ZES UNICA, UNA SVOLTA PER MEZZOGIORNO
TRA INNOVAZIONE E SVILUPPO SOSTENIBILE

di VINCENZO CASTELLANOL’importanza della Zona Economica Speciale (Zes) Unica nell’orizzonte economico e di sviluppo del Mezzogiorno è un tema che, negli ultimi giorni, ha catalizzato l’attenzione politica e mediatica, segnando un passo decisivo verso la concretizzazione di una visione di crescita e innovazione. La recente riunione della cabina di regia per la Zes Unica, presieduta dal Ministro Fitto e alla quale hanno partecipato Ministri e rappresentanti delle otto Regioni interessate (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna), nonché l’Upi e l’Anci, rappresenta un momento di svolta nel percorso di attuazione di questa ambiziosa iniziativa.

Al centro dell’incontro, la predisposizione del Piano strategico triennale della Zes Unica, che si pone come obiettivo principale quello di definire una politica di sviluppo capace di integrarsi armoniosamente con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) e con le programmazioni nazionali e regionali dei fondi strutturali europei. Questo piano strategico avrà il delicato compito di indicare gli investimenti e gli interventi prioritari, i settori da promuovere e quelli da rafforzare, applicando un regime semplificato dell’autorizzazione unica, con l’intento di rendere più agile e attrattivo il contesto imprenditoriale.

L’approccio adottato dalla cabina di regia, che prevede la convocazione di appositi tavoli tematici per avviare un confronto costruttivo con tutti i principali attori, pubblici e privati, inclusi le associazioni di categoria, sottolinea la volontà di un coinvolgimento trasversale e partecipativo. Questa metodologia di lavoro mira a garantire che il Piano strategico sia il risultato di un’analisi condivisa delle esigenze territoriali e delle potenzialità di sviluppo, nel rispetto delle specificità locali e delle vocazioni produttive delle regioni coinvolte.

La Zes Unica rappresenta, dunque, una leva strategica per il rilancio economico del Sud, offrendo un’opportunità unica di attrazione degli investimenti, di creazione di nuove opportunità di lavoro e di stimolo per l’innovazione e la competitività delle imprese. In questo contesto, la decisione di trasferire, a partire dal 1° marzo, le funzioni svolte dagli otto Commissari straordinari alla Struttura di missione Zes segna l’avvio di una nuova fase operativa, che vedrà l’implementazione concreta delle strategie e degli interventi previsti dal Piano.

L’attenzione rivolta alla semplificazione amministrativa, attraverso l’adozione dell’autorizzazione unica, è un aspetto fondamentale che può significativamente contribuire a ridurre i tempi e i costi per le imprese, incentivando così l’avvio di nuovi progetti e la realizzazione di investimenti in aree cruciali per lo sviluppo economico e sociale del Mezzogiorno.

In conclusione, l’impegno profuso nella realizzazione della Zes Unica e nel suo Piano strategico triennale si configura come un elemento chiave per il futuro delle regioni del Sud Italia, proiettando queste aree verso un orizzonte di crescita sostenibile e inclusiva. La sinergia tra governo, regioni, enti locali e parti sociali sarà determinante per trasformare le sfide in opportunità, assicurando che il Mezzogiorno possa giocare un ruolo di primo piano nello scenario economico nazionale ed europeo, valorizzando al meglio le sue risorse e le sue competenze. (vc)

[Vincenzo Castellano è dottore commercialista e Founder Zes Consulting]

 

Zes unica, sempre più imminente

di SALVATORE FERRAÙ Dopo un prolungato periodo di stasi, costellato da controversie e incertezze, il ministro Raffaele Fitto ha fatto il suo ritorno in pubblico con rilevanti comunicazioni riguardanti la Zes Unica.

Nell’odierna data, mediante i suoi canali ufficiali, ha provveduto a divulgare le prime delucidazioni riguardo alla recente sessione di lavoro della cabina di governo Zes. Si apprende che si è condotto un dibattito inerente alla confezione del Piano Strategico, il quale avrà il compito di delineare la strategia operativa in conformità con le linee guida del Pnrr e la politica di sviluppo Zes. Il predetto Piano sarà incaricato di mettere in luce i settori da potenziare e promuovere, nei quali verrà applicato il regime semplificato dell’autorizzazione unica. Si prevede la costituzione di tavoli tematici su misura, adibiti al confronto tra gli attori, sia pubblici che privati, al fine di agevolare un dialogo costruttivo e tracciare la rotta da seguire.

Infine, si sottolinea la data del 1° marzo come cruciale spartiacque tra le vecchie 8 Zes e la nuova Zes Unica; infatti, da tale data, le funzioni precedentemente in capo agli otto commissari straordinari verranno trasferite alla struttura di missione, coordinata dal governo. 

Nessuna novità, invece, si registra per quanto concerne il credito d’imposta Zes Unica, la forma di incentivo che prevede l’erogazione di un credito d’imposta per coloro che realizzano investimenti in beni strumentali e terreni nelle regioni comprese nella Zes Unica, secondo i precetti stabiliti all’articolo 2, paragrafi 49, 50 e 51 del regolamento (Ue) n. 651/2014 della Commissione del 17 giugno 2014, riguardanti diversi ambiti, dall’acquisizione di macchinari all’ampliamento di immobili strumentali.

Tuttavia, è necessario ricordare che il valore dei terreni e degli immobili non può superare il 50% del valore complessivo dell’investimento agevolato. Restano invariati i limiti economici, con progetti di investimento compresi tra un minimo di 200.000 euro e un massimo di 100 milioni di euro, e soprattutto quelli temporali, che prevedono come data ultima per gli investimenti immobiliari il 15 novembre 2024.

Quest’aspetto, forse il più critico e contemporaneamente il più discusso, della misura, richiede una riconsiderazione, vista il ritardo nella presentazione del decreto attuativo (ricordando che inizialmente era stato previsto il termine ultimo del 31 dicembre 2023, poi successivamente modificato); nel frattempo, gli attori del settore rimangono in attesa di direttive più limpide, al fine di agevolare l’avvio di nuovi investimenti, con l’auspicio di poter finalmente avviare gli investimenti in programma, in modo tale da dare inizio al tanto agognato processo di sviluppo economico e sociale del Meridione, che più volte nel corso degli ultimi anni si è cercato. 

Con l’auspicio che tutto ciò possa essere realmente l’inizio di una rivoluzione economica restiamo collegati per altre imminenti novità. (sf)

[Salvatore Ferraù è dott. in Economia e Co-founder di SudZes Consulting]

 

INDUSTRIALI ALLARMATI PER IL RINVIO ZES
SE VINCE LA BUROCRAZIA NON C’È SVILUPPO

di ALDO FERRARALa transizione dalle otto Zes al nuovo modello Zes per il Mezzogiorno ha subito uno slittamento dell’ultimo momento proprio nella fase di scadenza di tutti i Commissari. Il mancato trasferimento di compiti e funzioni dagli otto Commissari straordinari alla nuova Struttura di missione centralizzata ha richiesto quindi un urgente provvedimento di proroga fino al 1° marzo degli attuali Commissari straordinari. I tempi per il perfezionamento del provvedimento di proroga hanno tuttavia provocato una sensibile discontinuità nei tempi di svolgimento delle conferenze dei servizi e nel rilascio delle autorizzazioni agli investimenti. Una circostanza che basta da sola ad evidenziare la complessità della materia e ad alimentare incertezze riguardo la fluidità della transizione e la messa a regime del nuovo modello.

