REATI AMBIENTALI, LA CALABRIA
SECONDA PER IL CICLO NELLA GESTIONE DEI RIFIUTI

di ANTONIETTA MARIA STRATI – Quarta nella classifica generale delle illegalità ambientali, seconda nel ciclo dei rifiuti e settima nel ciclo di cemento. È il quadro desolante della Calabria emerso dal Rapporto Ecomafia 2025, presentato nei giorni scorsi a Roma da Legambiente.

«La situazione più preoccupante è legata al ciclo di gestione dei rifiuti, nel quale, nella nostra regione, si è verificata una grave impennata di reati che portano la Calabria dal terzo ad un poco onorevole secondo posto e costituiscono una minaccia per l’ambiente, per la salute dei cittadini e per l’economia», ha detto Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria, snocciolando dei dati preoccupanti per la nostra regione.

I numeri calabresi, infatti, raccontano che la Calabria è stabile al quarto posto nella classifica complessiva (7,9% del totale nazionale). Ma, tuttavia, incrementa il numero di reati (3.215) e più che raddoppia il dato sugli arresti (41).

Tra le filiere illegali in particolare, la Calabria spicca nel ciclo dei rifiuti collocandosi al secondo posto con ben 1.137 reati, 1287 persone denunciate, 39 persone arrestate e 446 sequestri.

Nella classifica provinciale dei reati, che costituiscono le fattispecie più gravi, tra le prime venti posizioni si collocano ben 4 delle 5 province calabresi: con Catanzaro al secondo posto (319 reati), Reggio Calabria all’ottavo (239 reati), Crotone al tredicesimo e Cosenza al quindicesimo posto. Classifica a parte per quanto riguarda, invece, gli illeciti amministrativi nella stessa filiera dei rifiuti, che sono 400, mentre le sanzioni amministrative sono state 422.

Nel ciclo illegale del cemento la Calabria è invece settima nella classifica nazionale con 869 reati, 829 persone denunciate e 134 sequestri. A livello provinciale Cosenza segna il maggior numero di reati raggiungendo il quarto posto, Reggio Calabria è nona e Catanzaro sedicesima. Sono 1725 invece complessivamente gli illeciti amministrativi e 1759 le sanzioni amministrative.

Inoltre la Calabria è settima per reati contro gli animali (6,1% del totale): tra le prime venti posizioni si colloca Reggio Calabria al diciassettesimo posto con 143 reati.  Considerando anche gli illeciti amministrativi, Reggio Calabria raggiunge il nono posto mentre Cosenza è dodicesima.

Guardando i dati nazionali, invece, dal rapporto dedicato al trentennaledella scomparsa del Capitano di Fregata Natale De Grazia, morto tra il 12 e il 13 dicembre del 1995 mentre indagava sugli affondamenti sospetti nel Mediterraneo di navi con il loro carico di rifiutiè emerso come in Italia il 42,6% dei reati ambientali si concentra nelle 4 regioni a tradizionale presenza mafiosa (Campania, Puglia, Calabria e Sicilia). Il maggior numero di reati si riscontra, a livello nazionale, nella filiera del cemento (dall’abusivismo edilizio alla cave illegali fino ai reati connessi agli appalti per opere pubbliche) con 13.621 illeciti accertati nel 2024, +4,7% rispetto al 2023, pari al 33,6% del totale. Seguiti dai reati nel ciclo dei rifiuti ben 11.166, +19,9%, e quelli contro gli animali con 7.222 illeciti penali (+9,7%).

Da segnalare l’impennata dei reati contro il patrimonio culturale (dalla ricettazione ai reati in danno del paesaggio, dagli scavi clandestini alle contraffazioni di opere): sono 2.956, + 23,4% rispetto al 2023. Per quanto riguarda le filiere illecite nel settore agroalimentare, a fronte di una leggera diminuzione dei controlli (-2,7%) si registra un aumento del numero di reati e illeciti amministrativi (+2,9%), nonché degli arresti (+11,3%).  A completare il quadro dell’illegalità ambientale del 2024 è la crescita degli illeciti amministrativi, 69.949 (+9,4%), equivalenti a circa 191,6 illeciti al giorno, 7,9 ogni ora. Per quanto riguarda i clan, dal 1995 al 2024 salgono a 389 quelli censiti da Legambiente.

Per quanto riguarda i delitti più gravi, previsti dal titolo VI-bis del Codice penale, nel 2024 al primo posto abbiamo l’inquinamento ambientale con 299 illeciti contestati, quelli complessivi sono stati 971, con un +61,3% rispetto al 2023 e 1.707 persone denunciate (+18,9%). Numeri che insieme all’aumento dei controlli su questa tipologia di reati (1.812 nel 2024, +28,7%) dimostrano l’efficacia della legge 68 del 2015, che a maggio 2025 ha celebrato il decennale. In particolare, da giugno 2015 a dicembre 2024 grazie a questa fondamentale riforma sono stati accertati 6.979 illeciti, con 12.510 persone denunciate, 556 arresti e 1.996 sequestri.

Per la presidente Parretta «la situazione più preoccupante è legata al ciclo di gestione dei rifiuti, nel quale, nella nostra regione, si è verificata una grave impennata di reati che portano la Calabria dal terzo ad un poco onorevole secondo posto e costituiscono una minaccia per l’ambiente, per la salute dei cittadini e per l’economia».

«La Calabria deve rendere concreto un cambiamento – ha evidenziato – che coinvolge tutti gli attori della società calabrese, cittadini, imprese ed istituzioni, per realizzare sul territorio sviluppo sostenibile ed un’economia sana e circolare. È necessario l’impegno di tutti per non dover più vedere la nostra bella regione ai vertici delle classifiche dell’illegalità. È un tributo etico ed un dovere morale che dobbiamo anche alla memoria di chi, come il capitano di Fregata Natale de Grazia, ha dato la propria vita per rivelare la verità e ristabilire la giustizia sul traffico di rifiuti tossici e radioattivi e sulle navi a perdere nel Mediterraneo».

«Noi, come piaceva dire al Capitano Natale De Grazia, odiamo le cose storte e siamo convinti che serve una forte rottura culturale su tutto il territorio regionale», ha dichiarato Daniele Cartisano, presidente circolo Legambiente Reggio Calabria-Città dello Stretto che aggiunge: «Non possiamo più tollerare questa forma strisciante di accettazione sociale che rende questi reati meno scandalosi di quanto dovrebbero essere».

«La denuncia, la mobilitazione civica, l’educazione alla legalità – ha sottolineato – devono diventare strumenti quotidiani di resistenza. Ogni reato ambientale, ogni abuso edilizio, ogni atto di crudeltà verso gli animali rappresenta un’offesa non solo alla legge, ma alla dignità stessa del territorio e di chi lo abita. Restare indifferenti significa esserne complici».

«Nella lotta alla criminalità ambientale – ha commentato Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – l’Italia deve accelerare il passo e può farlo con l’approvazione di una riforma fondamentale molto attesa, ossia il recepimento della direttiva europea sulla tutela penale dell’ambiente entro il 21 maggio 2026. In questa legislatura si parla tanto di semplificazioni, poco di contrappesi in grado di fermare i furbi o i criminali che fanno concorrenza sleale alle imprese serie».

«Per contrastare gli ecocriminali e la loro vera e propria arroganza, servono interventi decisi: ai risultati positivi prodotti fino ad ora dalla legge 68 n. 2015 sugli ecoreati, bisogna far seguire nuovi strumenti per contrastare anche le agromafie, a cominciare dal mercato in crescita dei pesticidi illegali, e l’abusivismo edilizio, altra piaga del paese, rafforzando il sistema dei controlli ambientali, in modo omogeno su tutto il territorio nazionale», ha commentato Enrico Fontana, responsabile dell’Osservatorio nazionale Ambiente e legalità di Legambiente. (ams)

LA CALABRIA BRUCIA, È EMERGENZA
107 INCENDI BOSCHIVI IN UN GIORNO

di ANTONIETTA MARIA STRATI – La Calabria brucia, di nuovo. Con le prime ondate di caldo, infatti, l’emergenza incendi è tornata a colpire la nostra regione ma, come sottolinea Legambiente Calabria, «non è solo colpa del caldo. È spesso l’alibi degli ecocriminali che approfittano dei mesi estivi per mettere in atto i loro affari».

«Nella sola giornata del 29 giugno 2025, si sono registrati 107 incendi boschivi in tutta la regione. Colpita anche la Locride con un vasto rogo che ha interessato le colline fra Roccella Jonica e Caulonia», ha denunciato Legambiente, che pone, nuovamente, l’attenzione su  un’emergenza «che si ripete ogni estate e che trova la Calabria ancora impreparata sul fronte della prevenzione, nonostante gli sforzi messi in campo», ha detto l’Associazione, ricordando come la Regione ha recentemente avviato il nuovo Piano AIB 2025, annunciando una politica di “tolleranza zero” con l’utilizzo di droni e satelliti per il monitoraggio del territorio».

