Lavorare una soluzione davvero praticabile per la bonifica del Sin di Crotone

di STEFANO CIAFANI, ANNA PARRETTA E ROSARIA VAZZANO  – Il risanamento del Sito di interesse nazionale di Crotone, incluso nel Programma nazionale di bonifica con il Decreto Ministeriale del 26 novembre 2002, registra ventennali ingiustificabili ritardi che la comunità crotonese non è più disposta ad accettare. La complessità delle operazioni di bonifica e la farraginosità della gestione delle Conferenze dei servizi al Ministero dell’ambiente e della Sicurezza energetica hanno portato ad accumulare ritardi su ritardi, di cui purtroppo hanno tratto vantaggio i responsabili della contaminazione, a partire dalle aziende che fanno capo ad Eni, che in questo modo hanno visto diluirsi nel tempo le ingentissime spese da affrontare per far rientrare tutti i parametri ambientali nelle matrici suolo e acqua nel Sin, ad oggi ancora fuori legge.

I ritardi accumulati hanno protratto nel tempo la presenza dell’inquinamento nel territorio crotonese, l’esposizione agli inquinanti da parte della cittadinanza e delle lavoratrici e dei lavoratori nell’area oggetto di bonifica, con evidenti risvolti epidemiologici, e hanno rallentato ogni ipotesi di reindustrializzazione. Come già avvenuto nel passato in altre aree all’interno del Piano nazionale di bonifica, come ad esempio a Manfredonia in Puglia o nel Casertano in Campania, i ritardi nella bonifica e l’inazione delle istituzioni regionali e locali hanno fatto fallire progetti di nuovi insediamenti produttivi nelle stesse aree da risanare senza consumare nuovo suolo.

Ci sono esperienze molto innovative di nuovi insediamenti produttivi realizzati in siti bonificati, come è avvenuto ad esempio ad Adria (RO) in Veneto o a Porto Torres (SS) in Sardegna, dove sono state realizzate nuove bioraffinerie, con innovativi cicli produttivi della filiera della chimica verde, unici sul panorama internazionale. Un altro investimento molto importante in corso di realizzazione nel meridione d’Italia è quello relativo alla fabbrica di produzione di pannelli fotovoltaici nell’area industriale di Catania in Sicilia, dove entro fine anno sarà operativo il più grande impianto d’Europa di questo tipo. Sempre nell’area industriale catanese, la cosiddetta Etna Valley, si realizzerà una nuova fabbrica di produzione di carburo di silicio per la filiera dei chip dei computer.

Come contribuire a sbloccare la bonifica, attività su cui sta lavorando il Commissario straordinario gen. Emilio Errigo? Innanzitutto, occorre abbassare i toni dell’animatissimo dibattito che finalmente è partito nella città di Crotone: quando negli anni ’90 combattevamo contro l’inquinamento industriale, vent’anni fa presentammo in città il nostro dossier nazionale “La chimera delle bonifiche”, nel 2021 organizzammo una tappa di Goletta Verde dedicata alla bonifica del SIN, non erano così numerose le voci che intervenivano sul tema. Si tratta di un dibattito che è monopolizzato però da un’unica soluzione, quella dell’esportazione dei rifiuti della bonifica fuori da Crotone e dalla Calabria, che rischia di essere di difficile realizzazione e di fatto, allunga ancora i tempi della Bonifica.

A nostro avviso è necessario riconoscere che non ci sono attualmente  territori in Italia disponibili a smaltire i rifiuti derivanti dall’auspicata bonifica di Crotone: perché a Gela, nel siracusano, nel brindisino, in Sardegna, Lombardia o Veneto, solo per fare alcuni esempi, dovrebbero ospitare i rifiuti dalla Calabria, quando anche in quei territori ci sono bonifiche in ritardo di realizzazione, con produzione dei rifiuti dalle attività di risanamento che aumenteranno quando finalmente decolleranno le bonifiche anche lì? Continuare a invocare questa soluzione a Crotone, aumenterà i ritardi della bonifica, con conseguente dilatazione dei tempi e delle spese ingenti che invece i responsabili dell’inquinamento, a partire da Eni, devono affrontare fino all’ultimo centesimo di euro.

Si può allora, ribaltare il ragionamento a favore della collettività: se la soluzione è quella di una discarica interna all’area industriale, di servizio, che allora risponda a due requisiti: che sia dedicata esclusivamente ai rifiuti prodotti dalle attività di bonifica del Sin; che la sua gestione sia pubblica, magari con intervento commissariale, come del resto sta avvenendo ad esempio nella discarica di Malagrotta a Roma o nell’area ex SGL Carbon ad Ascoli Piceno nelle Marche, dove gli interventi di bonifica sono in corso grazie all’intervento della struttura del Commissario unico per la bonifica delle discariche, presieduta dal gen. Giuseppe Vadalà, operativa presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri a Roma?

Legambiente dagli anni ’90, in tutta Italia, sostiene che le necessarie bonifiche debbano essere realizzate in via prioritaria con interventi in situ, senza spostare il problema da altre parti, soluzione che renderebbe felici sicuramente i trasportatori e quelli che da sempre definiamo “i signori delle discariche”, la cui storia vorremmo lasciare solo al passato inquinante della gestione dei rifiuti del nostro Paese. Per la bonifica del Sin di Crotone non vogliamo che si realizzino nuove discariche in provincia, fuori dall’area industriale – e a tal proposito Legambiente ribadisce il suo no, più volte espresso, alla realizzazione della discarica di Giammiglione – e diciamo no anche all’ampliamento di discariche esistenti nel crotonese, come nel resto della Calabria, perché è una soluzione che crea solo ulteriori danni al territorio, come dimostra anche il caso dell’impianto di Scala Coeli (CS). A un anno dallo sversamento del percolato nel torrente Nicà, al centro delle nostre denunce, prima e dopo questo terribile evento, siamo ancora in attesa dell’intervento della Regione per arrivare alla revoca dell’autorizzazione.

