Il sogno della Grande Cosenza che va tutelato e realizzato per un reale sviluppo della Calabria

di FRANCO BARTUCCI  – Il sogno della Grande Cosenza che va tutelato e realizzato per un reale sviluppo della Calabria.

Così veniva definita nei giornali dell’epoca nel 1971, quando il Comitato Tecnico Amministrativo, presieduto dal Rettore Beniamino Andreatta, si assunse l’onere, dopo due mesi di ricerca, analisi e studi, di collocare la nascente università calabrese, a seguito della delibera del Cipe del 3 luglio 1970, del Consiglio dei Ministri del 16 febbraio 1971, con presidente l’on. Emilio Colombo, nonché del Dpr Giuseppe Saragat del 16 aprile 1971, di collocarla a Nord di Cosenza sui territori dei Comuni di Rende e Montalto Uffugo, il tutto a norma della legge istitutiva 12 marzo 1968 n° 442.

Una delibera che fu assunta dall’Organo amministrativo dell’Ateneo sopra citato, dopo varie riunioni nell’arco di due mesi, nella seduta del 31 luglio 1971, che si svolse nel salone di rappresentanza del Comune di Cosenza, alla presenza del Sindaco Fausto Lio, componente dello stesso Organo, in qualità di rappresentante della città, e del presidente della Provincia, Francesco De Munno.

Oggi questa idea progettuale legata alla nascita e allo sviluppo dell’Università della Calabria, che avrebbe dovuto svilupparsi  sui territori di Rende e Montalto Uffugo, viene cestinata per dare spazio dopo cinquant’anni all’ipotetica creazione di una città unica che dovrebbe nascere con la fusione dei comuni di Rende, Cosenza e Castrolibero, in base a un disegno di legge approvato dal Consiglio regionale nello scorso mese di luglio, per il quale i cittadini residenti nei tre comuni interessati sono chiamati in convocazione per un referendum consultivo che avrà luogo il prossimo 1° dicembre 2024.

All’epoca nel 1971 gli uffici amministrativi ed il rettorato erano collocati in piazza dei Bruzi (palazzo Ferrari), come la segreteria studenti (negli attigui portici del palazzo accanto); mentre il luogo di residenza e anche lavoro notturno per il rettore e i componenti del Comitato Tecnico Amministrativo, come dei Comitati Ordinatori delle quattro Facoltà, avevano trovato posto nell’Hotel Europa in Contrada Roges di Rende. Luoghi, quindi, dove attraverso vari confronti tra i componenti degli Organi anzi detti è maturata l’idea progettuale della collocazione della nascente cittadella universitaria, da inserire in un’area urbana ampia tale da pensare ad una “Grande Cosenza”; nonché la stesura del primo Statuto dell’Università della Calabria, impostato in modo innovativo, rispetto al sistema universitario italiano, con il DPR 1° dicembre 1971 n° 1329 a firma, d’ordine del Presidente della Repubblica, dal Ministro della Pubblica Istruzione, Riccardo Misasi.

Uno Statuto contenenti elementi innovativi, a norma della legge istitutiva sopra richiamata, che prevedevano la nascita: dei dipartimenti; la conferma della creazione e metodologia di gestione di un centro residenziale capace di accogliere almeno il 70% degli studenti iscritti e la totalità del corpo docente e non docente con l’esclusione di coloro che risultavano già residenti nell’area; una nuova metodologia e ordinamento didattico; il diritto d’informazione e trasparenza su tutti gli atti amministrativi dei vari organi gestionali dell’Ateneo; la costituzione di una commissione di collegamento con le varie istituzioni esterni all’Università.

Una Università, quindi, aperta al territorio ed in stretto legame con le varie istituzioni nella creazione di un disegno di una nuova grande città nell’area urbana della media valle del Crati, basata sull’asse principale Cosenza, Rende, Montalto Uffugo, già legate tra di loro da un naturale sviluppo urbano ben collegate da un sistema viario (vedi strade interne ed autostrada) e ferroviario, sia verso il versante tirrenico che jonico. Tutto questo portò il Comitato Tecnico Amministrativo, presieduto dal Rettore Beniamino Andreatta, a suggerire con il loro deliberato il miglioramento del collegamento viario con i vari paesi dislocati attorno alla nuova grande area urbana in modo da costituire con il loro sviluppo un’unica area metropolitana prevedendo anche la realizzazione di un sistema di metropolitana veloce con Castrovillari e Sibari.

A distanza di cinquant’anni questa idea progettuale della creazione della “Grande Cosenza” è svanita nella memoria delle nuove generazioni (mettendo sotto processo l’attuale classe politica) e tre anni addietro per decisione ed impegno della parlamentare, allora consigliera regionale, Simona Loizzo, è stata ripresa come “Città Unica”, prevedendo la fusione dei Comuni di Cosenza, Castrolibero e Rende con l’esclusione di Montalto Uffugo, penalizzando così lo sviluppo dell’Università nella sua reale estensione come già illustrato nel servizio precedente. Un progetto ridotto alle tre aree urbane già esistenti che vanno da Castiglione Cosentino a contrada Andreotti e alla stessa Cosenza, con tre centri storici, uno stadio, una università monca, un ospedale.