«Strumenti tecnologici che, negli anni passati – ha detto l’Associazione – hanno effettivamente portato all’identificazione di diversi piromani, ma che non hanno ancora determinato una riduzione significativa del fenomeno perché è ancora insufficiente la gestione forestale e la manutenzione ordinaria del territorio dedicata alla prevenzione del rischio incendi».

Un concetto ribadito dal Partito Democratico Calabria, che ha sottolineato come «non basta affidarsi a droni e satelliti se mancano manutenzione ordinaria, gestione forestale e risorse umane. La tecnologia non può sostituire un piano organico di prevenzione, come ripetiamo da tempo».

Servono, infatti, come anche ribadito da Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria e di Antonio Nicoletti, responsabile nazionale Aree protette di Legambiente, un cambio di rotta per un fenomeno «aggravato dalla crisi climatica, con ondate di calore sempre più intense e periodi di siccità prolungata, ma anche da scelte politiche inadeguate, ritardi e assenza di prevenzione strutturata».

La Calabria – ha ricordato l’Associazione – «è al terzo posto in Italia per reati legati agli incendi boschivi e di vegetazione, con: 445 reati accertati, 369 incendi registrati, 13 persone denunciate, 4 sequestri, 335 illeciti amministrativi e 371 sanzioni. Fra le province, Cosenza svetta a livello nazionale con 257 reati e 108 illeciti amministrativi, seguita da Crotone (13° posto) e Catanzaro (17° posto)».

Ad aggravare un quadro già preoccupante, i dati riportati dal PD, basandosi sui dati Ispra: «nel 2025 il 70% delle foreste italiane bruciate è nella nostra regione».

«Non si può più puntare solo sulla gestione dell’emergenza – hanno detto Parretta e Nicoletti –. Servono politiche di buona gestione forestale, mappatura delle aree percorse dal fuoco e imposizione dei vincoli previsti dalla legge quadro sugli incendi boschivi, presidio del territorio e rafforzamento della sicurezza per le comunità nelle aree interne e montane».

«La tecnologia, da sola, non basta – hanno continuato Parretta e Nicoletti – se non è accompagnata da investimenti strutturali, responsabilizzazione dei cittadini, controlli efficaci, repressione severa dei reati e una regia politica forte. Troppo spesso, inoltre, gli incendi sono legati a interessi criminali, come ha evidenziato la magistratura, che ha documentato il coinvolgimento della ‘ndrangheta nel business illecito della gestione dei boschi e dei pascoli abusivi».

«Ormai, da mesi – continua Legambiente – è incessante il lavoro dei vigili del fuoco. Preoccupante l’episodio avvenuto a Cassano allo Ionio, dove le fiamme si sono propagate pericolosamente nei pressi di una RSA, costringendo all’evacuazione preventiva di 10 persone. Interventi anche lungo l’autostrada A2 del Mediterraneo, in particolare a Tarsia (CS), dove incendi di arbusti e macchia mediterranea hanno causato disagi alla viabilità. Ma il fenomeno in queste ultime ore sta interessando tutta la Calabria. Ad Amendolara, nello Ionio Cosentino, un vasto incendio ha circondato il paese per ore».

Come far fronte a questa emergenza? Legambiente Calabria ha rilanciato le 10 proposte operative già presentate lo scorso anno, che vanno dalla gestione integrata del rischio incendio alla pianificazione forestale e urbanistica, fino al rafforzamento delle pene, al pascolo controllato come misura preventiva e alla ricostituzione ecologica post-incendio.

«La Calabria – conclude Legambiente – non può e non deve farsi trovare impreparata. Occorre una visione lungimirante, risorse adeguate e volontà politica per scongiurare i disastri a cui stiamo assistendo e che rischiano di diventare strutturali con l’aggravarsi della crisi climatica».

A fare eco all’Associazione è il PD, che chiede affinché la «maggioranza accetti la realtà e ascolti le proposte formulate da Legambiente e quelle che il Pd ha più volte sottoposto all’attenzione del governo regionale, anche con il progetto “TerraFerma Montagna Solidale”».

«Il gruppo Pd — conclude la nota — continuerà a incalzare la giunta affinché abbandoni la propaganda e dia finalmente priorità a un piano serio, concreto e immediato, con risorse certe, personale adeguato e un controllo costante».

«Suscita sconcerto leggere le dichiarazioni del gruppo Pd, che offre un quadro distorto della situazione incendi in Calabria, citando numeri in modo fuorviante e operando paragoni privi di fondamento oggettivo», ha detto l’assessore regionale alla Forestazione, Gianluca Gallo, rispondendo ai dem. (ams)

DISASTRO AMBIENTALE, LA CALABRIA È
PRIMA PER I REATI COMMESSI: SONO 59

di ANTONIETTA MARIA STRATI – La Calabria è al primo posto per i reati per disastro ambientale. È quanto emerso dal bilancio realizzato da Legambiente e Libera in occasione del decimo anniversario della legge sugli ecoreati,  che posiziona la nostra regione settima nella classifica assoluta.

Andando più nello specifico, nella nostra regione si può notare come, tra il 2015 e il 2024, sono stati fatti 1.937 controlli, commessi 368 reati, 772 persone denunciate, 80 sono state arrestate. Sono 252 i sequestri, e il valore sequestrato si aggira sui 154.287.974 di euro.

L’analisi aggregata dei dati relativi ai due “assi” della legge 68 del 2015 (delitti contro l’ambiente nel Codice penale e riforma del sistema sanzionatorio previsto nel Testo unico ambientale) conferma, come numero di controlli effettuati (4.178), reati (1.440) e sequestri (382, per un valore di oltre 209 milioni di euro) il primato della Campania negli illeciti penali contro l’ambiente accertati nel nostro Paese grazie al lavoro delle forze dell’ordine e delle Capitanerie di porto.

Non mancano, relativamente all’applicazione della legge 68, le sorprese, rispetto alle tradizionali classifiche sull’illegalità ambientale pubblicate nel “Rapporto Ecomafia”: al secondo posto, con 726 reati, si colloca infatti la Sardegna, che occupa la prima posizione sia per le persone denunciate (1.627) che per i reati (179) relativi alla violazione del Codice di responsabilità degli enti, il D.lgs 231 del 2001, una regione già segnalata comunque in crescita anche nei dati complessivi del rapporto del 2024.

Al terzo posto figura la Puglia (540 reati) che è prima, però come persone arrestate (100) e per reati di inquinamento ambientale (260), seguita dalla Lombardia (498 reati) e dalla Sicilia, a quota 482, che è, però, la prima regione come valore economico dei sequestri effettuati, pari a 432,1 milioni di euro e la seconda come persone denunciate. Il dato relativo al Trentino-Alto Adige, sesto in questa classifica con 374 reati, è frutto, in particolare, di tre tipologie di illeciti penali: l’applicazione della parte Sesta-bis del Testo unico ambientale, con 255 reati (art. 318-bis), pari al 68,2% del totale; il Codice di responsabilità degli enti (art. 25 del D.lgs 231/2001), con 58 reati e l’attività organizzata di traffico illecito di rifiuti (40 illeciti).

 Il 40,5% dei reati accertati grazie all’applicazione della legge 68 dal 2015 al 2024 si concentra nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa (Campania, Puglia, Sicilia e Calabria).

«In questi dieci anni grazie alla legge sugli ecoreati – commentano Legambiente e Libera – tante denunce fatte sono diventate processi e sono arrivate le prime sentenze definitive come, ad esempio, quella per la gestione criminale della discarica Resit, in provincia di Caserta. Tutto ciò è stato possibile grazie a quella riforma di civiltà che ha visto finalmente la luce il 19 maggio del 2015 con l’approvazione della legge sugli ecoreati».

«Dell’importanza di questa normativa parleremo a ControEcomafie a Roma il 16 e 17 maggio – spiegano – e la due giorni dei lavori si concluderà con l’approvazione di un “Manifesto” in cui verranno raccolte le proposte che faremo al governo e al Parlamento e gli impegni che ci assumiamo, per rafforzare quella rivoluzione iniziata dieci anni fa e contrastare con più efficacia le ecomafie in tutti i settori dove fanno affari d’oro a discapito dell’ambiente, della salute dei cittadini e dell’economia».

La riforma della disciplina sanzionatoria del Testo unico ambientale. Il secondo “asse” della legge 68 del 2015 è quello relativo alla nuova disciplina sanzionatoria prevista dalla parte Sesta-bis del Testo unico ambientale (D.Lgs 152/2006), che rappresenta poco più del 50% delle attività di controllo svolte dalle forze dell’ordine e dalle Capitanerie di porto.

Da giugno 2015 a dicembre 2024, a fronte di 11.156 controlli effettuati sulla base dell’art. 318 bis, sono stati contestati 3.361 reati, con 4.245 persone denunciate, 3 ordinanze di custodia cautelare e 553 sequestri, per un valore di 159,7 milioni di euro. Il meccanismo previsto per l’eventuale estinzione dei reati ha visto 794 prescrizioni impartite (art. 318 ter) e 510 adempimenti (318 quater).