Legambiente auspica quindi una rapida soluzione nella Conferenza dei servizi presso il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, che non apra alla soluzione di nuove discariche fuori dal Sin, paventando ipotesi, come quella di Giammiglione, che più e più volte è stata rispedita al mittente, o all’ampliamento di quelle esistenti – come è già accaduto negli anni precedenti nel silenzio collettivo, e chiede alle istituzioni locali e regionali, a quelle religiose, alle organizzazioni attive sul territorio, da quelle datoriali a quelle sindacali, dagli ordini professionali alle associazioni di cittadini, di lavorare per una soluzione davvero praticabile per la bonifica del Sin, per non dare ulteriori alibi a Eni per non fare la bonifica e per creare le condizioni per una nuova industrializzazione fatta di impianti e cicli produttivi innovativi, con prodotti all’avanguardia.

Vogliamo che Crotone diventi una delle nuove capitali italiane della transizione ecologica, per garantire alle ragazze e ai ragazzi crotonesi la possibilità di scegliere se restare nel loro territorio o se andare nelle regioni del Nord o all’estero. Possibilità che ad oggi non è, colpevolmente, garantita a nessuna e nessuno di loro. Fermiamo questa emorragia di giovani energie iniziando e concludendo in tempi brevi la bonifica, come si fa in modo ordinario negli altri paesi industrializzati del G7, recentemente riunitisi in Puglia, e non da noi. (sc,ap,rv)

Trame 13, Legambiente: In Calabria aumentato di oltre 20% reati nel ciclo del cemento

In Calabria i reati nel ciclo del cemento sono aumentati oltre il 20% rispetto all’anno precedente. È quanto hanno reso noto Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente e Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria che, ospiti di Trame 13, hanno anticipato i dati del Rapporto Ecomafia 2024 sul ciclo illegale del cemento che sarà presentato l’11 luglio a Roma.

«Le case costruite illegalmente, denuncia sempre l’Istat nell’indicatore “abusivismo edilizio” curato insieme al Cresme, sono cresciute del 9,1% in un anno, come non succedeva dal 2004», è stato anticipato, sottolineando come anche nella nostra regione «cresce l’impatto del cemento illegale».

I reati accertati dalle forze dell’ordine e dalle Capitanerie di porto in questa “filiera” dell’ecomafia sono stati 1.046 nel 2023, con una crescita del +20,1% rispetto al 2022, con 1.230 persone denunciate (+29%). Aumentano leggermente anche i sequestri (2 in più rispetto al 2022) e diminuiscono le persone arrestate (2 invece di 6). La provincia più interessata dall’illegalità nel ciclo del cemento è quella di Cosenza (266 reati con 301 persone denunciate), seguita da Reggio Calabria (182 reati) e da Vibo Valentia (143). Dal 2019 al 2023 in Calabria sono stati accertati 5.258 reati nel ciclo illegale del cemento (alla media di oltre mille reati l’anno), con 5.764 persone denunciate, 31 arresti e 1.767 sequestri.

Una regione storicamente segnata dall’abusivismo edilizio che ha beneficiato a lungo di una sostanziale impunità e di una diffusa indifferenza. La Calabria, infatti, ha le percentuali più basse rispetto a Campania, Sicilia, Puglia e Lazio (oggetto del monitoraggio “Abbatti l’abuso” realizzato da Legambiente nel 2023 nelle cinque regioni più colpite dal fenomeno del “mattone illegale”), sia dei Comuni che hanno risposto al questionario (appena 54, pari al 13,4% del totale regionale e al 21% della popolazione servita), sia delle ordinanze di demolizione eseguite: appena il 9,6% delle 6.197 ordinanze emesse dal 2004 al 2022. Insomma, nove volte su dieci l’abusivo in Calabria la fa franca. Segnali di reazione positiva sono arrivati dalla Giunta regionale, come l’abbattimento dell’ecomostro di Palazzo Mangeruca, a Torre Melissa, in provincia di Crotone.

La stessa giunta regionale, per iniziativa del presidente Occhiuto, ha aderito alla proposta fatta da Legambiente di organizzare insieme la raccolta dei dati sulla lotta all’abusivismo da parte di Comuni, Prefetture e Procure della Repubblica. Un primo passo fondamentale per conoscere meglio le dimensioni del fenomeno e mettere a punto una strategia con cui contrastarlo. Perché l’industria del mattone illegale non si è mai fermata, purtroppo, soprattutto nel Mezzogiorno, come ha denunciato l’Istat nel Rapporto sul Bes (Benessere equo e sostenibile) del 2022: ogni 100 case costruite legalmente, infatti, se ne realizzano 42,1 abusive.

«Il fenomeno dell’abusivismo edilizio è cresciuto del 20% nel 2023. Al Sud su 100 abitazioni, 42 sono costruite illegalmente. Il ciclo illegale del cemento colpisce in maniera importante tutto il Mezzogiorno Italia e, in particolar modo la Regione Calabria. I dati che emergono dal Rapporto Ecomafie sono allarmanti»k, ha dichiarato Parretta, spiegando come «negli ultimi 5 anni Legambiente ha deciso di analizzare quale fosse la situazione nelle cinque regioni più colpite, tra cui la Calabria, che si colloca ai primi posti della classifica. Delle oltre 6.000 ordinanze di demolizione, qui ne vengono eseguite solo il 9,6%».

«Come raccontano i dati del nostro Rapporto Ecomafia – ha detto il presidente Ciafani – la criminalità ambientale è ancora molto presente. Viene contrastata ormai da qualche anno, dal 2015, con i nuovi delitti contro l’ambiente che sono stati inseriti nel Codice penale dopo 21 anni di lavoro da parte nostra insieme a Libera. Mancano ancora alcuni delitti su filiere che sono ancora molto pervase dalle organizzazioni mafiose. Penso alle agromafie, quindi le mafie in agricoltura, ai delitti contro gli animali, che non sono ancora presenti nel Codice penale e che muovono grandi interessi criminali in Italia e nel resto del mondo».

«La Calabria, purtroppo, nelle classifiche dell’illegalità ambientale del nostro Paese – ha concluso – è stata sempre ai vertici, nella top 5. Questo perché il ciclo illegale del cemento, il ciclo illegale dei rifiuti, lo smaltimento delle acque reflue non corrette, continuano ad essere un problema molto presente in tutte le province».