Questa l’idea progettuale della “città unica”, trasformata in disegno di legge regionale che avrà gli sviluppi nel mese di dicembre con il referendum consultivo. Un progetto completamente diverso e più riduttivo rispetto alla “Gande Cosenza” pensata dai padri fondatori dell’Università della Calabria che guardava in modo lungimirante ad uno sviluppo verso il Nord non trascurando e valorizzando la stessa città capoluogo; mentre la “Città unica” è racchiusa in se stessa nelle dimensioni sopra descritte.

Intanto giunge notizia di un lavoro di ricerca condotto dalla prof.ssa Rosanna Nisticò, docente di Economia Applicata, presso l’Università della Calabria, che dimostra effettivamente come l’idea progettuale della “Grande Cosenza” pensata dai padri fondatori ed auspicata nella sua realizzazione dal Rettore Beniamino Andreatta sia la carta vincente per il reale sviluppo economico e sociale di quell’area.

Una ricerca che dimostra come il piano di fattibilità fatto predisporre dalla commissione del Consiglio Regionale “Affari istituzionali” per la stesura del disegno di legge costitutivo della “città unica” sopra richiamato e sul quale il Tar Calabria il prossimo 6 novembre dovrà esprimersi, in base a numerosi ricorsi che ne avversano l’applicabilità, presentati dai Comuni di Cosenza, Castrolibero e Luzzi, come da varie associazioni, abbia elementi di profonda debolezza. Infatti la ricerca della economista Rosanna Nisticò dimostra che l’area più idonea a costituire la nuova grande città della Media Valle del Crati per gli aspetti demografici ed economici è basata proprio sull’asse Montalto Uffugo/Rende/Cosenza, in virtù proprio della presenza dell’Università della Calabria.

Il consiglio dato al Presidente della Giunta Regionale, Roberto Occhiuto, attraverso la lettera aperta pubblica, resa nota solo da Calabria live lo scorso 7 agosto 2024. di non indire il referendum e di rinviare al Consiglio regionale il disegno di legge in questione per riscriverne uno nuovo in concordia con le parti interessate, causa la mancanza di elementi e memorie storiche, economiche, sociali e culturali, trova il suo fondamento con il lavoro della prof.ssa Rosanna Nisticò, che ci riserviamo di pubblicare a breve. Intanto il Tar Calabria è auspicabile che non adotti il prossimo 6 novembre una sentenza alla “Ponzio Pilato”, ma che entri nel merito di base della questione, come da questo servizio ne abbiamo fornito gli elementi e memoria storica.

Sarebbe auspicabile, infine, che la ricerca condotta dalla prof.ssa Rosanna Nisticò venga, non appena disponibile, presentata all’interno della stessa Università per fare emergere e dare contezza che qualsiasi progetto che verrà composto dovrà essere realizzato in funzione dello sviluppo  strutturale complessivo dell’Università in funzione della sua legge istitutiva del 1968, che reca la firma del presidente Aldo Moro e che l’Ateneo ne dovrebbe celebrare e custodire la memoria per un principio di grande umanità a dimensione sociale e culturale. (fb)

Pioggia di ricorsi al Tar per la Città Unica

di FRANCO BARTUCCIIl disegno di legge della città unica non piace a molti che gravitano nell’area interessata. “Città unica, pioggia di ricorsi al Tar”, è il titolo dato da un noto quotidiano calabrese per quanto sta succedendo in questi giorni sulla questione della fusione dei Comuni di Rende, Castrolibero e Cosenza, il cui disegno di legge della Regione Calabria,  è stato approvato nello scorso mese di luglio,  prevedendo appunto una fantomatica fusione in “città unica”.

Tale provvedimento ha prodotto l’indizione di un referendum consultivo, da parte del presidente della giunta Regionale Roberto Occhiuto, tra le tre comunità dei territori comunali in questione per il prossimo 1° dicembre (coincidente con il 53° anniversario di approvazione del primo Statuto dell’Università della Calabria tramite un Decreto del Presidente della Repubblica, firmato dal Ministro della Pubblica Istruzione Riccardo Misasi, (DPR n° 1329).

Diciamo che il disegno di legge ha prodotto, come chiarisce il titolo del giornale sopra riportato, la costituzione di vari comitati pro e contro, ma soprattutto dei ricorsi al Tar avverso l’indizione del referendum, come dello stesso testo legislativo, da parte dei Sindaci di Cosenza, Castrolibero e Luzzi, nonché dell’Associazione rendese “Comitato spontaneo per il no”. Il Tar Calabria, alla luce della prima udienza svoltasi lo scorso 16 ottobre, ha fissato la prossima udienza per il 6 novembre 2024.

Insomma si è creata una situazione a dir poco campale per gli effetti di contrapposizione delle parti pro e contro con motivazioni poco illuminanti circa il futuro di questa nuova città nella media Valle del Crati, con analisi e linguaggi che ci fanno pensare agli effetti biblici della “Torre di Babele”, trattandosi di pensieri legati ad un passato e a concetti che guardano a forme di non condivisione, ma di difesa del proprio orticello.

