Legambiente Calabria: A Crotone il ritardo nella raccolta differenziata non è più accettabile

Il territorio della provincia di Crotone e l’intera Calabria, per tutelare l’ambiente, la salute dei cittadini ed anche l’economia, non può permettersi di progredire nel ciclo di gestione dei rifiuti in maniera così lenta». È quanto ha detto Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria, nel corso dell’incontro, svoltosi alla Camera di Commercio di Crotone, sul tema “Il valore della differenziata”, organizzato con il Conai.

L’iniziativa, infatti, ha l’obiettivo di coinvolgere amministratori locali, esperti del settore e cittadini nella riflessione su strumenti e incentivi a disposizione dei Comuni per una gestione corretta ed efficiente del ciclo dei rifiuti, offrendo un supporto concreto per superare i gap e le criticità presenti sul territorio. E la scelta di Crotone non è stata casuale: la Provincia, infatti, è tra le ultime nelle classifiche nazionali per la raccolta differenziata e ben lontana dalle direttive europee.

«Occorre essere molto pragmatici e trovare una modalità per passare dalla teoria del piano regionale dei rifiuti, correttamente improntato alla normativa comunitaria, alla pratica effettiva dell’economia circolare che comporta ridurre, riusare, riciclare e recuperare i rifiuti», ha detto ancora la Parretta, sottolineando come «a Crotone – ha detto la presidente di Legambiente – è necessario opporsi con forza all’ipotesi di costruire nuove discariche o di ampliare quelle esistenti, dietro le quali esistono enormi interessi privati».

«È, invece – ha concluso – importantissimo trovare, nel confronto tra amministrazioni, imprese e cittadini, soluzioni per la corretta gestione del ciclo dei rifiuti a partire dalla raccolta differenziata».

Emilia Noce, Vicepresidente della Camera di commercio di Catanzaro, Vibo Valentia e Crotone, quale padrona di casa, si è detta soddisfatta della possibilità di ospitare l’evento di Legambiente e Conai nella sede dell’Ente camerale per contribuire al dialogo e alla promozione di politiche di raccolta differenziata e riciclo.

Sulle sfide locali nella gestione dei rifiuti ha preso la parola la presidente del circolo Legambiente di Crotone, Rosaria Vazzano affermando che «occorre superare il corto circuito tra la raccolta ed il conferimento degli impianti, che comporta spesso lo scempio che vediamo nelle strade e nei quartieri, cumuli di spazzatura lasciati a marcire nelle strada. Serve programmare azioni mirate ad aumentare la percentuale di differenziata, prevedendo da un lato la riduzione, il riuso, il recupero ed il riciclo dei rifiuti nell’ottica dell’economia circolare e, dall’altro, un sistema di premialità per i cittadini virtuosi: chi più differenzia, meno paga».

Proprio su questo punto è intervenuto il sindaco di Crotone, Vincenzo Voce che, consapevole dei grandi ritardi, è già pronto con una nuova programmazione.

«Dobbiamo invertire la rotta abbastanza rapidamente – ha spiegato Voce – e lo faremo innanzitutto rimuovendo i cassonetti dalle strade della città perché vi è la brutta abitudine di non fare la raccolta e gettare il sacchetto al primo cassonetto utile dell’indifferenziato in città».

«Inoltre, nei prossimi sei mesi – ha aggiunto il sindaco – vogliamo portare la Raccolta differenziata anche nei quartieri più popolosi per servire 6,7mila residenti, per poi raddoppiare i numeri nei successivi sei mesi e a fine anno, per come previsto nel nuovo contratto con la Società in house, di raggiungere almeno il 45% in un anno e poi avvicinarci agli obiettivi europei».

Assente invece il presidente dell’Autorità Rifiuti e Risorse Idriche della Calabria, Sergio Ferrari, per altri impegni istituzionali.

«Il dialogo con i territori è essenziale per promuovere una gestione virtuosa dei rifiuti e sensibilizzare sull’importanza della raccolta differenziata e del riciclo»,  ha commentato il vicedirettore Conai, Fabio Costarella.

«Momenti come questo rappresentano un’occasione importante per confrontarci con gli amministratori locali – ha proseguito – e condividere strumenti e buone pratiche che possano tradursi in risultati concreti per i Comuni e per l’ambiente. Gli imballaggi a fine vita sono risorse. Per chiudere il cerchio, però, servono collaborazione, impegno e consapevolezza da parte di tutti: cittadini, istituzioni, imprese».

Sull’impegno da parte delle scuole di Crotone per formare ed informare i giovani sull’importanza della raccolta differenziata, è arrivata una testimonianza molto importante da parte del prof. Giancarlo Giaquinta, docente del Polo Tecnico Professionale Barlacchi e Lucifero di Crotone, sul progetto che si sta portando avanti nella scuola con gli studenti: «La tematica della tutela ambientale – ha spiegato Giaquinta – rappresenta uno degli asset formativi più importanti del Polo Tecnologico Barlacchi-Lucifero, che si concretizza grazie ad una filiera tecnologica rafforzata dalla presenza di aziende e infrastrutture di ricerca del territorio che operano nel campo del riciclo di plastiche post-consumo».

«Dal confronto con gli esperti del settore, nell’ambito di progetti finalizzati all’acquisizione di competenze specifiche poi spendibili sul mercato del lavoro, i nostri ragazzi acquisiscono un’identità green che comprende anche le abilità tecnologiche indispensabili per l’inserimento in azienda».

I lavori, moderati da Emilio Bianco, Coordinatore Ecoforum Regionali di Legambiente, si sono poi conclusi con la richiesta, da parte della responsabile dell’Ufficio Nazionale Comuni Ricicloni, Laura Brambilla, rivolta agli amministratori degli altri comuni della provincia di Crotone ed ai vertici degli Enti interessati, di cogliere le prossime occasioni di incontro per avviare un confronto concreto e tecnico per migliorare le performance della raccolta differenziata a Crotone e in molti altri comuni calabresi. (rkr)

All’Umg di Catanzaro Legambiente celebra i 30 di impegno nella lotta alla criminalità ambientale

La grande partecipazione di studenti, ma anche di docenti e studiosi della materia, all’incontro organizzato dal circolo di Legambiente Catanzaro e da Legambiente Calabria, all’Università Magna Graecia di Catanzaro, svoltasi nei giorni scorsi, è stata la dimostrazione di come sia sempre più forte l’interesse verso la lotta contro i crimini ambientali.

Nel 1994 inizia la storia di una lunga marcia contro l’ecomafia in nome del popolo inquinato. Quando Legambiente coniò il vocabolo “ecomafia” erano davvero in pochi a credere che le organizzazioni criminali potessero arricchirsi trafficando rifiuti e, soprattutto, quasi nessuno era preoccupato dello squilibrio, drammatico, che esisteva tra la gravità dei fenomeni di aggressione criminale all’ambiente e la risposta dello Stato. In collaborazione con l’Arma dei Carabinieri, il 5 dicembre del 1994 veniva presentato a Roma il primo “Rapporto Ecomafia”, realizzato anche con il contributo dell’istituto di ricerca Eurispes. Da allora al Rapporto, di cui quest’anno si festeggiano i trent’anni da quella prima stampa, collaborano tutte le forze dell’ordine (oltre ai Carabinieri, la Guardia di finanza, la Polizia di stato, la Direzione investigativa antimafia), le Capitanerie di porto, l’Agenzia delle dogane, l’Ispra e, per l’edizione 2024, l’Ufficio europeo antifrode (Olaf).

Come ha evidenziato il responsabile dell’Osservatorio nazionale ambiente e legalità di Legambiente, Enrico Fontana «in Calabria purtroppo i reati ambientali sono aumentati il doppio (+31,4%), rispetto alla media nazionale (+15,6%): “Sono stati commessi 2.912 reati in questa regione nel 2023, parliamo di 8 reati al giorno, uno ogni tre ore. Sono quasi tutti reati connessi ad attività economiche, che hanno come obiettivo l’accumulazione illecita di profitti».

«Questi numeri, frutto dell’intensa attività delle Forze dell’Ordine e della Magistratura – ha detto Fontana –possono essere un punto di partenza. La nuova direttiva europea sulla tutela penale dell’ambiente, che il nostro Paese deve recepire quanto prima, prevede, all’art. 21, l’adozione di una strategia nazionale contro la criminalità ambientale. E la Calabria, proprio per il grande impegno per contrastare questi fenomeni, può dare l’esempio, definendo una sua strategia regionale di prevenzione e contrasto dell’ecocriminalità».

Il Rapporto Ecomafia, come annunciato dal professor Vittorio Daniele, Presidente del corso di laurea magistrale in Economia Aziendale e Management e Ordinario di Politica Economica, sarà oggetto di studio per gli studenti del Corso di laurea in economia dell’Ateneo che potranno dunque approfondire il sistema economico criminoso partendo proprio dai dati che Legambiente e le Forze dell’Ordine hanno raccolto.