Il presidente di Legambiente Stefano Ciafani in Calabria

Il presidente nazionale di LegambienteStefano Ciafani, è in Calabria per due appuntamenti. Il primo è questo pomeriggio, a Crotone, al Museo di Pitagora, per il convegno Verso la bonifica.

Un dialogo a più voci che vedrà la presenza di Vincenzo Decarlo dell’Ordine degli ingegneri della provincia di Crotone; Francesco Livadoti dell’Ordine degli Architetti della provincia di Crotone;  Caterina Marano dell’Ordine degli Avvocati della provincia di Crotone; Emilia Noce, vice presidente vicario Camera di Commercio Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia; Mario Spanò, Presidente Confindustria Crotone; Giovanni Ferrarelli, direttore Confcommercio Calabria Centrale; Manuelita Scigliano, portavoce Forum Terzo Settore di Crotone; Vincenzo Scalese, segretario CGIL; Daniele Gualtieri, segretario generale Cisl Magna Grecia; Fabio Tomaino, segretario Generale UIL Crotone; Laura Caccavari dell’Ordine dei dottori commercialisti.

L’evento sarà introdotto dalla presidente di Legambiente Calabria, Anna Parretta e moderato da Rosaria Vazzano, presidente di Legambiente Crotone.

Domani, invece, Ciafani sarà a Lamezia Terme, per il Festival dei libri sulle mafie “Trame”. Parteciperà, infatti, al talk dedicato a Legambiente, condotto dal giornalista Francesco Ranieri. Nel corso dell’intervista “Chi ferisce il pianeta”, il presidente nazionale dell’Associazione del Cigno Verde anticiperà qualche dato del prossimo “Rapporto Ecomafia” di Legambiente, legato al ciclo illegale del cemento. (rcz)

Legambiente Calabria alla manifestazione di Napoli del Comitato La Via Maestra

Ci sarà anche Legambiente Calabria, con i propri Circoli, alla manifestazione di domani in programma a Napoli, organizzata da La via Maestra – Insieme per la Costituzione.

L’Associazione del Cigno Verde aderisce, sin dalla sua nascita, al Comitato La Via Maestra a livello regionale nella forte convinzione che la Costituzione italiana  continua ad essere punto di riferimento ed argine garantendo i diritti fondamentalie costituendo la massima garanzia per la nostra democrazia nel suo essere al vertice della gerarchia delle fonti.  La Costituzione traccia con chiarezza la direzione in cui dobbiamo come sul tema imprescindibile della Pace e sui temi ambientali la cui importanza è dimostrata dalla modifica, avvenuta nel 2022, degli artt. 9 e 41 con l’inserimento della tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi fra i principi fondamentali della Costituzione della Repubblica italiana.

«La  manifestazione del 25 maggio vuole riportare l’attenzione sul rischio generalizzato di una guerra mondiale e della compressione di diritti e valori rimarcando la netta opposizione all’autonomia differenziata che costituirebbe un enorme vulnus per la Calabria e per tutte le regioni del Sud Italia, aumentando un divario socio -economico mai realmente colmato ed all’ipotesi di elezione diretta del Presidente del Consiglio», hanno dichiarato Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria e Daniele Cartisano, presidente del circolo Legambiente -Città dello Stretto.

«Ai temi ambientali, aggravati dalla crisi climatica in corso – hanno proseguito Parretta e Cartisano – si connettono strettamente tutte le grandi questioni che riguardano la Calabria come il tema della salute, delle disuguaglianze, delle migrazioni, dell’energia,  dell’economia circolare, dello sviluppo ecosostenibile, della legalità».

Un quadro nel quale appare sempre piu’ chiara ed evidente l’importanza delle imminenti elezioni del nuovo Parlamento Europeo affinché l’Europa  non solo recuperi lo spirito originario che ne ha segnato la nascita  ma viva anche un nuovo Green Deal nella direzione di una giusta transizione ecologica per come evidenziato da Legambiente nelle proprie proposte per la prossima legislatura.

Alla manifestazione sarà presente anche uno spezzone No Ponte, per ribadire la contrarietà alla costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina per tante ragioni, «a partire da quelle ambientali e da quelle legate alla mobilità sostenibile fino alla circostanza che, drenando ingenti risorse pubbliche diventerebbe un freno per lo sviluppo di un Sud che ha ben altre priorità ma anche per l’intero Paese”.

Il Ponte non rappresenterebbe un progresso sotto il profilo della mobilità: piuttosto che il Ponte  bisogna realizzare opere ed infrastrutture che colleghino, in maniera decente e sostenibile,  Calabria e Sicilia al loro interno e con il resto d’Italia e  d’Europa ad esempio  potenziando e modernizzando il trasporto collettivo come la rete ferroviaria. In Calabria ed in Sicilia circolano meno treni, i convogli sono mediamente più vecchi –rispetto a quelli del nord – e viaggiano su linee in larga parte a binario unico e non elettrificate.

Il rapporto Pendolaria, di Legambiente  rende evidente  anno dopo anno il divario infrastrutturale ancora esistente nel Paese, dimostrazione plastica dopo un secolo e mezzo della persistenza di una questione meridionale che non ha ancora trovato risoluzione. Anzi rischia di peggiorare se passerà il disegno di legge sull’autonomia differenziata. I costi dell’opera sono continuamente lievitati fino ad un costo di 13,5  miliardi di euro più un miliardo di opere accessorie e le risorse mancanti  vengono dirottate dal Fondo per lo sviluppo e la coesione in capo alle regioni: 1 miliardo e 600 milioni che era destinato a rimuovere  gli esistenti squilibri economici e sociali.

Dalla partecipazione e dal Sud può ripartire un percorso virtuoso che ci veda protagonisti attivando e riattivando quei processi di partecipazione collettiva che sono indispensabili alla democrazia.  (rrm)

No Ponte, Legambiente Calabria e Sicilia aderiscono alla manifestazione del 18 maggio a Villa S. G.

Ci saranno anche Legambiente Calabria e Sicilia, con i rispettivi presidenti Anna Parretta e Tommaso Castronovo, unitamente ai circoli di Legambiente Reggio Calabria Città dello Stretto, Legambiente Messina e Legambiente Peloritani, alla manifestazione  No Ponte, in programma sabato 18 maggio a Villa San Giovanni.

