di BEATRICE BRUNO – Organizzato dal Comune di Santo Stefano d’Aspromonte e tenutosi nella splendida pineta di Gambarie, si è affermato il Concorso Nazionale Letterario di Poesia per la Pace, seconda edizione.
«Una nuova ondata di versi – così il Presidente della Giuria, fra Giuseppe Sinopoli – che, alta, forte e autorevole, si è alzata, nell’etere del mondo come accorato appello, meglio urlo di pace. Troppo sangue innocente sta scorrendo sul volto dell’umanità, sventrata con infernale e sorda violenza, fin nelle profondità del cuore. A brandelli, fino ad oggi, sono caduti gli appelli di pace, colpiti dai missili e dai droni più efferati, occhi e cuori ciechi e sordi, direi metallizzati dalle eruzioni di pensieri torvi e disumani, come le loro atroci parole e i loro respiri. Si continua ad ammazzare ed a violentare in nome di pseudo valori, rannicchiati ai tavoli degli avidi ricchi epuloni che mandano giovani e adulti, ragazzi, ragazze, padri e madri alla carneficina, stando attenti a tutelare i loro legami familiari e parentali. Mandano al macello gli altri, mentre loro gozzovigliano nelle sontuose stanze del potere. Drogati di follia. Chiediamo a chi forse crede di non aver voce di unirsi a noi, specie a quelli che vogliono la pace ma che fino ad oggi sono rimasti seduti sul muretto ad osservare, come alcuni intellettuali, per uno tsunami di pace e di rinascita nella bellezza della vita e dell’amore con tutti i colori e le emozioni dell’arcobaleno, in un cielo non più seviziato da macchine di guerra, ma deliziato dalle nuvole che traghettano, dai quattro punti cardinali, oceani tersi di azzurro, riflessi negli occhi bambini che giocano ai sogni degli ideali oltre ogni immaginazione del bello e del buono. Mentre madre terra si riveste a nuovo con miriadi di fiori, sapori e aromi! La pace e la gioia dell’armonia della vita! È questa la vera poesia della pace, che fa sentire famiglia, e, per chi crede, famiglia di Dio!».
Concetti, questi, che sono stati offerti e sensibilizzati, in più occasioni con grande empatia e con spirito di abnegazione, da Francesco Malara, sindaco di Santo Stefano d’Aspromonte, coadiuvato dai suoi collaboratori; da Giovanni Suraci coordinando con appassionata concretezza e creatività, chiaramente in concerto con il Sindaco e ogni membro della giuria, ogni opportunità relazionale e valoriale a che il Concorso potesse incarnare i propositi e le finalità, e cioè di smuovere la cronica apatia a tutti i livelli, in modo specifico quella intellettuale, perché il mondo potesse, finalmente, tornare a godere la gioia della pace e della libertà.
«Le poesie, ha continuato il Presidente della Giuria nella stupenda pineta di Gambarie, sono come le foglie di questi maestosi alberi ad alto fusto, svettanti nell’aere terso di splendore, che elevano fin nelle altezze più affascinanti e ispirate». Sensazioni di estasi che sono rimaste intatte, anche quando la pioggia ci ha fatto trasferire, conservando intatta la serenità, presso la sontuosa sala dell’Hotel Centrale.
Quest’anno le adesioni hanno registrato un incremento notevole di liriche, tra le quali quelle composte dai giovani. Sia in lingua italiana che in lingua dialettale. Componimenti di spessore e di avvincente valenza contenutistica. E tutti declamati dai poeti, preceduti dall’Inno alla Pace, scritto dal Sinopoli e musicato da Mario Taverriti, e intervallati da stacchi musicali dai maestri Franco Donato e Paolo Martino.
Una festa di poesia per la pace che ha estasiato il cuore dei presenti e che, ci si augura con la pubblicazione delle liriche, di contagiare i lettori per quell’urlo di pace oggi, più che mai, urgente e non più afono. Perché ogni persona è sacra, specialmente chi è fragile o subisce violenza, e deve essere rispettata nell’inalienabile diritto ad una vita serena, pacifica e giusta.
«Ogni guerra è distruzione della fraternità umana, dichiara Papa Francesco, è una sconfitta. Non si risolve nulla con la guerra. Niente. Tutto si guadagna con la pace, con il dialogo». Messaggi a cui i poeti si sono ispirati con sentimenti di profonda compassione e solidarietà con i popoli che soffrono il flagello della guerra e gli atroci disagi delle mutilazioni, delle condizioni sociali e ambientali.
Alla festa-cerimonia della premiazione ha portato il dono della sua presenza don Pasqualino Catanese, Vicario Generale della Diocesi di Reggio Calabria-Bova, il quale, a nome dell’Arcivescovo Fortunato Morrone, impedito da imprevisti impegni pastorali a parteciparvi, ha espresso compiacimento per lo svolgimento dell’evento, all’insegna della gioia e della concretezza valoriale, facendo dono anche di una sua bella lirica per la pace.
La valutazione della Giuria, persone di alto profilo letterario e morale, ha selezionato: per la sezione giovani, le liriche, rispettivamente, “Diritto alla Pace” di Ruffato Claudia e “Un sogno” di Irato Sofia; per la lingua italiana, la lirica “L’attesa” di Cotroneo Giuseppe; per la lingua dialettale, la lirica “Cuva la Paci” di Iannini Giovanni.
Le motivazioni tratte dai componimenti evidenziano, per le vincitrici della sezione giovani, lo stupore negli occhi bambini che rivelano la magnificenza del vivere quotidiano, la quale accoglie la tristezza della notte “come un mantello nero che si posa sul mondo” e si materializza, addirittura, in “un seminatore di buio, tra i cuori della gente”. Ma accanto alla luna, che sorride “come una madre”, splende “tra le stelle il desiderio di un bambino, che sogna la fine della guerra”. La bellezza di “Un sogno” viene ad essere contestualizzata nell’armonia del creato. Una grande lezione dal mondo dei giovani, che il mondo adulto non può e non deve ignorare, rimanendo aggrappato alla testardaggine di ciò che ad esso piace.
Le motivazioni tratte dalle poesie in lingua italiana e dialettale richiamano i sentimenti intensi e coinvolgenti col fascino dell’appartenenza alla famiglia umana e all’habitat universale, che il tempo non può dissolvere. Un’appartenenza sovente trafitta da folli eventi di guerra, generando rovine e morti. Tra chi è costretto a partire e chi rimane a casa rivive quel patto esistenziale, fortemente annotato dall’attesa, cioè da quei sentimenti imprescindibili che si materializzano come un abbraccio direi quasi carnale, “mitigato da assorte preghiere”. E’ proprio qui che la poesia coglie il pathos della ritrovata pace e lo condivide con la semplicità del ritorno, sostanziato dal pianto di “perle fuse sulle membra stanche del reduce, alba di nuovo sogno e unzione di nuova fratellanza.
Proprio perché festa di poesia per la pace, tutti i poeti, attorniati dai familiari e dagli amici, sono stati insigniti della menzione di merito, dandosi appuntamento all’anno che verrà, che auguriamo sia splendente di pace. (bb)