Poi c’è il metodo d’imposizione costitutivo di un progetto basato su un “piano di fattibilità” debole e povero di contenuti e memorie storiche, economiche, sociali e culturali, nonché di scarsa conoscenza del territorio stesso, che portano i fautori del no ad azioni di rifiuto in quanto anticostituzionale e poco garante del diritto di democrazia che spetta ai cittadini dei territori comunali coinvolti.

In parole povere è un disegno di legge che crea la sua prima vittima nell’Università della Calabria togliendole il diritto di crescere e svilupparsi nelle dimensioni e nei contenuti previsti dalla sua legge istitutiva del 1968, che porta il nome di Aldo Moro, quale presidente del Consiglio; poi del suo Statuto approvato, come sopra riportato, con un Dpr del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1971 n° 1329, a firma del Ministro della Pubblica Istruzione Riccardo Misasi; nonché degli elaborati progettuali del concorso internazionale appartenenti agli architetti: Vittorio Gregotti (nelle strutture dipartimentali e scientifiche – Cubi e asse ponte) e Tarquinio Martensson (nelle strutture residenziali – campus centro residenziale).

Un progetto futuristico, le cui strutture, su decisione e delibera del Comitato Tecnico Amministrativo, con presidente il Rettore Beniamino Andreatta, adottata precisamente il 31 luglio 1971, su studio e proposta di un’apposita commissione presieduta dal dott. ing. Roberto Guiducci, componente dello stesso organo amministrativo in rappresentanza del Ministero del Bilancio e della Programmazione Economica, erano da collocarsi a Nord di Cosenza sui territori dei Comuni di Rende e Montalto Uffugo,  su un asse di 3.400 metri lineari (ne sono stati appena realizzati 1,240 metri lineari) legato nell’area Sud alla Statale 107 (Crotone, Cosenza, Paola); mentre nell’area Nord, all’asse ferroviario Cosenza, Paola, Sibari con incrocio in località Settimo di Montalto Uffugo.

Il tutto avendo a valle l’autostrada Salerno Reggio Calabria, con lo svincolo di Cosenza Nord a due passi che incrocia la Statale 107. Mentre, sempre a Nord, è in progettazione ad opera dell’Anas un nuovo svincolo autostradale proprio in località Settimo di Montalto Uffugo, dove è pure prevista la nuova stazione ferroviaria, quale incrocio dell’asse direzionale dell’Università della Calabria, nella cui zona su 50 ettari di terreno appartenenti al Comune di Montalto Uffugo sono previste strutture importanti del progetto Gregotti, quali il parco tecnologico e il villaggio dello sport.

Il disegno di legge regionale sulla “città unica”, avendo a nord quale confine del comune di Rende il fiume Settimo (punto di riferimento visivo il ponte ferroviario dell’asse Sibari/Paola che scavalca la statale 19 incrociando subito dopo l’asse ferroviario Cosenza/Paola), scarica e abbandona in altra area urbana (Montalto Uffugo) opere importati del progetto dell’Università come sopra riportato. Un’area urbana occupata fino ad oggi da circa 5000 abitanti residenti e che denuda ed impoverisce il “piano di fattibilità” redatto da valenti professionisti, per come dichiarato dalle autorità regionali.

Eppure il Rettore Beniamino Andreatta ed il Comitato Tecnico Amministrativo dell’Università della Calabria, a seguito dell’estensione del progetto dell’Università (3.400 ml e ne sono stati realizzati appena 1.240 metri lineari), lanciarono la richiesta pubblica, per darne valore di riferimento e sviluppo nazionale ed internazionale, di creare un’area urbana più ampia ed unica che comprendesse i comuni di Rende, Montalto e Cosenza, auspicando la nascita della “Grande Cosenza” nella media valle del Crati.

Una nuova città a dimensione europea, punto di riferimento e richiamo nell’area del Mediterraneo, con valori ed impostazioni di servizi necessari a darle un aspetto metropolitano paragonabile alla mega città metropolitana di Londra. A questo disegno della “Grande Cosenza” si frappone oggi in modo molto più riduttivo il disegno della “Città unica”, proposta dalla Regione Calabria. Ma ne potremo parlare facendo un raffronto nel prossimo servizio. (fb)

CITTÀ UNICA, L’INCOGNITA DEL CONSENSO
CONTROVERSIA SUL NUOVO CENTRALISMO

di ORLANDINO GRECO  – Il recente dibattito sulla fusione dei comuni in Calabria, in particolare il progetto che coinvolge Cosenza, Rende e Castrolibero, ha sollevato serie preoccupazioni sul rischio di un ritorno a forme di centralismo regionale. La regione, infatti, ha deciso di procedere con il progetto senza tenere in considerazione le opposizioni espresse dai consigli comunali e dai cittadini, “un’ingiuria istituzionale” che potrebbe costituire un pericoloso precedente nel panorama italiano.

Il ruolo delle Regioni nelle fusioni comunali

Le regioni italiane, ai sensi della normativa vigente, possono intervenire nella modifica dei confini comunali, sentendo le popolazioni interessate. Tale potere è stato finora esercitato nel rispetto delle autonomie locali e delle volontà espresse dai consigli comunali democraticamente eletti. Dal 1945 a oggi, non ci sono stati casi in Italia in cui una regione abbia estinto municipi senza che vi fosse il consenso formale da parte dei singoli consigli comunali coinvolti nella fusione.