«Questa riforma, introdotta con la legge 68 – prosegue la nota delle due Associazioni – oltre a “decongestionare” il sistema giudiziario da procedimenti relativi a illeciti penali di minore gravità, ha consentito di incassare nel Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, dal 2018 al 2023, oltre 33 milioni di euro, da utilizzare interamente per il rafforzamento delle attività di controllo svolte dalle stesse Agenzie regionali e provinciali in materia di protezione ambientale, comprese quelle relative agli anni precedenti al decreto del ministero dell’Ambiente del 2022 sulla loro destinazione».

Nell’applicazione di questa parte specifica della legge 68, infatti, un ruolo decisivo viene svolto proprio dalle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente, i cui risultati vengono pubblicati ogni anno, grazie al lavoro di analisi curato dall’Ispra, nel “Rapporto Ecomafia” di Legambiente. Dal 2018 al 2024 sono state emesse ben 8.092 prescrizioni (relative in particolare ad emissioni in atmosfera, rifiuti, scarichi e autorizzazioni integrate ambientali), delle quali 5.893 sono state ottemperate e ammesse al pagamento, a cui si aggiungono altre 2.690 ammissioni a pagamento per condotta esaurita o adempimento spontaneo. (ams)

 

Tutela ambientale, “Calabria al centro del Mediterraneo” arriva a Corigliano Rossano

«La grande partecipazione di oggi dimostra quanto sia forte la volontà di costruire una Calabria più sostenibile e attenta al proprio patrimonio ambientale». È quanto ha Evelina Viola, presidente del Circolo Legambiente Corigliano-Rossano, nel corso dell’incontro svoltosi a Corigliano Rossano, nell’ambito del progetto “Calabria al centro del Mediterraneo”, promosso da Legambiente Calabria e cofinanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e dalla Regione Calabria (CUP J58D22000410001).

L’iniziativa, organizzata con il supporto del Circolo Legambiente Corigliano-Rossano, ha coinvolto istituzioni, docenti, studenti, rappresentanti del mondo accademico e della società civile, con l’obiettivo di approfondire le sfide ambientali del territorio e individuare soluzioni concrete per il futuro.

«Il lavoro da fare è ancora tanto, ma iniziative come questa sono fondamentali per gettare basi solide per il futuro», ha detto la presidente Viola all’evento in cui è stata evidenziata la necessità di una collaborazione sempre più stretta tra scuola, istituzioni e mondo scientifico per affrontare con efficacia le sfide ambientali. Tra le proposte emerse, si è parlato dell’importanza di avviare studi mirati sulle dinamiche costiere, incentivare il turismo sostenibile e potenziare i percorsi educativi rivolti ai giovani.

Dopo i saluti istituzionali, i partecipanti hanno discusso temi fondamentali come l’erosione costiera, la gestione delle risorse naturali e l’educazione ambientale. Momento centrale della giornata è stata l’inaugurazione, nella città di Corigliano-Rossano, della mostra fotografica curata da Federico Grazzini, che offre uno sguardo approfondito sulle criticità e sulle potenzialità ambientali della Calabria.

Al tavolo di confronto era presente Cinzia D’Amico, dirigente scolastica dell’I.I.S. L. Palma ITI ITG Green Falcone Borsellino di Corigliano-Rossano, che nei mesi scorsi ha aderito ai percorsi didattici e di citizen science promossi da Legambiente. La dirigente ha sottolineato l’importanza della sinergia tra scuola, amministrazione, comunità scientifica, associazioni e cittadini per promuovere azioni efficaci a tutela dell’ambiente. Ha inoltre evidenziato come iniziative di questo tipo non solo stimolino il protagonismo giovanile nel cambiamento, ma arricchiscano anche il concetto di cittadinanza attiva, rafforzando la consapevolezza che ogni azione, anche la più piccola, ha un impatto sulla collettività e sul pianeta.

Il vicesindaco Giovanni Pistoia, portando i saluti del sindaco di Corigliano-Rossano, ha ribadito la necessità di affrontare i temi ambientali senza retorica, sottolineando il valore di un dibattito aperto e partecipato come quello promosso da Legambiente. Ha inoltre evidenziato l’importanza del coinvolgimento dei giovani, già molto sensibili alle tematiche ambientali e alla pace.

La consigliera Lorena Vulcano, presidente della Commissione Ambiente, ha sottolineato l’importanza del confronto con le associazioni nel lavoro della commissione, ponendo l’accento sulla responsabilità individuale nel contesto globale.

L’assessore alla Città Sostenibile ed Equa, Francesco Madeo, ha rivolto un appello ai giovani presenti, ricordando che saranno loro a subire le maggiori conseguenze della crisi climatica. Ha quindi invitato le nuove generazioni a formarsi e a impegnarsi attivamente, in quanto futura classe dirigente chiamata ad affrontare le sfide ambientali. Ha infine ribadito il ruolo cruciale dei giovani come sentinelle della comunità, in un dialogo costante con un’amministrazione aperta all’ascolto.

Di grande rilievo anche il contributo del prof. Giuseppe Mendicino, direttore del Dipartimento di Ingegneria dell’Ambiente dell’Unical, che ha sottolineato la necessità di diffondere una solida cultura ambientale. In un contesto in cui manca ancora una piena consapevolezza del vero significato della sostenibilità, ha evidenziato come la conoscenza sia alla base di scelte responsabili e non più rimandabili.

L’incontro ha visto anche la partecipazione attiva di una rappresentanza di studenti dell’Istituto L. Palma, che ha contribuito al dibattito con riflessioni e proposte interessanti.

La mostra fotografica inaugurata l’11 marzo è stata ospitata nei plessi Green e Falcone e Borsellino dell’I.I.S. L. Palma ITI ITG Green Falcone Borsellino di Corigliano-Rossano. Sarà visitabile fino a martedì 18 marzo presso la Biblioteca Ingenio nell’area urbana di Rossano. Il calendario delle visite è disponibile sui canali social del Circolo Legambiente Corigliano-Rossano.

Il progetto “Calabria al Centro del Mediterraneo” proseguirà nei prossimi mesi con nuove iniziative in tutta la regione, coinvolgendo sempre più studenti e cittadini in percorsi di consapevolezza e azione concreta. Domani, sabato 15 marzo, alle 17.30, si terrà un momento di confronto aperto a tutti. (rcs)

Legambiente Calabria: A Crotone il ritardo nella raccolta differenziata non è più accettabile

Il territorio della provincia di Crotone e l’intera Calabria, per tutelare l’ambiente, la salute dei cittadini ed anche l’economia, non può permettersi di progredire nel ciclo di gestione dei rifiuti in maniera così lenta». È quanto ha detto Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria, nel corso dell’incontro, svoltosi alla Camera di Commercio di Crotone, sul tema “Il valore della differenziata”, organizzato con il Conai.

L’iniziativa, infatti, ha l’obiettivo di coinvolgere amministratori locali, esperti del settore e cittadini nella riflessione su strumenti e incentivi a disposizione dei Comuni per una gestione corretta ed efficiente del ciclo dei rifiuti, offrendo un supporto concreto per superare i gap e le criticità presenti sul territorio. E la scelta di Crotone non è stata casuale: la Provincia, infatti, è tra le ultime nelle classifiche nazionali per la raccolta differenziata e ben lontana dalle direttive europee.

«Occorre essere molto pragmatici e trovare una modalità per passare dalla teoria del piano regionale dei rifiuti, correttamente improntato alla normativa comunitaria, alla pratica effettiva dell’economia circolare che comporta ridurre, riusare, riciclare e recuperare i rifiuti», ha detto ancora la Parretta, sottolineando come «a Crotone – ha detto la presidente di Legambiente – è necessario opporsi con forza all’ipotesi di costruire nuove discariche o di ampliare quelle esistenti, dietro le quali esistono enormi interessi privati».

«È, invece – ha concluso – importantissimo trovare, nel confronto tra amministrazioni, imprese e cittadini, soluzioni per la corretta gestione del ciclo dei rifiuti a partire dalla raccolta differenziata».

Emilia Noce, Vicepresidente della Camera di commercio di Catanzaro, Vibo Valentia e Crotone, quale padrona di casa, si è detta soddisfatta della possibilità di ospitare l’evento di Legambiente e Conai nella sede dell’Ente camerale per contribuire al dialogo e alla promozione di politiche di raccolta differenziata e riciclo.

Sulle sfide locali nella gestione dei rifiuti ha preso la parola la presidente del circolo Legambiente di Crotone, Rosaria Vazzano affermando che «occorre superare il corto circuito tra la raccolta ed il conferimento degli impianti, che comporta spesso lo scempio che vediamo nelle strade e nei quartieri, cumuli di spazzatura lasciati a marcire nelle strada. Serve programmare azioni mirate ad aumentare la percentuale di differenziata, prevedendo da un lato la riduzione, il riuso, il recupero ed il riciclo dei rifiuti nell’ottica dell’economia circolare e, dall’altro, un sistema di premialità per i cittadini virtuosi: chi più differenzia, meno paga».

Proprio su questo punto è intervenuto il sindaco di Crotone, Vincenzo Voce che, consapevole dei grandi ritardi, è già pronto con una nuova programmazione.

