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A Lappano presentato il Parco della Bellezza "Santa Gemma Galgani"

A Lappano presentato il Parco della Bellezza “Santa Gemma Galgani”

di ANNA MARIA VENTURAA Lappano, comune della Presila cosentina, è stato presentato il Parco della BellezzaSanta Gemma Galgani”, progettato dall’ architetto Fernando Miglietta, in occasione del novantesimo anniversario della beatificazione di Gemma Galgani. Il parco prevede un anfiteatro, una fontana dal profilo della Santa e un museo all’aperto dei saperi e dei mestieri, dove poter coniugare tradizione e futuro. 

Si tratta di un progetto identitario di comunità, nel quale fare emergere un’identità comune di bellezza, storia, saperi e religiosità. Proprio la religiosità è il valore nel quale si identifica la comunità lappanese. La fede che si coagula e abbraccia tempo e spazio per ridare valore ai luoghi della spiritualità. E la spiritualità di Lappano si stringe attorno ad una Santa, che ha legato indissolubilmente la sua canonizzazione a questo borgo di Calabria. Santa Gemma Galgani. Da Lei prende nome il progetto “Parco della Bellezza”. L’intenzione è quella di guardare all’identità culturale, come ad una risorsa da valorizzare. In tale processo la risorsa di particolare rilevanza è la percezione da parte della popolazione locale della fede verso la Santa.

 E’ pur vero che l’esperienza di un luogo, la condivisione di valori radicati, le relazioni legate alla storia sono i canali attraverso i quali si attribuisce valore ad uno spazio, alla sua specificità e alla sua unicità. Tale esperienza, in quanto condivisa dalla comunità, è percepita come una risorsa comune, che può essere valorizzata attraverso “azioni collettive territorializzate”. Una strategia di sviluppo locale deve, a parer mio, essere un’azione collettiva basata sul concetto di “coscienza di luogo”, tesa ad accrescere tale coscienza attraverso un più ampio e condiviso riconoscimento da parte della comunità locale del valore del patrimonio tradizionale.

Nel caso di Lappano, quello religioso. Corollario di questo pensiero è che accrescere il valore identitario di una credenza religiosa contribuisce ad accrescerne la tutela, a promuoverne una fruizione condivisibile da un più vasto numero di persone, in maniera tale da avere una ricaduta sul territorio. Tale mia riflessione trova conferma nel nesso tra turismo, patrimonio e comunità. La valorizzazione del patrimonio storico, culturale, religioso crea coscienza collettiva dell’intero territorio ambientale, accrescendone il ruolo identitario. Sono convinta che l’interesse che questa valorizzazione suscita, gratifichi la comunità locale, che la riscopre come componente della propria specificità culturale e dunque come riferimento del proprio sentimento identitario.

L’idea su cui fondare un progetto identitario di comunità non fa esclusivamente capo alle permanenze fisiche, ma incorpora valori di memoria, tradizioni locali, forme anche simboliche di appropriazione del territorio e i modelli sociali collettivi che le sottendono. In definitiva le diverse modalità secondo le quali gli abitanti vivono i luoghi.
E’ indispensabile che si crei una relazione identitaria tra comunità e luoghi della cultura. In diversi borghi d’Italia è risultato evidente come, tra i fattori che contribuiscono a contrastare fenomeni di spopolamento e di depressione economica, ci sia stata la riappropriazione dei valori identitari di cultura e tradizioni. Anche la presenza di parchi naturali favorisce l’identità e l’unicità del luogo, oltre a creare posti di lavoro e nuovi flussi turistici e commerciali. 

Valorizzare il patrimonio storico e ambientale significa dunque ricostruire l’identità sociale delle comunità.

E allora ricostruiamo la storia di Lappano, pittoresco borgo della provincia cosentina, situato alle pendici occidentali della Sila Grande. Una recente elaborazione degli studi sulla toponomastica del territorio e la scoperta di alcuni frammenti epigrafici hanno fatto arretrare quanto meno in epoca romana il primitivo insediamento di questo paese pre-silano.

L’origine latina di Lappano sembra d’altra parte confermata da molteplici elementi che dimostrano la presenza di un insediamento romano in epoca antica. Si pensi soprattutto a reperti di quell’epoca presenti nel paese, come l’epigrafe scolpita su un tufo individuato nelle adiacenze della chiesa dell’Assunta nella frazione Altavilla. L’epigrafe, in cui si legge con chiarezza «hoc conditum est», potrebbe risalire all’età imperiale, probabilmente al II secolo d.C.