Le recenti fusioni avvenute in Calabria, Corigliano Rossano e Casali del Manco, sebbene con una serie di forzature normative, sono nate nel rispetto formale della legge e della volontà dei Consigli comunali. L’imposizione di una maldestra fusione come quella che riguarda i comuni dell’area urbana cosentina, rappresenta un primo caso di intervento autoritario, con la Regione che decide senza l’impulso né la delibera delle amministrazioni locali.

La controversia calabrese: un nuovo centralismo?

Il caso della fusione tra Cosenza, Rende e Castrolibero ha attirato critiche da vari fronti. Secondo l’Associazione Nazionale per le Fusioni tra Comuni, l’approccio calabrese rappresenta un “pericoloso precedente” che potrebbe rendere le fusioni future ancora più complesse da realizzare. Questa fusione viene vista come un’operazione azzardata, portata avanti senza un confronto adeguato con i cittadini e le istituzioni locali.

Uno degli aspetti più controversi è stata la mancata approvazione di studi di fattibilità, che avrebbero dovuto analizzare le conseguenze economiche, finanziarie e urbanistiche della fusione. Inoltre, la Regione Calabria non ha fornito ai cittadini uno strumento partecipativo come il referendum, o perlomeno, non lo ha reso vincolante, come fatto da altre regioni. Questo ha portato alcuni a definire il referendum una “presa in giro”, con i cittadini privati del loro potere decisionale.

La necessità di un processo trasparente e partecipato

Le fusioni tra comuni, per quanto possano rappresentare una via per ottimizzare i servizi e migliorare le condizioni di vita dei cittadini, sono temi delicati che richiedono un approccio inclusivo e ponderato. Le regioni dovrebbero muoversi predisponendo un piano regionale delle fusioni e delle gestioni associate di funzioni e servizi in ragione delle peculiarità e delle esigenze dei territori per evitare che si renda discrezionale un atto così importante avviando sin da subito un dialogo costante e rispettoso con le istituzioni locali democraticamente elette.

È cruciale che, prima di avanzare una proposta di fusione, si studino attentamente le criticità del territorio e si elaborino piani strategici fondati su dati scientifici e obiettivi misurabili.

Nel caso della fusione tra Cosenza, Rende e Castrolibero, invece, si è assistito a un’azione unilaterale da parte della Regione Calabria, che ha proceduto senza coinvolgere le amministrazioni comunali e senza predisporre gli strumenti necessari per garantire una partecipazione consapevole dei cittadini. Questo atteggiamento autoritario non solo mette in discussione la legittimità del processo di fusione, ma solleva anche interrogativi sul rispetto dei principi democratici.

Un appello al buon senso

Di fronte a una situazione così critica, è necessario che la Regione Calabria interrompa l’iter di fusione e avvii un vero confronto con tutte le parti coinvolte eliminando la norma che ha svuotato di significato il referendum, restituendo così ai cittadini la possibilità di esprimersi realmente sul proprio futuro anche attraverso un dettagliato e approfondito studio di fattibilità che esamini attentamente tutti gli aspetti legati alla fusione.

Conclusioni

Il progetto di fusione tra Cosenza, Rende e Castrolibero si configura come un banco di prova per la Calabria e per il futuro delle autonomie locali in Italia. La decisione della Regione di procedere senza consultare adeguatamente le comunità locali rappresenta un grave precedente, che potrebbe influenzare negativamente la realizzazione di altre fusioni nel Paese.

In un contesto così delicato, è fondamentale che prevalga il buon senso e che le istituzioni si impegnino a garantire trasparenza, dialogo e rispetto per la volontà dei cittadini. Solo attraverso un processo partecipato e condiviso sarà possibile realizzare fusioni che migliorino realmente la qualità della vita delle comunità coinvolte. (og)

[Orlandino Greco è sindaco di Castrolibero]

Orrico (M5S): Referendum Città Unica consultazione strumentale

La deputata del M5S, Anna Laura Orrico, ha evidenziato come «il Movimento 5 stelle, coerentemente con le criticità che ha evidenziato fino ad oggi relative alla legge sulla città unica Cosenza-Rende-Castrolibero, ritenendolo un percorso carente di trasparenza e informazioni che possano consentire ai cittadini di scegliere in maniera consapevole cosa votare, non darà un indirizzo di voto per l’imminente referendum».

«Crediamo che –  ha detto Orrico – questa area urbana è, nei fatti, destinata ad unire le proprie forze in vista delle future sfide convergendo verso una unificazione dei servizi ed un miglioramento della qualità della vita dei cittadini tramite anche l’efficientamento della macchina amministrativa, tuttavia, non possiamo essere favorevoli alla strada intrapresa poiché non supportata da alcuna visione politica e costruita attraverso un metodo dettato dalla frettolosità, dalla nebulosità e dalla scarsa partecipazione».

«Non sono state, infatti, coinvolte le parti sociali e le istituzioni preposte – ha spiegato – ovvero le amministrazioni interessate, con una addirittura sciolta per mafia quindi in presenza di una grave mancanza di rappresentatività. Anche il referendum, inoltre, importante termometro democratico, è utilizzato in maniera strumentale visto che i quesiti stessi orientano la scelta dei cittadini».