«Ancora una volta, attraverso la nostra partecipazione alla manifestazione del 18 maggio – hanno detto Anna Parretta e Tommaso Castronovo – ribadiamo la nostra netta opposizione alla realizzazione di un’opera costosissima, inutile e deleteria sotto il profilo ambientale e che abbiamo definito ‘Il grande bluff’. Un’opera che non solo non risolverà i problemi di mobilità del Sud, ma sta sottraendo e continuerà a sottrarre ingentissime risorse alle vere priorità delle nostre regioni».

«Ci sono tantissimi investimenti e opere pubbliche – hanno proseguito – meno visibili mediaticamente del Ponte sullo Stretto di Messina, ma molto più utili alla collettività e all’economia del nostro Paese. Nel solo settore dei trasporti basti pensare che attualmente in Calabria il 70% dei km ferroviari è a binario unico, in Sicilia l’85%, e che, per come evidenziato nell’ultimo rapporto di Legambiente Pendolaria, le flotte regionali sono tra le più vetuste d’Italia».

«È ormai quotidiana – hanno concluso Parretta e Castronovo – l’emersione di criticità e problematiche, a partire dagli impatti ambientali messi in rilievo in diversi dossier elaborati da Legambiente e da altre associazioni che dovrebbero indurre ad un serio ripensamento del Governo italiano sull’ipotesi di costruzione del Ponte».

Legambiente ribadisce le proposte già avanzate: prima di tutto occorre migliorare il trasporto su ferro per collegare meglio le due regioni con il resto della Penisola; migliorare quello via nave con l’acquisto dei traghetti Ro-Ro (Roll-on/Roll-off) e convertire le flotte attuali in traghetti elettrici, rendere più efficienti i servizi coordinando l’offerta dei diversi servizi per semplificare gli spostamenti e gli scambi tra treni, autobus locali e regionali, traghetti; integrare tariffe e biglietti dei vari gestori, migliorando l’offerta di viaggio per i pendolari con costi minimi per le casse pubbliche.  Solo così in Sicilia e Calabria si potranno far spostare persone e merci in modo civile e da Paese moderno. (rrc)

Al via la Rassegna degustazione nazionale dei vini da agricoltura biologica e biodinamica di Legambiente

Fino all’8 maggio ci si può iscrive alla 32esima edizione della Rassegna degustazione nazionale dei vini da agricoltura biologica e biodinamica di Legambiente, il tradizionale evento dedicato ai migliori vini da agricoltura biologica e biodinamica d’Italia che si terrà l’8 giugno a Ripescia (GR).

Si tratta di un’occasione prestigiosa finalizzata a mettere al centro le produzioni biologiche e biodinamiche dello Stivale, la rassegna degustazione tornerà ad accendere i riflettori sulla necessaria e irrimandabile transizione ecologica del settore agricolo, strategica per il futuro dell’intero Paese. Vinitaly 2024 ha dimostrato che il vino bio è un prodotto maturo e capace di attirare sempre di più l’interesse dei consumatori. Negli ultimi anni, le produzioni di vini biologici sono cresciute esponenzialmente e da Nord a Sud dello Stivale non sembrano registrarsi battute d’arresto all’orizzonte.

La rassegna degustazione è organizzata in collaborazione con l’Università di Pisa e con la mediapartnership de La Nuova Ecologia. Le aziende che verranno selezionate nell’ambito dell’iniziativa nelle diverse sessioni previste (vini bianchi, rosati, rossi giovani e affinati, vini dolci, spumanti, vitigni autoctoni) riceveranno una targa che verrà consegnata in occasione della cena-evento che si terrà a Rispescia (GR).

«I numeri del vino bio – ha dichiarato Angelo Gentili, responsabile agricoltura di Legambiente – ci danno ancora una volta ragione. Le politiche di sensibilizzazione messe in campo anche attraverso la nostra rassegna degustazione nazionale hanno dato il loro frutti. Qualche decennio fa, anche solo a parlare di vini biologici si correva il rischio di essere considerati visionari. Oggi, una grande fetta di mercato va in questa direzione. Il fatto che il nostro Paese sia tra i leader mondiali nella produzione di vino biologico è un risultato importante, entusiasmante e stimolante. Un traguardo che ci piace pensare anche in parte frutto della resilienza della nostra rassegna degustazione che dà ragione ai sacrifici di uno tra i settori più esposti ai cambiamenti climatici e che, nell’immediato, ha necessità di significativi investimenti per adattarsi alla crisi climatica».

«L’agricoltura sostenibile – ha spiegato Gentili – deve essere sostenuta. La crisi climatica morde e le sue conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Siccità ed eventi estremi sono solo due tra le tante difficoltà che ogni giorno i nostri agricoltori si trovano ad affrontare. Valorizzare le loro produzioni significa anche creare un ponte tra opinione pubblica, istituzioni e produzioni affinché la richiesta di sostegni e risorse a governo centrale ed Europa trovi sponda».

«Agroecologia e filiera del biologico – ha rilevato Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria – costituiscono una delle risposte più rilevanti alla crisi ambientale e climatica anche nella nostra regione. In Calabria il settore vitivinicolo costituisce un segmento importante di mercato nell’ambito del quale devono essere ulteriormente sostenuti e valorizzati i vini biologici e biodinamici».

«Si tratta di prodotti di eccellenza che rappresentano fattori importanti per lo sviluppo e la promozione del territorio – ha aggiunto – coniugando la tutela ed il rispetto dell’ambiente con la sicurezza alimentare». «Dopo il successo della scorsa edizione – conclude Parretta – in cui sono stati selezionati i vini di due Aziende agricole, a Roccabernarda (Kr) e a Saracena (CS), anche quest’anno vogliamo contribuire a diffondere sempre di più, a livello nazionale, un’immagine virtuosa della nostra bellissima regione associata alla massima sostenibilità e genuinità degli alimenti».

