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La lettera ai ragazzi e giovani calabresi: Siete voi i veri sognatori che al Sud nascono ancora

di GIUSY STAROPOLI CALAFATICari ragazzi, cari giovani calabresi,

Vi scrivo queste poche righe perché siete voi i veri sognatori che al Sud nascono ancora. 

Scrivo a voi, perché i sogni non possono stare più rinchiusi in un cassetto, e quelli che vi appartengono, sono il giorno della Calabria in cui nella nostra terra potrà finalmente tornare a risplendere il sole.

Vi scrivo perché siete voi il solo tutto che la Calabria ha, e il vostro valore deve essere giustamente quotato. Siete voi la Calabria che l’Italia non si aspetta, e non siete un progetto politico da attuare, ma il pensiero su cui la classe dirigente e la società civile devono puntare. Siete il motore indiscusso di una macchina che deve necessariamente entrare in funzione. Siete tutto e siete voi. E non sentitevi responsabili per quello che siete. Il peso è di tutt’altri, di quelli che non vi hanno mai permesso di essere quello che dovevate. 

Ma ora non si può più aspettare. Nessuno deve più fermare la vostra rivoluzione. Occupare il tempo e il posto che vi spettano, è risultato più brillante che possa raggiungere una di una società civile. 

Non avevo mai pensato che un giorno avrei potuto indirizzarvi una missiva. Di lettere ormai non ne scrive più nessuno. Ma non sono riuscita proprio a farne a meno. E poi me lo insegnate voi che Verba volant e scripta manent.

Scrivere delle righe ai miei figli, sarebbe stato facile, scontato, fin troppo ovvio, e poi avrei scritto da madre, ma farlo a voi, è un atto di responsabilità. A voi, scrivo da calabrese. 

Se starete pensando, come sono certa già state facendo, chi io sia, perché vi stia scrivendo, e se casomai ci siamo conosciuti prima, vi prego, aspettate almeno un altro po’, prima di trarre conclusioni affrettate. È vero, forse non sappiamo bene l’una i nomi degli altri, e viceversa, ma c’è qualcosa che più di ogni altra ci unisce, ed è mia ed è vostra. È nostra, e ci appartiene. 

È la Calabria, questa cosa preziosa che ci mette in contatto. È la Calabria, terra antica in cui siamo nati e di cui facciamo parte. E non serve certo un esame del DNA per darcene conferma. Credetemi che solo dovessimo procedere a un test di massa, il risultato manderebbe in tilt il sistema. Risulteremmo tutti calabrisi ‘nto sangu

Non vedo le vostre facce adesso, ma sono certa che pur sorridendo mi starete dando ragione. La Calabria è quella cosa indefinita, che è geografia, ed è storia, ed è vita, che sta dentro di noi come il cuore nel petto dell’uomo. e detto questo, convenite con me che già ci conosciamo. E che non siamo distanti, ma vicini. 

In Calabria ho incontrato tanti giovani, negli ultimi anni soprattutto, ma tanti davvero. Bambini, ragazzi, adolescenti. Nella scuola, tra i banchi dell’infanzia fino a quelli del liceo; nelle associazioni, in biblioteca, passando per i centri di aggregazioni, gli oratori, le strade dei paesi. Ne ho incontrati ovunque. E chissà quanti di voi che ora state leggendo, eravate in mezzo a loro. 

Ho viaggiato in direzione dell’Aspromonte e del Pollino. Verso la Sila e le Serre. Lungo il Tirreno e il grande Ionio. Ho raggiunto più zone interne possibili, d’inverno quando i torrenti venivano al mare e d’estate con il frinire della cicale. Da Reggio a Cosenza, fino a Crotone, a Catanzaro, e alla mia Vibo. Ho parlato a tanti giovani, ma soprattutto tantissimi li ho voluti ascoltare. Ed è stato bello. Ascoltarli leggere e /o commentare un libro, raccontare commossi la loro storia. Quella della propria famiglia, il destino del proprio paese.

Non sono insegnante e neppure educatrice, se non per il fatto di essere madre. Ho insegnato ed educato i miei figli con tutti i sentimenti del cuore e quelli dalla regione. E tutto sommato non mi è andata male. Sono fiera di loro e di quello che stanno diventando, un po’ meno della Calabria che invece di trattenerli a sé, li sta lasciando andare. 