«D’altronde – ha proseguito l’esponente pentastellata – lo stesso studio di fattibilità non fornisce nessuna certezza rispetto all’efficientamento della macchina amministrativa, alle economie di scala, e vende, in maniera fumosa, il possibile finanziamento di 10 milioni di euro all’anno, per 15 anni, condito dai ‘potrebbe’ a fronte di sempre maggiori tagli del governo centrale come ad esempio avviene nella nuova legge di Bilancio. Contiene, fra l’altro, alcune affermazioni che consideriamo gravi ossia che la fusione agevolerebbe quel dimensionamento scolastico contro il quale ci siamo battuti con forza». (rp)

Nicola Leone: Sì alla Città Unica, ma inserendo Montalto Uffugo

di FRANCO BARTUCCIPer farla breve e facilitare la comprensione della linea del confine terminale a Nord della città unica si dà come punto di riferimento il ponte di ferro dell’asse ferroviario collocato sulla statale 19 e che porta all’incrocio dei tratti ferroviari Cosenza /Paola e Sibari/Paola, superando il torrente Settimo, che stabilisce la linea di confine tra i comuni di Rende e Montalto Uffugo. 

Dicono che il disegno di legge regionale della città unica ha alla base uno studio di fattibilità redatto da un bravo ed esperto professionista.  Non so se il presidente della Giunta Regionale Roberto Occhiuto conosca o meno la zona della quale parliamo, ma è oltremodo visibile che proprio su quel confine si sviluppa l’area abitativa di Settimo con una popolazione di oltre cinquemila abitanti.

La descrizione appena fatta è la dimostrazione che il piano di fattibilità predisposto dalla commissione apposita del Consiglio regionale, oltre che togliere il diritto all’UniCal di svilupparsi in un’unica area urbana (la grande area urbana invocata dal Rettore Andreatta), non ha le fondamenta solide su cui poggiare il grande edificio, né radici solide, né memorie culturali, sociali ed economiche, ma si poggia sulla creta.

Tra l’altro è calda la polemica creatasi con la dichiarazione del Rettore Leone riportata dalla Gazzetta del Sud, creando del forte malumore in quelle associazioni costituitisi all’indomani dell’approvazione del disegno di legge che sono per il no, come anche con dichiarazioni pesanti apparsi attraverso i social. Ma vediamo cosa riporta il quotidiano messinese del Rettore Leone nei suoi servizi quotidiani dedicati al disegno della città unica: «La città unica – è la dichiarazione che si riporta nel giornale – porterà molti vantaggi per gli studenti dell’ateneo in vari settori e Cosenza si avvicinerà ulteriormente all’UniCal. Tra l’altro ritengo ci sia già di fatto una città unica che adesso lo diventerà dal punto di vista amministrativo».

Una dichiarazione  valutata ad ampio raggio che alla luce delle mie conoscenze in materia mi hanno dato sentore della scarsa conoscenza da parte del Rettore della storia stessa dell’Università e sulle quali radici ha cominciato a  nascere e costruirsi, contravvenendo allo spirito auspicato dal Comitato Tecnico Amministrativo nel 1971 di creare attorno alla nascente università un’unica grande area urbana, che il primo Rettore Beniamino Andreatta definiva la “Grande Cosenza”. 

Ciò mi ha portato a fare le mie considerazioni critiche allo stesso Rettore Nicola Leone, tramite messaggi WhatsApp, e la sua risposta è stata: «La invito a verificare la notizia alla fonte, come ogni giornalista dovrebbe sempre fare».

Proseguendo nel suo dire, che la fonte giusta non era la Gazzetta del Sud, ma la trasmissione “Dedalus” di Ten del mercoledì, ha proseguito dicendomi:  «Forse comprenderebbe il mio punto di vista. Potrà verificare che ho auspicato una rapida realizzazione della fusione, ed un immediato allargamento a Montalto Uffugo, per andare oltre, verso la costituzione di una grande città metropolitana. Se il processo viene bloccato oggi, mandando in fumo anni di lavoro, quando il primo passo è ormai a portata di mano, non si farà mai più. Chi rema contro fa, nei fatti, il gioco di chi preferisce che tutto resti così com’è».

Più che giusta la dichiarazione ultima riportata del Rettore Leone (che ha tutto il suo diritto di esprimersi in merito a tutela o meno dell’UniCal) in quanto si avvicina di molto all’idea della “Grande Cosenza” di Beniamino Andreatta; ma ci sono delle forti perplessità anche per il fatto che la Gazzetta del Sud non ha riportato per intero la sua dichiarazione.

Quell’immediato allargamento auspicato ed il fatto che il disegno di legge per il quale il 1° dicembre si andrà ad un referendum consultivo (per l’UniCal la data del 1° dicembre corrisponde al 53° anniversario del primo Statuto dell’Università della Calabria approvato appunto con il Dpr 1° dicembre 1971 n° 1329 a firma del Ministro della Pubblica Istruzione, Riccardo Misasi)  non ne prevede affatto l’inserimento e costituisce dei forti dubbi circa il rispetto di questa affermazione indirizzata ad avere anche nel progetto il quarto comune di Montalto Uffugo e questo dà ragione a chi dice no alla fusione in quanto la considera una operazione politica e strumentale con reconditi fini. 