Il presidente del circolo di Catanzaro, Andrea Dominijanni, nel moderare l’incontro, ha ricordato una delle figure più care a Legambiente, quella del Capitano di Fregata, Natale De Grazia, ucciso nel 1995 mentre indagava sull’intrigo delle navi dei veleni e Massimo Scalia, tra i fondatori di Legambiente, presidente delle prime due Commissioni parlamentari d’inchiesta sulle attività illecite nel ciclo di rifiuti e alla cui memoria è stato dedicato il Report di quest’anno.

È stata poi Anna Parretta, Presidente Legambiente Calabria, a fornire ai relatori un focus sulla situazione della regione anche e soprattutto alla luce degli ultimi dati emersi dal Rapporto Ecomafia presento a luglio a Roma: «La forza del rapporto Ecomafia, è quella di avere fatto prendere coscienza, attraverso nomi, storie e numeri, dell’importanza dei fenomeni illegali in materia ambientale evidenziando non solo le negatività, ma anche gli esempi e le pratiche positive di contrasto alla criminalità».

«È essenziale che in Calabria, con l’apporto di tutti, Amministrazioni, imprese, associazioni. Mondo della Scuola e dell’Università e cittadini, si rafforzino, anche attraverso momenti di confronto come questo, quei principi di legalità indispensabili per uno sviluppo socio economico sano della nostra regione. Le mafie distruggono l’ambiente e mettono a rischio la sicurezza e la salute dei cittadini. Lottare contro la criminalità ambientale significa costruire un futuro diverso in Calabria»

Il Magnifico Rettore dell’UMG, Giovanni Cuda, ha accolto con entusiasmo l’idea di ospitare l’iniziativa «perché l’analisi del fenomeno contro i crimini ambientali è significativa per la nostra regione».

«Dai dati del report – ha detto il Rettore – si evince che purtroppo in Calabria, nonostante il forte e costante presidio delle Forze dell’Ordine, questo cancro non accenna a diminuire la sua capacità di mordere il territorio. Ecco perché sono contento che se ne parli in un luogo di cultura e formazione come l’Umg, perché soltanto attraverso una formazione che parla ai più giovani, si riuscirà a fare cambiare tragitto a questa deriva».

Hanno preso parte all’incontro anche Pietro Molinaro, Presidente Commissione contro il fenomeno della ‘ndrangheta, della corruzione e dell’illegalità diffusa della Regione Calabria, che ha annunciato l’avvio, nel 2025, di attività relative proprio al ciclo dei rifiuti; la prof.ssa Angela Caridà, docente Associata di Economia e gestione delle imprese, delegata del Rettore alla sostenibilità; Giuseppe Borrello, referente Libera per la Regione Calabria; Don Giacomo Panizza, fondatore e presidente Comunità Progetto Sud; il Colonnello Giuseppe Mazzullo, Comandante provinciale dell’Arma dei Carabinieri di Catanzaro; il Capitano Paolo Domenico Guarrata, Comandante dei Carabinieri del Nipaaf di Catanzaro; il Tenente di Vascello Paolo Amato, Comandante dell’Ufficio Circondariale Marittimo di Soverato; Gioacchino Tavella, socio fondatore dell’Associazione Antiracket di Lamezia Terme e in rappresentanza di Trame. Tra i presenti anche il questore di Catanzaro, Giuseppe Linares, che nel 2009 ha ricevuto il premio Ambiente e Legalità di Legambiente e Libera quando, da capo della Squadra Mobile di Trapani, ha condotto inchieste che hanno portato alla confisca di imprese di cosa nostra attive nel ciclo del cemento e nelle nascenti energie rinnovabili. (rcz)

A Catanzaro Legambiente festeggia 30 anni di impegno contro la criminalità

Il 14 novembre, all’Università Magna Graecia di Catanzaro, alle 9.30, al Dipartimento di Giurisprudenza, Economia e Sociologia, si terrà l’evento dedicato ai 30 anni di impegno nella lotta alla criminalità ambientale di Legambiente.

Quella del 2024 è l’edizione più significativa del Rapporto annuale su ecomafie e criminalità ambientale perché quest’anno Legambiente celebra il trentesimo anniversario dalla presentazione del primo Rapporto sulla cosiddetta Rifiuti S.p.A. – pubblicato il 3 giugno 1994 – per denunciare la trama nazionale e internazionale dei traffici illegali di rifiuti che coinvolgevano il nostro paese e del Rapporto Ecomafia, realizzato insieme all’Arma dei Carabinieri e presentato il 5 dicembre dello stesso anno.

«In questi 30 anni dedicati alla denuncia di questo fenomeno criminale, il nostro lavoro si è sviluppato su più fronti e non si è mai fermato, dall’analisi di focus specifici al rafforzamento delle collaborazioni istituzionali. In questi tre decenni il Rapporto Ecomafia è diventato sempre più un’opera omnia per analizzare nei minimi dettagli i fenomeni criminali legati al business ambientale che, come ci raccontano anche i numeri di quest’anno, non smette di colpire l’Italia», ha detto Enrico Fontana, responsabile Osservatorio nazionale ambiente e legalità di Legambiente, che concluderà i lavori dell’evento.

Ad introdurre i lavori, moderati dal presidente del circolo di Catanzaro, Andrea Dominijanni, sarà Anna Parretta, Presidente Legambiente Calabria, che fornirà ai relatori un focus sulla  situazione della regione, anche e soprattutto alla luce degli ultimi dati emersi dal Rapporto Ecomafia dove la Calabria purtroppo continua a mantenere le prime posizioni, ma in negativo.

Porteranno un saluto il prof. Giovanni Cuda, Magnifico Rettore dell’UMG; la prof.ssa Aquila Villella, direttrice del Dipartimento di Giurisprudenza, Economia e Sociologia; la prof.ssa Angela Caridà, docente Associata di Economia e Gestione delle Imprese e delegata di Ateneo alla Sostenibilità; Vincenza Matacera, presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Catanzaro.

Tra gli interventi previsti Vittorio Daniele, prof. ordinario di Politica Economica; Giuseppe Borrello, referente Libera per la Regione Calabria. Sono stati invitati a partecipare anche Pietro Molinaro, Presidente Commissione contro il fenomeno della ‘ndrangheta, della corruzione e dell’illegalità diffusa della Regione Calabria e Vincenzo Capomolla, Procuratore Capo della Procura della Repubblica di Catanzaro.

 

LEGAMBIENTE, SU TRANSIZIONE ECOLOGICA
CALABRIA IMPREPARATA E MOLTO LONTANA

di ANTONIETTA MARIA STRATI – «Le città calabresi sono ben lontane dall’essere “ambientalmente sostenibili”, socialmente accoglienti e sicure», dice Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria, commentando i dati della classifica stilata da Ecosistema Urbano 2024, il rapporto di Legambiente realizzato in collaborazione con Ambiente Italia e Il Sole 24 Ore – sui 106 capoluoghi di provincia per performance ambientali.

Dati che confermano un importante passo indietro per i capoluoghi calabresi, dimostrando, ancora una volta, «impreparata davanti alla grande sfida della transizione ecologica, resa ancora più urgente dalla gravità della crisi climatica».

I dati sono impietosi: Cosenza, la città che è sempre spiccata per la sua impronta green – nell’edizione 2023 era settima – quest’anno si è collocata in 13esima posizione. Nonostante ciò, è comunque l’unica città del Sud nelle prime 20 posizioni. In fondo alla classifica nazionale troviamo Catanzaro 99esima, Vibo Valentia 101esima, Crotone 104esima e Reggio Calabria 105esima, penultima. Spicca in negativo la performance di Catanzaro che registra un calo di oltre 30 posizioni rispetto al precedente Report soprattutto a causa degli altissimi consumi idrici (280 litri pro capite al giorno) e le perdite di rete (viene dispersa la metà dell’acqua immessa) oltre all’elevato consumo di suolo non proporzionato alle effettive necessità abitative ed alle carenze nella mobilità sostenibile; Cosenza, Vibo Valentia e Reggio Calabria scendono ognuna di 6 posizioni, mentre Crotone scende di 4 posizioni.

«Un elemento di penalizzazione – ha spiegato la presidente Parretta – è sicuramente costituito dalla mancanza dei dati Arpa regionali sul  monitoraggio della qualità dell’aria, già denunciata da Legambiente, che non consente di avere dati reali e che comporta un grave vulnus per la tutela della salute dei calabresi, oltre ad esporre la Regione al rischio dell’ennesima procedura di infrazione comunitaria».

«Ben 4 dei 5 capoluoghi della nostra regione – ha proseguito – si trovano nella parte finale della graduatoria nazionale con Reggio Calabria addirittura al penultimo posto. Tutte le città capoluogo calabresi arretrano rispetto alle valutazioni dello scorso anno. I dati sono complessivamente negativi per quanto riguarda la gestione ed il consumo della risorsa acqua, il ciclo dei rifiuti, la mobilità, il consumo di suolo, l’ambiente urbano e le energie rinnovabili».

