PRESA DI POSIZIONE DELLA RESPONSABILE DEL DICASTERO NELL’AUDIZIONE CAMERA-SENATO: IL TESTO COMPLETO ;
La ministra Mara Carfagna

MINISTRA CARFAGNA, UN OTTIMO ESORDIO:
SERVIRÀ NEL RECOVERY UN ‘CAPITOLO SUD’

di SANTO STRATI – Se il buongiorno si vede dal mattino, per il Sud si annunciano delle splendide giornate. La ministra Mara Carfagna, da appena un mese al vertice del dicastero per il Sud e la Coesione territoriale (il 13 febbraio il giuramento) ha mostrato da subito di aver preso con grande convinzione un impegno difficile e straordinario: mettere il Mezzogiorno al centro dell’Italia e del Mediterraneo. E migliore esordio non poteva esserci con le sue dichiarazioni di ieri alle commissioni congiunte Industria, Attività produttive e Ambiente di Senato e Camera a proposito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. La ministra ha spiegato chiaramente che non si tratta di affrontare la nuova questione meridionale in chiave rivendicazionista, ma che il compito del Governo è ben più complesso e anche più suggestivo: fare del Sud il motore dello sviluppo nazionale ed europeo.

Con ammirevole fierezza, la ministra Carfagna ha sottolineato che nell’attuale bozza del PNRR non vi è una missione specifica e dedicata al Sud «essendo quest’ultimo piuttosto declinato come obiettivo trasversale che permea le iniziative progettuali programmate». Ma il PNRR – ha detto la Carfagna – «non è la sola freccia al nostro arco: Fondi di Sviluppo e Coesione, React, fondi di coesione. Il Meridione è dunque quantitativamente e qualitativamente centrale». Insomma, nessuno provi a immaginare di dimenticarsi del Sud: la ministra su questo ha le idee più che chiare e non ha caso ha rimarcato la necessità di prevedere uno specifico “Capitolo Sud” nel PNRR.

La ministra ha anche anticipato che è pronta una nuova bozza che sarà condivisa con il ministro della Salute Speranza: si tratta di servizi territoriali e tecnologie digitali funzionali a consentire alle amministrazioni sanitarie del Sud migliori standard di servizio». quindi sanità, infrastrutture e trasporti e sviluppo, nel quadro di riequilibrare il territorio del Mezzogiorno rispetto al divario, purtroppo, ancora esistente. E non ha mancato di sottolineare il ruolo delle Zes e la cosiddetta Strategia delle aree interne. Una relazione di ampio respiro con dati e precisi riferimenti: la Carfagna non farà rimpiangere l’ottimo Peppe Provenzano, suo predecessore. Il punto è lavorare con convinzione, ma non fermarsi alle dichiarazioni programmatiche e alle belle parole, con frasi di grande suggestione. Servono fatti concreti, e realizzazione degli impegni, con un’attenzione maniacale anche per ogni piccolo particolare: è nelle mani di due donne il futuro del Sud, quello che forse ci voleva per dare una svolta esecutiva alle idee e ai progetti.

Bisogna riconoscere alla ministra la coraggiosa presa di posizione per l’assunzione di responsabilità da parte del Nord produttivo e operoso perché la trasversalità del tema non diventi una nuova forma di elusione del problema Mezzogiorno. La ministra Carfagna mostra di aver chiara la visione dell’intenso lavoro che la vedrà impegnata (con al fianco la sottosegretaria calabrese Dalila Nesci, altra donna tosta) per dare finalmente e veramente l’avvio a quel grande piano di risorse di cui il Sud, e la Calabria in particolare, non possono più fare a meno. Il suo discorso, che riportiamo integralmente, indica chiaramente le varie aree di intervento e mostra, senza dubbio, la voglia di concretezza, il desiderio di realizzare realisticamente lo la crescita del Mezzogiorno (e della Calabria), con una programmazione strategica degna della massima attenzione.

È tra l’altro, di ieri l’annuncio della nascita di un intergruppo “trasversale” Italia Viva-Forza Italia-Lega a favore della realizzazione del Ponte sullo Stretto: è un’opera che aderisce in pieno ai progetti di mobilità e sviluppo infrastrutturale del Mezzogiorno, con evidenti e importanti ricadute occupazionali dirette e indirette. È una insolita alleanza quella che si va profilando e di cui ha dato notizia il sen. Ernesto Magorno: «È un’opera di importanza vitale per il rilancio del Sud» – ha detto. E anche la deputata Enza Bruno Bossio ha sostenuto che «occorre fare un ulteriore passo in avanti con l’attraversamento stabile dello Stretto nell’ottica di realizzare il compimento di un funzionale ed efficace corridoio europeo da Nord a Sud, da Parigi a Palermo come unico investimento sostenibile nel Mediterraneo».