Non vedo in questo progetto, predisposto dalla commissione del Consiglio regionale, trasparenza e condivisione pubblica unitaria, portando il PD soprattutto quello cosentino a compiere un grosso errore nel sostenerlo vantandosi di essere riuscito a spostare la data di applicazione del disegno di legge con lo scioglimento dei comuni interessati al mese di febbraio 2027. 

Una vicenda che mi porta ad esprimere il mio dissenso sulla intera operazione nei confronti del presidente Roberto Occhiuto, che avvertito nello scorso mese di agosto attraverso una lettera aperta pubblica indirizzatagli dagli Stati Uniti, tramite i mezzi d’informazione, e pubblicata soltanto dal giornale online Calabria.Live del 7 agosto, non ha accolto la richiesta di non indire il referendum e rinviare il testo di disegno di legge al Consiglio regionale, in quanto fortemente carente dei riferimenti storici, sociali e culturali, oltre che per il mancato confronto d’informazione diretta con le comunità coinvolte, denunciando il fatto che il progetto creava la sua prima vittima nell’Università della Calabria, già penalizzata da altre precedenti vicende come la mancata realizzazione della metropolitana.

Di non assumersi la responsabilità di porre fine al progetto dell’UniCal come disegnato, su stimolo dei padri fondatori, dagli architetti Gregotti e Martensson e di riscrivere con urgenza un nuovo testo di legge in accordo e concordia con tutte le componenti politiche ed associative del territorio con il coinvolgimento della dirigenza della stessa Università. Ciò non è accaduto ed assistiamo ad una spaccatura netta tra i pro e i contrari che allontanano a mio parere l’idea luminosa della “Grande Cosenza” pensata ed invocata dal rettore Beniamino Andreatta.

Per tutto ciò, in virtù del fatto che per 36 anni ho servito l’Università della Calabria, da Andreatta a Latorre, per quanto mi riguarda dico “no” alla città unica proposta nel disegno di legge del Consiglio regionale ed un lungo e tonante “si” alla “Grande Cosenza” che appartiene allo sviluppo dell’Università della Calabria. (fb)

VERSO IL FERENDUM DELLA CITTÀ UNICA / Sergio Dragone: Perché voterei no

di SERGIO DRAGONENon mi sento proprio un “intruso” nel dibattito sulla Grande Cosenza, pur essendo orgogliosamente catanzarese, per i forti rapporti umani, affettivi, professionali e politici che mi legano alla Città dei Bruzi. Vi ho vissuto e lavorato per alcuni anni, più o meno dal 1975 al 1980.

Sono cresciuto professionalmente alla grande scuola del Giornale di Calabria che annoverava fuoriclasse come Piero Ardenti e Paolo Guzzanti e a Cosenza ho coronato il sogno di diventare giornalista professionista all’età di 22 anni. E a Cosenza ho conosciuto, senza mai più lasciarlo politicamente, Giacomo Mancini. Quelli cosentini sono stati anni formidabili che ho vissuto con l’intensità della giovane età, l’entusiasmo del giornalismo militante. È forse troppo dire che considero Cosenza la mia seconda città, ma ci vado molto vicino. Con l’eccezione ovviamente del calcio dove la passione giallorossa non fa sconti.

E allora voglio provare brevemente a dire la mia alla vigilia del referendum sulla fusione di Cosenza con Rende e Castrolibero, dicendo subito che se fossi residente nella città dei Bruzi  probabilmente voterei no. 

Lo dico per una ragione semplicissima: la Città Unica Cosenza-Rende-Castrolibero esiste già, da quasi mezzo secolo, nei fatti, senza che nessuna delle tre realtà urbane abbia dovuto rinunciare alla propria storia e alla propria autonomia.

Parlo della mia esperienza personale. Quando ero giovane redattore del Giornale di Calabria, ho abitato a Rende e poi a Castrolibero, lavoravo in pieno centro a Cosenza, frequentavo i cinema di Cosenza e Rende, giocavo a tennis a Commenda, facevo acquisti su corso Mazzini e trovavo i ricambi dell’auto a Roges. Ero già un abitante della Città Unica.

È evidente che l’area metropolitana di Cosenza-Rende-Castrolibero ha bisogno di una governance,  di un sistema di servizi moderni ed efficienti, partendo da quelli di base come acqua, rifiuti, depurazione (per i trasporti da decenni esiste il consorzio, resta in sospeso il discorso della metropolitana Cosenza-Università) e comprendendo ovviamente la sanità, con il nuovo ospedale, l’istruzione, la cultura, lo sport.

Ma è proprio necessario comprimere la storia identitaria di Cosenza? E il progetto visionario della nuova Rende voluto dai Principe? Non basterebbe potenziare e unificare i servizi e varare una progettazione urbanistica armonica che esalti le caratteristiche di ognuno dei tre Comuni? La mia è solo un’opinione, quella dei cosentini, dei rendesi e dei castroliberesi sarà invece una risposta definitiva. (sd)

A Cosenza il Partito Democratico si interroga sulla fusione della Città Unica

di FRANCO BARTUCCILa legge regionale che prevede la fusione di Rende, Catrolibero e Cosenza in una città unica sarà oggetto di analisi nel corso di un incontro, promosso dal Gruppo PD in Consiglio Regionale, che si svolgerà domani, mercoledì 25 settembre, alle 18, nella Sala Nova della Provincia di Cosenza. L’incontro ha come tema: “Fusioni: Esperienze e posizioni a confronto”.