I 20 indicatori su cui si basa la graduatoria complessiva di Ecosistema Urbano coprono sei principali componenti ambientali presenti in città: aria, acque, rifiuti, mobilità, ambiente urbano, energia. Vengono così valutati tanto i fattori di pressione e la qualità delle componenti ambientali, quanto la capacità di risposta e di gestione ambientale.

Quest’anno il rapporto Ecosistema Urbano 2024, per l’analisi dei 106 capoluoghi che hanno risposto all’indagine, ha rivisto e aggiornato il “peso” di alcuni indicatori, come la percentuale di Raccolta Differenziata, in quanto non rappresenta più come un tempo un elemento innovativo nella gestione ambientale, e di aumentarne altri, come la dispersione della rete idrica e l’estensione delle isole pedonali. È stato inoltre introdotto un nuovo indicatore relativo alla Variazione nell’uso efficiente del suolo, elaborato da Legambiente su dati Istat, per stimolare una riflessione anche in ottica di trend sullo sfruttamento delle risorse territoriali.

Un’altra novità è la decisione di premiare i comuni che hanno fornito il numero esatto di alberi di proprietà comunale. Inoltre, da questa edizione, sono stati utilizzati i dati delle centraline Arpa, rielaborati da Legambiente per il rapporto Mal’Aria poiché la qualità dell’aria è da sempre un tema centrale del rapporto.

Dando uno sguardo alla classifica nazionale, si può notare come nelle prime dieci posizioni dominano le città del nord Italia. L’Emilia Romagna è la regione con più capoluoghi green nella top ten, tra questi c’è anche Bologna, new entry e unica grande città nelle prime dieci posizioni (lo scorso anno era 24esima). Le altre metropoli arrancano: Milano si piazza al 56esimo posto in classifica, mentre Napoli arriva quasi in fondo alla graduatoria, è 103esima, lo scorso anno era 98esima. Roma, rispondendo in modo esauriente all’indagine, sale in graduatoria al 65esimo posto (nel 2023 era 89esima). Il centro Italia se la cava, con Macerata (23esima), Siena (26) e Livorno (29).

Male, invece, il Meridione con otto capoluoghi tra le ultime 10 della graduatoria:Caserta (98esima), Catanzaro (99), Vibo Valentia (101), Palermo (102), Napoli (103), Crotone (104), Reggio Calabria (105), Catania (106) che lo scorso anno era penultima.

La fotografia scattata da Ecosistema Urbano 2024 di Legambiente, dunque, ha messo in evidenza come in Italia le performance ambientali delle città viaggino a velocità e con tempi di applicazione troppo diversi e su cui occorre accelerare il passo. A pesare sulle performance ambientali i ritardi nel contrasto alla crisi climatica, i problemi cronici irrisolti – come smog, inquinamento, consumo di suolo – i ritardi su rigenerazione urbana, efficienza energetica, mobilità sostenibile, e poi gli impatti dell’overtourism. Temi sui cui servono interventi più incisivi.

Cosa fare, dunque? L’Associazione, a riguardo, ha lanciato delle proposte: per accelerare il passo e per città più vivibili, sostenibili e attente alla qualità della vita, inclusa la sfera sociale, serve un green deal made in Italy per le città che abbia al centro una strategia nazionale urbana che non lasci soli i comuni nell’affrontare i problemi cronici ambientali, la crisi climatica, ma anche Il fenomeno dell’overtourism. Su quest’ultimo tema, l’associazione ambientalista lancia un monito: l’overtourism va governato con misure efficaci, come stanno facendo già diverse città europee e nel resto del mondo, e va affrontato con lungimiranza e responsabilità dalle grandi alle medie aree urbane ai piccoli borghi, fino all’alta quota, per un turismo più sostenibile, di qualità, attento e rispettoso anche dei territori e delle comunità locali.

«All’estero già si sta facendo molto con misure significative – ha rilevato Legambiente – in Italia quei pochi interventi messi in campo sono troppo timidi e inefficaci».

Per Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, «serve un’azione congiunta, a livello nazionale e territoriale, da parte del Governo, delle Regioni e dei capoluoghi di Provincia» per rendere le città più sostenibili, resilienti e sicure.

«Oggi, purtroppo – ha aggiunto – i temi ambientali sono i grandi dimenticati dall’agenda politica, che affronta i temi legati alla sicurezza dei cittadini, solo in riferimento ai fenomeni migratori, ma serve affrontare questo problema sotto tutti i punti di vista, senza lasciare da soli gli amministratori locali nella sua risoluzione. Da parte del governo nazionale servono politiche coraggiose, a 360 gradi, e risorse economiche all’altezza della sfida per rendere davvero sicuro il nostro Paese».

«Si pensi, ad esempio – ha proseguito – all’adattamento alla crisi climatica, che causa sempre più danni e perdite di vite umane; alla rigenerazione urbana e alla messa in sicurezza degli edifici, dalla presenza di amianto e dal rischio terremoti; alla lotta allo smog, che causa quasi 50mila morti premature solo per il PM2,5, o al processo di miglioramento del livello qualitativo dei controlli ambientali in capo alle Agenzie regionali protezione ambientale, oggi disomogenei sul territorio nazionale».

«Dai dati di questa edizione 2024 emerge, con ancora più evidenza, come l’unica via sostenibile per rilanciare davvero il Paese, cominciando dalle città, sia ripensare le realtà urbane del futuro con meno auto e più mezzi meno inquinanti, su ferro ed elettrici, più mobilità sostenibile ed economia circolare, più infrastrutture intelligenti», ha commentato Mirko Laurenti, dell’ufficio Scientifico di Legambiente e curatore del report Ecosistema Urbano. (ams)

 

«NON È MALTEMPO, MA CRISI CLIMATICA»
LA CALABRIA TRA EMERGENZA E URGENZA

di ANTONIETTA MARIA STRATILa Calabria, adesso, deve fare i conti con gli ingenti danni provocati dall’ondata di maltempo che ha mostrato, per l’ennesima volta, la sua fragilità e l’inadeguatezza delle sue infrastrutture.

L’ennesimo episodio che ha messo a nudo, nuovamente, l’insufficienza e la mancanza di risorse e strumenti capaci far fronte a un’emergenza che rende evidente la necessità e l’urgenza di attivarsi per mettere in sicurezza il territorio attraverso una politica incentrata sulla prevenzione e il miglioramento delle opere già esistenti, oltre che a tutela dell’ambiente stesso e dei cittadini.

Già il sindaco di San Pietro a Maida, Domenico Giampà, nella giornata di lunedì aveva annunciato la richiesta di stato di calamità, seguita, poi, da quella del sindaco di Lamezia, Paolo Mascaro. Il Comune, infatti, nella giornata di ieri ha dichiarato lo stato di calamità naturale e chiesto, nella delibera, alla Regione di proclamare lo stato di emergenza regionale indicando tra i comuni interessati il territorio di Lamezia Terme «al fine – è scritto in una nota dell’amministrazione comunale guidata da Paolo Mascaro – di mettere in atto i relativi provvedimenti ivi incluso un immediato intervento di carattere logistico e finanziario indispensabile per assicurare il ripristino dello status quo ante ed il ristoro dei danni subiti in tutto il territorio comunale; è stato altresì richiesto al Dipartimento di Protezione Civile della Regione Calabria l’accesso al fondo di cui all’art. 16 L. R. n 9/2023».

Anche il Partito Democratico della Calabria, nella seduta del Consiglio regionale di ieri, ha presentato un odg per chiedere al governo regionale di attivarsi per riconoscimento lo stato di emergenza e/o calamità naturale.

Per i dem, infatti, «è fondamentale avviare una pianificazione lungimirante che tenga conto della vulnerabilità del nostro territorio e della crescente incidenza dei cambiamenti climatici. È il momento di agire e di investire nel presente: lo chiede il territorio calabrese, che ha bisogno di concretezza e responsabilità, affinché si possano finalmente tradurre le parole in azioni tangibili».

La Prociv, ha riferito il dirigente generale del Dipartimento di Protezione Civile Calabria Domenico Costarella, «sta lavorando ininterrottamente dall’inizio dei gravi avvenimenti climatici che hanno investito gran parte della Calabria nel corso del fine settimana, in stretto coordinamento con tutte le istituzioni, i Vigili del Fuoco e le associazioni di volontariato, per intervenire sulle emergenze e agire sul recupero delle condizioni di normalità».

«Sono state attivate, infatti – ha spiegato ancora – le organizzazioni di volontariato dotate di moduli idrogeologici che sono intervenute sotto il coordinamento dei Vigili del Fuoco in particolare nella città di Lamezia Terme e nella sua zona industriale, dove inoltre sono state effettuate alcune evacuazioni. Grazie al supporto del Consorzio di Bonifica regionale e di Calabria Verde sono stati realizzati interventi con mezzi pesanti per facilitare il deflusso delle acque».