Le fonti sull’alto Medioevo, già molto avare per le città più importanti e per tutta la Calabria, tacciono addirittura per questo paese. Le prime cedole della tassazione angioina, finalmente, ci restituiscono il primitivo insediamento inserito giuridicamente nel Giustiziariato di Val di Crati, che aveva capoluogo a Cosenza. 

In epoca di dominazione angioina, fra le 21 baglive dipendenti da Cosenza, se ne annoverava una costituita da due unità abitative: il casale di Lappano e la motta di Corno, l’attuale Altavilla. Come tutti gli altri cosiddetti “casali di Cosenza”, Lappano e Corno erano denominati “casali regi”, cioè dipendenti solo dal potere del Sovrano e in nessun tempo soggetti a baronia. A più riprese, nel 1596 e nel 1631, avevano resistito insieme con gli altri casali per non perdere il privilegio di appartenere al regio demanio.

Durante la dominazione spagnola, nei secoli XVI e XVII, alle gravi difficoltà economiche della maggior parte della popolazione, sempre in balìa delle avversità naturali e dell’esosità fiscale praticata dalla corte vicereale, faceva riscontro l’eccessiva agiatezza di pochi gruppi familiari che detenevano il potere politico ed economico: si ricordano ad Altavilla i Malizia e i Greco, a Lappano i Guarano e i Percacciante. Fra le famiglie che emersero tra la fine del XVII e gli inizi del XVIII secolo, quando altre uscivano di scena o per errate scelte familiari o per trasferimento di residenza, furono, a Lappano, i Marra e gli Orsimarsi, del cui splendore i rispettivi palazzi sono ancora oggi efficaci testimoni.

La cittadina non rimase estranea alle vicende che fecero seguito alla rivoluzione francese e già nel 1799 diversi suoi abitanti parteciparono alla rivolta antiborbonica che dalla capitale Napoli si estese a tutto il Regno, subendo poi la spietata vendetta del partito sanfedista. Successivamente soffrì conseguenze di una certa portata durante l’occupazione francese.

Diede, poi, un notevole contributo negli avvenimenti che prepararono l’unità d’Italia. 

Ma quali eventi legano Lappano alla Santa Gemma Galgani?

Il due maggio 1940 il Pontefice Pio XII dichiarava santa Gemma Galgani. La taumaturga lucchese, che morì alla giovane età di 25 anni veniva canonizzata nella Basilica Vaticana alla presenza dei due miracolati lappanesi: Elisa Scarpelli e Natale Scarpelli. Furono infatti i due miracoli operati per sua intercessione nel centro presilano a determinare tale evento.

Il primo miracolo avvenne proprio nello stesso giorno della beatificazione di Gemma Galgani. A guarire miracolosamente fu Elisa Scarpelli, una bambina di Lappano, che era stata colpita al volto da lupus vulgaris, aggravato da una adenite ulcerosa. La mattina del 14 maggio 1933 Elisa si recò a Messa sapendo che quella domenica Gemma, che già invocava nelle sue preghiere, sarebbe diventata beata. Tornata a casa, si tolse le bende, prese un’immagine di Gemma, la pose sulla guancia malata e piangendo esclamò: “Guardami, Gemma! Abbi pietà di me e guariscimi!”. Poi si voltò verso lo specchio e vide il suo volto assolutamente intatto.

Due anni più tardi, sempre a Lappano, Natale Scarpelli fu costretto a lasciare il lavoro perché un’ulcera varicosa resisteva a tutti i rimedi. La sera del 30 maggio 1935 la sua famiglia invocò Gemma, la gamba malata venne fasciata con una sola garza e benedetta con una reliquia della beata. Al mattino seguente Natale si svegliò completamente guarito e dopo due giorni rimontò a cavallo e riprese il suo lavo in Sila. Il 2 maggio 1940, mentre infuriava la guerra, il giorno della festa dell’Ascensione, papa Pio XII proclamò Gemma Galgani Santa. 

In Lappano e nei paesi circostanti la devozione per Santa Gemma è andata sempre più aumentando e in occasione della festa, che si svolge ogni anno l’ultima domenica di giugno, o in alcuni casi la prima di luglio, si portano in processione oltre alla statua due reliquie, una ciocca dei suoi capelli ed un osso del suo costato, custodite presso la chiesa parrocchiale. L’11 aprile 2014, l’Arcivescovo Metropolita, Mons. Salvatore Nunnari dichiarò Santa Gemma Galgani ‘compatrona’ di Lappano. 

E allora ben venga il Parco della bellezza “Santa Gemma Galgani”, a celebrare la bellezza spirituale di una Santa e la bellezza della storia e della natura  di un antico borgo di Calabria. (amv)