«Dobbiamo invertire la rotta abbastanza rapidamente – ha spiegato Voce – e lo faremo innanzitutto rimuovendo i cassonetti dalle strade della città perché vi è la brutta abitudine di non fare la raccolta e gettare il sacchetto al primo cassonetto utile dell’indifferenziato in città».

«Inoltre, nei prossimi sei mesi – ha aggiunto il sindaco – vogliamo portare la Raccolta differenziata anche nei quartieri più popolosi per servire 6,7mila residenti, per poi raddoppiare i numeri nei successivi sei mesi e a fine anno, per come previsto nel nuovo contratto con la Società in house, di raggiungere almeno il 45% in un anno e poi avvicinarci agli obiettivi europei».

Assente invece il presidente dell’Autorità Rifiuti e Risorse Idriche della Calabria, Sergio Ferrari, per altri impegni istituzionali.

«Il dialogo con i territori è essenziale per promuovere una gestione virtuosa dei rifiuti e sensibilizzare sull’importanza della raccolta differenziata e del riciclo»,  ha commentato il vicedirettore Conai, Fabio Costarella.

«Momenti come questo rappresentano un’occasione importante per confrontarci con gli amministratori locali – ha proseguito – e condividere strumenti e buone pratiche che possano tradursi in risultati concreti per i Comuni e per l’ambiente. Gli imballaggi a fine vita sono risorse. Per chiudere il cerchio, però, servono collaborazione, impegno e consapevolezza da parte di tutti: cittadini, istituzioni, imprese».

Sull’impegno da parte delle scuole di Crotone per formare ed informare i giovani sull’importanza della raccolta differenziata, è arrivata una testimonianza molto importante da parte del prof. Giancarlo Giaquinta, docente del Polo Tecnico Professionale Barlacchi e Lucifero di Crotone, sul progetto che si sta portando avanti nella scuola con gli studenti: «La tematica della tutela ambientale – ha spiegato Giaquinta – rappresenta uno degli asset formativi più importanti del Polo Tecnologico Barlacchi-Lucifero, che si concretizza grazie ad una filiera tecnologica rafforzata dalla presenza di aziende e infrastrutture di ricerca del territorio che operano nel campo del riciclo di plastiche post-consumo».

«Dal confronto con gli esperti del settore, nell’ambito di progetti finalizzati all’acquisizione di competenze specifiche poi spendibili sul mercato del lavoro, i nostri ragazzi acquisiscono un’identità green che comprende anche le abilità tecnologiche indispensabili per l’inserimento in azienda».

I lavori, moderati da Emilio Bianco, Coordinatore Ecoforum Regionali di Legambiente, si sono poi conclusi con la richiesta, da parte della responsabile dell’Ufficio Nazionale Comuni Ricicloni, Laura Brambilla, rivolta agli amministratori degli altri comuni della provincia di Crotone ed ai vertici degli Enti interessati, di cogliere le prossime occasioni di incontro per avviare un confronto concreto e tecnico per migliorare le performance della raccolta differenziata a Crotone e in molti altri comuni calabresi. (rkr)

All’Umg di Catanzaro Legambiente celebra i 30 di impegno nella lotta alla criminalità ambientale

La grande partecipazione di studenti, ma anche di docenti e studiosi della materia, all’incontro organizzato dal circolo di Legambiente Catanzaro e da Legambiente Calabria, all’Università Magna Graecia di Catanzaro, svoltasi nei giorni scorsi, è stata la dimostrazione di come sia sempre più forte l’interesse verso la lotta contro i crimini ambientali.

Nel 1994 inizia la storia di una lunga marcia contro l’ecomafia in nome del popolo inquinato. Quando Legambiente coniò il vocabolo “ecomafia” erano davvero in pochi a credere che le organizzazioni criminali potessero arricchirsi trafficando rifiuti e, soprattutto, quasi nessuno era preoccupato dello squilibrio, drammatico, che esisteva tra la gravità dei fenomeni di aggressione criminale all’ambiente e la risposta dello Stato. In collaborazione con l’Arma dei Carabinieri, il 5 dicembre del 1994 veniva presentato a Roma il primo “Rapporto Ecomafia”, realizzato anche con il contributo dell’istituto di ricerca Eurispes. Da allora al Rapporto, di cui quest’anno si festeggiano i trent’anni da quella prima stampa, collaborano tutte le forze dell’ordine (oltre ai Carabinieri, la Guardia di finanza, la Polizia di stato, la Direzione investigativa antimafia), le Capitanerie di porto, l’Agenzia delle dogane, l’Ispra e, per l’edizione 2024, l’Ufficio europeo antifrode (Olaf).

Come ha evidenziato il responsabile dell’Osservatorio nazionale ambiente e legalità di Legambiente, Enrico Fontana «in Calabria purtroppo i reati ambientali sono aumentati il doppio (+31,4%), rispetto alla media nazionale (+15,6%): “Sono stati commessi 2.912 reati in questa regione nel 2023, parliamo di 8 reati al giorno, uno ogni tre ore. Sono quasi tutti reati connessi ad attività economiche, che hanno come obiettivo l’accumulazione illecita di profitti».

«Questi numeri, frutto dell’intensa attività delle Forze dell’Ordine e della Magistratura – ha detto Fontana –possono essere un punto di partenza. La nuova direttiva europea sulla tutela penale dell’ambiente, che il nostro Paese deve recepire quanto prima, prevede, all’art. 21, l’adozione di una strategia nazionale contro la criminalità ambientale. E la Calabria, proprio per il grande impegno per contrastare questi fenomeni, può dare l’esempio, definendo una sua strategia regionale di prevenzione e contrasto dell’ecocriminalità».

Il Rapporto Ecomafia, come annunciato dal professor Vittorio Daniele, Presidente del corso di laurea magistrale in Economia Aziendale e Management e Ordinario di Politica Economica, sarà oggetto di studio per gli studenti del Corso di laurea in economia dell’Ateneo che potranno dunque approfondire il sistema economico criminoso partendo proprio dai dati che Legambiente e le Forze dell’Ordine hanno raccolto.

Il presidente del circolo di Catanzaro, Andrea Dominijanni, nel moderare l’incontro, ha ricordato una delle figure più care a Legambiente, quella del Capitano di Fregata, Natale De Grazia, ucciso nel 1995 mentre indagava sull’intrigo delle navi dei veleni e Massimo Scalia, tra i fondatori di Legambiente, presidente delle prime due Commissioni parlamentari d’inchiesta sulle attività illecite nel ciclo di rifiuti e alla cui memoria è stato dedicato il Report di quest’anno.

È stata poi Anna Parretta, Presidente Legambiente Calabria, a fornire ai relatori un focus sulla situazione della regione anche e soprattutto alla luce degli ultimi dati emersi dal Rapporto Ecomafia presento a luglio a Roma: «La forza del rapporto Ecomafia, è quella di avere fatto prendere coscienza, attraverso nomi, storie e numeri, dell’importanza dei fenomeni illegali in materia ambientale evidenziando non solo le negatività, ma anche gli esempi e le pratiche positive di contrasto alla criminalità».

«È essenziale che in Calabria, con l’apporto di tutti, Amministrazioni, imprese, associazioni. Mondo della Scuola e dell’Università e cittadini, si rafforzino, anche attraverso momenti di confronto come questo, quei principi di legalità indispensabili per uno sviluppo socio economico sano della nostra regione. Le mafie distruggono l’ambiente e mettono a rischio la sicurezza e la salute dei cittadini. Lottare contro la criminalità ambientale significa costruire un futuro diverso in Calabria»

Il Magnifico Rettore dell’UMG, Giovanni Cuda, ha accolto con entusiasmo l’idea di ospitare l’iniziativa «perché l’analisi del fenomeno contro i crimini ambientali è significativa per la nostra regione».

«Dai dati del report – ha detto il Rettore – si evince che purtroppo in Calabria, nonostante il forte e costante presidio delle Forze dell’Ordine, questo cancro non accenna a diminuire la sua capacità di mordere il territorio. Ecco perché sono contento che se ne parli in un luogo di cultura e formazione come l’Umg, perché soltanto attraverso una formazione che parla ai più giovani, si riuscirà a fare cambiare tragitto a questa deriva».

Hanno preso parte all’incontro anche Pietro Molinaro, Presidente Commissione contro il fenomeno della ‘ndrangheta, della corruzione e dell’illegalità diffusa della Regione Calabria, che ha annunciato l’avvio, nel 2025, di attività relative proprio al ciclo dei rifiuti; la prof.ssa Angela Caridà, docente Associata di Economia e gestione delle imprese, delegata del Rettore alla sostenibilità; Giuseppe Borrello, referente Libera per la Regione Calabria; Don Giacomo Panizza, fondatore e presidente Comunità Progetto Sud; il Colonnello Giuseppe Mazzullo, Comandante provinciale dell’Arma dei Carabinieri di Catanzaro; il Capitano Paolo Domenico Guarrata, Comandante dei Carabinieri del Nipaaf di Catanzaro; il Tenente di Vascello Paolo Amato, Comandante dell’Ufficio Circondariale Marittimo di Soverato; Gioacchino Tavella, socio fondatore dell’Associazione Antiracket di Lamezia Terme e in rappresentanza di Trame. Tra i presenti anche il questore di Catanzaro, Giuseppe Linares, che nel 2009 ha ricevuto il premio Ambiente e Legalità di Legambiente e Libera quando, da capo della Squadra Mobile di Trapani, ha condotto inchieste che hanno portato alla confisca di imprese di cosa nostra attive nel ciclo del cemento e nelle nascenti energie rinnovabili. (rcz)

A Catanzaro Legambiente festeggia 30 anni di impegno contro la criminalità

Il 14 novembre, all’Università Magna Graecia di Catanzaro, alle 9.30, al Dipartimento di Giurisprudenza, Economia e Sociologia, si terrà l’evento dedicato ai 30 anni di impegno nella lotta alla criminalità ambientale di Legambiente.