«Nel Comune di San Pietro a Maida la Protezione Civile – ha proseguito – con propri mezzi e con quelli di Calabria Verde, ha lavorato per ripristinare la viabilità e ha effettuato alcune evacuazioni a titolo precauzionale, operando anche con moduli idrogeologici».

«Sempre a causa delle intense precipitazioni piovose delle scorse ore – ha detto ancora – è stato fornito dal Dipartimento e da alcune associazioni di volontariato, attività di supporto nella gestione e superamento dell’emergenza al Comune di Montebello Jonico, e di carattere tecnico al Comune di Bovalino».

«Già dalla mattinata di oggi (ieri ndr), tecnici del Dipartimento regionale – ha continuato Costarella –si sono recati sui territori maggiormente colpiti per una prima valutazione dei danni, anche ai fini della predisposizione della richiesta di riconoscimento dello stato di emergenza».

«La Regione, inoltre, in sinergia con Arpacal, fin dalle prime ore dalla voragine che si è verificata sulla Ss 280 dei Due Mari – ha concluso – è al lavoro per realizzare un’analisi sulle situazioni tecniche che hanno determinato tale evento».

«I gravi eventi atmosferici che hanno colpito la Calabria negli ultimi giorni  hanno rilevato i consiglieri – mettono in luce, ancora una volta, le fragilità strutturali del nostro territorio. I comuni di Maida e San Pietro a Maida – alle cui comunità rivolgiamo la nostra vicinanza e solidarietà – sono attualmente isolati a causa dell’esondazione di un torrente, che ha provocato il crollo del ponte stradale sulla SS280. In questa stessa arteria, una voragine ha inghiottito un’autovettura, fortunatamente senza vittime, ma la situazione è drammatica: case e attività commerciali sono state allagate e la circolazione è fortemente compromessa».

«Questa emergenza non è solo il risultato di un temporale: rappresenta gli effetti tangibili della crisi climatica – hanno proseguito – la quale sta generando eventi meteorologici sempre più intensi e frequenti. Le valutazioni basate su dinamiche stagionali tradizionali non sono più adeguate ad affrontare una realtà in continua evoluzione».

«È ora di mettere in campo un piano straordinario per la manutenzione delle infrastrutture esistenti – hanno concluso – piuttosto che disperdere risorse in opere che non affrontano i problemi immediati dei cittadini calabresi. La sicurezza delle nostre strade, la tutela delle nostre abitazioni e la salvaguardia della vita dei nostri concittadini devono essere al centro dell’agenda politica».

Il segretario generale della Cgil, Angelo Sposato, ha suggerito l’idea di utilizzare i fondi del Ponte sullo Stretto (15 mld ndr), per mettere in sicurezza il territorio.

«La voragine nella strada statale 280 a Lamezia, che ha inghiottito un’autovettura è la metafora della condizione delle nostre infrastrutture e della necessità di avviare al più presto un grande piano per la sicurezza del territorio dal rischio idrogeologico, sismico, dall’erosione costiera, dal rischio incendi», ha detto Sposato, evidenziando come «un territorio in abbandono, non mantenuto e con un forte consumo di suolo rappresenta un pericolo, per questo servono investimenti in risorse umane e tecnologiche per un grande piano di messa in sicurezza».

«La voragine di Lamezia, in una delle strade più frequentate della Calabria, che poteva diventare tragedia, sia da monito e un allarme per non perdere più tempo. La Calabria, i territori, allo stato attuale, non sono nelle condizioni di affrontare emergenze alluvionali ed idrogeologiche se non si attiva da subito un grande piano per la messa in sicurezza del territorio», ha concluso, lanciando la provocazione: utilizzare quei fondi «sprecati sul Ponte per cose essenziali, per mettere in sicurezza la vita dei cittadini, la nostra rete infrastrutturale ed ambientale».

Pure la Uil Calabria, tramite il suo segretario, Mariaelena Senese, ha chiesto «con forza all’Amministrazione Regionale di assumersi le proprie responsabilità, mettendo in atto misure strutturali e urgenti per la messa in sicurezza del territorio. Non è più possibile accettare una gestione emergenziale che, oltre a mettere a rischio la vita dei cittadini, paralizza l’economia locale e compromette la vivibilità di intere comunità».

«Ribadiamo l’importanza – ha sottolineato Senese – di investimenti adeguati per prevenire i rischi idrogeologici, il monitoraggio costante delle aree più vulnerabili e l’adozione di un piano di manutenzione che garantisca la sicurezza delle infrastrutture viarie e delle opere di contenimento delle acque. Il nostro territorio, già fragile e vulnerabile, non può essere lasciato solo davanti all’avanzare di eventi atmosferici sempre più estremi e frequenti».

Michele Sapia, segretario generale di Fai Cisl Calabria, invece, suggerisce di investire sulla prevenzione e sul lavoro ambientale per superare la cultura dell’emergenza.

Ma non solo: «La soluzione più adeguata, per arginare le continue emergenze in un territorio come la Calabria che, come rileva l’Ispra, ha il primato di essere la regione italiana più esposta ai fenomeni alluvionali, è quella di ingenti investimenti in prevenzione», ha detto Sapia, aggiungendo come «occorre una pianificazione trentennale che consideri la vulnerabilità del territorio calabrese, la sua particolare conformazione, segnata da ripidi pendii e migliaia di corsi d’acqua, che con le piogge possono rapidamente ingrossarsi, ma anche contrastare la cementificazione selvaggia, evitando di costruire in aree a rischio».

«Fondamentale sarà, inoltre – ha aggiunto – un piano di riforestazione in quelle aree danneggiate, la manutenzione e il controllo dei corsi d’acqua, migliorare le infrastrutture ambientali esistenti e costruirne di nuove progettate per resistere a questi eventi atmosferici estremi, per garantire la sicurezza di popolazioni e attività produttive».

«Ma tali propositi – ha proseguito – rischiano di restare soltanto sulla carta, se non sarà valorizzato in Calabria il lavoro nei comparti del sistema ambientale e agricolo, con i lavoratori che dovranno essere i veri protagonisti di queste politiche di prevenzione e tutela del territorio calabrese, al centro di quella necessaria transizione ambientale e sostenibile, che dovrà garantire prima di tutto sicurezza e presidio umano, recupero di intere aree abbandonate, sviluppo e miglioramento delle opere infrastrutturali, nel solco di quanto fatto a partire dalla metà degli anni Cinquanta dagli operai forestali e addetti alla bonifica: interventi di sistemazione idraulica, consolidamento di terreni franosi, rimboschimento, realizzazione di infrastrutture civili con conseguente miglioramento della qualità della vita delle popolazioni, tutti interventi che hanno generato sicurezza, servizi e opportunità».

«Il dissesto idrogeologico in Calabria – ha detto ancora – rappresenta una delle principali sfide ambientali e sociali e come tale va affrontata, attivando sinergie che favoriscano il dialogo tra i soggetti interessati, con l’ausilio di università e centri di ricerca, sostenendo l’importante lavoro di chi opera per la messa in sicurezza del territorio e favorendo un indispensabile ricambio generazionale per immettere nuove energie, nuovi profili professionali e competenze, tecnologie e intelligenza artificiale al servizio dell’uomo e delle comunità».

«Solo insieme – ha concluso – in un’ottica partecipata e in una visione lungo periodo sarà possibile interrompere la “cultura dell’emergenza”, consapevoli che le risorse per la prevenzione e il lavoro agro-ambientale rappresentano investimenti per un futuro del territorio più sicuro, meno vulnerabile a fenomeni di erosione, frane e alluvioni, più green e sostenibile, aperto ad occasioni di sviluppo, specie per le future generazioni».

I danni, purtroppo, si registrano anche nell’agricoltura: Coldiretti Calabria, in un primo report, ha rilevato come sono centinaia e centinaia  gli ettari invasi dall’acqua e dal fango con danni alle produzioni . oliveti, agrumeti, serre,vivai, vigneti, ortaggi il tutto invaso dall’acqua, mezzi e attrezzature di produzione che galleggiavano e strade rurali franate.

L’Associazione, inoltre, con il presidente Franco Aceto, il direttore Cosentini, insieme al presidente zonale Notarianni, il direttore Bozzo e il segretario di zona Meringolo hanno istituito una unità di crisi per seguire l’evolversi della situazione che è destinata ad aggravarsi.

«È evidente – ha sottolineato Aceto– che quello che è accaduto, è una priorità nel contesto di una emergenza regionale e abbiamo già rappresentato alle Istituzioni la gravità della situazione per avviare le prime misure di sostegno. Ancora una volta gli agricoltori devono fare i conti non solo con un mercato in piena evoluzione ma con un clima che mette a  dura prova il coraggio e la speranza di ricominciare».

Legambiente Calabria e Circolo Lamezia: «non è maltempo, è crisi climatica»

È necessario attuare la corretta transizione ecologica e mettere in sicurezza i territori fragili, dicono da Legambiente.

