Gabriele Muccino è un Re Mida che trasforma in oro tutto quello che tocca. Anche quando fa flop. In appena due giorni, il tormentato corto “Calabria, Terra Mia”, scritto e diretto dal regista più pagato al mondo (Fonte People With Money), ha superato di slancio il mezzo milione di visualizzazioni. Potenza del nome e potenza delle virulenti polemiche che hanno salutato l’uscita – si badi bene senza alcun lancio promozionale o spinta sui social – degli otto minuti più contestati della storia del cinema. Numeri destinati a salire ancora di più nei prossimi giorni.
Il conteggio delle visualizzazioni è, d’altronde, approssimativo e non sempre è facile stimarle con esattezza. Solo sulla pagina facebook dell’assessore Gianluca Gallo, uno dei primi, se non il primo a pubblicare il “corto”, ne sono state totalizzate più di 260.000 alle ore 8 di sabato ottobre.
Molto significative le visualizzazioni sulla nostra testata, Calabria.Live, oltre 50.000 alla stessa ora e si consideri il nostro speciale target fatto di calabresi sparsi in tutto il mondo.
Altissimo il numero delle visualizzazioni, ad esempio, su Catanzaro Informa, oltre 75.000. Sempre superiori alle 10.000 le visualizzazioni su molti siti calabresi e italiani.
A questi numeri bisognerebbe aggiungere le visualizzazioni sui siti nazionali di Corriere della sera, Repubblica e altre testate che hanno pubblicato però solo uno spezzone di circa 1 minuto.
È assai probabile che già all’inizio della prossima settimana il mini film con Raoul Bova e Rocìo Munoz Morales possa toccare il traguardo del milione di visualizzazioni, pur in assenza di una qualsiasi strategia di comunicazione.
Questo senza entrare più di tanto nel merito delle polemiche che hanno accompagnato la presentazione del “corto” e, ancor di più, sui compensi, da molti ritenuti esagerati, mentre gli esperti del settore li giudicano in linea con il “tariffario” del superpagato regista italiano.
Si scontrano due scuole di pensiero. Quella prevalente, composta in massima parte dai calabresi residenti, giudica molto negativamente il prodotto per le lacune, gli errori, le dimenticanze e il taglio. Gli ammiratori di Muccino, sparsi qua e là nella Penisola e nel mondo, gli perdonano tutto perché si concentrano sulla storia raccontata più che sui paesaggi mancanti. Una piccola ragione il Re Mida dei registi ce l’ha quando dice che questo non è un documentario che “doveva” raccontare tutta la Calabria, dalla Sila al Pollino, da Scilla alla Locride, da Isola Capo Rizzuto alle Serre. In effetti questo ruolo lo hanno svolto e lo svolgono egregiamente trasmissioni RAI come Lineablu, Lineabianca, Ulisse. Non c’era bisogno di scomodare Muccino. Il regista ha fatto il suo mestiere, inventando una storia catapultata nel tempo, molto sensuale e piena di contraddizioni, fregandosene dell’ambientazione.
La disputa tra le due scuole di pensiero andrà avanti per molto tempo. Noi ci auguriamo che, al di là delle polemiche, una parte di coloro che hanno visto il “corto” mucciniano decida di venire a scoprire la Calabria, sia quella dipinta dal regista, sia quella “mancante”, quando l’incubo del Covid sarà finito. (rs)