Dopo i saluti di: Maria Locanto, Presidente Provinciale PD di Cosenza, e Vittorio Pecoraro, segretario provinciale PD di Cosenza, e con il coordinamento di Mimmo Bevacqua, capogruppo PD in Consiglio regionale, sono previsti gli interventi di: Franz Caruso, sindaco di Cosenza; Flavio Stasi, sindaco di Corigliano- Rossano; Bianca Rende, consigliere comune di Cosenza; Giuseppe Mazzuca, Presidente del Consiglio comunale di Cosenza; Fabio Liparoti, Segretario Federazione Riformista di Rende; Giuseppe Galiano, Presidente Ance Cosenza; Giuseppe Lavia, segretario provinciale Cisl Cosenza; Paolo Cretella, segretario provinciale Uil Cosenza; Massimiliano Ianni, segretario provinciale Cgil Cosenza; Franco Iacucci, Vice Presidente Consiglio regionale.

Tredici interventi per esprimere ci auguriamo un documento unico di condivisione se approvare o meno la legge di cui sopra e che negli ultimi due mesi ha provocato note di approvazione, ma anche di contrarietà con addirittura un ricorso presentato al Tar da parte del Sindaco di Cosenza Franz Caruso.

Per i favorevoli c’è la convinzione che l’unione dei tre comuni in un’unica città porterà dei benefici economici non indifferenti per una buona gestione di sviluppo del territorio o meglio della nuova grande città. Per i contrari la legge è scritta male, nonché frutto di una decisione politica non condivisa e maturata in ambito di un solo soggetto politico dell’attuale maggioranza che governa la regione e che nasconde interessi di parte. Poi ci sono i nostalgici che si rifiutano di aggregare i tre comuni e difendono le rispettive tre autonomie locali. Un conflitto che non ha sbocchi di uscita per la scelta di un disegno condiviso e di sana prospettiva, anche se dovrà svolgersi un referendum consultivo che non avrà alcun effetto propositivo di approvazione o bocciatura, che il Presidente Roberto Occhiuto dovrà indire quanto prima.

Di fronte a tutto ciò la classe politica in generale che opera nel cosentino non ha consapevolezza del suo tempo dimenticando, oppure non n’ è a conoscenza affatto, che il disegno di creare nella Media Valle del Crati una grande città non è di ieri, in virtù dello sviluppo edilizio che si è verificato negli ultimi anni tra Quattromiglia di Rende, Commenda, Surdo, Saporito, Roges, Contrada Andreotta di Castrolibero e Cosenza città, ma bensì, come sto sostenendo da tempo, parlando ai sordi e ai ciechi, è nata esattamente tra i mesi di giugno e luglio 1971 con la decisione da parte del Comitato Tecnico Amministrativo dell’UniCal, presieduto dal Rettore Beniamino Andreatta, di insediare la nascente Università della Calabria a Nord di Cosenza, sui territori dei comuni di Rende e Montalto Uffugo, incastrandola su un asse lungo 3 km e 400 metri,  tra la Statale 107 ed il tracciato ferroviario Cosenza/Paola/Sibari, che ha in Contrada Settimo di Montalto Uffugo il suo punto di incrocio grazie anche ad una stazione ferroviaria facente parte della progettazione Gregotti dell’Ateneo calabrese.

Ripeto e ne sono stufo ormai che la legge regionale sulla città unica predisposta dall’attuale maggioranza di governo regionale non è altro che un aborto, rispetto al fatto che ha trascurato, con l’esclusione di Montalto Uffugo, l’effetto Università della Calabria menomandola nel suo sviluppo naturale edilizio, che supera il fiume Settimo mettendole a disposizione 50 ettari di terreno destinati alla realizzazione del villaggio dello Sport con impianti sportivi e residenze utili a svolgervi campionati regionali, nazionali ed olimpici.

Andreatta in Persona sosteneva e stimolava i politici del tempo a creare una vasta area urbana con al Centro l’Università della Calabria e la definiva la “Grande Cosenza”, della quale su il Domenicale di Calabria live di domenica 15 settembre scorso ne ho descritto la storia e i suoi benefici (se ne consiglia la lettura) per l’intera area urbana e per la Calabria tutta. Messi a confronto le due idee della “città unica” e della “Grande Cosenza” ci si trova di fronte, da una parte un “topolino” e dall’altra un “Grande Gigante”. 

La legge come ho già chiesto al Presidente Occhiuto, in una lettera aperta e pubblicata il 7 agosto scorso da questo giornale, deve essere rinviata al Consiglio regionale e ne va riscritta una nuova con la condivisione di tutte le parti politiche ed associative delle aree interessate, con il coinvolgimento attivo della stessa Università che deve pretendere il rispetto della sua legge istitutiva ed il progetto edilizio strutturale, che n’è derivato attraverso il concorso internazionale, i cui vincitori, come noto, sono stati gli architetti Gregotti (nella parte scientifica didattica ponte Bucci) e Martensson (nella parte del complesso campus residenziale).

