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L'OPINIONE / Franco Cimino: Perché mi candido a Catanzaro

L’OPINIONE / Franco Cimino: Le tante cose che mi sono piaciute al Consiglio comunale di Catanzaro

di FRANCO CIMINO – Che mi importa se l’ho passata attaccata al video collegamento per la ripresa in diretta dei lavori del Consiglio Comunale! Questa giornata, e quelle che immediatamente la precedono, abitualmente io le dedico alla riorganizzazione della vita più attiva dopo quel sempre più ristretto tempo vacanza che si concentra nel mese d’agosto e affatica alquanto, paradossalmente, e il corpo e la mente. C’erano le dichiarazioni programmatiche del sindaco e la discussione intorno ad esse.

L’atto cioè più significativo (di più importanti ne verrano dopo e molti), dell’intera legislatura. Occorreva capire molte cose, che la campagna elettorale normalmente lascia sotto traccia, quando addirittura non le trova affatto. E, allora, come se mi trovassi all’interno dell’emiciclo politico, nello scranno, che nella memoria rivedo, che ho occupato dal 2006 al 2011 e che felicemente avrei occupato se il voto sulla mia candidatura avesse rispettato le attese mie e le previsioni altrui.

E lì mi inchiodo, per non spostarmi più, dalle nove e trenta del mattino fino alle diciotto e ventidue, ora di chiusura della seduta. Ho fatto bene o male? Ho fatto bene! Ho perso tempo? Nient’affatto! Come cittadino, prima che come politico, se ne avessi avuto la disponibilità non mi sarei perso questo momento “interminabile” e dal respiro unico. Ne avevo oggi, di disponibilità, e l’ho consumata tutta. Ho perso solo l’ultima mia giornata di mare di questa estate bella calda e luminosa. Non importerà a nessuno saperlo, ma lo voglio dire egualmente, io adoro il mare di settembre, che per me inizia a fine agosto, come prediligo le stagioni che finiscono, l’autunno che inizia, la primavera che incomincia. Trovo qui molto del senso della vita e anche del mio personale sentirla, la vita.

Ma torniamo al Consiglio. L’ho atteso con ansia e non per la lunga vigilia di inutili quanto stucchevoli polemiche, alle quali anche chi non doveva ha offerto la stura perché si riscaldassero. No, no, l’ho atteso con l’ansia che sento a ogni nuovo inizio della vita delle istituzioni, il mio luogo preferito. Come quella domenica della mia infanzia quando le mamme ci vestivano con il vestito della festa. Ecco, per me il “ primo” giorno delle istituzioni è un giorno di festa. Come la domenica. Quasi come Natale. Chi dei protagonisti di questo evento non ha messo l’abito più bello e la cravatta nuova, avrebbe fatto meglio a cercare con maggiore attenzione e calma nell’armadio. Battuta a parte, mi aspettavo tanto da questa seduta.

E cosa ho trovato? Cose buone e cose che buone non lo sono state pienamente. Mi soffermerò soltanto sulle buone, che sono state prevalenti agli occhi(!) di quanti nella passata legislatura in quelle nostre due aule hanno visto spettacoli indecorosi. Lascerò per ultimo due battute divergenti. Questa mia odierna riflessione voglio che sia breve e non solo per rispondere ai consigli di qualche amico che mi suggerisce di scrivere meno lungo per poter essere meglio compreso e letto fino in fondo. Il mio personale contributo “programmatico” e le mie osservazioni critiche e sulle linee esposte e sul dibattito da esse emerso, le esporrò in un’altra occasione, essendo piuttosto corpose ma non difficili da elaborare perché le posso attingere dalla mia antica idea di Città, dalla mia rinnovata visione di Catanzaro.

Dirò quindi, quasi che si tratti di uno sguardo estetico sulla Politica, che mi è piaciuta la compostezza dell’intera aula, il portamento e il comportamento dei singoli consiglieri, lo stile anche di ciascuno di loro accompagnato da quella buona educazione che è mancata per molto tempo. E ciò nonostante il brutto vizio di alcuni che si allontanano per lungo tempo dall’aula. Specialmente, di coloro i quali lo fanno dopo aver svolto il proprio intervento. Confido, però, che il buon presidente dell’Assemblea anche su questo aspetto saprà intervenire. Mi è piaciuto constatare che tutti gli interventi, quale più robusto e quale meno o scarno di contenuti, siano stati preparati e dopo l’attenta lettura della relazione che il sindaco, che, rispettando la norma, ha fatto bene a consegnare due giorni prima della seduta. È stato un bel gesto. Anche questo educato. Favorevole al rispetto dell’Istituzione e alla crescita della vitalità democratica della stessa.

Mi è piaciuta la relazione del sindaco, l’emozione distesa sulle lunghe interminabili prime pagine, il modo di esporla, esplicativo del fatto che l’avesse scritta tutta lui. Mi è piaciuta la sua visione di Catanzaro e l’idea di Città e la sincerità con cui ha ribadito che molte di quelle idee( la grande Città e la legge per Catanzaro Capoluogo e altre ancora, come quelle sul Centro storico e l’Università, da molto tempo preesistessero alla sue due candidature). Su molti di quei passaggi e sulla stessa idea dell’ideale realtà urbana, chi mi conosce e mi ha seguito anche nelle ultime mie comunicazioni elettorali, troverà miei pensieri e sentimenti, del qualcosa mi compiaccio molto. Gratificandomi molto nelle mie fatiche spese in questa ultima battaglia collettiva, ben guidata da Nicola.