E quello del Ponte sullo Stretto è un tema che la ministra Carfagna – siamo certi – andrà a considerare con grande autorità: non c’è bisogno di studi preliminari, il progetto è pronto (salvo qualche adeguamento sui materiali di nuova tecnologia utilizzabili) e la società Webuild con a capo Pietro Salini si è detta pronta a finanziarlo direttamente, lasciando allo Stato solo i costi delle opere accessorie. È l’ultima occasione, recovery o non recovery, ma il Ponte può, decisamente, rappresentare il simbolo di un vero avvio di sviluppo, contro gli “oscurantisti” e i fautori del No ad ogni costo. Si tratta di ragionare per il bene della Calabria e dei calabresi. (s)


L’INTERVENTO INTEGRALE DELLA MINISTRA PER IL SUD MARA CARFAGNA

Signori Presidenti, Onorevoli Deputati e Senatori,

considero questa audizione una preziosa occasione per illustrare il lavoro che in queste prime settimane abbiamo svolto a cominciare dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Il confronto di oggi mi dà la possibilità di condividere con voi, con il Parlamento gli obiettivi strategici che ci siamo posti e di rielaborarli e implementarli anche alla luce dei vostri suggerimenti.

Non voglio scadere nella retorica ma credo che per il Mezzogiorno si prospetti l’opportunità storica, direi irripetibile, di affrontare con concretezza e determinazione il tema del divario socio-economico che da sempre lo penalizza rispetto al Centro-Nord e ai territori più avanzati d’Europa.

Le risorse sono ingentissime. Vanno utilizzate bene e rispettando i tempi stretti che ci vengono assegnati. Si tratta di aspetti tutt’altro che banali, rispetto all’esperienza del passato, caratterizzata da un cronico ritardo nell’attuazione delle iniziative progettuali, da azioni che non hanno avuto l’auspicata ricaduta sui territori o che si sono addirittura risolte in un disimpegno dei finanziamenti.

Il corretto utilizzo di queste risorse si fonda su un’impostazione di base che l’Europa stessa ci indica nelle disposizioni regolamentari da pochi giorni adottate: occorre una visione d’insieme tra tutti gli strumenti in campo, serve coerenza strategica tra i diversi livelli di programmazione e di attuazione degli interventi, così come occorre sinergia e pieno coordinamento tra tutti gli attori in campo. Stato, Regioni, Comuni ed altri enti territoriali non possono operare come compartimenti stagni, ma devono sentirsi parte di una strategia unitaria e comune.  Proprio con questo spirito, ho inaugurato il mio mandato incontrando uno ad uno i presidenti di tutte le Regioni meridionali, così come l’Anci e le parti sociali.

Questo dialogo culminerà i prossimi 23 e 24 marzo in una due giorni di ascolto e  di confronto, una vera e propria Consultazione Pubblica sul futuro del Mezzogiorno, aperta ai contributi di tutti i cittadini, alle istituzioni pubbliche e private, agli attori sociali e ad alcune delle voci più autorevoli del dibattito sul Sud.

Sarebbe troppo facile pensare di affrontare la nuova questione meridionale in chiave rivendicazionista: potrebbe addirittura convenire a quanti volessero misurare i successi effimeri nel brevissimo termine.

Il Governo di cui faccio parte si cimenta in un compito ben piu complesso e anche più suggestivo: fare del Sud il motore dello sviluppo nazionale ed europeo.

Un Sud non subalterno e succube delle politiche di alterne e generose iniezioni di risorse, ma protagonista nei diritti e nei doveri. Il Sud come terra di diritti oltre che di doveri.

Venti milioni e passa di cittadini che si dichiarano disponibili a cambiare registro sul fronte dell’ingegno, dell’impegno e della responsabilità, ma che devono sentire lo Stato, non un Governo, ma lo Stato, nelle sue articolazioni, al loro fianco per rendere quei territori più sicuri, più accessibili, più attraenti dal punto di vista paesaggistico ed ambientale, contribuire a far crescere nuove generazioni di cittadini consapevoli.

Insomma una sorta di new deal del Mezzogiorno declinato in chiave di Pnrr senza ristori per i soprusi della storia e senza defatiganti trattative sulle risorse troppe volte annunciate e non spese.

Vorremo contribuire a realizzare un luogo fisico dove sarà più conveniente e facile investire, ove la scuola e le università rendano le nostre ragazze ed i nostri ragazzi competitivi e preparati alle sfide delle nuove socialità e dei mercati delle competenze.

Un Mezzogiorno declinato nel fare, ponti ed invasi agricoli, collegamenti veloci e sistemi intermodali, banda larga e dissesto idrogeologico.