Da mesi ribadiamo di come sia necessario un ordinato e graduale passaggio delle consegne affrontando per tempo alcune potenziali criticità del nuovo modello di Zes che rischiano di depotenziare la validità dello strumento e la sua utilità, soprattutto in Calabria. Il Mezzogiorno viaggia a una velocità ridotta rispetto al resto del Paese. La Zes calabrese, con il suo valore aggiunto determinato dalla semplificazione burocratica per l’avvio degli insediamenti produttivi, grazie ai poteri assegnati al Commissario, e dal sistema di incentivi fiscali, stava dimostrandosi uno strumento utile a rendere la nostra regione attrattiva per investimenti interni ed esterni.

La preoccupazione forte, adesso, è che il nuovo modello renda più sfumati i vantaggi, soprattutto in termini di semplificazione e fluidità delle autorizzazioni, tanto da rendere poco attrattiva la Zes a causa di sistema di gestione che centralizza i rapporti e riduce il legame con il territorio. E in questo senso, preoccupa anche il limite minimo di 200mila euro posto all’ammontare degli investimenti nell’area Zes: il tessuto imprenditoriale, soprattutto quello locale, è formato prevalentemente da piccole imprese che sarebbero disposte a investire nella Zes, ma quel limite le tiene fuori da un’opportunità concreta, limitandone così le potenzialità di crescita e di sviluppo. Ciò anche in considerazione del venir meno del credito d’imposta per investimenti nel Mezzogiorno.

C’è poi una criticità non secondaria sollevata dagli amministratori locali: come si concilieranno gli strumenti urbanistici pianificati dai Comuni se tutto il Mezzogiorno sarà area Zes? Le deroghe urbanistiche saranno concedibili ovunque? Anche qui, è necessaria chiarezza. Così com’è necessaria chiarezza sulle risorse per la Zes unica, che attualmente appaiono inadeguate a coprire le esigenze dei territori. Non solo, mentre si prevede di erogarle “a rubinetto”, mancano ancora i moduli per le richieste e il termine ultimo di presentazione delle istanze scade il 15 novembre prossimo: in queste condizioni è impossibile programmare investimenti e pianificare nuovi insediamenti».

L’attrattività della Zes in Calabria è, poi, funzione degli investimenti in interoperabilità, servizi, ambiente, raccolta dei rifiuti e soprattutto sicurezza nelle aree industriali: senza un ecosistema accogliente, le imprese, a parità di vantaggi ottenuti dalla Zes, non sceglieranno certo la nostra regione per nuovi insediamenti produttivi. A tal fine, auspichiamo la pronta nascita dell’Agenzia regionale che sostituirà il Corap e l’immediato avvio della riqualificazione delle aree industriali».

Infine, il precedente modello aveva iniziato a dare frutti anche grazie alla stretta sinergia tra Commissario Zes e parti sociali. Il nuovo modello non prevede il coinvolgimento nella cabina di regia della Zes né delle associazioni datoriali, né dei sindacati, allargando lo scollamento tra imprese, territorio e lavoratori. Auspichiamo si ponga rimedio a questa che è una vera e propria stortura nel modello di management della nuova Zes unica, attraverso il coinvolgimento formale e sostanziale delle parti sociali. Ne va del futuro della nostra regione. (af)

[Aldo Ferrara è presidente di Unindustria Calabria]

L’OPINIONE / Antonio Borelli: Zes Unica materia complessa che crea una certa apprensione

di ANTONIO BORELLI – Doveva essere la svolta nelle politiche per lo sviluppo del Mezzogiorno dal 1 gennaio 2024. In realtà, la Zes Unica partirà salvo imprevisti l’1 marzo, sostituendosi alle otto aree Zes designate tra cui quella della Calabria. Per ora solo un piccolo ritardo per via della Struttura di Missione centralizzata, non ancora pronta per adempiere ai suoi compiti, tant’è che si è dovuto ricorrere alla proroga degli attuali commissari delle singole Zone regionali per evitare una vacatio che avrebbe creato non pochi problemi.

Un quadro, questo, che ci dà ancora una volta la misura della complessità della materia con cui abbiamo a che fare e che crea al contempo una certa apprensione.

Preoccupa che un’unica Zes, con tutti i territori regionali dentro, inneschi una dinamica di concorrenza tra i territori stessi nella quale chi è debole ha più probabilità di restare al palo. Ma anche all’interno di ciascun territorio potrebbero innescarsi dinamiche negative. In precedenza, infatti, l’autorizzazione unica veniva emessa solo per gli investimenti produttivi realizzati all’interno di agglomerati definiti come retro porti, porti, agglomerati industriali, aeroporti e retro aeroporti: zone ben circoscritte per creare condizioni ottimali in termini economici, finanziari, amministrativi ma anche di sicurezza, visto che il contrasto alla criminalità su un polo concentrato di attività produttive può, in teoria, essere più agevole – in teoria perché le recenti intimidazioni agli stabilimenti Callipo, collocati nella Zes lametina, dimostrano che siamo ancora lontani dall’obiettivo. In ogni caso, resta il fatto che l’impostazione adottata fin qui viene oggi vanificata da una Zes unica che guarda ai territori regionali nella loro interezza generando molti interrogativi sia sul piano amministrativo, sia sul piano economico e finanziario.

Il primo punto è quello che ci tocca più da vicino come Amministrazione Comunale. C’è l’impegno, da parte del governo, di mantenere i profili di semplificazione amministrativa che le otto Zes avevano predisposto nel loro modello. Ma ci chiediamo come e quando sarà possibile mettere in piedi una macchina amministrativa capace di sostituirsi a tutti i Comuni del sud e ai loro sportelli Suap per portare avanti lo snellimento burocratico? È pur vero che è prevista la creazione dello sportello Sud Zes, ma non si sa ancora come e con quale tempistica sarà attivo. In tale condizione non vorremmo doverci trovare dal 1 marzo a dover gestire in emergenza insediamenti industriali complessi senza i necessari strumenti operativi e normativi compreso il personale addetto.

Per quanto riguarda poi l’autorizzazione unica, sappiamo che una delle caratteristiche della Zes è la possibilità di derogare alle previsioni di una serie di strumenti, compresi quelli urbanistici. Un principio senz’altro condivisibile rispetto alla filosofia che sottende le Zone Economiche Speciali ma a condizione che esse siano circoscritte e quindi caratterizzate in un certo senso da una eccezionalità di scopo. Ma cosa succederà quando ad agire sarà la Zes Unica del Mezzogiorno? Che ne sarà delle politiche urbanistiche pianificate dai singoli Comuni? Dovremo convivere tutti con pianificazioni sottoposte costantemente a una sorta di spada di Damocle che potrebbe stravolgerle? Chiunque è in grado di comprendere che non sono interrogativi da poco.