«In Calabria i comuni di Maida e di San Pietro a Maida sono isolati per l’esondazione di un torrente – si legge nella nota – ed il crollo del ponte stradale che lo attraversava, sulla strada SS280, una delle principali arterie della nostra regione, si è aperta una vera e propria voragine che ha inghiottito un’autovettura. Ci sono forti disagi nella circolazione oltre a case ed immobili commerciali allagati».

Gli eventi calamitosi hanno inferto un duro colpo al comparto agricolo lametino e hanno compromesso in modo irreparabile le campagne di raccolta e le conseguenti perdite di prodotto. Nella zona di Lamezia, si riscontrano danni agli oliveti e agrumeti con i campi invasi letteralmente dall’acqua, il livello è salito sino alla chioma degli agrumi, gli oliveti invece benché preservati dalle chiome alte ritarderanno la raccolta delle olive a causa dei terreni impantanati che non consentono la raccolta meccanizzata, poiché è letteralmente impossibile pensare di addentrarsi con i mezzi. La qualità e la quantità dell’olio ne risentirà notevolmente.

Le chiome delle agrumi sono immerse nell’acqua limitando la raccolta laddove era iniziata e alterando notevolmente la qualità del prodotto e aumentando le perdite. Nel settore serricolo si registrano danni alle strutture e alle coltivazioni ortive con perdite anche del 100% nelle zone di maggiore ristagno acquoso.

Ad aggravare la situazione anche gli smottamenti che si sono registrati nelle zone poco al di sopra della piana lametina colpendo particolarmente i vicini comuni di Pianopoli, Maida, e Nocera Terinese, San Pietro a Maida,Curinga e in queste zone è molto praticato il terrazzamento delle coltivazioni tra cui vigneti, oliveti. Lo straripamento del fiume Amato nel comune di Maida ha isolato diverse aziende agricole, che nonostante l’ incessante pioggia hanno affiancato con i mezzi propri i soccorsi della Protezione Civile, del Consorzio di Bonifica e altro enti preposti nelle operazioni di ripristino della viabilità.

«Si parla di maltempo, ma siamo di fronte agli effetti della crisi climatica che stanno diventando sempre più accentuati e frequenti – ha sottolineato Legambiente – ed hanno subito un esponenziale incremento in intensità, evidente a tutti, che deve preoccuparci per la velocità di evoluzione. Dagli ultimi dati Arpacal, le piogge registrate nella stazione pluviometrica Catanzaro-Janò, dalla mezzanotte sino alle ore 17 del 19 ottobre, sono state di 102mm, una quantità di acqua pari a quella che si registra in tutto il mese di ottobre in media nella stessa area. Analizzando gli eventi climatici estremi che si sono verificati in Calabria, dal 2010 al 20 settembre 2024 si registrano 105 eventi su 2.214 totali in Italia. Tra questi, i principali riguardano 41 allagamenti da piogge intense, 28 danni da raffiche di vento e trombe d’aria, 13 danni alle infrastrutture, 9 frane da piogge intense e 18 vittime».

«I territori calabresi, come altre regioni a partire dall’Emilia Romagna, con i suoi tragici eventi alluvionali – continua la nota – stanno subendo stravolgimenti climatici che impongono di intervenire in fretta per mettere in sicurezza le persone, le attività agricole, commerciali e industriali, le scuole, gli ospedali, le infrastrutture. Soprattutto in Calabria dove spesso si è costruito troppo, male, in maniera abusiva e senza adeguati controlli per quanto riguarda le infrastrutture».

«L’obiettivo fissato dagli accordi di Parigi del 2015, di contenere l’aumento di temperatura del Pianeta al massimo 1,5, sembra già una chimera – hanno rilevato Legambiente e il Circolo di Lamezia –. I dati ci dicono che in Calabria, la scorsa estate, la temperatura è aumentata di oltre 2 gradi rispetto alla media e che quella del mare Mediterraneo ha superato i 30 gradi con la possibilità sempre più concreta di sviluppo dei Medicane, i cosiddetti uragani mediterranei».

«Si tratta di record destinati, purtroppo, ad essere superati – hanno detto –: per il futuro ci attende un’alternanza di ondate di calore ed eventi meteorici estremi. La siccità prolungata che ha colpito negli ultimi mesi gran parte della nostra regione con effetti gravi sul settore agricolo è l’altra faccia della medaglia delle precipitazioni atmosferiche alluvionali che stanno impattando sul fragile territorio calabrese. La realtà temuta che le istituzioni non vogliono vedere nella sua chiarezza, sta irrompendo con tutti i suoi effetti negativi trovando, nonostante annunci e dichiarazioni, quasi tutti impreparati agli impatti crescenti sul clima e sugli ecosistemi, sui luoghi e sulle popolazioni che vi risiedono».

«La realtà sta dimostrando che è indispensabile – hanno sottolineato – cambiare modello di sviluppo e realizzare, molto velocemente, la transizione ecologica per raggiungere, nella maniera più celere possibile, la neutralità climatica, azzerando l’emissione di gas climalteranti in atmosfera. Un obiettivo per il cui raggiungimento è essenziale il settore energetico nel quale è indispensabile uscire dalle inquinanti fonti fossili e costruire impianti di energia rinnovabile piccoli e grandi, lavorando, allo stesso tempo sulla riduzione dei consumi e sull’efficientamento energetico».

«In Calabria moltissimo deve essere ancora fatto – hanno proseguito – per la reale riduzione del rischio idrogeologico, ma servono interventi per mitigare gli effetti della crisi climatica ed adattare territori e città con appositi piani mettendo in atto competenze e tecnologie. Servono appositi programmi strutturali di finanziamento ed intervento per le aree urbane più a rischio – come Lamezia Terme – con interventi di messa in sicurezza e manutenzione che arrivino fino alla delocalizzazione degli edifici a rischio».

«In Italia, infatti – hanno detto – si continuano a correre rischi enormi, fino alla perdita di vite umane, perché le persone vivono in case e zone a rischio dove si continua anche a costruire. La situazione è molto pericolosa, basta pensare alla tombatura dei corsi d’acqua ed alle costruzioni realizzate in zone a rischio idrogeologico o in aree non consentite. Le soluzioni non possono prescindere dalle problematiche, alluvioni e siccità, con l’obiettivo di mitigare le emissioni climalteranti e favorire l’adattamento».

«In una prospettiva di adattamento al clima, ad esempio – hanno concluso – vanno vietati gli intubamenti dei corsi d’acqua e recuperati alla naturalità ovunque possibile fiumi e fossi, creando spazi per il naturale deflusso in sicurezza delle acque durante le piogge e la ricarica delle falde, occorre  favorire la permeabilità dei suoli ed il riutilizzo delle acque piovane e delle acque grigie, eliminare le isole di calore. È necessario ripensare le città ed i comuni rigenerandone il tessuto urbanistico, ad esempio con la creazione di tetti verdi, vasche e fontane per ridurre l’aumento delle temperature esterne oltre alla messa a dimora di alberi  in strade e piazze ed  alla realizzazione di boschi urbani». (ams)

Legambiente Calabria e Circolo Lamezia: Non è maltempo, è crisi climatica

«Non è maltempo, è crisi climatica», hanno ribadito Legambiente Calabria e il Circolo Legambiente Lamezia, sottolineando la necessità di «attuare la corretta transizione ecologica e mettere in sicurezza i territori fragili».

«In Calabria i comuni di Maida e di San Pietro a Maida sono isolati per l’esondazione di un torrente – si legge nella nota – ed il crollo del ponte stradale che lo attraversava, sulla strada SS280, una delle principali arterie della nostra regione, si è aperta una vera e propria voragine che ha inghiottito un’autovettura. Ci sono forti disagi nella circolazione oltre a case ed immobili commerciali allagati».

«Si parla di maltempo, ma siamo di fronte agli effetti della crisi climatica che stanno diventando sempre più accentuati e frequenti – ha sottolineato Legambiente – ed hanno subito un esponenziale incremento in intensità, evidente a tutti, che deve preoccuparci per la velocità di evoluzione. Dagli ultimi dati Arpacal, le piogge registrate nella stazione pluviometrica Catanzaro-Janò, dalla mezzanotte sino alle ore 17 del 19 ottobre, sono state di 102mm, una quantità di acqua pari a quella che si registra in tutto il mese di ottobre in media nella stessa area. Analizzando gli eventi climatici estremi che si sono verificati in Calabria, dal 2010 al 20 settembre 2024 si registrano 105 eventi su 2.214 totali in Italia. Tra questi, i principali riguardano 41 allagamenti da piogge intense, 28 danni da raffiche di vento e trombe d’aria, 13 danni alle infrastrutture, 9 frane da piogge intense e 18 vittime».

