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Sant’Agata d’Esaro, il dolore di Michela diventa battaglia di civiltà per la SP 263

Sant’Agata d’Esaro, il dolore di Michela diventa battaglia di civiltà per la SP 263

di ITALO ARCURI – «Era una domenica come le altre, io preparavo il pranzo, le bambine giocavano felici e Roberto, il papà perfetto, il marito che pensava alla famiglia, intorno alle 10, va sulla strada provinciale 263 a raccogliere un po’ di legna poco più distante da casa. Alle 11.30, mentre mescolavo il sugo sul fornello, ho sentito qualcosa allo stomaco, come un richiamo, un senso di preoccupazione. Non so come definirlo a parole. Mezzora dopo riguardo l’orologio e non vedendolo rientrare, con le ciabatte ai piedi, prendo le chiavi dell’auto e vado dove stava lui, con la speranza che mi incontrasse sorridente come sempre… invece più mi avvicinavo al posto dove sapevo lui fosse e più quel groviglio di brutte sensazioni non mi dava tregua, mi amplificava il pensiero. Arrivata sul luogo, vedo il suo ape50, spengo il motore dell’auto e scendo… silenzio assordante… lo chiamo più volte ma Roberto non risponde… non lo vedevo… poi è stato un attimo… un metro più giù da dove mi trovavo lo scorgo lì… e terra, esamine, accasciato… a quel punto urlo, urlo a squarciagola e con tutte le forze che ho in corpo, urlo “aiuto”… ma lì nessuno può sentirmi.. allora afferro il cellulare, digito il 112, poi il 118… ma niente… da lì non riesco a chiamare nessuno, non c’è copertura. Salgo sull’auto, terrorizzata e sotto shock, e torno indietro verso il paese, e a poco più di dieci minuti di distanza, finalmente riesco a chiamare i soccorsi. Il resto potete immaginarlo…».

Da quel maledetto giorno Michela Surace, madre di due bambine, il suo smisurato dolore per la morte improvvisa del marito, Roberto Guaglianone, lo ha trasformato in una missione, in una vera e propria lotta di civiltà. Il giorno dopo i funerali di suo marito prende carta e penna, crea un gruppo Fb, mobilita le istituzioni e chiede ai suoi concittadini, vicini e lontani, di unirsi a lei nella richiesta di vivere il più possibile in sicurezza questo tratto di strada, che oltre ad essere sprovvisto di copertura telefonica, non dispone nemmeno di colonnine d’emergenza.

«Da quel giorno – mi dice Michela – è come se a Sant’Agata avessimo scoperto l’impensabile e cioè che sulla SP 263, la strada più importante del nostro paese, non si ha accesso telefonico nemmeno al 118. Una cosa incredibile se ci pensiamo. Subito dopo il funerale ho chiesto al Sindaco di Sant’Agata e ai Sindaci dei paesi limitrofi, le istituzioni più di prossimità, di attivarsi presso gli organi preposti, Regione in primis».

«Da quel maledetto giorno ho fatto una promessa a mio marito, a me stessa e alle mie figlie: battermi per portare la copertura telefonica, almeno per le chiamate di emergenza, su quella strada che è trafficata da motociclisti, ciclisti e pellegrini. Da lì passano i pullman che portano i “nostri” ragazzi alle scuole Superiori che si trovano sulla costa… e alcuni giorni fa proprio uno di questi pullman ha avuto un guasto poco prima della “Betulla”. Per poter telefonare hanno dovuto fare un tratto a piedi, fino a dove hanno potuto agganciare il ponte…».

Trasformare “il dolore in speranza” è ciò che ha deciso di fare Michela: «È diritto di ogni essere umano vivere in tutta sicurezza il proprio territorio. Spero davvero che la mia terribile esperienza, il mio tremendo dolore, si trasformi in qualcosa di positivo per il bene comune. Mai più nessuno deve ritrovarsi nella situazione in cui mi sono trovata io quel maledetto giorno di sei mesi fa». (ia)