Com’è evidente, ci sono molte e fondate ragioni per guardare con preoccupazione alla Zes unica. Ragioni cui si aggiunge la consapevolezza che le dimensioni raggiunte dall’UE sono oramai tali da comprendere anche territori ben più in difficoltà sul piano dello sviluppo rispetto al nostro Mezzogiorno. Consapevolezza che ci aveva portato a proporre in questa lotta contro il tempo anche per la nostra città l’istituzione di una nuova area Zes a Germaneto ancorata a nuovi drivers di sviluppo quali la conoscenza e il sapere. A margini della nuova strategia sul tema della Zona Economica Speciale non si può non invocare un dibattito serio e approfondito sul tema. Un confronto nel quale ciascuno si assuma alla luce del sole la responsabilità delle scelte, secondo i compiti che l’ordinamento gli attribuisce: dal governo centrale, fino ai Comuni. Il nostro punto di vista è chiaro e sentiamo di denunciare il pericolo di un percorso che, se non allineato, potrebbe compromettere il lavoro delle amministrazioni locali e soprattutto gli investimenti prospettici sui nostri territori. (ab)

[Antonio Borelli è assessore alle Attività Produttive del Comune di Catanzaro]

ZES UNICA, UN GRANDE AIUTO PER IL SUD
PERÒ SERVE UNA POLITICA INDUSTRIALE

di FRANCESCO AIELLO – Rispetto alla precedente disciplina sugli investimenti a Sud in regime di aiuti, la Zes unica per il Mezzogiorno è migliorativa sotto alcuni punti di vista. Innanzitutto per la copertura finanziaria: la dotazione per il credito di imposta complessivo del 2024 fissata dalla Legge di Bilancio è pari a 1,8 mld di euro.

Inoltre, rispetto al Bonus Sud 2023, cosiddetto Credito d’Imposta Mezzogiorno, con la Zes unica è ammesso il credito di imposta anche per l’acquisto di terreni e immobili. Il regime di aiuti è previsto per progetti di investimento fino a 100 milioni di euro e varia al variare della dimensione dell’impresa. La regola generale è che le piccole e le medie imprese godranno di un credito di imposta pari, rispettivamente, al 60% e al 50% dei costi ammissibili per progetti fino a 50milioni di euro, mentre per le grandi imprese il beneficio fiscale sarà pari al 40%.

Si tratta di vantaggi fiscali superiori a quelli previsti dal Bonus Sud 2023, che fissava al 45%, 35% e 25% il credito di imposta, rispettivamente, per le piccole, le medie e le grandi imprese. È plausibile pensare, quindi, che i vantaggi fiscali sono ad un livello tale da rendere conveniente l’avvio di nuovi investimenti produttivi regionali e attrarre investitori extra-regionali. Si tratta, però, come dimostra la storia decennale delle politiche industriali nel Mezzogiorno d’Italia, di una condizione necessaria, ma non sufficiente: la convenienza relativa ad investire in un determinato luogo piuttosto che in un altro non è unicamente determinata dalla fiscalità di vantaggio.

Questa conclusione è ancora più valida in un contesto in cui più regioni godono dello stesso regime di aiuti: perché un investitore dovrebbe scegliere di localizzare le proprie attività in Calabria, piuttosto che in Puglia o in Campania? A parità di aiuto fiscale e di snellimento delle procedure amministrative, i capitali si concentreranno nelle aree che hanno meno costi di accessibilità e offrono più servizi alle imprese (rete di trasporti efficiente, energia affidabile, disponibilità di infrastrutture tecnologiche avanzate) e che hanno qualche vantaggio di localizzazione legato alla possibile riduzione dei costi di approvvigionamento e di vendita.

Senza dimenticare che l’attrattività di un territorio dipende molto dalla qualità della vita del contesto, ossia dall’offerta di servizi pubblici efficienti, istruzione di qualità, assistenza sanitaria accessibile, giustizia certa e veloce e un ambiente culturale stimolante. In assenza di queste condizioni, parlare di crescita, restanza, tornanza, ripopolamento dei borghi è un puro esercizio accademico, un vezzo tra intellettuali.

Inoltre, esistono altri due potenziali punti di debolezza della Zes unica, che derivano in modo esclusivo dal fatto che il progetto non è inserito in un’organica strategia di politica industriale per il Sud e che la localizzazione degli investimenti industriali non ha alcun vincolo territoriale. Così come nella precedente architettura istituzionale con le otto Zes in ciascuna regione del Mezzogiorno d’Italia, anche in questo caso il regime di aiuti fiscali e lo snellimento delle procedure amministrative sono pensati per avviare Zes generaliste, de-specializzate, quando,  al contrario, sarebbe più efficace puntare a delle concentrazioni spaziali di attività produttive specializzate in pochi settori, che, nella fase iniziale, possono essere fortemente legati alle vocazioni territoriali di ciascuna regione e alla qualità e specificità delle risorse produttive disponibili.

Esiste, infine, il tema dell’assenza di restrizioni territoriali degli investimenti che beneficiano della normativa della Zes unica. Su questo aspetto è utile ricordare che le Zes sono state istituite nel 2017 dal Governo Gentiloni con l’intento di incentivare investimenti produttivi nelle aree limitrofe ai porti nel Mezzogiorno, allo scopo di superare una delle principali sfide all’industrializzazione del Sud: la distanza geografica dai mercati di approvvigionamento e di distribuzione.

Tuttavia, l’implementazione di una Zes unica per l’intero Mezzogiorno potrebbe comportare il rischio di non considerare appieno i vantaggi derivanti dalla localizzazione vicina alle vie del mare. Con questa prospettiva, gli investimenti produttivi potrebbero essere distribuiti in tutto il Mezzogiorno anziché concentrarsi nelle zone adiacenti ai porti, perdendo in tale modo l’opportunità di sfruttare in modo compiuto i benefici strategici offerti dalla prossimità ai principali hub marittimi. Un esempio chiarisce il punto: i costi di trasporto di un’impresa globalizzata, ossia che importa beni intermedi ed esporta beni finali, che è localizzata nel retroporto di Gioia Tauro sono infinitamente inferiori ai costi di un’altra impresa che opera in qualsiasi altra parte della Calabria.

Questo rischio si può annullare fissando una priorità di politica industriale: rendere altamente attrattivo il retroporto di Gioia Tauro e canalizzare in quegli spazi tutti i nuovi investimenti Zes per trasformare l’intera area in un polo industriale su cui puntare per dare una speranza di crescita alla Calabria. Disperdere risorse in tutta la regione non ha alcun senso. È tutt’altro che un’opzione di sviluppo industriale trainato da una Zes. (fa)

[Francesco Aiello è prof. Ordinario di Politica Economica, DESF, UniCal]

ZES 6 ANNI DOPO SARÀ UNICA PER IL SUD
I DUBBI SUL SUO REALE FUNZIONAMENTO

di ERCOLE INCALZA – Negli ultimi giorni è sempre più cresciuta una critica nei confronti della cosiddetta Zes Unica e, forse sarebbe opportuno affrontare una simile nuova scelta dell’attuale Governo seguendo questo approccio metodologico: prima analizzare in modo asettico la vecchia norma che istitutiva le Zes nell’intero Mezzogiorno.

dopo esporre i motivi che hanno portato alla scelta della Zes Unica e le logiche da seguire per raggiungere davvero quei risultati che finora non si sino raggiunti con l’impostazione precedente.

Sinteticamente riporto di seguito le mie critiche alle Zes istituite con il Decreto Legge 20 giugno 2017 n. 91. Intanto faccio una premessa: il lavoro svolto dai vari Commissari è stato encomiabile e le mie critiche non sono assolutamente rivolte al loro operato. Tuttavia il primo dato negativo, da addebitare essenzialmente ai Governi che si sono succeduti ed alle otto Regioni, è legato al fatto che dopo oltre sei anni non si è fatto nulla o pochissimo e sicuramente quanto prima potremo disporre di un altro provvedimento magari prodotto da un condominio o da più condomini di palazzi ubicati o nella città di Napoli o di Palermo.