«I territori calabresi, come altre regioni a partire dall’Emilia Romagna, con i suoi tragici eventi alluvionali – continua la nota – stanno subendo stravolgimenti climatici che impongono di intervenire in fretta per mettere in sicurezza le persone, le attività agricole, commerciali e industriali, le scuole, gli ospedali, le infrastrutture. Soprattutto in Calabria dove spesso si è costruito troppo, male, in maniera abusiva e senza adeguati controlli per quanto riguarda le infrastrutture».

«L’obiettivo fissato dagli accordi di Parigi del 2015, di contenere l’aumento di temperatura del Pianeta al massimo 1,5, sembra già una chimera – hanno rilevato Legambiente e il Circolo di Lamezia –. I dati ci dicono che in Calabria, la scorsa estate, la temperatura è aumentata di oltre 2 gradi rispetto alla media e che quella del mare Mediterraneo ha superato i 30 gradi con la possibilità sempre più concreta di sviluppo dei Medicane, i cosiddetti uragani mediterranei».

«Si tratta di record destinati, purtroppo, ad essere superati – hanno detto –: per il futuro ci attende un’alternanza di ondate di calore ed eventi meteorici estremi. La siccità prolungata che ha colpito negli ultimi mesi gran parte della nostra regione con effetti gravi sul settore agricolo è l’altra faccia della medaglia delle precipitazioni atmosferiche alluvionali che stanno impattando sul fragile territorio calabrese. La realtà temuta che le istituzioni non vogliono vedere nella sua chiarezza, sta irrompendo con tutti i suoi effetti negativi trovando, nonostante annunci e dichiarazioni, quasi tutti impreparati agli impatti crescenti sul clima e sugli ecosistemi, sui luoghi e sulle popolazioni che vi risiedono».

«La realtà sta dimostrando che è indispensabile – hanno sottolineato – cambiare modello di sviluppo e realizzare, molto velocemente, la transizione ecologica per raggiungere, nella maniera più celere possibile, la neutralità climatica, azzerando l’emissione di gas climalteranti in atmosfera. Un obiettivo per il cui raggiungimento è essenziale il settore energetico nel quale è indispensabile uscire dalle inquinanti fonti fossili e costruire impianti di energia rinnovabile piccoli e grandi, lavorando, allo stesso tempo sulla riduzione dei consumi e sull’efficientamento energetico».

«In Calabria moltissimo deve essere ancora fatto – hanno proseguito – per la reale riduzione del rischio idrogeologico, ma servono interventi per mitigare gli effetti della crisi climatica ed adattare territori e città con appositi piani mettendo in atto competenze e tecnologie. Servono appositi programmi strutturali di finanziamento ed intervento per le aree urbane più a rischio – come Lamezia Terme – con interventi di messa in sicurezza e manutenzione che arrivino fino alla delocalizzazione degli edifici a rischio».

«In Italia, infatti – hanno detto – si continuano a correre rischi enormi, fino alla perdita di vite umane, perché le persone vivono in case e zone a rischio dove si continua anche a costruire. La situazione è molto pericolosa, basta pensare alla tombatura dei corsi d’acqua ed alle costruzioni realizzate in zone a rischio idrogeologico o in aree non consentite. Le soluzioni non possono prescindere dalle problematiche, alluvioni e siccità, con l’obiettivo di mitigare le emissioni climalteranti e favorire l’adattamento».

«In una prospettiva di adattamento al clima, ad esempio – hanno concluso – vanno vietati gli intubamenti dei corsi d’acqua e recuperati alla naturalità ovunque possibile fiumi e fossi, creando spazi per il naturale deflusso in sicurezza delle acque durante le piogge e la ricarica delle falde, occorre  favorire la permeabilità dei suoli ed il riutilizzo delle acque piovane e delle acque grigie, eliminare le isole di calore. È necessario ripensare le città ed i comuni rigenerandone il tessuto urbanistico, ad esempio con la creazione di tetti verdi, vasche e fontane per ridurre l’aumento delle temperature esterne oltre alla messa a dimora di alberi  in strade e piazze ed  alla realizzazione di boschi urbani». (rcz)

Alla Regione Calabria l’Oscar dell’Ecoturismo di Legambiente

È alla Regione Calabria, nelle mani dell’assessore regionale al Turismo, Giovanni Calabrese e al dirigente di settore, Giovanni Aramini, che è stato assegnato l’Oscar dell’ecoturismo di Legambiente per la Ciclovia dei Parchi della Calabria. Un riconoscimento conferitogli nel corso della 61esima edizione del TTG Travel di Rimini, a cui è presente la Regione col suo brand Calabria Straordinaria.

La Ciclovia, infatti, è nata senza necessità di nuove infrastrutture stradali, offre un collegamento tra borghi ed eccellenze naturalistiche dell’Italia interna, creando un’economia turistica positiva e a basso impatto ambientale, che «percorre più di 500 km, attraverso quattro parchi naturali, e che permette davvero di scoprire il cuore verde della regione in bicicletta, rappresenta il progetto di punta dell’Amministrazione regionale per promuovere un turismo più sostenibile e responsabile», ha spiegato l’assessore Calabrese, dicendosi «molto orgogliosi di ricevere questo premio».

«Ringrazio Legambiente per questo prestigioso riconoscimento a nome della Regione e del presidente Roberto Occhiuto – ha aggiunto – da sempre convinti che la strada intrapresa verso la mobilità sostenibile, e in particolare verso il cicloturismo, sia quella giusta proprio perché rappresenta un’ulteriore occasione di promozione e valorizzazione dei nostri territori».

Nello stand originale e coloratissimo, dedicato alle eccellenze turistiche e culturali, i tantissimi visitatori, accolti dall’assessore Calabrese, insieme alla dirigente generale del dipartimento, Antonella Cauteruccio, e ai dirigenti di settore, Gina Aquino e Cosimo Carmelo Caridi, hanno potuto interloquire con gli espositori calabresi, in uno spazio accogliente e curato nella scelta degli arredamenti e dei colori, e ammirare i luoghi della meravigliosa terra di Calabria attraverso i video promozionali.

«La partecipazione della Calabria al TTG – ha affermato Calabrese – è un appuntamento fondamentale per instaurare nuove collaborazioni con operatori del settore, per attirare investimenti e dare maggiore visibilità a una regione ricca di potenzialità turistiche ancora da scoprire. L’expo centre di Rimini riunisce tutte le community del turismo in un unico evento per questo la partecipazione rappresenta un’importante e strategico momento per promuovere il territorio calabrese a livello nazionale e internazionale. Come dipartimento – ha comunicato l’assessore regionale – abbiamo in cantiere una serie di bandi, pensati per sostenere e incentivare la crescita del turismo in Calabria, che saranno indirizzati a progetti legati al turismo sostenibile, alla valorizzazione delle aree interne e alla promozione del patrimonio naturale, culturale ed enogastronomico».

Al padiglione Calabria interessanti e partecipati anche gli eventi che si sono susseguiti nei primi due giorni dell’evento riminese, coordinati dalla dg Cauteruccio.

Uno dei temi dei seminari ha riguardato “il cicloturismo e la Ciclovia dei Parchi della Calabria”, al quale, oltre all’assessore Calabrese, insieme a esperti del settore, sono intervenuti, coordinati dal dirigente Caridi, anche il dirigente regionale del settore Territorio e tutela dell’ambiente, Giovanni Aramini, e il responsabile della comunicazione Ciclovia dei Parchi della Calabria, Bruno Niola. (rcz)

EDILIZIA SCOLASTICA IN CALABRIA ANCORA
C’È TROPPO DA FARE TRA DIVARI E RITARDI

di ANTONIETTA MARIA STRATI – In Calabria a poco a poco si stanno rendendo più sicure e moderne le scuole. Si tratta certamente di un importante risultato, ma questo non è abbastanza per poter dire che nella regione le Scuole stanno bene, perché non è così. A certificare lo stato di salute degli edifici in Calabria e in tutta Italia, la 14esima edizione del report Ecosistema Scuola di Legambiente, in cui sono emersi dati molto interessati.

Ad esempio, Vibo Valentia è tra le città che hanno realizzato maggiori interventi di adeguamento sismico, mentre Cosenza è tra quelle che hanno realizzato i maggiori interventi di messa in sicurezza dei solai nelle proprie scuole negli ultimi 5 anni, oltre ad avere – assieme a Crotone – il maggior numero di scuole servite da pedibus. La città bruzia, inoltre, brilla per il maggior numero di scuole raggiungibili in bicicletta grazie alle piste ciclabili. Catanzaro, invece, viene “rimandata” per non aver fornito dati gli impianti di energia rinnovabile nelle scuole, mentre Vibo, se da una parte è stata virtuosa contro i terremoti, dall’altra viene “bocciata” per non avere impianti di energia. Il capoluogo e Crotone rientrano, anche, tra le scuole che non hanno fornito dati sul monitoraggio amianto. Sempre Vibo, è tra le città che spendono di pi ù nel servizio di pre e post scuola. Reggio Calabria, invece, non compare in nessuna classifica.