Vorrò provare ad utilizzare ogni vostro suggerimento per contribuire ad alzare la media dei servizi e senza scadere nella stucchevole narrazione delle eccellenze che pur ci sono, ma rischiano, in chiave retorica, di frenare le necessarie normalità.

Tornando alle disposizioni comunitarie, esse individuano nella coesione sociale, economica e territoriale uno degli obiettivi primari su cui deve fondarsi il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Indicato l’obiettivo, che corrisponde esattamente al mandato del Ministro per il Sud e la Coesione Territoriale, le disposizioni comunitario indicano il metodo da adottare. Richiedono sinergia tra il PNRR, gli Accordi di Partenariato, il React-EU, i programmi operativi adottati nell’ambito dei fondi dell’Unione, il Fondo per la Transizione Giusta (JTF). Sinergia e coerenza strategica che, aggiungo, devono includere anche la programmazione del Fondo di Sviluppo e Coesione (FSC), per fare fronte alla crisi e favorire la ripresa economica e sociale del Sud.

Solo attraverso questa virtuosa “messa a sistema” dei diversi strumenti di finanziamento progettuale che abbiamo a disposizione, riusciremo a creare davvero una prospettiva di rinascita e non sprecheremo un’occasione così importante per sanare gli squilibri e le diseguaglianze sostanziali tra le varie aree del Paese.

Una programmazione così densa di risorse e così articolata nella sua strutturazione non si era mai realizzata in precedenza, ed in questo sta la sfida da vincere per il Paese, e in particolare per il Mezzogiorno.

Alcuni numeri, per comprendere l’entità della posta in gioco e l’impegno che ci viene richiesto.

Entro il 2023 il nostro Paese dovrà attuare 13,5 miliardi di interventi finanziati con REACT-EU, di cui oltre 8 relativi al Mezzogiorno.

Entro il 2026 dovranno essere spesi 191,5 miliardi di interventi previsti nel PNRR.

Entro il 2029 andranno spesi gli oltre 80 miliardi previsti per i Programmi europei per la coesione 2021-2027, mentre la programmazione dei 73 miliardi del Fondo per lo sviluppo e la coesione (nella formula “80 Sud, 20 resto del Paese”), si estende fino al 2032. Per il meridione, questo significa – escluso il PNRR, su cui tornerò – circa 100 miliardi di risorse disponibili su un orizzonte temporale di pochi anni. Programmarli è un impegno gravoso, saperli investire e spendere sarà una vera e propria responsabilità storica che le istituzioni si assumono nei confronti del Paese e soprattutto delle generazioni future. Conosciamo tutti i dati che fotografano la condizione di disagio del Mezzogiorno, posti di lavoro persi e mai recuperati dalla crisi del 2008, soprattutto di donne e giovani. Quelli relativi alla povertà, circa 200.000 unità in più nel 2020. O i dati relativi all’emigrazione, anche intellettuale, o quelli che riguardano il calo del tasso di natalità. Bisogna agire subito o il quadro sarà presto di piena emergenza sociale ed economica. Non abbiamo la bacchetta magica. L’orizzonte temporale è ridotto, il governo si è insediato a due anni dalla scadenza della legislatura, ma abbiamo il dovere di impostare il lavoro, di invertire la tendenza. attraverso una visione politica lungimirante, il Sud deve essere visto non come un territorio da assistere o risarcire ma come una terra dove ricostruire e assicurare condizioni di sviluppo e diritti dei cittadini. Serve una programmazione attenta e coordinata, che consenta di definire obiettivi e priorità proprie della coesione. Gli strumenti che vi ho descritto, a partire dal PNRR, sono di entità sufficiente a invertire il trend e a dare al nostro Sud l’opportunità del cambiamento e della “svolta” che noi tutti auspichiamo.

La programmazione strategica delle risorse dovrà essere accompagnata da un altrettanto importante azione di monitoraggio e valutazione, anche qualitativa, degli interventi e della loro efficacia nel perseguire gli obiettivi di crescita e riduzione dei divari territoriali.

Al riguardo, per le motivazioni che mi accingo a esporre, occorre partire subito, e con il piede giusto.

Come sapete, l’Italia dovrà notificare entro il prossimo 30 aprile il PNRR alla Commissione europea.

Nell’attuale bozza del PNRR non vi è una missione specifica e dedicata al “Sud”, essendo quest’ultimo piuttosto declinato come obiettivo trasversale che permea le iniziative progettuali programmate. Credo però che avere la consapevolezza della dimensione percentuale delle risorse riservate alle regioni meridionali sia doveroso. La trasversalità del tema non può essere una forma di elusione del problema Mezzogiorno.

