SERVE UNA NUOVA E MAGGIORE ATTENZIONE PER LE TRE COMUNITÀ LINGUISTICHE PRESENTI IN REGIONE;
Costumi occitani di Calabria

MINORANZE, PATRIMONIO DELLA CALABRIA
TUTELA DELLE ESPRESSIONI TERRITORIALI

di SANTO STRATI – La Calabria ha uno straordinario patrimonio di cultura e di tradizione che si rifà a ben tre minoranze linguistiche. Unica regione italiana ad averne così tante nello stesso territorio. In verità, la parola stessa “minoranze” esprime di per sé qualcosa di negativo, in quanto limitato, ristretto. E quindi non trova l’adeguata attenzione che meriterebbe. Forse se   parlassimo di “Espressioni territoriali” per indicare le enclavi linguistiche arbereshe, grecofone e occitane daremmo il giusto risalto alla ricchezza intrinseca che queste comunità hanno da tempo immemorabile.

Ma, come al solito, questa ricchezza che ha fatto la fortuna di molte realtà ben più modeste (si pensi all’enclave ladina in Trentino, alla stessa lingua sarda nelle sue varie declinazioni territoriali, dove si contano poche centinaia di anime) in Calabria continua a essere trascurata e, spesso, dimenticata. Nonostante una  legge nazionale  (la 482 del 1999) e una regionale (la 15 del 2003), la Regione Calabria ha, fino ad oggi, fatto orecchie da mercante alle istanze che provenivano dalle comunità che rischiano di vedere svanire lingua, costumi e tradizioni. Sottolineiamo fino ad oggi perché il bel convegno organizzato dalla Presidenza del Consiglio regionale calabrese al Polo culturale di Palazzo Campanella indica chiaramente un segnale di cambiamento nei confronti delle minoranze linguistiche della regione. Ci sono stati – è vero – diversi convegni e dibattiti sulla questione delle lingue minoritarie presenti in Calabria, ma non è sortito nulla di concreto e di ragionevolmente propositivo.

Adesso, sembra, si profila una diversa attenzione proprio dal Presidente Filippo Mancuso che vuole coinvolgere tutto il Consiglio regionale per la valorizzazione e la tutela delle  tre comunità.

La testimonianza delle tre lingue minoritarie parlate in Calabria è praticamente orale, non ci sono materiali scritti in quantità adeguata in modo da preservare il linguaggio e le stesse particolarissime e suggestive tradizioni. La costituzione nel Polo di un grande archivio di dati e materiali, messi a disposizione dai vari studiosi e rappresentanti delle tre comunità – arbereshe, grecofona e occitana, costituisce un importante primo passo del percorso di valorizzazione e tutela.

La tradizione orale si passa dai genitori ai figli, ma andrebbe sostenuta da appositi programmi scolastici con insegnanti di madre lingua che permettano di sviluppare un  consolidato bilinguismo che servirà ad accentuare il senso di appartenenza alla comunità.

Fino a non molti anni fa, ai ragazzini dei borghi grecofoni che inserivano nei temi o si lasciavano scappare qualche termine in  lingua non italiana veniva contestato l’errore a matita blu, quando invece (oggi succede) gli scolari andavano premiati per la genuina testimonianza della conoscenza della lingua degli avi. E, cosa ancora più buffa, agli insegnanti di lingua madre anziché riservare cattedre di insegnamento delle lingue minoritarie si seguiva l’assurdo criterio dell’abilitazione conseguita. Le cose sono cambiate, grazie anche a un diverso atteggiamento dell’ufficio scolastico regionale, (per esempio un’insegnante di matematica – grecofona – è stata spostata a insegnare il grecanico ai ragazzi: sarebbe stato un vero spreco di una preziosa risorsa). Ma spesso è più per volontà di singoli che per rispetto di una norma che non esiste e che andrebbe adottata alla bisogna. La tutela della lingua si ottiene insegnandola ai ragazzi, ai bambini già dalla materna, in modo tale da preservarne l’utilizzo. 

L’attuale assessore comunale alle Minoranze linguistiche del Comune di Reggio, Lucia Anita Nucera, per citare un caso-scuola, ha dato  diversi anni fa  la sua tesi di laurea in architettura in lingua grecanica. Un modello che andrebbe preso a esempio al fine di favorire la diffusione delle lingue delle minoranze.

Già, torniamo a parlare di “minoranze” come se l’appartenenza a una comunità che conserva usi, lingua e costumi del passato, fosse un elemento di vergogna o di discriminazione. È invece un tesoro da salvaguardare e da proteggere.

Anche sul piano della diffusione televisiva. Ci sono microscopiche comunità che ricevono cospicui finanziamenti per trasmettere in ambito regionale notiziari in lingua. In Calabria, salvo la lodevole iniziativa dell’ex direttore della sede Rai di Cosenza Demetrio Crucitti che ha sperimentato la sottotitolazione in greco-calabro e in arberesh di documentari e persino di una commedia, s’è fatto fino ad oggi poco, pochissimo. Il nuovo direttore di Rai Calabria, Massimo Fedele – presente al convegno di Reggio del 10 marzo – ha dimostrato molto interesse a offrire spazio e assistenza alle comunità con iniziative che vadano ben oltre i cosiddetti programmi dell’accesso. Occorre pensare a una programmazione che crei curiosità e interesse e incentivi la conoscenza delle lingue minoritarie.

C’è, comunque, la passione dei rappresentanti delle comunità – ammirevole – che dovrà costituire il punto di forza per ottenere la dovuta attenzione del Consiglio regionale. Perché, sia ben chiaro, che la valorizzazione delle “espressioni di territorialità” oltre ad assolvere un dovere sociale, in realtà finisce col tradursi in una grande opportunità di lavoro per i giovani: servono guide, addetti, coordinatori di iniziative, animatori e organizzatori, per creare un’attrazione turistico-culturale davvero unica. La scoperta degli usi e delle tradizioni diventa un elemento significativo del cosiddetto turismo esperienziale e può costituire una straordinaria attrazione turistica dove, accanto alla meravigliosa bellezza dei borghi, è possibile seguire percorsi di conoscenza del nostro passato. Scoprire come la langue d’Oc sia finita a Guardia Piemontese (dove c’è un’affascinante comunità occitana, ai più sconosciuta, persino a tantissimi calabresi), o visitare le numerose e meravigliose enclavi albanesi con una lingua difficile da comprendere e interpretare, ma proprio per questo ancor più suggestiva, o il greco di Calabria, la cui musicalità fa piacevolmente precipitare nello splendore della Magna Grecia. 

E stiamo ancora a discutere perché per le minoranze, anzi per le “espressioni di territorialità” non si debba agire subito? Ma con entusiasmo, passione e responsabilità nei confronti delle nuove generazioni che hanno il diritto di vedere preservate le proprie origini e la loro lingua. (s)