Dati importanti, considerando che i dati sulle certificazioni ci restituiscono una situazione a livello nazionale poco rassicurante, visto che ancora oggi solo 1 edificio su 2 dispone del certificato di agibilità (49,3%) e di collaudo statico (47,5%). Nello specifico, il 68,8% degli edifici del Nord dispongono del certificato di agibilità, mentre solo il 22,6% di quelli del Sud e il 33,9% delle Isole.

Nel Report, infatti, sono raccolti i dati del 2023 di 100 Comuni capoluogo su 113  e che riguardano 7.024 edifici scolastici di loro competenza, tra scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado, frequentati da una popolazione di oltre un milione e 300mila studenti, offre un’analisi dettagliata sullo stato di salute delle scuole confrontandola con i servizi essenziali di prestazione, i cosiddetti Lep previsti dall’autonomia differenziata, e che per le scuole riguardano edilizia scolastica, digitalizzazione e servizi mensa, denunciandone ritardi ed emergenze da affrontare anche per quel che riguarda trasporti, palestre e sostenibilità energetica, tre servizi non contemplati dai Lep riguardanti l’istruzione.

«Con l’autonomia differenziata – ha commentato Claudia Cappelletti, responsabile nazionale scuola di Legambiente – si rischia di aumentare i divari tra le scuole del nord e sud. Di questo passo senza un investimento sui Lep, rischiano le aree più fragili del Paese, come il sud e le aree interne, non solo di non recuperare i ritardi sull’edilizia scolastica ma anche di restare indietro sui servizi scolastici. Se si vuole lavorare su una didattica inclusiva e innovativa l’organizzazione e la progettazione degli spazi è rilevante, bisogna che ci siano laboratori, palestre, mense, nuovi ambienti di apprendimento».

«Ma anche le condizioni di lavoro sono fondamentali – ha aggiunto – gruppi classe più piccoli, un isolamento termico che consenta di stare in classe senza disagi, scelte di sostenibilità che migliorino lo stato generale degli edifici. Tutto questo potrebbe essere realizzato se la messa a terra dell’autonomia differenziata aprisse una stagione con al centro un grande piano di rigenerazione partecipata delle scuole per connettere bisogni e azioni».

«Per ridurre il gap con il resto d’Italia – si legge nel rapporto – ma soprattutto per mettere in sicurezza le scuole, si rende, quindi, urgente dedicare maggiori fondi al Sud e Isole ma, soprattutto, aiutare le amministrazioni a realizzare gli interventi necessari per la messa a norma degli edifici scolastici di loro competenza.

«È giunto il tempo – ha detto Mariateresa Imparato, presidente di Legambiente Campania – di “alzare l’asticella della qualità”, con obiettivi e prestazioni da raggiungere che garantiscano davvero la sostenibilità ambientale e la salubrità degli edifici, la qualità indoor, il benessere e la salute. La vera sfida consiste nel promuovere nei fatti un grande cantiere di innovazione, dove convogliare idee e risorse per progettare e realizzare scuole innovative, sostenibili, più sicure e inclusive».

Infatti, nella Penisola una scuola su tre ha bisogno di interventi di manutenzione urgenti, un dato che nel Sud e nelle Isole sale al 50%, 1 scuola su 2. Un’emergenza ormai cronica, che non migliora, nonostante nel 2023 a livello nazionale siano stati stanziati maggiori fondi per la manutenzione straordinaria (media per singolo edificio), 42milax euro, rispetto a quelli medi degli ultimi 5 anni, 36mila euro. Senza contare che persiste un forte gap tra quanto viene stanziato e quanto le amministrazioni riescono effettivamente a spendere: nel 2023 considerata la media a edificio scolastico su 42.022 euro stanziati ne sono stati spesi 23.821 euro. Preoccupano, anche, i ritardi su digitalizzazione, trasporti, servizi per lo sport ed efficientamento energetico e in questo quadro l’autonomia differenziata rischia di non aiutare la scuola.

Ma non solo: a pesare sullo stato di salute  degli edifici scolastici sono anche i ritardi che si registrano sul fronte della sicurezza – solo il 50% delle scuole ha tutte le garanzie (ossia i certificati di sicurezza) – ma anche sul fronte servizi come, ad esempio, sull’innovazione digitale con poco più di 1 scuola su 2 che dispone di reti cablate e Wi-Fi.Le mense restano un servizio di qualità ma ancora non presente in tutte le aree del Paese. Il dato medio di 76,7% di edifici con mensa a livello nazionale, al Nord e al Centro sale rispettivamente al 92,2% e all’80,9%, mentre nel Sud e nelle Isole si ferma rispettivamente al 54,3% e al 41,2%. Preoccupa la poca attenzione alla sostenibilità, nel 64,9% delle mense vengono impiegate stoviglie monouso. Sul fronte trasporti solo il 19,7% delle scuole dispone di un servizio di mobilità collettiva come lo scuolabus; sui servizi per lo sport un impianto su quattro necessita di manutenzione urgente.

Le palestre aperte oltre l’orario scolastico sono oltre il 70% nei capoluoghi di provincia del Centro-Nord, per ridursi al 30,3% nelle Isole al Sud e ridimensionarsi a poco più del 40% nelle città del Sud delle Isole. Relativamente all’energia, solo il 20,9% degli edifici scolastici utilizza fonti di energia rinnovabile, con un picco al Nord (24,3%) e un minimo nelle Isole (14,1%), solo il 16,4% delle scuole ha visto realizzati interventi di efficientamento negli ultimi 5 anni e di tutti gli edifici scolastici, solo il 6,7 % si trova in classe A.  Per Legambiente è una grave mancanza che i Lep relativi all’istruzione non considerino tre servizi come trasporto scolastico, palestre e sostenibilità energetica. Si tratta di servizi indispensabili per garantire il diritto allo studio, l’accessibilità a strutture sportive pubbliche e ambienti qualitativamente vivibili anche da un punto di vista climatico.

Nel rapporto, poi, viene rilevato come «persiste, nella Penisola, il divario tra Nord e Sud anche in termini di capacità progettuale, di reperimento dei fondi e di finalizzazione della spesa. In particolare, per quel che riguarda i fondi nazionali per l’edilizia scolastica per interventi di diversa tipologia, nel 2023 nel Nord e nel Sud la media dei fondi nazionali ricevuti per edificio scolastico è stata di circa 1,4milioni di euro, nel Centro il dato scende a poco più di 600mila, per arrivare a meno di 300mila euro a edificio nelle Isole. Fondi esigui, quest’ultimi, per la messa in sicurezza e l’efficientamento degli edifici scolastici. Differenti anche i tempi di durata dei cantieri, se in alcune regioni del Nord possono essere di 8-10 mesi dallo stanziamento della risorsa all’opera ultimata, in diverse regioni del Sud possono invece arrivare a 24 mesi. Sul fronte nuova edilizia scolastica, negli ultimi 5 anni stando ai dati inviati dalle amministrazioni, nella Penisola sono solo 41 le scuole nuove costruite».

Alla luce dei dati emersi dal Report, Legambiente ha presentato dieci proposte che hanno come filo rosso un grande piano di rigenerazione partecipata delle scuole a partire da una manutenzione, gestione, organizzazione e qualità della scuola migliore. Primo intervento importante da mettere in campo, attivare da parte degli Enti Locali processi di amministrazione condivisa sulla base di patti educativi di Comunità. A seguire tra gli interventi prioritari per Legambiente occorre ampliare la funzione dell’anagrafe scolastica rendendo trasparenti le informazioni sullo stato di avanzamento degli interventi per l’edilizia scolastica e relativi finanziamenti, creare una struttura di governance per facilitare accesso e gestione dei fondi per l’edilizia scolastica da parte degli Enti Locali e garantire il funzionamento dell’Osservatorio per l’edilizia scolastico. (ams)

Legambiente Calabria: In Calabria dati allarmanti su crisi climatica, ognuno faccia propria parte

Sono allarmanti i dati emersi dal rapporto Valutazione delle anomalie mensili di pioggia e temperatura da gennaio ad agosto 2024 dell’Arpacal: Nella regione, infatti, vi è stato un aumento generale delle temperature rispetto alla media del trentennio 1991-2020. In particolare, le temperature medie dei mesi di febbraio, giugno e luglio hanno superato, in Calabria, di oltre 2°C i valori normali, con i record del mese di luglio e febbraio che hanno segnato +2,43°C e +2,48 °C.

Ma non solo: il confronto delle precipitazioni mensili del 2024 con i dati storici ha rilevato “un diffuso deficit pluviometrico, più marcato sul versante ionico della regione e che rispetto all’anno 2023, sembra assumere carattere di persistenza”. Dalle relative  tabelle si evince, infatti, che a parte il mese di luglio, dove sono state registrate precipitazioni pari al 150% di quelle medie e febbraio dove il dato medio regionale risulta in linea con quello storico, negli altri mesi le precipitazioni risultano molto al di sotto della media storica. L’estate 2024 ha segnato anche temperature in forte aumento per le acque del mare, in particolare il Tirreno, che ha segnato valori oltre i 30 gradi.