Le aziende che intendono partecipare alla rassegna degustazione devono far pervenire per ogni vino partecipante la domanda di partecipazione compilata e firmata nonché nr. 6 bottiglie da 75 cl per ogni vino partecipante la segreteria organizzativa di Festambiente, Loc. Enaoli SNC, 58100 – Rispescia (GR) COD.FISC. 92021360539 P.IVA 01071430530. Sul cartone di vino deve essere riportata ben visibile la dicitura: “Rassegna Vini Bio 2024″. (rrm)

ADOTTARE MODELLO VIBO PER RISOLVERE
E FRONTEGGIARE LE CRITICITÀ AMBIENTALI

di ANTONIETTA MARIA STRATI – «Un modello Vibo Valentia per affrontare e risolvere le criticità ambientali presenti in un territorio di straordinaria bellezza». È la proposta avanzata da Enrico Fontana, responsabile dell’Osservatorio nazionale Ambiente e Legalità, nel corso della presentazione del Dossier di Legambiente, a Santa Domenica di Ricadi, sull’inquinamento diffuso nei corsi d’acqua del vibonese.

Il dossier, illustrato dalla socia del circolo Legambiente Ricadi, Caterina Viscomi e realizzato dai Circoli della Provincia di Vibo, ha esaminato i parametri microbiologici (escherichia coli ed enterococchi intestinali) di alcuni corsi d’acqua attraverso 11 punti di prelievo nei Comuni di Pizzo, Vibo Valentia, Briatico, Zambrone, Parghelia, Joppolo e Nicotera. È importante evidenziare che le criticità riscontrate, in alcuni casi ambientalmente gravi come il caso emblematico di Parghelia, sono riferibili non solo ai Comuni in cui è avvenuto il prelievo ma anche ai Comuni dell’entroterra collocati lungo tutte le aste fluviali di riferimento.

I dati più significativi, come superamento dei limiti di legge, riguardano in particolare i prelievi effettuati nei torrenti La Grazia e La Morte, Fosso Bevilacqua, Rivo Zinzolo, Fosso La Badessa.

Un dossier che «non vuole sostituirsi in alcun modo ai campionamenti e alle attività svolte dalle autorità competenti», ha spiegato Franco Saragò, presidente del Circolo di Legambiente Ricadi, sottolineando come questo report «parte dalla consapevolezza che la causa prevalente delle criticità del mare è determinata, in misura consistente, dall’apporto di sostanze provenienti dai corsi d’acqua, che originano dall’entroterra per giungere al mare, a causa del malfunzionamento e/o sottodimensionamento di alcuni depuratori, dalla carenza nel collettamento fognario e di scarichi abusivi».

Alla presentazione, avvenuta nella Green Station gestita dal locale Circolo di Legambiente, sono intervenuti, oltre al presidente Saragò, la presidente regionale di Legambiente Anna Parretta, il Procuratore della Repubblica di Vibo Valentia, Camillo Falvo, il Comandante provinciale dell’Arma dei Carabinieri Luca Toti, il Comandante della Capitaneria di Porto Luigi Spalluto, il Comandante del Nucleo di Polizia Ambientale ed Agroalimentare di Vibo Valentia Clizia Lutzu, il Comandante del reparto Carabinieri biodiversità di Mongiana, Rocco Pelle, ed il dirigente del Dipartimento Territorio e Tutela dell’Ambiente della Regione, Salvatore Siviglia.

Ma non è solo il Vibonese a destare preoccupazione: Nella nostra regione, infatti, c’è un grande problema di depurazione, criticità ataviche sullo sversamento dei rifiuti, con la presenza di vere e proprie discariche piccole e grandi lungo i fiumi, in particolare plastiche che, oltre a pregiudicare i corsi d’acqua, la flora e la fauna, finiscono in mare, invadono le spiagge ed inquinano l’ambiente creando problemi gravissimi per gli ecosistemi marini e per la salute umana.

Ed ancora taglio indiscriminato di alberi, ostruzioni e sbarramenti artificiali dei corsi d’acqua, abusivismo edilizio che concorrono a creare forti situazioni di rischio, anche sotto il profilo idrogeologico destinati ad aumentare in connessione all’ incremento degli eventi meteorologici estremi effetto della crisi climatica.

Secondo i dati raccolti nelle ultime cinque edizioni del Rapporto Ecomafia di Legambiente, Vibo Valentia, come indice di illegalità ambientale per km2 di territorio, è stata dal 2017 al 2022 la seconda provincia della Calabria, con 0,95 reati accertati dalle forze dell’ordine, preceduta solo da quella di Reggio Calabria, con 1 reato ambientale per ogni km2 di territorio

In Calabria, invece, sono stati accertati circa 14mila reati contro l’ambiente, collocando la Calabria al quarto posto della classifica nazionale, dopo Campania, Sicilia e Puglia, a conferma delle strette correlazioni che esistono tra l’aggressione criminale all’ambiente e gli interessi delle mafie, dal ciclo illegale dei rifiuti a quello del cemento.

Una situazione intollerabile per una regione come la Calabria, in cui accanto alla «bellezza del proprio mare e del proprio territorio, si affiancano situazioni ancora insostenibili relativi alla depurazione, all’abusivismo edilizio, alla mala gestione del ciclo dei rifiuti, che incidono sui corsi d’acqua arrivando sulle coste», ha detto ancora Fontana.

Il Procuratore della Repubblica di Vibo Valentia, Camillo Falvo, dopo aver illustrato gli enormi sforzi posti in essere negli ultimi tre anni dalla magistratura e dalle specialità delle forze dell’ordine impegnate nella task force appositamente creata – che interviene praticamente “in tempo reale” ogni volta che si presenta una problematica di tipo ambientale connessa all’inquinamento delle acque – ha evidenziato quanto siano complessi i problemi esistenti, frutto di decenni di trascuratezze e negligenze.

Secondo il Procuratore Falvo vi è la necessità di importanti interventi strutturali e, soprattutto, di agire in via preventiva più che repressiva, diffondendo la cultura del rispetto dell’ambiente negli operatori dei vari settori produttivi e nella gente comune, in un’opera di vera e propria alfabetizzazione in materia. Ha inoltre sottolineato come, della salute del mare e dei corsi d’acqua, non ci si debba preoccupare solo nel periodo estivo, trascurandone l’esistenza o, peggio, inquinando nel resto dell’anno.