Quella del 2024 è l’edizione più significativa del Rapporto annuale su ecomafie e criminalità ambientale perché quest’anno Legambiente celebra il trentesimo anniversario dalla presentazione del primo Rapporto sulla cosiddetta Rifiuti S.p.A. – pubblicato il 3 giugno 1994 – per denunciare la trama nazionale e internazionale dei traffici illegali di rifiuti che coinvolgevano il nostro paese e del Rapporto Ecomafia, realizzato insieme all’Arma dei Carabinieri e presentato il 5 dicembre dello stesso anno.

«In questi 30 anni dedicati alla denuncia di questo fenomeno criminale, il nostro lavoro si è sviluppato su più fronti e non si è mai fermato, dall’analisi di focus specifici al rafforzamento delle collaborazioni istituzionali. In questi tre decenni il Rapporto Ecomafia è diventato sempre più un’opera omnia per analizzare nei minimi dettagli i fenomeni criminali legati al business ambientale che, come ci raccontano anche i numeri di quest’anno, non smette di colpire l’Italia», ha detto Enrico Fontana, responsabile Osservatorio nazionale ambiente e legalità di Legambiente, che concluderà i lavori dell’evento.

Ad introdurre i lavori, moderati dal presidente del circolo di Catanzaro, Andrea Dominijanni, sarà Anna Parretta, Presidente Legambiente Calabria, che fornirà ai relatori un focus sulla  situazione della regione, anche e soprattutto alla luce degli ultimi dati emersi dal Rapporto Ecomafia dove la Calabria purtroppo continua a mantenere le prime posizioni, ma in negativo.

Porteranno un saluto il prof. Giovanni Cuda, Magnifico Rettore dell’UMG; la prof.ssa Aquila Villella, direttrice del Dipartimento di Giurisprudenza, Economia e Sociologia; la prof.ssa Angela Caridà, docente Associata di Economia e Gestione delle Imprese e delegata di Ateneo alla Sostenibilità; Vincenza Matacera, presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Catanzaro.

Tra gli interventi previsti Vittorio Daniele, prof. ordinario di Politica Economica; Giuseppe Borrello, referente Libera per la Regione Calabria. Sono stati invitati a partecipare anche Pietro Molinaro, Presidente Commissione contro il fenomeno della ‘ndrangheta, della corruzione e dell’illegalità diffusa della Regione Calabria e Vincenzo Capomolla, Procuratore Capo della Procura della Repubblica di Catanzaro.

 

LEGAMBIENTE, SU TRANSIZIONE ECOLOGICA
CALABRIA IMPREPARATA E MOLTO LONTANA

di ANTONIETTA MARIA STRATI – «Le città calabresi sono ben lontane dall’essere “ambientalmente sostenibili”, socialmente accoglienti e sicure», dice Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria, commentando i dati della classifica stilata da Ecosistema Urbano 2024, il rapporto di Legambiente realizzato in collaborazione con Ambiente Italia e Il Sole 24 Ore – sui 106 capoluoghi di provincia per performance ambientali.

Dati che confermano un importante passo indietro per i capoluoghi calabresi, dimostrando, ancora una volta, «impreparata davanti alla grande sfida della transizione ecologica, resa ancora più urgente dalla gravità della crisi climatica».

I dati sono impietosi: Cosenza, la città che è sempre spiccata per la sua impronta green – nell’edizione 2023 era settima – quest’anno si è collocata in 13esima posizione. Nonostante ciò, è comunque l’unica città del Sud nelle prime 20 posizioni. In fondo alla classifica nazionale troviamo Catanzaro 99esima, Vibo Valentia 101esima, Crotone 104esima e Reggio Calabria 105esima, penultima. Spicca in negativo la performance di Catanzaro che registra un calo di oltre 30 posizioni rispetto al precedente Report soprattutto a causa degli altissimi consumi idrici (280 litri pro capite al giorno) e le perdite di rete (viene dispersa la metà dell’acqua immessa) oltre all’elevato consumo di suolo non proporzionato alle effettive necessità abitative ed alle carenze nella mobilità sostenibile; Cosenza, Vibo Valentia e Reggio Calabria scendono ognuna di 6 posizioni, mentre Crotone scende di 4 posizioni.

«Un elemento di penalizzazione – ha spiegato la presidente Parretta – è sicuramente costituito dalla mancanza dei dati Arpa regionali sul  monitoraggio della qualità dell’aria, già denunciata da Legambiente, che non consente di avere dati reali e che comporta un grave vulnus per la tutela della salute dei calabresi, oltre ad esporre la Regione al rischio dell’ennesima procedura di infrazione comunitaria».

«Ben 4 dei 5 capoluoghi della nostra regione – ha proseguito – si trovano nella parte finale della graduatoria nazionale con Reggio Calabria addirittura al penultimo posto. Tutte le città capoluogo calabresi arretrano rispetto alle valutazioni dello scorso anno. I dati sono complessivamente negativi per quanto riguarda la gestione ed il consumo della risorsa acqua, il ciclo dei rifiuti, la mobilità, il consumo di suolo, l’ambiente urbano e le energie rinnovabili».

I 20 indicatori su cui si basa la graduatoria complessiva di Ecosistema Urbano coprono sei principali componenti ambientali presenti in città: aria, acque, rifiuti, mobilità, ambiente urbano, energia. Vengono così valutati tanto i fattori di pressione e la qualità delle componenti ambientali, quanto la capacità di risposta e di gestione ambientale.

Quest’anno il rapporto Ecosistema Urbano 2024, per l’analisi dei 106 capoluoghi che hanno risposto all’indagine, ha rivisto e aggiornato il “peso” di alcuni indicatori, come la percentuale di Raccolta Differenziata, in quanto non rappresenta più come un tempo un elemento innovativo nella gestione ambientale, e di aumentarne altri, come la dispersione della rete idrica e l’estensione delle isole pedonali. È stato inoltre introdotto un nuovo indicatore relativo alla Variazione nell’uso efficiente del suolo, elaborato da Legambiente su dati Istat, per stimolare una riflessione anche in ottica di trend sullo sfruttamento delle risorse territoriali.

Un’altra novità è la decisione di premiare i comuni che hanno fornito il numero esatto di alberi di proprietà comunale. Inoltre, da questa edizione, sono stati utilizzati i dati delle centraline Arpa, rielaborati da Legambiente per il rapporto Mal’Aria poiché la qualità dell’aria è da sempre un tema centrale del rapporto.

Dando uno sguardo alla classifica nazionale, si può notare come nelle prime dieci posizioni dominano le città del nord Italia. L’Emilia Romagna è la regione con più capoluoghi green nella top ten, tra questi c’è anche Bologna, new entry e unica grande città nelle prime dieci posizioni (lo scorso anno era 24esima). Le altre metropoli arrancano: Milano si piazza al 56esimo posto in classifica, mentre Napoli arriva quasi in fondo alla graduatoria, è 103esima, lo scorso anno era 98esima. Roma, rispondendo in modo esauriente all’indagine, sale in graduatoria al 65esimo posto (nel 2023 era 89esima). Il centro Italia se la cava, con Macerata (23esima), Siena (26) e Livorno (29).

Male, invece, il Meridione con otto capoluoghi tra le ultime 10 della graduatoria:Caserta (98esima), Catanzaro (99), Vibo Valentia (101), Palermo (102), Napoli (103), Crotone (104), Reggio Calabria (105), Catania (106) che lo scorso anno era penultima.

La fotografia scattata da Ecosistema Urbano 2024 di Legambiente, dunque, ha messo in evidenza come in Italia le performance ambientali delle città viaggino a velocità e con tempi di applicazione troppo diversi e su cui occorre accelerare il passo. A pesare sulle performance ambientali i ritardi nel contrasto alla crisi climatica, i problemi cronici irrisolti – come smog, inquinamento, consumo di suolo – i ritardi su rigenerazione urbana, efficienza energetica, mobilità sostenibile, e poi gli impatti dell’overtourism. Temi sui cui servono interventi più incisivi.

