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Il Vangelo secondo Antonio

COSENZA – Al Rendano Il Vangelo secondo Antonio

Oggi pomeriggio alle 18.30 al Teatro Rendano di Cosenza va in scena Il Vangelo secondo Antonio, un dramma scritto e diretto da Dario De Luca, già “Primo premio per la migliore regia – 2017” al Premio per il Teatro e la Drammaturgia Tragos – alla memoria di Ernesto Calindri (XIII edizione).

La motivazione del Premio dovrebbe indurre lo spettatore a non perdere questo spettacolo che vede in scena Matilde Piana, Dario De Luca e Davide Fasano: «per il tema trattato, inerente all’impotenza e alla sofferenza di chi vive accanto a malati di Alzheimer, trattato con delicatezza e intensità, con commozione e malinconia, che lasciano nello stesso tempo un ben dosato spazio anche a situazioni comiche e ironiche che ci sorprendono con un sorriso. Per la toccante interpretazione degli attori in una scena che ricrea la casa/chiesa di Don Antonio dove il naturalismo, scena – costumi – interpretazione, viene interrotto da brevi momenti simbolici, la perdita della propria personalità, in cui si svela “uno spazio oltre”, descritto dal minimalismo di luci led».

Il dramma ha vinto anche il Premio Fersen alla Drammaturgia 2017: «Una piacevole pièce che tratta, senza indulgere in pietismi, una malattia distruttiva e inguaribile come l’Alzhaimer. È don Antonio, un prete molto amato dalla comunità che ne è stato colpito. Il racconto procede fra momenti tristi e momenti di genuina comicità, così come procede la malattia del sacerdote».

Una scena de Il Vangelo secondo Antonio

Lo spettacolo, fuori abbonamento, rientra nella rassegna “L’Altro Teatro”. Con musiche originali di Gianfranco De Franco, scena e disegno luci Dario De Luca, audio e luci di Vincenzo Parisi,assistente alla messinscena Maria Irene Fulco, costumi e assistenza all’allestimento Rita Zangari. La scultura del Cristo è di Sergio Gambino. L’organizzazione generale è di Settimio Pisano, la promozione è affidata a Rosy Chiaravalle.

La storia

Don Antonio, un parroco di una piccola comunità, vicario generale del vescovo, si ammala di Alzheimer. Al suo fianco la sorella, devota perpetua dal carattere rude e un giovane e candido diacono. La malattia colpirà la mente brillante di questo sacerdote e nulla sarà più come prima: i congiunti si muoveranno a tentoni in un terreno per loro sconosciuto, con rabbia, insofferenza e shock. Don Antonio, entrato nella nebbia, inizierà a perdere tutti i riferimenti della sua vita ma allaccerà un rapporto nuovo e singolare con Cristo che porterà avanti anche quando, alla fine, si sarà dimenticato della malattia stessa.
Dimenticare di dimenticarsi può essere comunque un punto di arrivo, un ultimo approdo verso la propria interiorità. Perché il racconto della malattia, condito dell’involontaria comicità che si porta dietro, è anche il pretesto per riflettere sulla fede e sul senso religioso che ognuno di noi, volente o nolente, ha dentro di sé.
In Italia il tabù della demenza è ancora un macigno, un qualcosa che si nasconde dietro giri di parole. A più di 100 anni dalla scoperta del morbo si fa fatica ad abituarsi all’idea che tanto non c’è cura, che tanto non ci sono vere e proprie terapie. In Italia i malati sono più di un milione. A loro e alle loro famiglie questo spettacolo è dedicato. (rs)