narrazione, di cui c’è tutta una storia responsabile.
La Calabria è bella però è amara, è dolce e fa paura, e poi è contorta, assai arrovescio, contraria… E chi cazzo la riesce a raccontare bene una terra così? Cioè bene come piace a noi, seppure ancora non sappiamo nessuno esattamente a cosa questo bene che vorremmo si riferisce.
C’è un preimpostato da seguire, forse? Un mappale? O vale la libera interpretazione?
I calabresi dovrebbero saperlo. Altrimenti la lamentazione che li deprime non avrebbe dove andare a parare.
Se c’è un problema serio su cui lavorare, questo non è certo rappresentato da chi la racconta o da come racconta, la Calabria, ma da chi si lascia raccontare a un certo modo. Dai calabresi stessi quindi.
Per pretendere di apparire, almeno bene, si deve aver fatto quantomeno benissimo. E la Calabria cosa ha fatto? E i calabresi?
Una cosa che la Calabria non fa mai, anzi di cui gran parte dei calabresi proprio se ne strafottono, è un’analisi critica del sistema di cui si è parte. Quando il riflesso allo specchio invece dice sempre tanto, e addirittura rischia di dire anche tutto.
Ad adirare il fanatismo calabro, che per chi non lo sapesse è quella sorta di orgoglio occasionale che viene fuori solo quando chicchessia decide di pisciarci in testa, e se per bene o per male poco conta, non è stato il racconto peraltro privo, per la prima volta, di fatti di ndrangheta con tradizionale cliché, ma nientepopodimeno, una partita di malocchio. Quella cosa che, tratta dalla cultura popolare, in Calabria è credenza e altrove è sfiga.
Vi venisse un colpo di memoria!
Ma lo ricordate o no che noi veniamo dalla Magna Grecia, dalla terra dei miti, dei racconti, delle leggende, e delle magare? Scilla Cariddi, la Fata Morgana. Storia e mito. Dei ed eroi.
E come? I romani potevano far riferimento ad Enea fingendo di essere un antenato di Romolo, il re di Roma, e noi dovremmo, non so per quale ragione aggiornarci, non raccontando delle vecchie magare? Se non vi ritrovate in questa terra qui, che non è un film di Oleotto, ma un capolavoro del Creatore, vuol dire che non è la vostra terra, la Calabria. Che avete sbagliato posto.
Ma Dio Santo, quando capiremo da che parte vorremo stare davvero?
Rinneghiamo la ‘ndrangheta invece, non la cultura. Mettiamo al bando tutte le sue malefatte, quelle sì che ci arretrano. Ma con i fatti, non con l’indignazione sterile dopo un film, retrogradi sul concetto “questa è terra mia e di nessun altro”.
A Napoli, o a Palermo, la porcheria che facciamo noi calabresi, non la fanno da nessuna parte. Anzi, che se ne parli, dicono tutti. E ci godono. Basta pensare che la Sicilia sta in letteratura e noi no.
E daje, calabresi. A votare non ci andiamo, in piazza non scendiamo, siamo ultimi in tutte le classifiche europee, e frigniamo davanti a una piccola storia in cui improvvisamente, chissà perché, non ci riconosciamo.
Eravamo noi, eravamo. E non eravamo stereotipati come in tanti hanno annotato, ma reali, così come siamo davvero. Perché è il lamento che ci ha portati fino a qui, l’assopimento, l’irriducibile rassegnazione. E niente politica o demagogia.
Certo, su alcune battute poco felici, del milanese, ci sarebbe da fare un discorso articolato. Argomentando persino le pause. Ci sono parole che pungono e fanno male, specie quando si affermano come concetti di base. Ma questa questione, è solo la questione meridionale che resuscita. E non è questo il caso di fare questioni su questione.
Se proprio una morale va tratta da questo film, è che il tempo di crogiolarci è finito, bisogna fare, fare, e ancora fare. E poi sì, poi mostrare al mondo la Calabria che il mondo non si aspetta. Che non è quella delle meraviglie che tutti già sanno, ma quella dei suoi uomini che non si conoscono.
Ieri sera, sul primo canale Rai, la Calabria si è presentata in tutto il suo splendore. Scilla, Zambrone, Briatico, Pizzo. Un ensemble di posti che fanno una terra sola. Che dai, parramundi in domini, calabrisi, a vederla così bella e magnanima, ci sono venuti i brividi. Foramalocchju! (gsc)