Sono una scrittrice, una di quelle che di libri e giornali si riempie il giorno, e che in Calabria ha deciso di restare per realizzare il suo sogno. E ringrazio il cielo per questo, perché se solo fossi andata via, avrei avuto più fortuna certo, ma oggi non sarei stata qui a scrivervi queste righe, a parlare con voi di questa nostra terra di cui in tanti parlicchiano, ma senza neppure mai aver studiato la sua storia.

E senza mai ritrovarsela a memoria. E non sarei qui a ricordare a voi, cari ragazzi e cari giovani calabresi, che siete l’effetto speciale più bello del miracolo calabrese. Siete il caso più spettacolare che a una società possa mai capitare di dover risolvere. Siete l’anima delle piazze festanti, il vento che soffia, la pioggia che batte. Siete gli applausi, il coraggio, la forza. I veri animatori delle comunità civili. Nelle terre difficili come la nostra, di cui ognuno va scrollandosi il peso da dosso, e chi fugge via e chi rimane a guardare, siete l’essenza. 

La Calabria non può più essere un peso di cui essere caricati come gli asini. Una sensazione che in segreto almeno una volta nella vita, ognuno di noi ha provato. Sulla propria pelle, o anche solo sentendo il racconto di qualcun altro. 

Ma la Calabria siamo noi, anzi siete soprattutto voi. I vostri desideri, i vostri pensieri, le vostre idee, gli ideali. Siete voi con i vostri talenti, la vostra tenacia, l’ostinazione, la lealtà, e il senso altissimo dell’onore. 

Ed è per questo che oggi sono a qui scrivere a ognuno di voi, a parlarvi tutti insieme, per dirvi che non si può mollare, che si deve combattere, e che soprattutto bisogna pretendere. 

E allora, pretendete, ragazzi, pretendete di conoscere voi stessi fino in fondo. Non accontentatevi mai di quello che vi dicono gli altri. Usate i vostri occhi per vedere, le vostre mani per toccare, e soprattutto la vostra testa per pensare. Approfondite la vostra storia a qualunque costo. Quella della terra in cui siete nati. Degli uomini che l’hanno resa grande, e di quelli che l’hanno avvilita. Valorizzate con forza il senso dell’appartenenza, come si fa le cose preziose. Difendete il Sud. Il Nord. L’Italia di cui siete figli anche voi. E traducete il luogo in stato d’animo. E provate emozioni, e che siano libere. Come vi viene. Quando e come vi va. 

Non barattate mai il (vostro) presente, con le promesse di chi vorrebbe farvi fessi con la storiella che il futuro siete voi. Ricordate a chiunque che voi siete il tempo che scegliete di essere. Siete oggi, ieri, ma anche domani. Il tempo è tutto vostro. 

Pretendete, ragazzi, pretendete che vi si facciano conoscere le vostre origini. Le parabole e i proverbi, i miti, i racconti e le leggende. I luoghi. I libri. Gli scrittori. Corrado Alvaro, Saverio Strati… La Magna Grecia.

E pretendetelo a scuola, dagli insegnanti e dagli educatori, ma anche per strada, in chiesa… Perché vedete, Cristo non è vero che si è fermato a Eboli, lasciando il resto del paese al suo destino. Cristo è sceso anche più giù, fino in Calabria. Con Francesco Da Paola, Natuzza Evolo, il beato don Francesco Mottola. Egli ha girato per tutti i tuguri di questa terra, e in essa, come Cristo, ha fatto la sua via crucis.

Pretendete, ragazzi, pretendete di poter scegliere se restare in questa terra o partire. Nessuno può obbligarvi alla formula del viaggio. È poter scegliere rende liberi. 

Pretendete, ragazzi, pretendete di essere contaminati dal pensiero di Bernardino Telesio, dalla città del Sole di Tommaso Campanella, dalla teologia di Gioacchino da Fiore, dal teorema di Pitagora. 

E poi, forti e orgogliosi delle vostre competenze, rinunciate sempre e convintamente a ogni forma di assistenza che vi viene proposta, e lottate orgogliosamente per avere sempre nuove opportunità.

Nascere in Calabria non si sceglie, essere calabrese sì. (gsc)