Scherzo ma mi sembra davvero assurdo che si continui a parlare di una iniziativa che, per come è stata concepita e per come è stata gestita, ormai è solo da dimenticare ed è una eredità che la ex Ministra per il Sud e la coesione territoriale Mara Carfagna avrebbe fatto bene a non cercare di apportare ulteriori modifiche. Sarebbe stato invece utile effettuare una attenta analisi dello strumento istituito ripeto sei anni fa e cercare intanto di capirne innanzitutto il significato e quindi soffermarsi sulle motivazioni per cui sono state costituite e cioè:

Dovevano essere zone geograficamente delimitate e situate entro i confini dello Stato, costituite anche da aree non territorialmente adiacenti purché presentassero un nesso economico funzionale e comprendessero almeno un’area portuale con le caratteristiche stabilite dagli orientamenti dell’Unione europea per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti (Tent-T).

Dovevano avere l’obiettivo di attrarre grandi investimenti; Dovevano avere l’obiettivo di favorire la crescita delle imprese già operative o la nascita di nuove realtà industriali nelle aree portuali e retroportuali.

Dovevano avere l’obiettivo di implementare le piattaforme logistiche, collegate anche da intermodalità ferroviaria.

Invece, solo in Sicilia ci sono le seguenti ZES: ZES Sicilia occidentale con i comuni di Caltavuturo, Palma di Montechiaro, Misilmeri, Salemi, Campofelice di Roccella, Custonaci, Ravanusa, Calatafimi, Cinisi, Gibellina e Serradifalco; ZES Sicilia orientale con i comuni di Avola, Militello in Val di Catania, Carlentini, Vittoria, Francofonte, Solarino, Scordia, Floridia, Vizzini, Acireale, Rosolini, Pachino, Troina, Lentini, Palazzolo Acreide, Ragusa, Niscemi, Gela, Mineo e Messina; altre aree individuate sono tre portuali (Porto Empedocle. Porto dell’Arenella di Palermo, Porto di Augusta) e due aree industriali (ASI di Caltagirone e la zona di San Cataldo Scalo insieme alla zona industriale di Calderaro nel Comune di Caltanissetta).

Cioè nella sola Sicilia ci sono 36 aree elette a Zes, in tutta la Ue le aree elette a Zes sono 91. Questo dato dimostra la deformazione del concetto ispiratore delle stesse Zes e rende davvero priva di organicità e di immediata incisività l’azione stessa dello strumento.

Questo fallimento di una scelta nata per rilanciare il Sud purtroppo non rappresenta una sorpresa perché rientra in un preciso codice comportamentale che si caratterizza come “pura clientela programmatoria” o in modo più chiaro come “la gratuita soddisfazione dell’organo politico nella elencazione delle risorse ottenute, nella elencazione degli impegni assunti”; sì anche di quelle ridicole come per l’Area industriale di Taranto (solo 8,1 milioni di €), Area industriale di Potenza (solo 20 milioni di €), Area industriale di Matera (solo 30 milioni di €).

Però tutto è rimasto, purtroppo, pura elencazione di procedure e di atti, una elencazione che avrebbe continuato ad illudere il Mezzogiorno per poi concludersi nel nulla.

Per essere concreti riporto esempi di notizie rassicuranti fornite fino a pochi mesi fa dagli organi locali:

Allo sportello unico digitale della Zes Campania sono state presentate 78 domande per diversi settori merceologici: oltre a logistica e farmaceutica, spiccano metalmeccanica, tessile e automotive, quelli autorizzati sono 16 con investimenti per complessivi 120 milioni ed un migliaio di posti di lavoro.

Allo sportello unico digitale della ZES Adriatica (una ZES a cavallo delle Regioni Molise e Puglia) sono arrivati 71 progetti e le autorizzazioni rilasciate sono 18 per un valore globale degli investimenti di 450 milioni di euro e circa 2.000 unità di nuovi posti di lavoro.

Allo sportello unico digitale della Zes Jonica (una Zes a cavallo delle Regioni Puglia e Basilicata) sono finora arrivate 22 domande per complessivi 40 milioni con una ricaduta occupazionale di 250 unità. In Calabria sono arrivate quattro domande e forse sono state autorizzate 2. Strano se si tiene conto della presenza di un HUB portuale come quello di Gioia Tauro. In Abruzzo su sei domande sono state rilasciate tre autorizzazioni con una ipotesi di investimenti pari a 32 milioni di euro ed una ricaduta occupazionale di 150 posti.

Nella Sicilia occidentale su 18 domande presentate è stato concluso l’iter autorizzativo per tre progetti. Nella Sicilia orientale su 37 domande ne sono state autorizzate attualmente un numero di 8.

Alla Zes Sardegna sono pervenute 4 domande e ne sono rilasciate 2. A questa serie di notizie se ne aggiunge una che fa davvero paura, mi riferisco alla seguente dichiarazione del Commissario delle Zes Campania e Basilicata e coordinatore delle otto aree Giuseppe Romano: «Temiamo che questo processo possa fermarsi alla fine del 2023 infatti la cessazione del credito di imposta al prossimo 31 dicembre rappresenta una criticità. Crediamo che questa agevolazione vada legata al periodo di vigenza delle Zone Economiche Speciali, sette anni, per consentire alle imprese che i investono di ragionare sul lungo periodo senza essere costrette ad effettuare l’intero esborso di capitale entro il 2023».

Oltre a questa clausola non possiamo dimenticarne un’altra prevista sempre nel Decreto Legge istitutivo delle ZES n.91 del giugno 2017, convertito nella Legge 3 agosto 2017 n.123 e che precisa: «le imprese beneficiarie devono mantenere la loro attività nell’area ZES per almeno sette anni   dopo   il   completamento dell’investimento oggetto delle agevolazioni, pena la revoca dei benefici concessi e goduti».

Appare evidente che sono passati ormai quasi sei anni e siamo praticamente fermi ai gratuiti ed ottimistici comunicati stampa; mi sembra di essere tornato indietro di mezzo secolo quando nel 1967 furono definite con apposita Legge, sempre nel Mezzogiorno, 46 Aree di Sviluppo Industriale (Asi) e di queste oggi ne esistono forse realmente operative appena 6.

Veniamo ora alla Zes Unica e ritengo che questa scelta genererà una riforma organica dell’intero “Sistema Mezzogiorno”, dell’intero sistema formato da otto Regioni. Perché ritengo che questa scelta possa essere motore di una vera riforma? Perché, finalmente, scopriamo le omogeneità che legano le otto Regioni e forse una simile scoperta spero possa diventare la base di una rivisitazione profonda dei comportamenti le singole realtà regionali.

Cerco di elencare tali omogeneità: Sono tutte otto all’interno dell’obiettivo uno, cioè tutte hanno un PIL pro capite inferiore al 75% della media europea. Nessuna delle otto Regioni supera la soglia del 5% nella formazione del PIL nazionale

Il Pil pro capite nelle otto Regioni non supera la soglia dei 22 mila euro e addirittura in alcune si attesta su un valore di 17 mila euro; al Centro Nord si parte da una soglia di 26 mila euro per arrivare addirittura a 40 mila euro.

I Livelli Essenziali delle Prestazioni (Lep) all’interno delle otto Regioni sono indifendibili; per la offerta di servizi socio – assistenziali si passa da 22 euro pro capite in Calabria ai 540 euro nella Provincia di Bolzano. La spesa sociale del Sud è di 58 euro pro capite, mentre la media nazionale è di 124 euro. Il livello di infrastrutturazione del Sud produce un danno annuale nella organizzazione dei processi logistici superiore a 58 miliardi di euro all’anno

La distanza dell’intero Mezzogiorno dai mercati del Nord d’Italia e del centro Europa è un vincolo alla crescita per tutte le otto Regioni. Ebbene, questa omogeneità deve portare ad un’azione congiunta delle otto Regioni verso scelte non localistiche, verso proposte che non perseguano vantaggi per determinati ambiti territoriali in danno di altre realtà.