Per questo, nell’attuale proposta di piano, d’intesa con il MEF, abbiamo chiesto di esplicitare un vero e proprio “capitolo Sud”. Non sarà una missione ad hoc, ma stiamo lavorando per mettere in evidenza gli interventi dedicati al Sud e le risorse che saranno destinate ad essere assorbite dal Mezzogiorno.

Considerata  l’importanza e urgenza del tema ho intrapreso fin da subito un complesso, leale e fattivo, percorso di collaborazione con tutti i Ministeri, ai quali abbiamo chiesto di esplicitare le voci e l’entità del contributo per il Mezzogiorno delle varie missioni.

Il lavoro è in corso di completamento, in parallelo con la definizione dell’intero Piano, ma le prime stime confermano l’importanza che il Governo sta dedicando al Mezzogiorno. Sulle infrastrutture per esempio, tra opere ferroviarie, manutenzione stradale, investimenti nei porti e nella digitalizzazione dei sistemi logistici e degli aeroporti, il Sud intercetta circa il 50 per cento degli investimenti (oltre 15,5 miliardi su 31), con una punta dell’83 per cento per la cosiddetta “manutenzione stradale 4.0”.  Nell’ambito della transizione ecologica, il 48 per cento in ambito agricolo (1,2 miliardi su 2,5) e il 50 per cento sul trasporto urbano sostenibile (3,77 miliardi su 7,55 sono dedicati al Sud). Alla conclusione di questa opera di ricognizione, non arriveremo a una cifra finale definitiva, perché è evidente che una certa quota degli interventi del PNRR non può essere “territorializzata” a priori, ma da questi primi dati in nostro possesso appare evidente che il complesso delle risorse destinate al Mezzogiorno, sarà superiore alla sua quota di popolazione rispetto al totale nazionale.

Starà a chi governa – a livello nazionale, regionale e locale – far sì che l’implementazione concreta degli interventi e dei progetti non porti a una riduzione di queste risorse, un loro spreco rispetto agli obiettivi fissati o a una minore capacità di assorbimento nel Sud. Il monitoraggio, come ho detto, sarà fondamentale, così come lo saranno le misure – a cui stiamo dando attuazione – per irrobustire la capacità amministrativa degli enti locali e le loro competenze tecnico-scientifiche.

Il PNRR non è la sola freccia al nostro arco, come si è detto: Fondi di Sviluppo e Coesione, React, fondi di coesione. Il Meridione è dunque quantitativamente e qualitativamente centrale. Come ha ricordato il Ministro Franco nella sua audizione, da questa necessaria centralità consegue l’attribuzione al Ministro per il Sud di una competenza “orizzontale”, che assicuri, nelle parole del Ministro, “la coerenza complessiva del Piano con l’obiettivo di riduzione dei divari territoriali”.

Ritengo che la coerenza vada assicurata soprattutto sul piano del metodo e dei tempi. Quel che servirà- in termini di efficienza ed efficacia- sarà estendere il “metodo PNRR” a tutti i fondi disponibili. Anche per garantire coerenza alla programmazione di tutte le risorse della coesione così come ci chiede l’Europa.

Cosa vuol dire metodo PNRR? In sintesi: obiettivi finali puntualmente definiti ex ante dal punto di vista qualitativo e quantitativo, previamente selezionati in considerazione della loro effettiva realizzabilità; monitoraggio costante del raggiungimento di obiettivi intermedi, anch’essi ben delineati; concessione delle risorse strettamente condizionata al raggiungimento di questi obiettivi intermedi.

In questa prospettiva, è essenziale una definizione quanto mai rapida con la Commissione europea dell’Accordo di partenariato, che rappresenta il primo e fondamentale passaggio per far partire la nuova programmazione dei fondi europei.

Ho recentemente incontrato la Commissaria Ferreira con la quale stiamo concordando una road map condivisa che consenta all’Italia di notificare l’accordo non appena saranno definitamente approvati i nuovi regolamenti europei, credibilmente entro giugno. Se riusciremo ad arrivare a una rapida stipula dell’Accordo, guadagneremo e faremo guadagnare alle Regioni fino a 6 mesi rispetto al ciclo 2014-2020. Partire prima significa spendere meglio: è questo il messaggio che sto provando a condividere con tutti i presidenti di regione, a cui spetterà un ruolo essenziale con i POR.

Rispetto ai cosiddetti PON, i programmi operativi nazionali, abbiamo operato una semplificazione e una innovazione rispetto al passato, concentrandone alcuni e dando invece spazio a un nuovo programma, inedito ma quanto mai attuale, condiviso con il ministro per la Salute Speranza: un PON salute. Nei prossimi giorni, condividerò con il ministro la bozza che i nostri uffici hanno prodotto: anticipo che si tratta di servizi territoriali e tecnologie digitali funzionali a consentire alle amministrazioni sanitarie del Sud  migliori standard di servizio.

