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Lo strano caso del Rêverie

Lo strano caso del Rêverie
di Marcostefano Gallo

di FRANCESCA OREFICE – Rodari raccontava che parlare ai bambini è un ‘”un modo di entrare nella realtà dalla porta, dal tetto, dal camino, dalla finestra”.

Marcostefano Gallo, giovane scrittore cosentino, già autore, tra i tanti libri, della “fragilità dei palindromi”, dopo aver scritto ai grandi decide di rivolgersi alle bambine e ai bambini, per raccontare  una storia – una tra quelle che quando noi adulte ed adulti eravamo piccoli ci faceva pensare che intorno ai fatti della vita, la vita reale, ci fosse un senso da cercare, inseguire, inventare, immaginare, una morale che avrebbe sancito valori e virtù che avremmo ricordato, assiduamente, poiché immanenti ed inderogabili alla nostra stessa esistenza ed essenza umana. Cose delle persone, insomma.

Il principale zoo di Parigi, il Rêverie, soffre un periodo di difficoltà economiche tanto che il direttore – un uomo losco e di misere potenzialità morali – si rivolge ad un contrabbandiere per promuovere la vendita dei cuccioli presenti in sovrannumero nello zoo. Peccato che Anselmo, il barbagianni, abbia ascoltato il piano e deciso di avvisare gli animali che immediatamente provvedono ad organizzarsi  per contrastare il programma scelerato appena appreso.

Il racconto di Marcostefano Gallo, che evidentemente si indirizza anche agli adulti, ha una importante pregio ed intento linguistico e comunicativo: recuperare tipologie e spazi di linguaggio per rivolgere ai lettori spunti di riflessione talvolta anche di spiccata profondità.

Chiaramente consapevole del ruolo delle parole per la rappresentazione ma soprattutto formazione del pensiero e dei sistemi valoriali umani, l’autore del libro sperimenta e mette insieme diverse possibilità comunicative.

Le parole, gettate nella mente a caso, provocano una serie infinita di reazioni a catena, coinvolgendo, nella loro caduta, suoni e immagini, analogie e ricordi, significati e sogni, in un movimento che interessa la fantasia e non meno l’inconscio: sono come sassi (tutti ricordiamo la descrizione offerta da Rodari nella grammatica della fantasia della parola “sasso”), con ogni significato “positivo” e “negativo” che possono contenere.

Ed è di questo che si (in)carica, per un verso anche inconsapevolmente, il racconto di Gallo: esperimenti simbolici e metaforici che riabilitano ad un tempo disincantato come quello che viviamo, aggravato dalla crisi dei sentimenti conseguente all’epidemia, messaggi che, probabilmente, senza la conduzione dell’allegoria, apparirebbero retorici e scontati. Sicuramente noiosi.

Sono proprio gli animali, con una tensione simbolica che ricorda le fiabe della tradizione, i protagonisti del recupero del linguaggio che si farà portatore, per l’intero racconto, di istanze tutte umane: richieste sociali, sollecitate ed acclamate dall’intellettuale del gruppo, integrazione tra le diversità, petizioni ecologiche, amicizia, lealtà, condivisione e compassione.

È un cucciolo di foca, un animale piccolo e dalle sembianze fragili e per nulla potenti, il prescelto a compiere la profezia che soltanto potrà salvare le sorti degli animali: l’evocazione dell’Arca dell’Alleanza.

Il viaggio per la salvezza prevede, tuttavia, il ricomponimento di un oggetto, per svolgere il quale i pezzi del mondo materiale si ricongiungono attraverso l’opera delle parole (magiche, nel senso che diremo) del racconto.

Il passaggio linguistico di più originale rilievo appare, infatti, il recupero e l’utilizzo delle filastrocche, efficacemente integrate con il resto della narrazione.

Appare quasi inutile ricordare come, antropologicamente, le filastrocche abbiano condotto nel tempo una missione educativa e psico-biologica (si pensi a quelle enumerative che aiutano il bambino ad accrescere ed organizzare il proprio orizzonte personale), tecno-logica, religiosa, alimentare, destinate, pertanto, a declinarsi in una serie di situazioni che riguardavano la vita dei piccoli, ma anche un modo per esercitare la lingua di appartenenza e tramandare la conoscenza, o anche finalizzate ad esercitare una forza maieutica rispetto alla consapevolezza personale.

A ricordare bene, anche le formule magiche sono state sempre strutturate sotto forma di filastrocca, funzionali all’idea della parola come forza generatrice del cambiamento del mondo (le magie altro non sono che un intervento modificativo sulla realtà delle cose).

Ecco che il puzzle della risoluzione del problema dei protagonisti della storia, metaforicamente affidato alla ricostruzione di un oggetto frammentato, la pietra della verità, si realizza attraverso la convergenza e l’apporto che ciascun protagonista può concedere all’Arca dell’alleanza, una sorta di riunione dei saperi, esperienze e linguaggi che traggono qualità dalla “diversità”; ri- costruzione che si ricomporrà attraverso l’intervento magico e salvifico della parole, coniugate in versi ritmici e baciate in rime divertenti, affidate, come legenda o mappa del tesoro, al linguaggio magico delle filastrocche.

Un linguaggio che resta lineare per tutto il testo anche per l’assenza di riferimenti tecnologici, oltre che di immagini, permettendo così alle piccole lettrici e lettori di immaginare il racconto secondo la propria sensibilità, senza il filtro adulto della collocazione temporale e della identità definita dei protagonisti.

Il grande pedagogista ed insegnante Loris Malaguzzi affermava che i bambini possiedono cento linguaggi, e che, tuttavia, noi adulti gliene abbiamo rubati 99.

Ecco che questo libro, che recupera tanti tipi di linguaggi dedicati (e delicati) all’infanzia, è un’ottima occasione di lettura dei grandi insieme alle bambine e ai bambini; non male anche l’esperienza in adulta solitudine, magari per recuperare qualche accesso alla realtà del mondo perso nel corso degli anni. (fo)

LO STRANO CASO DEL RÊVERIE
di Marcostefano Gallo
Scatole Parlanti Edizioni – ISBN 9788832812718