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Giuseppe Falcomatà

Editoriale / Eduardo Lamberti Castronuovo:
Reggio come l’antica Troia, tra meriti e colpe

di EDUARDO LAMBERTI CASTRONUOVO – Noi siamo figli dell’antica Grecia. Ce ne vantiamo spesso. Non possiamo non conoscere la storia dell’antica Troia e della preda che fu delle milizie elleniche. Timeo danaos et dona ferèntes (temo i greci ed i doni che portano) sono state le parole di Laocoonte ai Troiani, per convincerli a non introdurre il famoso cavallo di Troia all’interno delle mura della città. Corsi e ricorsi storici, ma con qualche differenza fondamentale, che fa riflettere, e qualche analogia che ci accomuna, ancor di più, alle vestigia antiche. I Troiani ebbero la grande intuizione di comprendere quello che avrebbe potuto rappresentare un dono ma, nonostante gli avvertimenti del veggente, introdussero il cavallo di legno favorendo il piano di Ulisse, e tutti sappiamo come è andata a finire. Reggio, e il Sud in particolare, hanno subìto anch’essi il tranello simil greco, nonostante se ne siano accorti per tempo ed abbiano, coi loro vertici, cercato di arginare l’invasione dei greci, rappresentati questa volta da ignari portatori del virus che sta sconvolgendo il mondo, rei di essere figli di uno stato disorganizzato retto da chi emana un decreto di blocco delle uscite dalla zona infestata, ma lo rende esecutivo tre giorni dopo! Follia. Ma pure un bambino avrebbe evitato questo errore, voluto o meno, non lo sapremo mai. Colpevole comunque. O di stupidità o di predeterminazione. Non poteva non sapere, il primo ministro, quali sarebbero stati gli effetti destruenti di una decisione così assurda ed irrazionale. I giuristi lo chiamano dolo eventuale e lo puniscono. Chi ha pagato e pagherà.? Le famiglie, le persone che sono state bloccate all’uscita e non all’entrata della Calabria, sullo stretto, costretti a rimanere tre giorni a bivaccare in condizioni di disagio e di pericolo. Per tutti. Per loro e per tutti noi.

Quel che non mi è piaciuto è lo scarica barile delle amministrazioni locali e la battaglia a prendersi meriti e ad assegnare colpe. Come al solito.

Cerco di essere sopra le parti, se ci riesco, anche se la rabbia è tanta.

La presidente Santelli ha decretato, subito, il divieto di entrata ed uscita dalla Calabria, di cittadini non autorizzati e controllati. Cosa altro avrebbe dovuto fare di più? Forse è colpevole di non essere scesa sulla strada a bloccare materialmente gli accessi? Siamo seri, non è questo il compito suo. Il sindaco di Messina, lo ha fatto, in maniera plateale, per una forma operettistica di tutela e ne pagherà le conseguenze perché si è arrogato un diritto che non ha. Infatti, è stato denunciato addirittura dal Ministro dell’Interno per vilipendio, Il sindaco di Reggio è rimasto davvero al vento ed alla pioggia a Villa San Giovanni, ma mentre anche lui faceva qualcosa che non era di sua competenza, neppure territoriale, la protezione civile ricoverava presso un albergo reggino, chiuso per decreto, 30 poveri cristi siciliani e allo stesso tempo gridava come Laooconte, che nessuno sarebbe entrato in città! C’è di che sbattere la testa al muro. Non tutti fanno ciò che devono e si affannano ad apparire a tutti i costi. Non va bene così. Il popolo non è stupido. Il problema è stato risolto ai vertici istituzionali, tra la Santelli e la Lamorgese, ministro dell’interno, perché erano le uniche persone titolate a farlo. Non per fatto politico ma per ruolo. Per l’ordinamento italiano e la Legge, nessuno può farsi giustizia da sé. Nel calcio anche il portiere può segnare, ma non è la regola!

Qui bisogna fare, fare, fare. Bisogna gridare al Governo italiano che deve equipaggiare la Calabria tutta, di strutture sanitarie, ricondizionando quelle fatiscenti che ci sono già, inviando respiratori e presidi. Insomma deve metterci in condizioni di costruire un argine forte al pericolo che l’infezione dilaghi. Trincee contro invasioni pericolose quanto prevedibili e trincee contro tutte quelle forme autocelebrative, che fanno commettere a chi ci rappresenta, errori destruenti che, per la voglia frenetica di apparire ora come Achille, ora come Enea o Patroclo, finiscono col danneggiare loro stessi ed il popolo che li ha votati, non certo per fare cose che loro non competono.

Non è facendo i Consiglieri del principe che si aiuta chi amministra. Talvolta un consiglio che non sia da yes men, vale di più. Se si capisce. (elc)