Cosa fare, dunque? L’Associazione, a riguardo, ha lanciato delle proposte: per accelerare il passo e per città più vivibili, sostenibili e attente alla qualità della vita, inclusa la sfera sociale, serve un green deal made in Italy per le città che abbia al centro una strategia nazionale urbana che non lasci soli i comuni nell’affrontare i problemi cronici ambientali, la crisi climatica, ma anche Il fenomeno dell’overtourism. Su quest’ultimo tema, l’associazione ambientalista lancia un monito: l’overtourism va governato con misure efficaci, come stanno facendo già diverse città europee e nel resto del mondo, e va affrontato con lungimiranza e responsabilità dalle grandi alle medie aree urbane ai piccoli borghi, fino all’alta quota, per un turismo più sostenibile, di qualità, attento e rispettoso anche dei territori e delle comunità locali.

«All’estero già si sta facendo molto con misure significative – ha rilevato Legambiente – in Italia quei pochi interventi messi in campo sono troppo timidi e inefficaci».

Per Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, «serve un’azione congiunta, a livello nazionale e territoriale, da parte del Governo, delle Regioni e dei capoluoghi di Provincia» per rendere le città più sostenibili, resilienti e sicure.

«Oggi, purtroppo – ha aggiunto – i temi ambientali sono i grandi dimenticati dall’agenda politica, che affronta i temi legati alla sicurezza dei cittadini, solo in riferimento ai fenomeni migratori, ma serve affrontare questo problema sotto tutti i punti di vista, senza lasciare da soli gli amministratori locali nella sua risoluzione. Da parte del governo nazionale servono politiche coraggiose, a 360 gradi, e risorse economiche all’altezza della sfida per rendere davvero sicuro il nostro Paese».

«Si pensi, ad esempio – ha proseguito – all’adattamento alla crisi climatica, che causa sempre più danni e perdite di vite umane; alla rigenerazione urbana e alla messa in sicurezza degli edifici, dalla presenza di amianto e dal rischio terremoti; alla lotta allo smog, che causa quasi 50mila morti premature solo per il PM2,5, o al processo di miglioramento del livello qualitativo dei controlli ambientali in capo alle Agenzie regionali protezione ambientale, oggi disomogenei sul territorio nazionale».

«Dai dati di questa edizione 2024 emerge, con ancora più evidenza, come l’unica via sostenibile per rilanciare davvero il Paese, cominciando dalle città, sia ripensare le realtà urbane del futuro con meno auto e più mezzi meno inquinanti, su ferro ed elettrici, più mobilità sostenibile ed economia circolare, più infrastrutture intelligenti», ha commentato Mirko Laurenti, dell’ufficio Scientifico di Legambiente e curatore del report Ecosistema Urbano. (ams)

 

«NON È MALTEMPO, MA CRISI CLIMATICA»
LA CALABRIA TRA EMERGENZA E URGENZA

di ANTONIETTA MARIA STRATILa Calabria, adesso, deve fare i conti con gli ingenti danni provocati dall’ondata di maltempo che ha mostrato, per l’ennesima volta, la sua fragilità e l’inadeguatezza delle sue infrastrutture.

L’ennesimo episodio che ha messo a nudo, nuovamente, l’insufficienza e la mancanza di risorse e strumenti capaci far fronte a un’emergenza che rende evidente la necessità e l’urgenza di attivarsi per mettere in sicurezza il territorio attraverso una politica incentrata sulla prevenzione e il miglioramento delle opere già esistenti, oltre che a tutela dell’ambiente stesso e dei cittadini.

Già il sindaco di San Pietro a Maida, Domenico Giampà, nella giornata di lunedì aveva annunciato la richiesta di stato di calamità, seguita, poi, da quella del sindaco di Lamezia, Paolo Mascaro. Il Comune, infatti, nella giornata di ieri ha dichiarato lo stato di calamità naturale e chiesto, nella delibera, alla Regione di proclamare lo stato di emergenza regionale indicando tra i comuni interessati il territorio di Lamezia Terme «al fine – è scritto in una nota dell’amministrazione comunale guidata da Paolo Mascaro – di mettere in atto i relativi provvedimenti ivi incluso un immediato intervento di carattere logistico e finanziario indispensabile per assicurare il ripristino dello status quo ante ed il ristoro dei danni subiti in tutto il territorio comunale; è stato altresì richiesto al Dipartimento di Protezione Civile della Regione Calabria l’accesso al fondo di cui all’art. 16 L. R. n 9/2023».

Anche il Partito Democratico della Calabria, nella seduta del Consiglio regionale di ieri, ha presentato un odg per chiedere al governo regionale di attivarsi per riconoscimento lo stato di emergenza e/o calamità naturale.

Per i dem, infatti, «è fondamentale avviare una pianificazione lungimirante che tenga conto della vulnerabilità del nostro territorio e della crescente incidenza dei cambiamenti climatici. È il momento di agire e di investire nel presente: lo chiede il territorio calabrese, che ha bisogno di concretezza e responsabilità, affinché si possano finalmente tradurre le parole in azioni tangibili».

La Prociv, ha riferito il dirigente generale del Dipartimento di Protezione Civile Calabria Domenico Costarella, «sta lavorando ininterrottamente dall’inizio dei gravi avvenimenti climatici che hanno investito gran parte della Calabria nel corso del fine settimana, in stretto coordinamento con tutte le istituzioni, i Vigili del Fuoco e le associazioni di volontariato, per intervenire sulle emergenze e agire sul recupero delle condizioni di normalità».

«Sono state attivate, infatti – ha spiegato ancora – le organizzazioni di volontariato dotate di moduli idrogeologici che sono intervenute sotto il coordinamento dei Vigili del Fuoco in particolare nella città di Lamezia Terme e nella sua zona industriale, dove inoltre sono state effettuate alcune evacuazioni. Grazie al supporto del Consorzio di Bonifica regionale e di Calabria Verde sono stati realizzati interventi con mezzi pesanti per facilitare il deflusso delle acque».

«Nel Comune di San Pietro a Maida la Protezione Civile – ha proseguito – con propri mezzi e con quelli di Calabria Verde, ha lavorato per ripristinare la viabilità e ha effettuato alcune evacuazioni a titolo precauzionale, operando anche con moduli idrogeologici».

«Sempre a causa delle intense precipitazioni piovose delle scorse ore – ha detto ancora – è stato fornito dal Dipartimento e da alcune associazioni di volontariato, attività di supporto nella gestione e superamento dell’emergenza al Comune di Montebello Jonico, e di carattere tecnico al Comune di Bovalino».

«Già dalla mattinata di oggi (ieri ndr), tecnici del Dipartimento regionale – ha continuato Costarella –si sono recati sui territori maggiormente colpiti per una prima valutazione dei danni, anche ai fini della predisposizione della richiesta di riconoscimento dello stato di emergenza».

«La Regione, inoltre, in sinergia con Arpacal, fin dalle prime ore dalla voragine che si è verificata sulla Ss 280 dei Due Mari – ha concluso – è al lavoro per realizzare un’analisi sulle situazioni tecniche che hanno determinato tale evento».

«I gravi eventi atmosferici che hanno colpito la Calabria negli ultimi giorni  hanno rilevato i consiglieri – mettono in luce, ancora una volta, le fragilità strutturali del nostro territorio. I comuni di Maida e San Pietro a Maida – alle cui comunità rivolgiamo la nostra vicinanza e solidarietà – sono attualmente isolati a causa dell’esondazione di un torrente, che ha provocato il crollo del ponte stradale sulla SS280. In questa stessa arteria, una voragine ha inghiottito un’autovettura, fortunatamente senza vittime, ma la situazione è drammatica: case e attività commerciali sono state allagate e la circolazione è fortemente compromessa».

«Questa emergenza non è solo il risultato di un temporale: rappresenta gli effetti tangibili della crisi climatica – hanno proseguito – la quale sta generando eventi meteorologici sempre più intensi e frequenti. Le valutazioni basate su dinamiche stagionali tradizionali non sono più adeguate ad affrontare una realtà in continua evoluzione».

«È ora di mettere in campo un piano straordinario per la manutenzione delle infrastrutture esistenti – hanno concluso – piuttosto che disperdere risorse in opere che non affrontano i problemi immediati dei cittadini calabresi. La sicurezza delle nostre strade, la tutela delle nostre abitazioni e la salvaguardia della vita dei nostri concittadini devono essere al centro dell’agenda politica».

Il segretario generale della Cgil, Angelo Sposato, ha suggerito l’idea di utilizzare i fondi del Ponte sullo Stretto (15 mld ndr), per mettere in sicurezza il territorio.

«La voragine nella strada statale 280 a Lamezia, che ha inghiottito un’autovettura è la metafora della condizione delle nostre infrastrutture e della necessità di avviare al più presto un grande piano per la sicurezza del territorio dal rischio idrogeologico, sismico, dall’erosione costiera, dal rischio incendi», ha detto Sposato, evidenziando come «un territorio in abbandono, non mantenuto e con un forte consumo di suolo rappresenta un pericolo, per questo servono investimenti in risorse umane e tecnologiche per un grande piano di messa in sicurezza».

«La voragine di Lamezia, in una delle strade più frequentate della Calabria, che poteva diventare tragedia, sia da monito e un allarme per non perdere più tempo. La Calabria, i territori, allo stato attuale, non sono nelle condizioni di affrontare emergenze alluvionali ed idrogeologiche se non si attiva da subito un grande piano per la messa in sicurezza del territorio», ha concluso, lanciando la provocazione: utilizzare quei fondi «sprecati sul Ponte per cose essenziali, per mettere in sicurezza la vita dei cittadini, la nostra rete infrastrutturale ed ambientale».