La Zes Unica, quindi, produce automaticamente quello che Claudio Signorile definisce giustamente un assetto federativo e forse questo nuovo impianto istituzionale potrebbe portare alla istituzione di una sede in cui le otto Regioni possano: Identificare congiuntamente le sedi da promuovere come ambiti ottimali da incentivare. Equilibrare congiuntamente i nodi logistici che esaltano le funzioni di determinare realtà.

Definire ed approvare insieme l’accesso e l’uso delle risorse. Potrebbe nascere come primo atto concreto un Comitato Interregionale per l’attuazione della Zes Unica ed un simile strumento dovrebbe avere al suo interno oltre alle otto Regioni, il Ministro per il Sud e la Coesione territoriale, il Ministro dell’Economia e delle Finanze, il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti ed il Ministro delle Imprese e del Made in Italy

Per raggiungere la organicità del processo sarà necessario costruire un organismo catalizzatore, sì qualcosa di simile alla Cassa del Mezzogiorno, cioè una sede in cui: Evitare la creazione di aree forti e di aree deboli; Evitare la mancata attivazione della spesa; Evitare errori nella gestione delle aree produttive; Evitare una sudditanza delle realtà produttive del Sud nei confronti di quelle del Nord specialmente per quanto concerne i sistemi logistici. (ei)

LA MACROREGIONE DEL MEDITERRANEO
UN’OPPORTUNITÀ PER LA CALABRIA E IL SUD

di ENRICO CATERINI ed ETTORE JORIO – Due pezzi in più per dare alle politiche UE un maggiore respiro per il Sud del Paese e del Mediterraneo intero, proiettato quest’ultimo su quaranta regioni subnazionali (11 italiane, ovviamente rivierasche ma non comprendenti il Molise e la Basilicata), delle quali tantissime extra europee. Il tutto funzionale a generare, in una prospettiva non di lungo periodo, una macroregione mediterranea avente l’obiettivo di proporre alle rispettive comunità sociali una sorta di cittadinanza mediterranea.

Una iniziativa domestica e un’altra internazionale organiche ad un diverso sviluppo delle politiche unionali

Sul piano interno la Zes Unica, che – se ben collaborata dagli interventi del PNRR e dei fondi ordinari UE – costituirà un strumento attuativo di politiche di crescita che rintraccino e realizzino iniziative di successo nelle regioni del Mezzogiorno.

Sul piano dell’UE, la Intermediterranean Commission (IMC), rappresentativa di uno dei sei ambiti di intervento della Conference of Peripheral Maritime Regions (CRPM), è finalizzata ad occuparsi dello sviluppo del dialogo euromediterraneo sui temi della cooperazione territoriale. Più esattamente, dei trasporti, della politica marittima integrata, della coesione socio-economica, dell’acqua ed energia, fattori determinanti per le economie e l’occupazione delle regioni coinvolte.

Un assist importante per le Regioni italiane, messe così in condizione di sviluppare le loro politiche territoriali di trasporto e di movimentazione dei loro porti, con un serio ingigantimento dell’indotto in favore anche degli enti locali, specie se messo direttamente in relazione con iniziative favorite dalla Zes Unica.

Gli atti negoziali dei quali non potere fare a meno

Quanto alla coesione – in linea con il regolamento interno di funzionamento, implementato di recente – essa la si potrà concretizzare attraverso una carta convenzionale dei diritti, dei doveri e delle libertà fondamentali.  Insomma, un trattato internazionale vero e proprio con cessioni di parziale sovranità nelle materie attribuite.

Relativamente alla cooperazione sono, invece, da distinguere:

quella per l’acqua e l’energia, da disciplinare verosimilmente attraverso un accordo che assicuri ai cittadini del Mediterraneo il minimo vitale pro-capite (equivalente ad un LEP) di acqua e di fonti energetiche;

quella afferente ai trasporti, attraverso l’individuazione di una area libera di circolazione (di capitali, merci, servizi e lavoratori) circummediterranea, di investimenti infrastrutturali stradali e portuali, di reti digitali e informative a gestione comune.

I migranti circolanti come risorsa

Tra le legittime aspettative dell’IMC c’è, ovviamente quella di incidere positivamente nelle politiche migratorie, promuovendo e monitorando le iniziative più utili a favore di una crescita strutturale – del tipo il progetto geo-politico Mattei – intese ad incidere direttamente sui tessuti di vita, produzione e consumo delle regioni più povere.

In un siffatto particolare momento, l’iniziativa istituzionale comprende anche l’analisi della contingenza e di rimozione dello stato di disagio di genere che caratterizza e penalizza il quotidiano femminile nell’esigere i diritti fondamentali, spesso segnatamente negati in una parte di quest’area geo-demografica.

Una guida che riconosce al Mezzogiorno un corretto protagonismo

A presiedere l’Assemblea Generale è stato chiamato il numero uno della Regione Calabria, il presidente Roberto Occhiuto, un modo per pretendere dall’estremo sud dell’Italia continentale la svolta di una geografia che metta insieme, l’una di fronte alle altre, Nazioni diverse, di sovente confliggenti in termini culturali, religiosi, di produttività e di ricchezza. In quanto tali, alcune di esse afflitte da gravi gap di uguaglianza sociale e di democrazia praticata. Difficile, quindi, il ruolo di dirigere i lavori e di mediare le decisioni, impossibili da assumere se non a seguito di percorsi formativi e di approfondimento delle politiche attive, da progettare e attuare, compatibilmente con le regole internazionali che dovranno stimolare cambiamenti regolativi interni dei singoli Paesi di appartenenza delle anzidette quaranta regioni.

Insomma, il «conoscere per deliberare» è il primo traguardo da raggiungere ovunque per divenire simili percettori dei diritti, così come a monte sarà difficile effettuare preventivamente il percorso correttamente ricognitivo dei singoli fabbisogni, perché estremamente differenziati.

Lo sviluppo delle politiche di crescita unitaria dovranno, pertanto, passare gradatamente dalla condizione di miraggio a quella di realtà seppure differita.

Una mission istituzionale da spendere in favore della pace

Guardando bene la circoscrizione geografica di competenza della Commissione Intermediterranea, identificativa del perimetro marittimo del Mare Nostrum, si arguisce un possibile interessante intervento “diplomatico”, invero, sino ad oggi trascurato.

Considerata l’estensione della condizione geofisica del Mediterraneo, tale da fare rientrare la competenza di esercizio anche entro le dodici miglia del Mare Nero (con rivieraschi Turchia, Iran e Iraq), l’IMC potrebbe proporsi come strumento di sviluppo esteso alla Crimea (Russia) e al territorio di Odessa (Ucraina), entrambe impegnate sul tema dei trasporti per mare. In quanto tali, destinatari di politiche di crescita di un Mediterraneo unitario, funzionale all’esercizio di politiche di pace reale. (ec-ej)

Vedi il documento finale dell’Assemblea della Commissione Intermediterranea votato lo scorso giugno a Villa San Giovanni

 

CON ZES UNICA, UN MEZZOGIORNO DIVERSO
NON INTERVENTI SPARSI, MA COORDINATI

di ETTORE JORIO – Il Mezzogiorno espunto dalla Costituzione revisionata nel 2001 è rientrato dalla porta principale delle politiche solidaristiche e agevolative del Governo. Lo ha fatto con il DL per il Sud n. 124/2023, divenuto da poco legge dello Stato (legge n. 162 del 13 novembre scorso).

