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L'OPINIONE / Pietro Massimo Busetta: Il discorso pieno di buone intenzioni e di dubbi della presidente Meloni

L’OPINIONE / Pietro Massimo Busetta: Il discorso pieno di buone intenzioni e di dubbi della presidente Meloni

di PIETRO MASSIMO BUSETTAUnderdog: una perdente poteva essere la nostra Presidente del Consiglio, ma é riuscita a cambiare il suo destino. Possiamo dire che anche il Mezzogiorno è un underdog, per definizione, ma come il Presidente ha la voglia e l’orgoglio di essere  vincente, non solo per se stesso ma per tutto il Paese. 

Settanta minuti di intervento alla Camera per un progetto di Paese, quello di Giorgia Meloni, che guarda alle nuove generazioni, in un riequilibrio tra giovani  ed adulti. Il pensiero dominante, come afferma durante il suo intervento, è quello di stravolgere i pronostici ed in questo la Presidente é accomunata al destino che sembra avere questo Sud, in genere trascurato. 

Certo il limite che ogni Presidente del Consiglio ha sempre avuto rimane. Cioè quello di considerare il Paese come fosse uno. In realtà i Paesi sono due ed una ricetta unica per entrambi non funziona. Come sempre é stato, se guardiamo alla locomotiva 1 trascureremo quella che dovrebbe essere la locomotiva 2, che per partire ha bisogno di cose diverse rispetto alla prima. 

Ritorna il leitmotiv del Mezzogiorno batteria del Paese, “paradiso delle rinnovabili”  lo ha definito, sottovalutando il fatto che il servizio che la realtà meridionale dovrebbe rendere  sarebbe opportuno avesse un contraltare in investimenti produttivi, ad alta intensità di manodopera nel manifatturiero. In realtà, in linea con quello che è accaduto spesso nelle dichiarazioni dei Governi precedenti, in questo discorso iniziale di Meloni per la fiducia alla Camera, il Mezzogiorno è molto presente:

«Sono convinta che questa svolta sia anche l’occasione migliore per tornare a porre al centro dell’agenda Italia la questione meridionale. Il Sud non più visto come un problema ma come un’occasione di sviluppo per tutta la Nazione. Lavoreremo sodo per colmare un divario infrastrutturale inaccettabile, eliminare le disparità, creare occupazione, garantire la sicurezza sociale e migliorare la qualità della vita. Dobbiamo riuscire a porre fine a quella beffa per cui il Sud esporta manodopera, intelligenze e capitali». 

Cosa si poteva chiedere di più? Con la valorizzazione della sua posizione geografica, come piattaforma logistica per attrarre merci dai traffici internazionali che passano da Suez, e con l’esigenza  simmetrica di essere adeguatamente infrastrutturato per consentire che Augusta, Gioia Tauro e tutti i porti del Sud abbiano e completino la loro vocazione commerciale. Non cita il ponte sullo stretto di Messina. Evidentemente permangono ancora alcune timidezze malgrado il ponte é all’interno del programma di Governo 

 Timidezza che invece non ha avuto quando ha  parlato  delle autonomie differenziate, per le quali c’è stato un impegno a portarle avanti, non avendo forse completamente chiaro che tale attuazione non può che portare alla spaccatura del Paese, anche se parlando“ di un processo virtuoso in un quadro di coesione nazionale“, si trova in una contraddizione in termini. 

Come i due concetti di autonomia, quello di Meloni e di Zaia, possano essere compatibili è un mistero che presto saremo in condizioni di svelare, considerato che la Lega preme sull’acceleratore,  senza alcun possibilità di frenata e certamente non pensa ad un quadro di coesione nazionale. Anzi l’obiettivo è proprio quello di passare da i diritti individuali uguali per tutti a territori che trattengano la maggior parte delle risorse che producono.

Il riferimento poi  a “Sua Santità Papa Francesco“, che sostiene che la vera dignità si acquisisce non essendo assistiti dallo Stato ma con un lavoro, necessità di una chiosa sul fatto che  queste possibilità nel nostro Sud non esistono, e che il problema non è l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, considerato che non esiste offerta mentre la domanda riguarda circa 3 milioni di cittadini, che dovrebbero avere un’occupazione per raggiungere quel rapporto esistente nelle realtà a sviluppo compiuto di uno a due, tra occupati e popolazione.

Se poi avere un lavoro significa obbligare la gente a spostarsi verso le realtà dove ancora vi è un’offerta consistente e allora non si capisce come tutto è compatibile con le affermazioni circa l’esigenza che i cervelli e le professionalità rimangano nelle realtà meridionali. 

Purtroppo la sensazione netta è che questa insistenza di quasi tutte le forze politiche sull’esigenza dell’abolizione del reddito di cittadinanza  sia in realtà una pressione per far si che riprenda in modo consistente il flusso migratorio verso Nord. Infatti recentemente si è interrotto perché evidentemente, per salari ridotti  e periodi contenuti,  come quelli estivi, molti lavoratori avendo la possibilità  di un reddito di sopravvivenza non accettano di essere sradicati e di tagliare i legami familiari.

Ma se si parla di “scommettere sull’Italia perché sia occasione di investimento ma anche di buoni affari”  bisogna considerare che le politiche devono essere differenziate per le due parti. E che se il cuneo fiscale deve essere diminuito in tutto il Paese, come è giusto, deve rimanere una differenza rispetto al cuneo fiscale esistente nelle zone economiche speciali, altrimenti la localizzazione di imprese avverrà sempre nell’area settentrionale, come recentemente è  avvenuto con la Intel. Insomma un discorso con tante buone intenzioni ma anche tanti dubbi. Ma non é poco.