Ma egualmente troverebbe delle diverse impostazioni e anche percorsi diversi programmatici, che non dovrà attendere molto perché io le possa ripetere. Ma questo Sindaco mi è piaciuto. È arrivato in forma. E come me l’aspettavo. Non è stato arrogante e non presuntuoso. Certamente non in quella finta dimessa umiltà di altri, ma ben contenuto nella modestia del suo comportamento. Ha parlato da sindaco rappresentando di sé stesso una buona personalità di ruolo, cosa non facile che maturi in così poco tempo. L’ho detto in campagna elettorale, spendendomi pienamente per la causa, che era comune, che Nicola sarebbe stato il sindaco che la Città attendeva da tempo. Mi è piaciuto trovarlo lì. È stato bravo anche nella replica. Forte, misurata, incisiva anche nell’ironia che ha usato verso i suoi più agguerriti avversari. Come mi è piaciuto il confronto ravvicinato che ha voluto avviare con Valerio Donato, alla cui aperta disponibilità iniziale ha saputo rispondere. Mi è piaciuto, pertanto, Valerio Donato.

Per lo stile, la finezza del discorso, l’eleganza dell’argomentare, anche polemico, le sue “ lezioni” pocket di diritto amministrativo ed altro ancora. Certo che avrebbe potuto e dovuto dire molto di più, mancando, invece, cosi della visione d’insieme e di progettualità compiuta. È stata colpa dei dieci assurdi minuti decisi dalla conferenza dei capigruppo, che gliel’hanno impedito ne sono certo. Anche se la libertà di tempo concessa successivamente ha fatto rimpiangere che i minuti non fossero stabiliti anche sotto i dieci, per alcuni interventi. Sono certo che Dinato nel prossimo futuro saprà presentarle.

Mi è piaciuto il senso di responsabilità vestito del rispetto istituzionale, che ha mostrato anche oggi. Non ne avrei mai dubito. Tutto ciò è anche merito del ballottaggio. Chi vi arriva, lo dico sempre, per quindici giorni indossa idealmente la fascia di sindaco. La fascia che gli resterà attaccato per sempre sul petto. Come una medaglia al valore civile. Per questa ragione mi piacerebbe che Antonello Talerico, anche se al ballottaggio non vi è arrivato, rafforzi in aula, sulla base di una energia ben nutrita culturalmente e politicamente e per le capacità politiche di cui dispone, quel sentimento di sindaco che ha ben mostrato in campagna elettorale, ed eviti di farsi trascinare in polemiche che non si addicono neppure alla qualità della persona e della professione. Mi sono piaciuti, pur non condividendoli molto, in tutto, o taluni per nulla, gli interventi svolti in aula. Tutti, dal primo all’ultimo. Le osservazioni “critiche”, che mi ero proposto di fare in conclusione qui, stasera. Le uniche. Per questa scrittura. Eccole.

Da sindaco avrei evitato, in questo inizio, una polemica frontale con Lamezia, soprattutto sulla questione della denominazione dell’aeroporto. Con la Città della Piana, e con quell’intero territorio, occorre da subito riaprire dialogo nuovo, rispetto a quello interrotto anche dalla nostra incapacità politica di capire il ruolo del capoluogo di regione e la straordinaria funzione di cerniera che l’area Catanzaro-Lamezia, su cui dovrà nascere un nuovo modello di sviluppo economico, rappresenta per il progetto antico di unificazione territoriale, culturale, economico e politico della Calabria. Un progetto senza il quale le singole povertà territoriali accentueranno la povertà dei singoli calabresi e quella complessiva della nostra amara amata terra. La seconda osservazione critica è rivolta a quanti hanno osservato criticamente che la relazione fosse piana di belle parole.

Qui ha detto bene il sindaco e mi ripeto per come l’ho pensato durante la discussione. Ma di cosa dovrebbe comporsi una relazione quadro che allunga il suo sguardo nei cinque anni a venire, e anche oltre? Di idee. E da dove nascono le idee se non dagli ideali? E che cosa sono gli ideali se non i primi sogni di chi fa politica e poi va a governare? E dopo aver sognato, tradotto in idee i sogni e in progettualità gli ideali, con che cosa se non con le parole potrebbe essere espresso tutto questo ben di Dio.

Per fortuna questo sindaco oltre alle idee ha pure le parole. Buone. Colte. Quasi romantiche alcune. Aver studiato e letto e scritto nella vita, è un vantaggio anche per chi lo ascolterà in futuro. Il buono ascolto. La buona lettura. Fanno sempre bene. Alla vista. All’udito. Al cuore. Sarà ancora più bello se queste parole e questo libro di sogni si trasformeranno in fatti. Sarà, però, ancora più incisivo e persuasivo l’atteggiamento politico di quanti duramente reagiranno ogniqualvolta una sola di quelle parole sarà contraddetta, cancellata, ingannata. Lo dice la Democrazia, questo. Che è la parola più bella che si possa far rivivere in un’aula del parlamento. Ché il Consiglio Comunale è anche Parlamento. (fc)