Con la Commissaria Ferreira abbiamo anche affrontato il tema della Programmazione di REACT-EU. L’iniziativa REACT-EU costituisce uno strumento supplementare di operatività per la programmazione di coesione 2014-2020, finalizzato a proseguire interventi di immediato contrasto degli effetti della pandemia e a costituire un ponte verso l’attuazione del ciclo 2021-2027.

Tutti gli interventi finanziati con REACT-EU, lo ricordo, dovranno essere realizzati entro il 2023. Questa iniziativa rappresenta il primo banco di prova per quella coerenza strategica nella programmazione di cui ho parlato e che deve costituire il faro della nostra azione.

Da ultimo, vorrei proprio sottolineare il ruolo che dovrà svolgere il FSC nella complessiva strategia programmatoria. La Legge di Bilancio per il 2021 prevede che la dotazione finanziaria FSC 2021-2027 sia impiegata in linea con le politiche settoriali di investimento e di riforma previste nel PNRR, secondo un principio di complementarietà e di addizionalità delle risorse.

Dei 50 miliardi di euro assegnati dall’ultima legge di bilancio (a cui si aggiungeranno ulteriori 23 miliardi con la legge di bilancio per il 2022), è nostra intenzione, d’intesa con il Ministro dell’Economia, mantenere la programmazione di 20 miliardi di questo Fondo all’interno del PNRR, per rafforzarne l’impatto e l’efficacia degli interventi ai fini della riduzione dei divari territoriali.

Ribadisco, su questo fronte, la necessità, sia nella fase di programmazione che in quella di attuazione e monitoraggio, che le risorse del FSC da utilizzare nell’ambito del PNRR non solo rispettino il riparto 80-20 previsto dalla legge, a favore del Mezzogiorno, ma soprattutto siano destinate esclusivamente al finanziamento di interventi addizionali e complementari, coerenti con quegli obiettivi di riequilibrio territoriale e di sviluppo del Sud che sono propri, come ho detto, della politica di coesione nazionale. Un invito pressante che mi sento di rivolgere al Parlamento è il seguente: nella piena libertà e sovranità delle decisioni parlamentari, è utile che le risorse del FSC non siano più usate – come spessp accaduto in passato – come una specie di bancomat cui attingere per la copertura di spese altrimenti difficili da finanziare. Distoglierle dal loro obiettivo in modo estemporaneo è sempre legittimo, se fatto dal Parlamento, ma non è lungimirante e non serve all’obiettivo di colmare i divari e garantire la coesione territoriale.

Per quel che riguarda le rimanenti risorse, è mia intenzione condividere, non appena conclusa la Programmazione del PNRR, con il Parlamento e le Regioni, l’impostazione strategica della Programmazione del FSC, che, a mio avviso dovrà caratterizzarsi e concentrarsi soprattutto su quei settori o ambiti di intervento che, per motivi regolamentari, di concentrazione tematica o di tempistica realizzativa, non si possono o non è opportuno finanziare con i fondi europei.

Un’ulteriore priorità della Programmazione del FSC dovrà riguardare il finanziamento di tutti quegli interventi infrastrutturali strategici per il Mezzogiorno, il cui orizzonte temporale di realizzazione e “messa a terra” oltrepassi il limite previsto per il PNRR.

In questo ambito, un ruolo centrale verrà dato al finanziamento dei lotti delle reti ferroviarie TEN-T del Mezzogiorno, che andranno a realizzarsi dopo il 2026, come d’intesa con il ministro della mobilità sostenibile Enrico Giovannini.

Inoltre, nelle more della complessiva Programmazione strategica del Fondo di Sviluppo e Coesione, è comunque mia intenzione procedere con urgenza a una “delibera stralcio” che sbloccherà, tra passato e nuovo ciclo FSC, 3 miliardi per le regioni meridionali e 1 miliardo per quelle centro-settentrionali.

È giunto a questo punto il momento di approfondire il tema della Missione 5 dell’attuale bozza del PNRR, rubricata “inclusione e coesione” e dotata di sei linee di intervento. E’ la componente che, anche in ragione degli indici a cui ho fatto cenno in premessa, più direttamente riguarda il Sud e il ministero che ho la responsabilità di guidare.

Tale pacchetto di interventi necessitava, a mio avviso, di un maggior livello di concretezza maggiore e di una più attenta messa a fuoco. Per questa ragione, in pieno accordo con il Ministro Franco, abbiamo operato una rimodulazione, a saldi invariati, di quattro delle sei linee d’intervento originariamente previste, con l’obiettivo di privilegiare e promuovere iniziative capaci di determinare impatti favorevoli più immediati sui territori destinatari degli interventi della coesione, spostando l’assegnazione di parte delle risorse da progetti di natura più marcatamente assistenziale ad altri capaci di costituire un volano per l’attrazione di investimenti privati e dunque uno stimolo reale allo sviluppo.