Pure la Uil Calabria, tramite il suo segretario, Mariaelena Senese, ha chiesto «con forza all’Amministrazione Regionale di assumersi le proprie responsabilità, mettendo in atto misure strutturali e urgenti per la messa in sicurezza del territorio. Non è più possibile accettare una gestione emergenziale che, oltre a mettere a rischio la vita dei cittadini, paralizza l’economia locale e compromette la vivibilità di intere comunità».

«Ribadiamo l’importanza – ha sottolineato Senese – di investimenti adeguati per prevenire i rischi idrogeologici, il monitoraggio costante delle aree più vulnerabili e l’adozione di un piano di manutenzione che garantisca la sicurezza delle infrastrutture viarie e delle opere di contenimento delle acque. Il nostro territorio, già fragile e vulnerabile, non può essere lasciato solo davanti all’avanzare di eventi atmosferici sempre più estremi e frequenti».

Michele Sapia, segretario generale di Fai Cisl Calabria, invece, suggerisce di investire sulla prevenzione e sul lavoro ambientale per superare la cultura dell’emergenza.

Ma non solo: «La soluzione più adeguata, per arginare le continue emergenze in un territorio come la Calabria che, come rileva l’Ispra, ha il primato di essere la regione italiana più esposta ai fenomeni alluvionali, è quella di ingenti investimenti in prevenzione», ha detto Sapia, aggiungendo come «occorre una pianificazione trentennale che consideri la vulnerabilità del territorio calabrese, la sua particolare conformazione, segnata da ripidi pendii e migliaia di corsi d’acqua, che con le piogge possono rapidamente ingrossarsi, ma anche contrastare la cementificazione selvaggia, evitando di costruire in aree a rischio».

«Fondamentale sarà, inoltre – ha aggiunto – un piano di riforestazione in quelle aree danneggiate, la manutenzione e il controllo dei corsi d’acqua, migliorare le infrastrutture ambientali esistenti e costruirne di nuove progettate per resistere a questi eventi atmosferici estremi, per garantire la sicurezza di popolazioni e attività produttive».

«Ma tali propositi – ha proseguito – rischiano di restare soltanto sulla carta, se non sarà valorizzato in Calabria il lavoro nei comparti del sistema ambientale e agricolo, con i lavoratori che dovranno essere i veri protagonisti di queste politiche di prevenzione e tutela del territorio calabrese, al centro di quella necessaria transizione ambientale e sostenibile, che dovrà garantire prima di tutto sicurezza e presidio umano, recupero di intere aree abbandonate, sviluppo e miglioramento delle opere infrastrutturali, nel solco di quanto fatto a partire dalla metà degli anni Cinquanta dagli operai forestali e addetti alla bonifica: interventi di sistemazione idraulica, consolidamento di terreni franosi, rimboschimento, realizzazione di infrastrutture civili con conseguente miglioramento della qualità della vita delle popolazioni, tutti interventi che hanno generato sicurezza, servizi e opportunità».

«Il dissesto idrogeologico in Calabria – ha detto ancora – rappresenta una delle principali sfide ambientali e sociali e come tale va affrontata, attivando sinergie che favoriscano il dialogo tra i soggetti interessati, con l’ausilio di università e centri di ricerca, sostenendo l’importante lavoro di chi opera per la messa in sicurezza del territorio e favorendo un indispensabile ricambio generazionale per immettere nuove energie, nuovi profili professionali e competenze, tecnologie e intelligenza artificiale al servizio dell’uomo e delle comunità».

«Solo insieme – ha concluso – in un’ottica partecipata e in una visione lungo periodo sarà possibile interrompere la “cultura dell’emergenza”, consapevoli che le risorse per la prevenzione e il lavoro agro-ambientale rappresentano investimenti per un futuro del territorio più sicuro, meno vulnerabile a fenomeni di erosione, frane e alluvioni, più green e sostenibile, aperto ad occasioni di sviluppo, specie per le future generazioni».

I danni, purtroppo, si registrano anche nell’agricoltura: Coldiretti Calabria, in un primo report, ha rilevato come sono centinaia e centinaia  gli ettari invasi dall’acqua e dal fango con danni alle produzioni . oliveti, agrumeti, serre,vivai, vigneti, ortaggi il tutto invaso dall’acqua, mezzi e attrezzature di produzione che galleggiavano e strade rurali franate.

L’Associazione, inoltre, con il presidente Franco Aceto, il direttore Cosentini, insieme al presidente zonale Notarianni, il direttore Bozzo e il segretario di zona Meringolo hanno istituito una unità di crisi per seguire l’evolversi della situazione che è destinata ad aggravarsi.

«È evidente – ha sottolineato Aceto– che quello che è accaduto, è una priorità nel contesto di una emergenza regionale e abbiamo già rappresentato alle Istituzioni la gravità della situazione per avviare le prime misure di sostegno. Ancora una volta gli agricoltori devono fare i conti non solo con un mercato in piena evoluzione ma con un clima che mette a  dura prova il coraggio e la speranza di ricominciare».

Legambiente Calabria e Circolo Lamezia: «non è maltempo, è crisi climatica»

È necessario attuare la corretta transizione ecologica e mettere in sicurezza i territori fragili, dicono da Legambiente.

«In Calabria i comuni di Maida e di San Pietro a Maida sono isolati per l’esondazione di un torrente – si legge nella nota – ed il crollo del ponte stradale che lo attraversava, sulla strada SS280, una delle principali arterie della nostra regione, si è aperta una vera e propria voragine che ha inghiottito un’autovettura. Ci sono forti disagi nella circolazione oltre a case ed immobili commerciali allagati».

Gli eventi calamitosi hanno inferto un duro colpo al comparto agricolo lametino e hanno compromesso in modo irreparabile le campagne di raccolta e le conseguenti perdite di prodotto. Nella zona di Lamezia, si riscontrano danni agli oliveti e agrumeti con i campi invasi letteralmente dall’acqua, il livello è salito sino alla chioma degli agrumi, gli oliveti invece benché preservati dalle chiome alte ritarderanno la raccolta delle olive a causa dei terreni impantanati che non consentono la raccolta meccanizzata, poiché è letteralmente impossibile pensare di addentrarsi con i mezzi. La qualità e la quantità dell’olio ne risentirà notevolmente.

Le chiome delle agrumi sono immerse nell’acqua limitando la raccolta laddove era iniziata e alterando notevolmente la qualità del prodotto e aumentando le perdite. Nel settore serricolo si registrano danni alle strutture e alle coltivazioni ortive con perdite anche del 100% nelle zone di maggiore ristagno acquoso.

Ad aggravare la situazione anche gli smottamenti che si sono registrati nelle zone poco al di sopra della piana lametina colpendo particolarmente i vicini comuni di Pianopoli, Maida, e Nocera Terinese, San Pietro a Maida,Curinga e in queste zone è molto praticato il terrazzamento delle coltivazioni tra cui vigneti, oliveti. Lo straripamento del fiume Amato nel comune di Maida ha isolato diverse aziende agricole, che nonostante l’ incessante pioggia hanno affiancato con i mezzi propri i soccorsi della Protezione Civile, del Consorzio di Bonifica e altro enti preposti nelle operazioni di ripristino della viabilità.

«Si parla di maltempo, ma siamo di fronte agli effetti della crisi climatica che stanno diventando sempre più accentuati e frequenti – ha sottolineato Legambiente – ed hanno subito un esponenziale incremento in intensità, evidente a tutti, che deve preoccuparci per la velocità di evoluzione. Dagli ultimi dati Arpacal, le piogge registrate nella stazione pluviometrica Catanzaro-Janò, dalla mezzanotte sino alle ore 17 del 19 ottobre, sono state di 102mm, una quantità di acqua pari a quella che si registra in tutto il mese di ottobre in media nella stessa area. Analizzando gli eventi climatici estremi che si sono verificati in Calabria, dal 2010 al 20 settembre 2024 si registrano 105 eventi su 2.214 totali in Italia. Tra questi, i principali riguardano 41 allagamenti da piogge intense, 28 danni da raffiche di vento e trombe d’aria, 13 danni alle infrastrutture, 9 frane da piogge intense e 18 vittime».

«I territori calabresi, come altre regioni a partire dall’Emilia Romagna, con i suoi tragici eventi alluvionali – continua la nota – stanno subendo stravolgimenti climatici che impongono di intervenire in fretta per mettere in sicurezza le persone, le attività agricole, commerciali e industriali, le scuole, gli ospedali, le infrastrutture. Soprattutto in Calabria dove spesso si è costruito troppo, male, in maniera abusiva e senza adeguati controlli per quanto riguarda le infrastrutture».