Il vescovo di Lamezia Schillaci presiede la Santa Messa in diretta su Rai Uno

Domani mattina, su Rai Uno si potrà seguire, in diretta, la Santa Messa presieduta da mons. Giuseppe Schillaci, vescovo della Diocesi di Lamezia Terme, dalla Cattedrale dei S.S. Pietro e Paolo di Lamezia Terme alle 10.50.

L’atteso evento sarà una occasione per consentire a tutti i fedeli dell’Italia e del mondo, essendo la diretta in mondo visione, di raccogliersi in preghiera tutti insieme, in questo momento così difficile a causa della nuova ondata del Covid, accanto al Padre e Pastore della diocesi lametina.

Il vescovo di Lamezia, nel corso della celebrazione, avrà modo di manifestare ancora una volta la sua vicinanza e il suo affetto a tutti coloro che hanno sofferto e soffrono per l’attuale epidemia di coronavirus, agli operatori sanitari, ai volontari, a chi è solo, a chi ha perso il lavoro, stringendo tutti in un unico abbraccio virtuale nel Signore.

Incoraggerà i fedeli, altresì, a vivere questo tempo di sofferenza nella carità sostenuti dalla forza della fede e dalla luce della speranza. I fedeli della diocesi di Lamezia Terme, insieme a milioni di persone da tutto il mondo, uniranno la loro voce a quella del vescovo Giuseppe Schillaci per chiedere al Signore, per intercessione della Beata Vergine Maria, la fine di questo momento di prova e di dolore. (rrm)

La favola di Mimì rivive questa sera in tv su Rai Uno

Oggi sono 25 anni dalla scomparsa di Mia Martini, l’indimenticabile cantante di Bagnara Calabra dalla voce unica che, tuttavia, non fu mai capita nell’ambiente musicale.

A rendere omaggio a Mimì, non solo la Calabria – a Bagnara Calabra, il Premio Mia Martini le dedica una serata musicale in streaming – ma anche Rai Uno che manderà in onda questa sera, alle 21.15 la fiction Io sono Mia con Serena Rossi nei panni della cantante.

Prodotta da Rai FictionEliseo Fiction, il film biografico del 2019, diretto da Riccardo Donna, ripercorre la vita artistica e personale della cantante, partendo dal 1989, anno in cui Mimì partecipò al Festival di Sanremo con la canzone Almeno tu nell’universo, che rappresenta il riscatto della cantante dopo le maldicenze  che circolavano sul suo conto (si diceva che portasse sfortuna). (rrm)

 

 

 

Del cosentino Francesco Perri le musiche del docufilm su “San Giovanni” di Rai Uno

Sabato 11 aprile, alle 15.00, su Rai Uno andrà in onda, in prima tv, il docufilm dedicato a San Giovanni Battista, dal titolo Il Precursore, con l’attore Francesco Castiglione e la colonna sonora firmata dal Maestro cosentino Francesco Perri, vicedirettore del Conservatorio “Stanislao Giacomantonio” di Cosenza.

Diretto da Omar Pesenti, il documentario racconta la vita di Giovanni il Battista, dalla sua nascita fino alla sua morte, con un cast composto da Edoardo SiravoLuca CapuanoValeria ZazzarettaAntonella FattoriSilvia SiravoGianmarco BellumoriAndrea De SantisValerio Da SilvaNicola Trambusti. (rrm)