In questa prospettiva, è nostra intenzione destinare 600 milioni di euro per l’infrastrutturazione delle ZES – Zone Economiche Speciali.

Vogliamo assicurare, per queste aree, opere di urbanizzazione primaria e di connessione alla rete stradale e ferroviaria che consentano di veicolare i traffici commerciali che i porti sono in grado di intercettare, rendendo possibile la trasformazione delle merci in prodotti finiti o semilavorati, direttamente negli ambiti territoriali circostanti, poiché è evidente che, senza infrastrutturazione e collegamenti interni, le ZES non potranno decollare.

Tale ultima misura sarà peraltro accompagnata da un disegno di riforma organica della disciplina delle ZES, come più avanti spiegherò più diffusamente.

Nell’ambito delle aree interne (cd. Strategia delle aree interne – SNAI), intendiamo destinare 100 milioni di euro al progetto dell’istituzione di presidi sanitari di prossimità, nei Comuni fino a 3000 abitanti, d’accordo con il Ministero della Salute. Il progetto verrà attuato attraverso un bando dell’Agenzia per la Coesione territoriale, e presuppone, nella misura di 50 milioni di euro, il cofinanziamento dei privati che vi aderiranno.

Questo progetto potrà avere un notevole impatto sociale ed economico in termini di: risparmio delle prestazioni a carico del Servizio Sanitario Nazionale – SSN; risparmio per i cittadini di quelle aree sulle spese ed sui tempi di viaggio per raggiungere plessi ospedalieri distanti, al fine di svolgere una serie d’esami specialistici; ed infine aumento dell’occupazione presso la rete delle farmacie che, avendo aderito all’iniziativa, dovranno conseguentemente adeguare la loro offerta di servizi.

È nostra intenzione, peraltro, sostenere con forza il mantenimento del finanziamento di opere sulla rete stradale delle aree interne per un valore complessivo di 300 milioni di euro, che ritengo indispensabile per garantire a questi territori, spesso isolati, soprattutto nelle regioni meridionali, la fruizione degli stessi servizi di base quali l’assistenza sanitaria e sociale e la frequenza scolastica disponibili nella altre parti del territorio nazionale.

Abbiamo inoltre inteso valorizzare una corposa linea d’intervento sulle politiche di contrasto alla povertà educativa, per un valore di 250 milioni di euro, sulla falsariga di un’analoga iniziativa che è già in corso di attuazione, con grande successo, da parte dell’Agenzia della Coesione, attraverso bandi rivolti agli enti del terzo settore delle regioni del Meridione d’Italia.

Quanto alla ricostruzione delle aree terremotate, siamo in costante interlocuzione con il Commissario straordinario del Governo, al quale è demandato il compito di fornire la progettualità più adeguata per sfruttare al meglio queste ulteriori risorse, 1,78 miliardi, che dovranno coordinarsi strategicamente con le altre azioni di coesione territoriale.

In relazione agli Ecosistemi dell’innovazione, è nostra intenzione proporre una rimodulazione dell’importo a 350 milioni, da assegnare mediante un apposito bando per la realizzazione di quattro progetti nel Meridione d’Italia. Meno interventi, niente spezzatino, ma progetti capaci di avere ognuno una vocazione specifica. L’obbiettivo è quello dell’implementazione della ricerca, attraverso costituzione di poli ad alta tecnologia come San Giovanni a Teduccio.

Per quanto attiene alla linea d’azione dei beni confiscati alla mafia, intendo confermare lo stanziamento di 300 milioni di euro. E’ una cifra abbondante, che dà l’idea dell’importanza che affidiamo al riscatto sociale e culturale che c’è ogni qual volta si affida alle forze vive della società un bene prima appartenuto alla criminalità organizzato. E’ una sfida – questa – che intendiamo affrontare insieme agli enti locali e alle associazioni del terzo settore cui saranno rivolti i relativi bandi per l’utilizzo delle risorse. Le misure saranno approvate attraverso accordi stipulati fra l’Agenzia Nazionale per i beni confiscati, l’Agenzia ed il Dipartimento per la coesione ed infine le Regioni meridionali.

In sintesi, per la componente del PNRR che più direttamente riguarda il ministero per il Sud e la coesione territoriale abbiamo scelto di legare insieme le principali priorità per lo sviluppo del Sud: assistenza contro la povertà, lotta alle mafie, irrobustimento delle infrastrutture sociali e materiali per le aree interne, attrattività delle aree portuali, stimolo alla creatività e all’innovazione.