Dal canto suo, il dirigente del Dipartimento Territorio e Tutela dell’Ambiente della Regione, Salvatore Siviglia, ha evidenziato le attività strutturali svolte negli ultimi anni dalla Regione per la messa in efficienza del sistema di depurazione, del collettamento e contro gli smaltimenti illegali.

Diversi gli interventi dei sindaci del territorio, dei rappresentanti delle istituzioni, degli operatori turistici, delle associazioni di categoria tra cui Confindustria e la Federazione degli albergatori, del mondo della scuola con il Dirigente dell’Istituto d’Istruzione superiore di Tropea.

Per Anna Parretta «il futuro della regione Calabria e dei suoi abitanti passa dalla tutela, dalla salvaguardia e dalla cura del territorio e del mare. In questo quadro i corsi d’acqua sono ecosistemi complessi ed estremamente importanti la cui tutela deve essere rigorosa a maggior ragione in una fase storica in cui è ancora più preziosa la risorsa acqua».

«Attraverso i monitoraggi compiuti, che speriamo di replicare in altri territori – ha spiegato – abbiamo voluto creare un’occasione di incontro e di confronto per attivare con tutti gli attori coinvolti processi condivisi che portino alla soluzione dei problemi e per incentivare la partecipazione attiva dei cittadini».

Quello che è emerso dall’iniziativa organizzata da Legambiente, come evidenziato da Fontana,  «è un vero e proprio “modello Vibo Valentia”  già sviluppato dal procuratore Falvo con la collaborazione delle Forze dell’Ordine e della Capitaneria di porto, grazie al lavoro straordinario di citizen science dei volontari e delle volontarie dei circoli di Legambiente, ai progetti di educazione ambientale da sviluppare nelle scuole del territorio, alle iniziative illustrate dal dirigente regionale Siviglia, alla partecipazione di sindaci e associazioni di categoria».

«Un “modello” a cui occorre dare da subito concretezza – ha concluso – prima che parta la stagione estiva». (ams)

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Legambiente e Regione Calabria insieme contro il ciclo illegale del cemento

«Con l’approvazione, ieri, da parte della Giunta regionale, su impulso del Presidente Roberto Occhiuto, della proposta di collaborazione avanzata da Legambiente per il coordinamento e il monitoraggio in materia di vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia, si segna in Calabria un punto di svolta nel contrasto all’illegalità nel ciclo del cemento». È quanto hanno dichiarato Stefano CiafaniAnna Parretta, rispettivamente presidente di LegambienteLegambiente Calabria, ritenendosi soddisfatti dell’accordo.

Il protocollo d’intesa, il primo del genere in Italia, prevede di realizzare, nell’anno in corso, un’attività di monitoraggio sulla base di quella sviluppata a livello nazionale. La richiesta di collaborazione verrà rivolta ai Comuni, alle Province e alla città metropolitana di Reggio Calabria, alle Procure e alle Prefetture, con la richiesta di dati sulle ordinanze di demolizione emesse, quelle eseguite, le trascrizioni al patrimonio pubblico degli immobili abusivi, i dati trasmessi alle Prefetture dai Comuni, i provvedimenti di abbattimento emessi e quelli eseguiti dagli uffici giudiziari.

Al termine del monitoraggio sarà redatto un rapporto che consentirà di valutare le dimensioni del fenomeno, per come emergeranno dai dati raccolti, le azioni da intraprendere e le criticità da risolvere. Nel rapporto verranno anche condivise proposte per rendere più efficace l’azione di contrasto, a livello regionale e nazionale, del fenomeno dell’abusivismo edilizio.

La Giunta ha, poi, stabilito che, per tutto il periodo di svolgimento delle prossime elezioni europee, al fine di garantire la più ampia trasparenza e neutralità, non dovranno essere effettuate nomine o designazioni, salvo che non siano strettamente necessari o per funzioni non procrastinabili.

La decisione riguarda, nello specifico, la permanenza nelle rispettive funzioni degli organi commissariali individuati dalla Giunta regionale e nominati dal presidente della Regione, senza soluzione di continuità con gli incarichi già conferiti, e gli incarichi dei commissari straordinari degli Enti strumentali e dei commissari degli Ambiti territoriali di caccia.

Pertanto rimarranno nell’esercizio delle rispettive funzioni fino al 31 luglio 2024 i commissari dell’Ambito territoriale di caccia delle province di Vibo Valentia e Crotone; il commissario straordinario di Azienda Calabria lavoro e Arpal; il commissario straordinario dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (Arpacal).

«La conoscenza del fenomeno attraverso la risposta da parte delle diverse istituzioni coinvolte, infatti – hanno sottolineato Ciafani e parretta – è il primo passo fondamentale per mettere in campo una vera e propria strategia regionale di contrasto dell’abusivismo edilizio, che rappresenta in Calabria e più in generale nel Mezzogiorno una grave e persistente minaccia all’ambiente, alla sicurezza dei territori e all’economia sana, a partire dalla stessa edilizia».

«Quello del mattone illegale, diffuso soprattutto lungo le aree costiere, ma anche l’entroterra, è un vero macigno per la Calabria – hanno proseguito Parretta e Ciafani – destinato ad aggravarsi per gli effetti della crisi climatica. Quando si verificano eventi metereologici estremi, ormai con puntualità drammatica e con un sempre più pesante carico di danni e di vittime, la questione del “costruito dove non si doveva” torna alla ribalta e tutti, politici, media, cittadini, concordano sul fatto che una casa abusiva non vale la vita delle persone».

«Poi, passata la tragedia, ci si dimentica – hanno concluso – come in un incantesimo, dei rischi enormi costituiti dalle costruzioni abusive realizzate spesso, persino nei letti dei fiumi o in zone franose».

La Calabria è tra le regioni più esposte alla pressione del “mattone illegale” collocandosi stabilmente ai primi posti per numero di reati relativi al ciclo del cemento nell’annuale Rapporto Ecomafia di Legambiente, realizzato in collaborazione con le forze dell’ordine e le Capitanerie di Porto.