«Si tratta di dati molto preoccupanti ha dichiarato la presidente di Legambiente Calabria, Anna Parretta – che devono allarmarci, ma soprattutto spingerci a mettere in campo, prima che sia troppo tardi, modalità di limitazione delle cause e di adattamento agli effetti della crisi climatica. Comprendendo, ad esempio, che la siccità in Calabria ed i fenomeni alluvionali che stanno nuovamente interessando in questi giorni l’Emilia – Romagna con migliaia di sfollati ed evacuati, sono due facce della stessa medaglia che generano, entrambe, danni incalcolabili».

«La crisi sta accelerando: i suoi effetti stanno diventando sempre più frequenti ed intensi. Dovrebbe essere evidente a tutti – ha aggiunto – che la decarbonizzazione dell’economia e il rafforzamento del capitale naturale sono fondamentali per la Calabria, per l’Italia e per l’intero Pianeta».

Per questo Legambiente, ribadendo la necessità che ognuno deve fare la propria parte per promuovere azioni per combattere gli effetti del cambiamento climatico, ha annunciato che, a breve, partirà con  le attività del progetto Calabria al centro del Mediterraneo, risultato vincitore del bando della Regione Calabria sull’avviso per il sostegno di progetti di rilevanza locale promossi da Odv, Aps e fondazioni del Terzo settore ai sensi degli articoli 72 e 73 del d.lgs. n. 117/2017, codice del terzo settore e co-finanziato  dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali- che si propone di agire, in maniera prioritaria, sullo sviluppo della cultura del volontariato e della cittadinanza attiva, della legalità e della corresponsabilità, anche attraverso la tutela e la valorizzazione dei beni comuni e dei beni confiscati alla criminalità organizzata, in particolare tra i giovani; sulla promozione di percorsi educativi e formativi sui mutamenti climatici, in particolare nelle scuole; sulla sensibilizzazione delle persone sulla necessità di adottare comportamenti responsabili per contribuire a minimizzare gli effetti negativi dei cambiamenti climatici sulle comunità naturali e umane; nonché di rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili; sulla promozione e sviluppo dell’economia circolare.

Calabria al Centro del Mediterraneo è un progetto a carattere regionale, che mira a valorizzare il rapporto del territorio calabrese con la sua dimensione costiera ed il mare, attraverso una cultura di salvaguardia ambientale e paesaggistica ed a promuovere una maggiore consapevolezza sui cambiamenti climatici e sui loro effetti, anche al fine di attivare politiche di mitigazione ed adattamento. Il progetto vuole, quindi, sensibilizzare alla corretta gestione delle risorse naturali anche al fine di migliorare gli stili di vita e di consumo, diffondendo nella cittadinanza, e soprattutto tra i giovani, il valore del volontariato per la tutela dell’ambiente e per la lotta ai cambiamenti climatici.

«La Calabria risulta, infatti – ha spiegato Coldiretti – tra le regioni più colpite da eventi climatici estremi e la crisi climatica desta particolare preoccupazione anche per l’incidenza sui sistemi sociali ed ecologici, obbligando ad un’importante presa di coscienza della cittadinanza circa i fenomeni che, da qui al 2050, coinvolgeranno il nostro territorio. Fondamentale sarà, quindi, il coinvolgimento attivo degli enti istituzionali, delle scuole e delle università in cui si avvieranno le attività previste dal progetto, tra cui una mostra itinerante sui cambiamenti climatici, incontri e seminari formativi e viaggi in barca a vela lungo il litorale calabrese organizzati in collaborazione con la Lega Navale di Locri  con l’impiego di imbarcazioni confiscate alla criminalità che coinvolgeranno i giovani in attività di osservazione dei fenomeni di abusivismo edilizio e di erosione costiera». (rcz)

Da Palmi Goletta Verde di Legambiente rilancia la lotta all’abusivismo edilizio

Legambiente con Goletta Verde rilancia dalla Calabria la lotta all’abusivismo edilizio e l’importanza di demolire e avviare più attività di vigilanza e controllo sull’attività urbanistica ed edilizia.

La Calabria, purtroppo, è una delle regioni del sud tra le più ferite dal cemento illegale. Stando ai dati ultimi report Ecomafia, dal 2021 al 2023 sono stati accertati 3.003 reati relativi al ciclo del cemento, con una flessione nel 2022 e un’impennata del +20,1% nel 2023.
In particolare, nel 2023 i reati accertati dalle forze dell’ordine e dalle Capitanerie di porto in questa “filiera” dell’ecomafia sono stati 1.046, con 1.230 persone denunciate (+29% sul 2022).  Ma l’emergenza non è solo calabrese, è nazionale: dal 2021 al 2023 i reati nel ciclo del cemento (cave e attività estrattive illegali, abusivismo edilizio, illeciti penali in materia di urbanistica, occupazioni di demanio marittimo etc.) sono cresciuti nel triennio del 37%, con un picco del +28,7% nel 2022, lo stesso anno in cui l’Istat segnala il balzo in avanti del “mattone illegale” con una crescita del 9,1% rispetto al 2004.
Complessivamente, dal 2021 al 2023 sono stati accertati 34.714 reati, alla media di 31,7 al giorno, uno ogni 45 minuti. Il 42,7% si è concentrato nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa (Campania, Puglia, Calabria e Sicilia). Le persone denunciate dal 2021 al 2023 per illegalità commesse nel ciclo del cemento sono state 36.753 (con una crescita nei tre anni del 47,6%) e 5.075 i sequestri penali effettuati, sostanzialmente su valori annuali stabili. La pressione del cemento illegale non riguarda soltanto queste regioni. Sia i dati dell’Istat che quelli relativi al lavoro svolto ogni giorno da forze dell’ordine e capitanerie di porto segnalano criticità crescenti nel Lazio e in Toscana.
Nonostante i dati della Calabria siano preoccupanti, la regione non ha abbassato la testa, anzi, ha dato segnali importanti

di controtendenza con sequestri, demolizioni, controlli effettuati nelle zone costiere con l’ausilio di droni (come avviene a Palmi dove lo scorso marzo sono state sequestrati 9 immobili e denunciate 33 persone), e con il monitoraggio di ordinanze di abbattimento.
A testimonianza di ciò, il blitz di Goletta Verde insieme all’amministrazione del Comune di Palmi davanti ad un immobile abusivo che verrà demolito a settembre, proprio per ribadire che la migliore cura da mettere in campo contro il cemento illegale è quella delle demolizioni.
In Calabria, proprio in ragione della scarsa risposta delle amministrazioni comunali (appena 54 Comuni, pari al 13,4% del campione) e della bassissima percentuale di ordinanze di demolizione eseguite (solo 598 rispetto alle 6.197 emesse, pari soltanto al 9,6%), Legambiente e Regione Calabria hanno avviato un nuovo monitoraggio tuttora in corso, frutto di un Protocollo d’intesa, con cui analizzare lo stato dell’arte della lotta all’abusivismo, che è stato esteso anche alle Province, alle Prefetture ed alle Procure della Repubblica.
«Dopo la drammatica pandemia del 2020, con le sue conseguenze sanitarie e la sostanziale paralisi dell’economia, anche il mercato delle costruzioni e in particolare dell’edilizia residenziale – ha dichiarato Enrico Fontana, responsabile Osservatorio ambiente e legalità di Legambiente – ha ripreso vigore. Purtroppo, accanto all’edilizia rispettosa delle regole è “ripartito” l’abusivismo edilizio, con una crescita, registrata dall’Istat nel “Rapporto sul benessere equo e sostenibile” relativo al 2022 che non si registrava dal 2004. Dati preoccupanti a cui fa seguito la politica del condono come dimostra l’ultimo decreto salva-casa, su cui la Camera ha votato la fiducia. Quello che serve al Paese è rafforzare i controlli, potenziare l’attività di demolizione delle case abusive e dare più ruolo e responsabilità ai prefetti».
«In Calabria, su un tema importante e prioritario come l’abusivismo edilizio occorre cambiare l’immaginario collettivo e dare segnali inequivocabili affinché vengano rispettate le norme – ha sottolineato Anna Parretta, Presidente di Legambiente Calabria –. Si tratta di un fenomeno che pregiudica la bellezza della nostra regione, soprattutto sulle coste, danneggiando profondamente l’economia a partire dal settore turistico. La nostra associazione sta collaborando con la Regione Calabria con l’auspicio che l’attività di monitoraggio in corso costituisca un tassello importante per rendere più efficace l’azione di contrasto e di prevenzione del fenomeno dell’abusivismo edilizio».
«Dobbiamo tutti essere consapevoli – ha concluso – che occorrono azioni incisive per fermare i reati nel ciclo del cemento e che non sono più giustificabili i ritardi ed inadempienze da parte delle Pubbliche Amministrazioni». (rrc)