Ho sin qui parlato di programmazione delle risorse, di coordinamento dei fondi, di obiettivi e di metodo per raggiungerli. Rimane tuttavia un grande capitolo da affrontare, determinante al fine di tradurre gli obiettivi in un incremento di PIL e posti di lavoro.

A fronte della straordinaria quantità di risorse da gestire e di progetti da portare a compimento, occorre che lo Stato, le Regioni e tutte le istituzioni mettano in campo una strumentazione adeguata ed una capacità reattiva che fino ad oggi, troppe volte, non si sono dimostrate all’altezza.

Con riferimento all’ultimo ciclo di programmazione, ad esempio, i fondi UE hanno consentito di attivare nel nostro Paese interventi per oltre 73 miliardi di euro. Tale ciclo si concluderà alla fine del 2023; a quasi due anni dalla conclusione sono state tuttavia impegnate risorse per soli circa 50 miliardi e, di questi, ne sono stati spesi poco più di 34.

Si tratta di un tasso di utilizzo insoddisfacente (circa il 50%), sebbene non molto distante dai livelli medi europei (56%), che riflette però una ridotta capacità del nostro Paese di assorbire efficacemente i fondi europei nei tempi previsti.

Anche per accelerare la spesa di tali risorse, nel corso del 2020, è stata condotta una profonda revisione dei programmi 2014-2020, che ha consentito di mobilitare, per il contrasto all’emergenza sanitaria, economica e sociale, quasi 12 miliardi di euro. Restano tuttavia da certificare, entro il 31 dicembre 2023, spese relative ai soli fondi FESR (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale) e FSE (Fondo Sociale Europeo) per oltre 27 miliardi di euro.

È evidente, a fronte di questi dati, la necessità di migliorare la capacità progettuale delle Amministrazioni e semplificare i procedimenti amministrativi, anche attraverso il ricorso ad un piano straordinario di assunzioni.

Per questo motivo, con il Ministro Brunetta, abbiamo già avviato la procedura per l’assunzione di 2.800 figure specialistiche da destinare alle Regioni, alle Città Metropolitane ed ai Comuni, nonché all’Amministrazione centrale, per dare supporto nell’attuazione delle misure ed azioni progettuali che partiranno nei prossimi mesi.

Si tratta dell’avvio di un più ampio processo di assunzioni, che vuole essere rigenerativo, per costruire un nuovo rapporto di fiducia, tra l’apparato pubblico ed i cittadini e le imprese.

La buona riuscita delle varie programmazioni, risiede infatti nella capacità di garantire l’adozione di atti e provvedimenti in tempi certi e brevi.

Questo può avvenire solo con l’immissione di professionalità, in gran parte tecniche, oggi carenti, soprattutto negli enti territoriali: figure che possano garantire il raggiungimento dei risultati attesi, con elevata qualità e rapidità nella conclusione dei procedimenti.

Il reclutamento di queste risorse umane seguirà una procedura semplificata, che non sarà ostacolata, per le modalità con cui è stata pensata, dalle imprevedibili evoluzioni della pandemia: vogliamo che queste nuove e specifiche competenze siano al servizio dei progetti del PNRR, in concomitanza con la sua definitiva approvazione.

Centrale è poi un disegno di semplificazione e sburocratizzazione per accelerare progettazione e realizzazione di opere finanziate anche con fondi Ue, ma non solo.

Nell’ambito delle mie competenze punto ad anticipare tale disegno nelle ZES – Zone Economiche Speciali, tutte perimetrate in territori del Sud Italia: i miei Uffici stanno predisponendo un articolato normativo che da un lato rafforza la figura commissariale, mettendola al centro della governance, con poteri sostanziali, idonei a favorire e realizzare investimenti in tempi brevi; dall’altro introduce misure avanzate di semplificazione procedimentale capaci di attribuire concretezza alla norma, già esistente, che qualifica come libera l’attività  economica nelle ZES.

La riforma delle ZES includerà ulteriori benefici fiscali e forme di coordinamento strategico e supporto tecnico e amministrativo ai commissari.

Confido che ciò consentirà finalmente la piena operatività di tale strumento territoriale, sì da portare nelle aree svantaggiate d’Italia, sviluppo imprenditoriale, lavoro, riduzione del gender gap, nuove prospettive per i giovani che intendono studiare e operare nel meridione.

Il mio intento, su questo tema che considero prioritario, è mantenere quel rapporto di costruttiva collaborazione che, sin dai miei primi giorni di governo, ho voluto che caratterizzasse l’interlocuzione con i Presidenti delle Regioni interessate.