Ma non solo, la nostra regione presenta un tasso di trasparenza molto basso: nel monitoraggio già effettuato lo scorso anno da Legambiente soltanto 54 Comuni su 404 hanno fornito risposte complete. In base ai dati, le ordinanze di demolizione emesse sono state 6.197, quelle eseguite appena 598, pari al 9,6% del totale, a fronte di una media nazionale molto più alta e le trascrizioni al patrimonio immobiliare pubblico, dal 2004 al 2023, sono state appena 75, pari all’1,2%. Una situazione di stallo che ha indotto l’amministrazione regionale a commissariare diversi Comuni, nell’ambito di un cambio di passo caratterizzato anche dalla demolizione di “ecomostri” come quello di Melissa. (rcz)

 

DIFFERENZIATA, CALABRIA RESTA INDIETRO
REGGIO CONTESTA I DATI: SIAMO IN SALITA

di ANTONIETTA MARIA STRATI – La Calabria è rimandata nella raccolta differenziata. La nostra regione, infatti, con i suoi 1.841.300 abitanti e 404 comuni, raggiunge una percentuale del 54,6 %, contro una media nazionale che, ormai, tocca il 65,2%, come da dati Ispra 2022. È il quadro desolante emerso alla sesta edizione dell‘Ecoforum rifiuti Calabria di Legambiente, nel corso del quale è stato presentato il dossier Comuni Ricicloni, presentato in Cittadella regionale.

Dati che, nonostante confermino la crescita della raccolta differenziata in regione con realtà territoriali che stanno progressivamente raggiungendo percentuali molto alte come Soveria Simeri, primo tra i Comuni rifiuti free, con l’88,5 %, seguito da Tiriolo e Frascineto,  «non consentono di raggiungere gli obiettivi, sempre più sfidanti, fissati dalla normativa comunitaria».

In Calabria, i Comuni Rifiuti Free, nei quali oltre all’alta percentuale di raccolta differenziata la produzione annuale pro-capite di secco residuo è inferiore a 75 kg, sono in totale 36 tra i quali, diversi raggiungono punti di eccellenza di oltre l’80% di raccolta differenziata.

Tuttavia, a incidere molto – e in maniera negativa – sono anche i dati analizzati da Arpacal (che recentemente ha diffuso un proprio report sulla raccolta differenziata), in cui è emerso come Reggio e Crotone sono i capoluogo di provincia ad aver registrato i dati peggiori: Reggio, infatti, raggiunge appena il 18,1% (peggiorando ancora la propria performance dell’11% rispetto all’anno precedente), e Crotone il 22%, nonostante l’incremento del 4,4%.

Il capoluogo più virtuoso è Vibo Valentia con il 69,9% (+ 3%) seguito da vicino da Catanzaro con il 69,2% ( -0,8%) e da Cosenza con il 62,4% (+ 0,3%). A livello di territorio provinciale, la più virtuosa è la provincia di Catanzaro con il 65,1% mentre la peggiore è quella di Crotone con il 39%.

Una vera e propria «disomogeneità territoriale», l’ha definita la presidente di Legambiente Calabria, Anna Parretta, in cui ci sono dei Comuni Rifiuti free in cui oltre all’alta percentuale di raccolta differenziata, la produzione annuale pro-capite di secco residuo è inferiore a 75 kg, sono in totale 36 tra i quali, diversi raggiungono punti di eccellenza di oltre l’80% di raccolta differenziata» e Comuni in cui, invece, si registrano performance negative come Reggio e Crotone.

«Allo stesso tempo – ha rilevato Parretta – ci sono province nelle quali invece si collocano prevalentemente i Comuni “rifiuti free” che riescono a raggiungere percentuali di raccolta differenziata molto vicine al 65%». Ma, nonostante ciò, non bisogna abbassare la guardia anzi, i dati emersi ribadiscono, ancora una volta, «la necessità di una decisa accelerazione di tutti i processi regionali che possano incrementare percorsi virtuosi nella gestione del ciclo dei rifiuti: dalle attività ed iniziative per ridurre i rifiuti alla fonte, al riuso, al riciclo», ha detto la presidente dell’Associazione.

«Su tutto il territorio regionale, supportando i progetti attraverso percorsi di partecipazione della cittadinanza, occorre, celermente — ha aggiunto – aprire i cantieri dell’economia circolare, costruendo impianti tecnologicamente avanzati per il trattamento, il riciclo e la valorizzazione dei rifiuti. Non smetteremo mai di sottolineare che la Calabria ha bisogno di una visione complessiva guidata dalla consapevolezza che i temi ambientali sono quelli che condizionano il presente, disegneranno il futuro e creeranno economia in grado di sviluppare occupazione di qualità in vari settori».

«L’economia circolare –  ha spiegato la responsabile nazionale Comuni Ricicloni, Laura Brambilla – è una fase importante della transizione ecologica: non dobbiamo limitarci solo alla raccolta differenziata, ma bensì dobbiamo fare in modo che l’intero sistema, che vede coinvolti produttori, cittadini, enti, municipalizzate, impianti di trasformazione in materie prime seconde e il loro successivo mercato, possa funzionare in modo efficace».

«Per questo motivo riteniamo che ogni soggetto coinvolto abbia ancora ampi margini di miglioramento ma, per farlo – ha sottolineato – diventa fondamentale una visione d’insieme per consentire al massimo la circolarità dell’intero processo che oggi purtroppo, in Calabria, è ancora poco performante. Ed è questa la sfida che lanciamo alla Calabria, non possiamo più permetterci dei ritardi e le realtà virtuose protagoniste di questa giornata, dimostrano che si può fare la differenza oltre che la differenziata».

«La gestione dei rifiuti, pur non essendo una competenza diretta degli enti gestori delle aree protette – viene evidenziato – se non viene realizzata in maniera corretta comporta degli effetti negativi per questi territori. Attraverso il progetto “Parchi Rifiuti Free” Legambiente promuove la corretta gestione dei rifiuti e l’accompagnamento dei Comuni delle aree naturali protette che hanno dei tassi di raccolta differenziata ancora troppo bassi».

Inoltre l’associazione, d’intesa con le aree protette, promuove azioni di riduzione e la gestione virtuosa del ciclo dei rifiuti per garantire una corretta tutela dell’ambiente e del territorio qualificando, al contempo, l’offerta turistica delle strutture e delle località interessate dalle aree protette.