Un Mezzogiorno diverso dal solito

Tuttavia, il Mezzogiorno è stato (ri)concretizzato in una composizione geografica monca di quella parte del Lazio a sud di Frosinone, che godette più che altrove dei benefici erogati dalla allora Cassa del Mezzogiorno.

Insomma, un Mezzogiorno ad otto che comprende Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, sotto l’effigia di Zes Unica.

Una ratio, quella di costituire una Zes unica nazionale, che dà un ampio riconoscimento alle ragioni che imposero ai Padri costituenti di renderlo elemento interiorizzato della Carta costituzionale. Ciò nella logica di volere dare attuazione ai valori della solidarietà e di una rinnovata attenzione a favorire una tangibile unità economica nazionale attraverso il ricorso ad una programmazione di risorse comunemente destinate dall’UE alle regioni in ritardo.

Una regola ripristinata che, da una parte, consentirebbe uno sviluppo comune alle anzidette Regioni costrette così ad esercitare politiche favorevolmente aggressive contro le cause dei ritardi che ne hanno rallentato la crescita e, dall’altra, alleggerirebbe attraverso il conseguimento, nel tempo, dello sviluppo il peso della perequazione gravante sull’imposizione generale a compensazione della attuale povertà di gettito fiscale territoriale.

Una occasione per accelerare, ma non in curva

Una condizione teoricamente ideale che impone, finalmente, investimenti, caratterizzati da una unicità progettuale e una crescita unitaria, difficile da conseguire ma più possibile rispetto a ieri.

Le domande da porsi sono diverse.

Prioritariamente cosa significhi Zes Unica e cosa comporti. Zes Unica per il Mezzogiorno, oltre che recuperare l’errore di averle istituite per dividere di più quanto negativamente differenziato, è funzionale a generare un sistema di governance monolitico, basato su una struttura unica nazionale funzionale a semplificare e razionalizzare gli interventi, attraverso politiche di coordinamento. Ciò senza alterare minimamente l’autonomia delle Regioni e degli enti locali. Questi infatti rimarranno sempre i protagonisti delle opportunità di investimento. Un ruolo difficile a comprendersi se non si tiene nel debito conto di che cosa sia nel concreto lo strumento operativo denominato Piano strategico di sviluppo della Zes che reca, a valle, consistenti benefici fiscali e semplificazioni procedurali per le imprese che decideranno di insediarsi ivi e per quelle già esistenti. Alla luce di siffatte agevolazioni, la Zes Unica si rende garante di politiche coordinate che specializzino i singoli territori regionali, sulla base delle loro peculiarità territoriali e delle infrastrutture liberamente programmate attraverso anche il ricorso alle risorse del Pnrr.

Dubbi comuni

Vengono pertanto a porsi degli interrogativi più specifici ai quali fornire le risposte adeguate. Essi riguardano: le modalità di sviluppo del progetto industriale della ZES Unica; la sua direzione affidata ad una Cabina di regia istituita presso la Presidenza del Consiglio con funzioni di indirizzo, coordinamento, vigilanza e monitoraggio, cui competerà al suo esordio la redazione del regolamento di organizzazione dei lavori; la sua durata; i settori, eventualmente privilegiati, di intervento produttivo e quelli esclusi; l’entità e il percorso, infine, di godimento delle agevolazioni incentivanti e delle semplificazioni amministrative.

Il piano industriale è dimostrativo della visione strategica di somma, nel senso di riassunzione delle linee delle Regioni tradotte in una azione unitaria e coordinata della durata di un triennio, a partire dall’1 gennaio 2024. I settori di intervento strategico sono tutti quelli capaci di sviluppare e rafforzare, in modo organico, la capacità produttiva del Mezzogiorno, rendendolo massimamente attrattivo per  le nuove iniziative, specie di grande portata, determinanti un sensibile incremento del patrimonio produttivo, culturale e naturale. Gli incentivi e le facilitazioni sono segnatamente interessanti, atteso che riguardano importanti crediti di imposta godibili a seguito degli investimenti realizzati e sostegni finanziari ai relativi progetti avviati dalle imprese finalizzati a generare incremento nell’area della ZES Unica.

Tra le semplificazioni amministrative presiede l’autorizzazione unica per l’avvio delle attività produttive e il riconoscimento, a tutto il 2026, dell’anzidetto credito di imposta, previsto nella misura massima consentita dalla Carta degli aiuti a finalità regionale 2022-2027 notificata all’UE (di gran lunga più consistenti di quella scaduta 2014-2020), operante a fronte dell’acquisizione di beni nuovi strumentali alla produzione. Tali benefit erariali saranno differenziati, maggiori per Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, medi per Basilicata, Molise e Sardegna, più bassi per l’Abruzzo

Autonomia nella programmazione e condizioni diseguali tra Regioni ordinarie e a statuto speciale

La costituzione della Zes Unica pone tuttavia la necessità di una considerazione, che è primaria per il suo buon esito. Essa riguarda le attività che ciascuna Regione dovrà svolgere in termini di definizione delle proprie politiche, garanti della rispettiva autonomia e – per quanto riguarda la Sardegna e la Sicilia – della loro specialità statutaria, e dei limiti che imporrà il progetto di sviluppo unitario della Zes Unica alla loro programmazione ordinaria. Un evento che, così come se ne discute di sovente, sembra assumere sempre di più la previsione di un acconto alla costituzione di una macro-Regione del Mezzogiorno. Una osservazione che assume però una maggiore preoccupante importanza per la velocità del suo esordio, prevista per l’inizio del prossimo anno, e la brevità del godimento relativo, peraltro in netta coincidenza con gli interventi del Pnrr, dei quali invero si sa poco o nulla. Al riguardo, un problema sarà quello di affrontare il tema delle gare già in via di perfezionamento da parte delle vecchie Zes regionali o comunque di loro interessamento (si veda NT+Enti Locali&Edilizia del 16 novembre scorso).

Un altro tema da affrontare, e presto, sarà quello di riconsiderare la previsione applicativa della Zes Unica con quella attuativa del regionalismo differenziato, che potrebbe offrire l’occasione alle anzidette Regioni ordinarie di ragionare su una rivendicazione comune delle materie soggette a differenziazione in modo da raggiungere una sorta di omogeneità legislativa con quelle a statuto speciale. Una necessità, questa, per dare più legittimazione al Ponte sullo Stretto da parte della Regione Calabria.

Quanto alle previsioni occupazionali ad hoc risultano interessanti: circa 2.500 unità, di cui 71 al Dipartimento per le politiche di coesione di Palazzo Chigi e 266 a tempo determinato, a fronte delle quali insorge qualche sospetto sulla idoneità delle procedure assunzionali. (ej)

(Ettore Jonio è avvocato, professore all’Unical, editorialista de Il Sole 24 Ore)
[Courtesy Il Sole 24 ore – Norme e Tributi]

L’OPINIONE / Vincenzo Castellano: Il ruolo della Zes unica, infrastrutture e alta velocità

di VINCENZO CASTELLANOLa recente pubblicazione della legge di conversione del decreto Sud in Gazzetta Ufficiale segna un’epoca di grandi aspettative e speranze per il Mezzogiorno. Con l’istituzione di una zona economica speciale (Zes) unica, prevista a partire dal 1° gennaio 2024, si apre un nuovo capitolo nello sviluppo economico di quest’area storica del Paese. Questa legge, numero 162 del 13 novembre 2023, rappresenta un passaggio chiave per rilanciare le regioni del Mezzogiorno, offrendo una struttura più unificata e semplificata per le attività economiche e imprenditoriali.