Sempre nell’ottica di incidere con azioni mirate e rapide sui fattori che ostacolano lo sviluppo e che dunque inciderebbero negativamente sui risultati del PNRR, abbiamo avviato una sinergia di azioni e risorse con la Ministra della Giustizia, con riguardo al tema, di gravissimo impatto, in particolare al Sud, della lentezza dei processi: lo scopo è diffondere nel meridione le buone prassi organizzative, già sperimentate in uffici giudiziari del Nord e attuare politiche di coesione sul territorio attraverso gli uffici di prossimità, finanziati dal PON Governance.

Vorrei inoltre richiamare il nostro impegno nel negoziato con la Commissione Europea per l’estensione della misura della decontribuzione Sud fino al 2029, così come previsto dalla Legge di bilancio 2021. Tale misura può produrre effetti favorevoli ai fini dell’attrazione degli investimenti solo se disposta in un arco temporale più esteso

Da ultimo, ma non certo per importanza, il tema, centrale per le politiche di coesione territoriale, dei livelli essenziali delle prestazioni sociali, i cosiddetti LEP: l’obiettivo che intendiamo realizzare, per far sì che nelle Regioni del Sud siano finalmente create le precondizioni per lo sviluppo e la crescita, è che in Italia siano garantiti gli stessi diritti sociali, gli stessi servizi, a tutti i cittadini a prescindere dalla latitudine; anche al fine di poter fronteggiare l’aumentato carico delle esigenze socio-assistenziali richieste dal territorio a causa dell’attuale stato di emergenza pandemica.

Gli ambiti dell’intervento normativo di riforma che i miei Uffici hanno elaborato riguardano l’infanzia, la disabilità e la non autosufficienza.

È nota la significativa sperequazione territoriale tra Nord e Sud sulla spesa sociale pro capite: a fronte di una media di 20 euro l’anno in Calabria, 325 euro vanno alla Provincia Autonoma di Bolzano.

Per arrivare a garantire l’effettiva esigibilità di un livello uniforme delle prestazioni, abbiamo previsto forme di contributo per le assunzioni di assistenti sociali, capaci di estendere la possibilità di potenziamento del sistema dei servizi sociali comunali previsto dalla legge di bilancio 2021 anche agli ambiti, nei quali la disposizione attualmente vigente non trova applicazione.

In questo modo intendiamo diminuire le sperequazioni territoriali tra le Regioni italiane, dando un contributo alle aree maggiormente deficitarie sul fronte dei livelli essenziali delle prestazioni dei servizi sociali.

Inoltre, i nostri Uffici stanno predisponendo una norma che qualifica i servizi educativi per l’infanzia, finalizzati a promuovere lo sviluppo psico-fisico, cognitivo, affettivo e sociale del bambino e ad offrire sostegno alle famiglie nel loro compito educativo, come prestazione essenziale per la collettività, fissando livelli minimi per legge, sia per gli asili-nido che per la scuola dell’infanzia.

Questa misura è indispensabile per creare le effettive condizioni al fine di innalzare in maniera netta, finalmente in controtendenza dopo decenni di divario, il tasso di partecipazione attiva delle donne al mercato del lavoro, che oggi, nelle regioni del meridione, ha percentuali quasi dimezzate rispetto a quelle del Nord.

Diminuendo il sovraccarico di lavoro di cura che da sempre grava sulle donne, in particolare al Sud, si aumenta la probabilità che le stesse trovino uno stabile inserimento lavorativo. Per me questa è una priorità assoluta.

In conclusione, vorrei sottolineare come la sfida del rilancio del Sud non rappresenti un impegno per un solo ministro e nemmeno per un solo governo. E’ un impegno per il Parlamento, per i cittadini, per un Paese intero. E non si esaurirà nell’arco di qualche mese. E’ un cammino lungo che abbiamo il dovere di impostare e avviare.

Per il Mezzogiorno d’Italia si apre una inedita finestra di opportunità. Le risorse ora ci sono, le potenzialità anche, occorre che per la politica italiana intera il Mezzogiorno sia vista per quello che è: il più grande giacimento di capitale umano inesplorato del nostro Continente. E occorre che le istituzioni e l’opinione pubblica meridionale si sentano finalmente alleati e pienamente responsabili del proprio futuro. Meno assistenzialismo significa più diritti e più libertà. Meno sprechi, più asili nido,  più tempo pineo nelle scuole per esempio. Meno sussidi a pioggia, più infrastrutture. Meno micro-interventi, più investimenti strategici, come delineato nel PNRR. Meno rivendicazionismo e contrapposizioni significa costruire un’alleanza per raggiungere questi obiettivi. In poche parole, occorre pensare al Mezzogiorno non più come a una terra “da aiutare” e da assistere ma come una società “da irrobustire” e far crescere nell’interesse del Paese intero.