Alla prima sessione dell’Ecoforum, dal titolo “Calabria lavori in corso”, moderato dalla responsabile nazionale Comuni Ricicloni, Laura Brambilla, ha visto la partecipazione di Salvatore Siviglia, dirigente dipartimento ambiente e territorio; Bruno Gualtieri, commissario straordinario dell’autorità rifiuti e risorse idriche Calabria; Michelangelo Iannone, commissario Arpacal; Francesco Sicilia, direttore generale Unirima; Carmine Pagnozzi, direttore generale Biorepack; Fabio Costarella, responsabile area progetti territoriali speciali Conai. Ha concluso i lavori, collegato da remoto, il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani.

La seconda sessione, La Calabria che c’è già, moderata da Emilio Bianco, coordinatore ecoforum regionali Legambiente sono intervenuti: Alessandro Cittadino, direttore tecnico Calabra Maceri e Servizi Spa; Massimo Gelli, presidente “R-accogliere” società cooperativa sociale; Rossana Melito, presidente “Fare eco”; Maria Gramendola, dirigente dell’I.I.S. ITG-ITI di Vibo Valentia.  (ams)

 

Il vicesindaco di RC Brunetti: Dati report errati, a Reggio la differenziata cresce

Il vicesindaco del Comune di Reggio, Paolo Brunetti, ha evidenziato come «i dati relativi alla raccolta differenziata dei Comuni calabresi diffusi quest’oggi alla Cittadella nel corso della sesta edizione dell’Ecoforum con la presentazione del report “Comuni ricicloni”, non corrispondono affatto alla realtà».

«Reggio Calabria non è al 18,1% di differenziata come gli autori del report affermano, ma a più del 41% – ha evidenziato –. A certificarlo sono i dati dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale per il Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, organismi scientifici nazionali che indicano, nonostante le difficoltà, dati di tutto rispetto per la nostra città».

«Siamo consapevoli che la raccolta differenziata debba ancora crescere a Reggio Calabria – ha spiegato Brunetti – ma ci stupisce l’assoluta disinformazione diffusa da certe associazioni che rischia di vanificare il lavoro fatto in questi anni. C’è da dire che la nostra città, la più grande e popolosa della Calabria, incontra certamente maggiori difficoltà nella gestione del circuito della differenziata rispetto a Comuni più piccoli e con una minore densità abitativa, ma il dato ufficiale del 41,2%, peraltro riferito al 2022 e probabilmente cresciuto nel 2023, costituisce un segnale certamente incoraggiante, che deve farci comprendere la necessità di aumentare le quantità di rifiuti differenziati».

«Non ci convincono affatto le modalità con le quali gli organizzatori dell’Ecoforum abbiano diffuso pubblicamente dati completamente errati. Per quanto ne sappiamo – ha proseguito – le percentuali di tanti comuni calabresi, diffuse durante la conferenza stampa odierna, sono state completamente erronee».

«Grave – ha concluso – che un istituto che dovrebbe incoraggiare i Comuni nella pratica della raccolta differenziata diffonda dati così macroscopicamente imprecisi».

La risposta di Legambiente: I dati basati su Report 2023 di Arpacal

Legambiente in una nota ha precisato come «i dati presentati da Legambiente, nell’ambito della sesta edizione dell’Ecoforum rifiuti, contenuti nel dossier “Comuni ricicloni”, sono basati sul report 2023 dell’Arpacal (dati 2022), consultabile sul sito della stessa Arpacal e trasmessi direttamente dall’Agenzia all’Associazione in seguito ad apposita richiesta».

«I dati in oggetto, riferiti all’anno 2022 – viene spiegato – sono stati poi oggetto di un recentissimo aggiornamento, successivo alla redazione del dossier. Di tale circostanza l’Associazione ambientalista ne ha dato atto nella nota stampa inviata ieri al termine dell’Ecoforum, specificando che nei prossimi giorni saranno analizzati i dati che Arpacal ha aggiornato da qualche giorno e saranno aggiornati i dati sul Report».

«Nella nostra nota stampa, infatti – ha aggiunto l’Associazione – Legambiente ha rilevato come la raccolta della città di Reggio Calabria fosse pari ad appena il 18,1%, in discesa rispetto all’anno precedente, specificando che si trattava dei “dati Arpacal sinora analizzati».

«È evidente, dunque – prosegue la nota – che Legambiente ha utilizzato e diffuso i dati ricevuti direttamente da Arpacal in un tempo antecedente alla redazione del dossier “Comuni ricicloni”. Vi è da dire, però, che effettivamente nel recente aggiornamento Arpacal, effettuato sempre sui dati 2022, la percentuale di raccolta differenziata di Reggio Calabria passa dal 18,1 al 39,41%, così come cambiano le percentuali di altri Comuni. Tutti i dati saranno naturalmente aggiornati per come già anticipato».

«Siamo, quindi, lieti – ha detto ancora – che dall’aggiornamento dei dati da parte di Arpacal il Comune di Reggio Calabria raggiunga performance migliori e che le politiche messe in campo abbiano portato ad un trend positivo, nonostante le difficoltà che hanno interessato in più fasi soprattutto i conferimenti e le numerose emergenze. Certamente il dato positivo, che incoraggia a proseguire l’Amministrazione e l’assessore Brunetti su questa strada, resta ancora tra i più bassi dell’intera regione, che nel complesso continua a non raggiungere il 65% di raccolta differenziata, che costituiva l’obiettivo temporale del 2012, e gli obiettivi, sempre più sfidanti, fissati dalla normativa comunitaria (direttiva UE 2018/851)».

«La Calabria, attualmente – ha ricordato Legambiente – resta sempre in fondo alla classifica nazionale, terz’ultima prima della Sicilia e del Lazio. Con la città di Reggio Calabria siamo sempre disponibili ad un confronto e ad una collaborazione sulle problematiche esistenti nel ciclo di gestione dei rifiuti e sulla loro risoluzione».

«Invitiamo, sin da ora, il Comune di Reggio Calabria – conclude la nota – ad un incontro-confronto sul modello di economia circolare da realizzare su cui costruire un nuovo paradigma di sostenibilità ed innovazione e competitività in cui anche i rifiuti si trasformano da problema in risorsa creando anche opportunità occupazionali». (rrc)