«L’obiettivo fissato dagli accordi di Parigi del 2015, di contenere l’aumento di temperatura del Pianeta al massimo 1,5, sembra già una chimera – hanno rilevato Legambiente e il Circolo di Lamezia –. I dati ci dicono che in Calabria, la scorsa estate, la temperatura è aumentata di oltre 2 gradi rispetto alla media e che quella del mare Mediterraneo ha superato i 30 gradi con la possibilità sempre più concreta di sviluppo dei Medicane, i cosiddetti uragani mediterranei».

«Si tratta di record destinati, purtroppo, ad essere superati – hanno detto –: per il futuro ci attende un’alternanza di ondate di calore ed eventi meteorici estremi. La siccità prolungata che ha colpito negli ultimi mesi gran parte della nostra regione con effetti gravi sul settore agricolo è l’altra faccia della medaglia delle precipitazioni atmosferiche alluvionali che stanno impattando sul fragile territorio calabrese. La realtà temuta che le istituzioni non vogliono vedere nella sua chiarezza, sta irrompendo con tutti i suoi effetti negativi trovando, nonostante annunci e dichiarazioni, quasi tutti impreparati agli impatti crescenti sul clima e sugli ecosistemi, sui luoghi e sulle popolazioni che vi risiedono».

«La realtà sta dimostrando che è indispensabile – hanno sottolineato – cambiare modello di sviluppo e realizzare, molto velocemente, la transizione ecologica per raggiungere, nella maniera più celere possibile, la neutralità climatica, azzerando l’emissione di gas climalteranti in atmosfera. Un obiettivo per il cui raggiungimento è essenziale il settore energetico nel quale è indispensabile uscire dalle inquinanti fonti fossili e costruire impianti di energia rinnovabile piccoli e grandi, lavorando, allo stesso tempo sulla riduzione dei consumi e sull’efficientamento energetico».

«In Calabria moltissimo deve essere ancora fatto – hanno proseguito – per la reale riduzione del rischio idrogeologico, ma servono interventi per mitigare gli effetti della crisi climatica ed adattare territori e città con appositi piani mettendo in atto competenze e tecnologie. Servono appositi programmi strutturali di finanziamento ed intervento per le aree urbane più a rischio – come Lamezia Terme – con interventi di messa in sicurezza e manutenzione che arrivino fino alla delocalizzazione degli edifici a rischio».

«In Italia, infatti – hanno detto – si continuano a correre rischi enormi, fino alla perdita di vite umane, perché le persone vivono in case e zone a rischio dove si continua anche a costruire. La situazione è molto pericolosa, basta pensare alla tombatura dei corsi d’acqua ed alle costruzioni realizzate in zone a rischio idrogeologico o in aree non consentite. Le soluzioni non possono prescindere dalle problematiche, alluvioni e siccità, con l’obiettivo di mitigare le emissioni climalteranti e favorire l’adattamento».

«In una prospettiva di adattamento al clima, ad esempio – hanno concluso – vanno vietati gli intubamenti dei corsi d’acqua e recuperati alla naturalità ovunque possibile fiumi e fossi, creando spazi per il naturale deflusso in sicurezza delle acque durante le piogge e la ricarica delle falde, occorre  favorire la permeabilità dei suoli ed il riutilizzo delle acque piovane e delle acque grigie, eliminare le isole di calore. È necessario ripensare le città ed i comuni rigenerandone il tessuto urbanistico, ad esempio con la creazione di tetti verdi, vasche e fontane per ridurre l’aumento delle temperature esterne oltre alla messa a dimora di alberi  in strade e piazze ed  alla realizzazione di boschi urbani». (ams)

Legambiente Calabria e Circolo Lamezia: Non è maltempo, è crisi climatica

«Non è maltempo, è crisi climatica», hanno ribadito Legambiente Calabria e il Circolo Legambiente Lamezia, sottolineando la necessità di «attuare la corretta transizione ecologica e mettere in sicurezza i territori fragili».

«In Calabria i comuni di Maida e di San Pietro a Maida sono isolati per l’esondazione di un torrente – si legge nella nota – ed il crollo del ponte stradale che lo attraversava, sulla strada SS280, una delle principali arterie della nostra regione, si è aperta una vera e propria voragine che ha inghiottito un’autovettura. Ci sono forti disagi nella circolazione oltre a case ed immobili commerciali allagati».

«Si parla di maltempo, ma siamo di fronte agli effetti della crisi climatica che stanno diventando sempre più accentuati e frequenti – ha sottolineato Legambiente – ed hanno subito un esponenziale incremento in intensità, evidente a tutti, che deve preoccuparci per la velocità di evoluzione. Dagli ultimi dati Arpacal, le piogge registrate nella stazione pluviometrica Catanzaro-Janò, dalla mezzanotte sino alle ore 17 del 19 ottobre, sono state di 102mm, una quantità di acqua pari a quella che si registra in tutto il mese di ottobre in media nella stessa area. Analizzando gli eventi climatici estremi che si sono verificati in Calabria, dal 2010 al 20 settembre 2024 si registrano 105 eventi su 2.214 totali in Italia. Tra questi, i principali riguardano 41 allagamenti da piogge intense, 28 danni da raffiche di vento e trombe d’aria, 13 danni alle infrastrutture, 9 frane da piogge intense e 18 vittime».

«I territori calabresi, come altre regioni a partire dall’Emilia Romagna, con i suoi tragici eventi alluvionali – continua la nota – stanno subendo stravolgimenti climatici che impongono di intervenire in fretta per mettere in sicurezza le persone, le attività agricole, commerciali e industriali, le scuole, gli ospedali, le infrastrutture. Soprattutto in Calabria dove spesso si è costruito troppo, male, in maniera abusiva e senza adeguati controlli per quanto riguarda le infrastrutture».

«L’obiettivo fissato dagli accordi di Parigi del 2015, di contenere l’aumento di temperatura del Pianeta al massimo 1,5, sembra già una chimera – hanno rilevato Legambiente e il Circolo di Lamezia –. I dati ci dicono che in Calabria, la scorsa estate, la temperatura è aumentata di oltre 2 gradi rispetto alla media e che quella del mare Mediterraneo ha superato i 30 gradi con la possibilità sempre più concreta di sviluppo dei Medicane, i cosiddetti uragani mediterranei».

«Si tratta di record destinati, purtroppo, ad essere superati – hanno detto –: per il futuro ci attende un’alternanza di ondate di calore ed eventi meteorici estremi. La siccità prolungata che ha colpito negli ultimi mesi gran parte della nostra regione con effetti gravi sul settore agricolo è l’altra faccia della medaglia delle precipitazioni atmosferiche alluvionali che stanno impattando sul fragile territorio calabrese. La realtà temuta che le istituzioni non vogliono vedere nella sua chiarezza, sta irrompendo con tutti i suoi effetti negativi trovando, nonostante annunci e dichiarazioni, quasi tutti impreparati agli impatti crescenti sul clima e sugli ecosistemi, sui luoghi e sulle popolazioni che vi risiedono».

«La realtà sta dimostrando che è indispensabile – hanno sottolineato – cambiare modello di sviluppo e realizzare, molto velocemente, la transizione ecologica per raggiungere, nella maniera più celere possibile, la neutralità climatica, azzerando l’emissione di gas climalteranti in atmosfera. Un obiettivo per il cui raggiungimento è essenziale il settore energetico nel quale è indispensabile uscire dalle inquinanti fonti fossili e costruire impianti di energia rinnovabile piccoli e grandi, lavorando, allo stesso tempo sulla riduzione dei consumi e sull’efficientamento energetico».

«In Calabria moltissimo deve essere ancora fatto – hanno proseguito – per la reale riduzione del rischio idrogeologico, ma servono interventi per mitigare gli effetti della crisi climatica ed adattare territori e città con appositi piani mettendo in atto competenze e tecnologie. Servono appositi programmi strutturali di finanziamento ed intervento per le aree urbane più a rischio – come Lamezia Terme – con interventi di messa in sicurezza e manutenzione che arrivino fino alla delocalizzazione degli edifici a rischio».

«In Italia, infatti – hanno detto – si continuano a correre rischi enormi, fino alla perdita di vite umane, perché le persone vivono in case e zone a rischio dove si continua anche a costruire. La situazione è molto pericolosa, basta pensare alla tombatura dei corsi d’acqua ed alle costruzioni realizzate in zone a rischio idrogeologico o in aree non consentite. Le soluzioni non possono prescindere dalle problematiche, alluvioni e siccità, con l’obiettivo di mitigare le emissioni climalteranti e favorire l’adattamento».

«In una prospettiva di adattamento al clima, ad esempio – hanno concluso – vanno vietati gli intubamenti dei corsi d’acqua e recuperati alla naturalità ovunque possibile fiumi e fossi, creando spazi per il naturale deflusso in sicurezza delle acque durante le piogge e la ricarica delle falde, occorre  favorire la permeabilità dei suoli ed il riutilizzo delle acque piovane e delle acque grigie, eliminare le isole di calore. È necessario ripensare le città ed i comuni rigenerandone il tessuto urbanistico, ad esempio con la creazione di tetti verdi, vasche e fontane per ridurre l’aumento delle temperature esterne oltre alla messa a dimora di alberi  in strade e piazze ed  alla realizzazione di boschi urbani». (rcz)