La nuova legge si concentra sulle misure di semplificazione amministrativa, cruciali per attrarre investimenti e stimolare l’attività economica. L’autorizzazione unica per l’avvio di attività economiche, industriali, produttive e logistiche è un cambiamento significativo, destinato a ridurre la burocrazia e a rendere il Mezzogiorno una meta più allettante per gli imprenditori.

Il credito d’imposta previsto dalla legge per le imprese che investono nella Zes unica è un altro pilastro fondamentale. Coprendo regioni come Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna, Molise e le zone assistite dell’Abruzzo, questa iniziativa incentiva gli investimenti in beni strumentali nuovi, cruciale per la crescita e l’innovazione.

Il Piano strategico triennale per la Zes Unica, in allineamento con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), definirà i settori prioritari e le linee d’azione per lo sviluppo della zona. Questo aspetto assicura che gli sforzi siano coerenti con gli obiettivi nazionali più ampi, garantendo un impatto duraturo.

L’istituzione della Zes unica è solo una parte di un disegno più ampio che comprende anche il potenziamento delle infrastrutture, come la realizzazione dell’alta velocità ferroviaria e del ponte sullo stretto di Messina. Questi progetti infrastrutturali sono essenziali per migliorare la connettività del Mezzogiorno con il resto dell’Italia e dell’Europa, facilitando gli scambi commerciali e attirando ulteriori investimenti.

L’alta velocità e il ponte sullo stretto non sono solo simboli di modernizzazione, ma strumenti attivi per ridurre il divario economico e sociale tra il nord e il sud del paese. La loro realizzazione potrebbe trasformare significativamente il panorama economico del Mezzogiorno, rendendolo più accessibile e integrato nel contesto nazionale e internazionale.

In questo scenario, la Zes unica funge da catalizzatore per gli investimenti e per la semplificazione del tessuto imprenditoriale. L’obiettivo è creare un ambiente in cui le imprese possano prosperare, sostenute da politiche fiscali favorevoli e da un quadro normativo semplificato.

Diciamolo con convinzione: il Mezzogiorno si trova di fronte a un’opportunità storica di riscatto economico e sociale. La combinazione di infrastrutture avanzate, politiche di incentivazione come il credito d’imposta e la semplificazione amministrativa offerta dalla Zes unica, può effettivamente essere la chiave per sbloccare il potenziale a lungo latente di questo straordinario territorio. È un percorso che richiede impegno, visione e coordinamento, ma le premesse per una rinascita economica del Sud Italia sono più solide che mai(vc)

[Vincenzo Castellano è dottore commercialista e Founder di Sud Zes Consulting]

ZES UNICA, VEDI IL MODELLO CALABRIA
TRA PERPLESSITÀ E UN PO’ DI OTTIMISMO

di ANTONIETTA MARIA STRATI – «Per la Calabria possiamo fare un bilancio che è estremamente positivo»: è quanto ha dichiarato Giosy Romano, commissario straordinario della Zes Calabria e Campania, nel corso della presentazione dello studio sulle esperienze italiane, nel più ampio contesto delle Zes in Europa, di The European House – Ambrosetti.

Calabria e Campania, infatti, si sono piazzate al primo posto tra le otto Zes italiane per la distribuzione degli investimenti del Pnrr. Dati importanti, che confermano l’importanza, il ruolo e l’impatto delle Zes sull’economia italiana. Se tutte le Zes del Sud Italia performassero come quella campana, «complessivamente sarebbero in grado di attivare – in via diretta, indiretta e indotta – circa 83 miliardi di Euro, pari al 23% del Valore Aggiunto complessivo del Sud Italia».

«Bisogna tener conto, in questa valutazione del Bilancio – ha aggiunto Romano – di qual era lo stadio di partenza e qual è lo stadio di arrivo perché considero quello che oggi andiamo a certificare una sorta di arrivo rispetto ad un percorso che era stato intrapreso. Con una missione strategica dello sviluppo della regione che muove dalla presa d’atto e dalla coscienza di quello che era lo stato dell’arte quindi un impianto industriale per certi versi un po’ abbandonato a sé stesso».

Assieme a Romano, alla tavola rotonda La Zona Economica Speciale (ZES). Campania e Calabria, risultati raggiunti e sfide aperte hanno partecipato anche il Coordinatore della Segreteria Tecnica, CAIE – Comitato Attrazione Investimenti Esteri, Ministero delle Imprese e del Made in Italy, Amedeo Teti, del Presidente aggiunto della Corte dei Conti, Tommaso Miele, dell’Head of Corporate Italy di Unicredit, Luisella Altare, dell’Executive Director Sales & Marketing Imprese di Intesa Sanpaolo, Anna Roscio, del Presidente del Consiglio delle Rappresentanze Regionali e per le Politiche di Coesione Territoriale e Vice Presidente di Confindustria Vito Grassi, del Componente di Giunta di Presidenza con delega sulle ZES di Confapi, Raffaele Marrone, della Responsabile Affari Istituzionali, Baker Hughes, Barbara del Sala e del CEO & Founder Tea Tek, Felice Granisso.

La Tavola Rotonda ha consentito di stimolare un confronto di rilievo nazionale sull’efficacia della Zes come strumento di attrattività per gli investimenti in tutto il Sud Italia, e di favorire una consapevolezza sugli indirizzi di policy che è opportuno prevedere per il futuro, soprattutto in vista della nascita – dal 1° gennaio 2024 – della Zes Unica per il Mezzogiorno, che ingloberà Abruzzo, Basilicata, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna.

In Calabria, l’attenzione e le azioni del Commissario Zes sono state indirizzate, invece, alla rapida implementazione delle opere infrastrutturali e alla messa in sicurezza delle aree industriali, con l’impiego di fondi e investimenti per 19,9 milioni di euro. In particolare, è stato perseguito l’obiettivo di rafforzare le condizioni di legalità mediante il programma operativo “Legalità” FESR/SE 2014/2020, con interventi di miglioramento del sistema di trasporto delle merci, l’attivazione di sistemi di videosorveglianza e controllo accessi, l’implementazione di sistemi di monitoraggio dei siti industriali, infrastrutture per monitoraggio dei dati e un centro di controllo e sala crisi. 

La Zes Campania, invece, dal suo avvio è riuscita ad attrarre investimenti per circa 900 milioni tramite l’autorizzazione Unica e 1,1 miliardi con lo strumenti del credito di imposta. Somme di cui hanno beneficiato in particolare i settori dei servizi di logistica e della farmaceutica e ha generato una ricaduta positiva sull’occupazione locale stimata di oltre 8.000 persone. Ancora più rilevanti, gli effetti positivi generati dalle attività delle filiere in totale (sommando effetto diretto, indiretto e indotto). Secondo le stime di The European House – Ambrosetti, gli investimenti attratti dalla Zes Campania attiveranno 23 miliardi di euro in termini di Valore Aggiunto e oltre 20.000 posti di lavoro.

I dati di Campania e Calabria, per Cetti Lauteta, head of scenario Sud di The European House – Ambrosetti, non lasciano dubbi: la Zes è uno strumento di attrazione degli investimenti.

«Su questo, l’esperienza della Campania non lascia dubbi: nonostante le numerose complessità che caratterizzano il Sud e il poco tempo di effettiva operatività, lo strumento della Zes dimostra la sua validità per sostenere la crescita economica di questa parte importante di Paese, che merita strumenti e risposte dedicate», ha detto Lauteta, sottolineando come «il passaggio alla Zes Unica dovrà essere affrontato garantendo che non ci siano discontinuità nei trend positivi che stiamo registrando, con un perfetto coordinamento tra centro e periferie».

Per il commissario Romano, i dati sono «straordinariamente significativi e fonte di grande soddisfazione: 2 miliardi di euro e 73 autorizzazioni uniche in poco più di un anno in Campania, con una previsione di circa 20 mila nuovi posti di lavoro, sono numeri da record. Se si aggiunge la Calabria, le autorizzazioni uniche salgono a 84. Scegliere di fungere direttamente, nel rispetto della previsione normativa, da stazione appaltante ha consentito di aggiudicare tutte le gare affidateci quale soggetto attuatore».

Tornando all’esperienza in Calabria, Romano ha ricordato come «in ragione delle lunghe vicissitudini degli enti preposti al governo del territorio per le aree produttive.  E così siamo riusciti a determinare in un arco temporale assolutamente risicato, che è di circa un anno dal mio insediamento, gli strumenti operativi per poter addivenire ai risultati e, quindi muovo dalle infrastrutture e siamo partiti in questa visione strategica di politica industriale nel realizzare dapprima le infrastrutture immateriali. Penso allo sportello del commissario di governo che ha, comunque, permesso di sviluppare e di sveltire una serie di autorizzazioni che erano in qualche modo incancrenati in cui si è trattato, in prima battuta, di tenere conto degli investimenti che volevano essere realizzati ma che non trovavano lo strumento per realizzarsi. E penso ai casi di Callipo e Baker Hughes che cito come emblematici nello sviluppo del territorio, ma si è pensato anche a realizzare le infrastrutture materiali che potessero recepire gli ulteriori insediamenti produttivi così da rimettere in pista il tessuto produttivo della regione almeno in termini uguali a quello delle altre regioni».

«Perciò abbiamo con forza – ha rimarcato – con caparbia ricercato un finanziamento comunitario che permettesse la realizzazione di infrastrutture nelle aree industriali a muovere da quella della realizzazione delle opere di vigilanza sulle aree industriali stesse anche sotto il profilo ambientale e abbiamo bandito la procedura di evidenza pubblica che troverà a giorni la sua attuazione con questa realizzazione di un impianto di videosorveglianza che cuba circa venti milioni di euro e che permetterà a quelle aree della Calabria di riuscire a recepire ulteriori insediamenti con una peculiarità che sono poste le basi per riuscire a sveltire i processi anche in un’epoca successiva».

«Faccio un esempio banale che è quella che nei primi giorni dall’introduzione dello strumento dello sportello digitale coloro che davano credito a questo strumento erano davvero pochi, si contavano sul palmo di una mano. Ad oggi è continuo l’accedere allo sportello da parte delle imprese – ha spiegato – e abbiamo in corso almeno una trentina di conferenze di servizi che genereranno altrettante nuove autorizzazioni. Insomma si è finalmente compreso quanto lo strumento potesse riuscire a rendere sotto il profilo operativo».

Per quanto riguarda la Zes Unica, The European House – Ambrosetti ha elaborato tre direzioni su cui ci si dovrà concentrare. 

Prima di tutto, «la nuova direzione di governance della ZES Unica dovrà mantenere un approccio radicato al territorio, fungendo da cabina di regia per identificare una strategia di sviluppo armonica in tutto il Sud. A questo fine, si suggerisce di mantenere attive le strutture operative regionali, che avranno il compito di relazionarsi con investitori, erogare le autorizzazioni uniche e laddove possibile – garantire l’attuazione degli investimenti del Pnrr, delegando l’azione strategica alla nuova struttura di missione Zes presso la Presidenza del Consiglio dei ministri».

«Le diverse revisioni ai meccanismi di incentivazione fiscale – viene rilevato – generano un elevato livello di incertezza che scoraggia gli investimenti. Per questo motivo, ad oggi una linea di intervento dovrebbe riguardare l’allineamento degli incentivi fiscali al valore massimo ammissibile dalla normativa sugli Aiuti di Stato europea».

«Ad oggi – ha rilevato The European House – Ambrosetti – la nuova Zes unica ha una connotazione «generalista», in quanto ricadente su tutto il territorio meridionale e senza alcun indirizzamento sulle specializzazioni produttive (spesso complementari) che connotano le singole Regioni. Questo – unitamente alle oggettive difficoltà a mappare le aree effettivamente disponibili per gli investimenti – può ridurre l’incisività delle Istituzioni nazionali e regionali nelle attività di promozione. Si popone, dunque, di destinare alcune aree delle regioni meridionali allo sviluppo di filiere a maggior potenziale industriale/manufatturiero, promuovendo la creazione di cluster e l’insediamento di aziende riconducibili ad alcuni settori e ambiti ad altro potenziale di crescita».

Infine, Ambrosetti propone di realizzare, in seno alla Cabina di Regia centrale, «un team dedicato all’attività di monitoraggio volta a: analizzare le tempistiche di rilascio delle Autorizzazioni Uniche e identificare eventuali colli di bottiglia; mappare progettualità e investimenti di rilievo nella ZES Unica; stimare gli impatti generati dai nuovi investimenti, al fine di indentificare quelli a maggior contributo prospettico e indirizzare la programmazione di attrazione degli investimenti di medio e lungo periodo».

Una proposta nata in quanto, ad oggi, «gli investimenti autorizzati, con le relative specifiche, dalle Zes italiane non sono sistematizzati all’interno di un unico database, a causa dell’assenza di un’attività di monitoraggio centralizzato. Questo rende difficile, anche in ottica di creazione della Zes Unica, la condivisione di best practice e l’accountability nella gestione della richiesta degli investimenti e di rilascio delle autorizzazioni». (ams)

 

I DUBBI DI OCCHIUTO

Il Presidente della Regione ha evidenziato come «estendere la Zes a tutto il Mezzogiorno è un’opportunità» ma «sono preoccupato un po’ per la governance».

Occhiuto, dicendosi soddisfatto «del lavoro svolto dalle Zes Calabria», ha ricordato come «abbiamo dato autorizzazioni in pochissimo tempo ma le ma le Zes restano comunque uno strumento, poi ci vogliono sempre le persone giuste per far funzionare gli strumenti».

Da qui la perplessità sulla governance della Zes unica, in cui Occhiuto auspica che «il governo trovi un meccanismo di equilibrio di queste aree che consenta di ottenere la stessa efficacia dei risultati finora ottenuti. L’attrazione degli investimenti è utile a generare un tessuto di opportunità che consente alle regioni del Sud di crescere».

Alla domanda sul futuro e le sfide aperte Occhiuto ha aggiunto: «io sono un sognatore. Credo che le regioni del Sud, a ridosso del Mediterraneo, possano vivere oggi quello che le regioni del nord vicine al polo manifatturiero europeo hanno vissuto in passato, quando consolidarono il loro sviluppo».

«Il Mediterraneo in questo periodo – ha sostenuto il presidente della Regione Calabria – vive un momento di grande complessità per il conflitto recente ma i Paesi che si affacciano sulla sponda sud del bacino dovranno essere stabilizzati, e sicuramente cresceranno con un tasso superiore a quello europeo. Rispetto a questo quadro Calabria e Sicilia, tutto il Sud, possono essere un hub per garantire l’attrazione di maggiori investimenti». (rrm)