Ci si augura che questo ennesimo incontro, promosso dal Partito Democratico, che avrà luogo nella Sala Nova dell’Amministrazione Provinciale, si abbia il coraggio di prendere responsabilmente le sue decisioni con chiarezza fin da subito, maturando una mobilitazione nel costruire il futuro di sviluppo e crescita culturale, sociale ed economica per l’intera comunità che gravita nell’area della “Grande Cosenza”, lasciataci in eredità dai Padri Fondatori dell’Università della Calabria. (fb)

Il Comune di Cosenza fa ricorso contro il referendum per la Città Unica

Il Comune di Cosenza, guidato dal sindaco Franz Caruso, presenterà ricorso «avverso la legge regionale che autorizza il presidente della Giunta regionale ad indire il referendum consultivo per la fusione dei comuni di Cosenza, Castrolibero e Rende».

Lo ha reso noto il sindaco stesso, spiegando come nell’ultima seduta, la Giunta comunale ha conferito al prof. avv. Angelo Piazza e al prof. avv. Renato Rolli, l’ incarico, come difensori degli interessi dell’Ente per il ricorso contro il «referendum consultivo che, così come proposto da Palazzo Campanella, risulta una vera e propria  presa in giro, una farsa», ha spiegato il primo cittadino.

«La città unica – ha sottolineato Caruso – non va solo propagandata ma va realizzata per davvero.  Il nuovo municipio che dovrà rappresentare la futura città che nasce attraverso la fusione tra il capoluogo ed i comuni limitrofi non può essere una barbarie burocratico amministrativa. Soprattutto,  la fusione non può essere imposta, non può rappresentare la scelta unilaterale della Regione. Al contrario, la fusione deve essere un progetto condiviso, che deve partire dalle istituzioni locali e dai cittadini. Ed, invece, il Consiglio Regionale ha avocato  a sé pieni poteri, estromettendo i Comuni interessati e la volontà popolare dalle procedure di fusione, decidendo, addirittura di deliberare il Referendum, che doveva essere di competenza dei Consigli Comunali».

«In sostanza – ha spiegato – la Regione Calabria vuole decidere autonomamente quali Comuni sciogliere e fondere, ledendo i principi di democrazia e mortificando l’autonomia degli Enti Locali, che è sancita dalla nostra Carta Costituzionale».

«Contro questo atteggiamento impositivo, antidemocratico ed antiliberale – ha concluso il sindaco di Cosenza –  per come ho sempre detto, mi batterò con la determinazione che mi  contraddistingue a difesa della democrazia e della libertà. Da qui la decisine di avvalerci del  prof. avv. Angelo Piazza e del prof. avv. Renato Rolli al fine di ricorrere avverso la legge regionale “obbrobrio”, per l’affermazione dei diritti costituzionalmente garantiti e, soprattutto, a difesa di Cosenza e dei cosentini che meritano rispetto». (rcs)

LETTERA APERTA / Franco Bartucci: Rinviare a Commissione Affari Istituzionali la legge sulla fusione

di FRANCO BARTUCCI – Caro Presidente, mi permetto di interloquire con te tramite questa lettera aperta che ti rivolgo  in tono  confidenziale,  data la nostra  conoscenza  a partire  dal periodo  di studio  che hai trascorso all’Unical per conseguire la tua laurea, al fine di farti una  richiesta  precisa  in merito  alla discussione  che si sta svolgendo  in questi giorni circa la fusione dei comuni di Cosenza, Rende  e Castrolibero in città unica.

Penso che dovresti rinviare al Consiglio regionale la proposta di legge di cui sopra predisposta dalla Commissione Affari Istituzionali, sfociata nell’approvazione del testo che ti affida l’incarico di predisporre quanto necessario per indire un referendum consultivo di condivisione o meno del progetto di legge, che mira alla fusione e costituzione della nuova città unica.

Promuovo tale richiesta in quanto per i motivi che ti spiegherò a seguire, la legge in questione è fortemente carente dei riferimenti storici, sociali e culturali, oltre per quanto riguarda l’aspetto informativo e di impatto sulla società coinvolta.

Penso e ne sono convinto  che tale legge crea subito una vittima illustre: l’Università  della Calabria, alla quale non le viene riconosciuta il diritto di svilupparsi nei confini naturali stabiliti dal Comitato Tecnico amministrativo, nel momento in cui scelse tra i mesi di giugno e luglio 1971 di insediare la nascente università  a Nord di Cosenza sui territori dei comuni di Rende e Montalto Uffugo, con riconoscimento di Cosenza, quale capoluogo provinciale e sede iniziale di partenza degli uffici amministrativi utilizzati per la sua gestione, nonché luogo di residenza e didattica per le prime seicento matricole dell’anno accademico 1972/1973.

In quell’ambito si decise di realizzare la cittadella universitaria sull’asse longitudinale tra la Statale 107, su territorio di Rende, incrociando il tratto ferroviario della linea Cosenza/Paola/Sibari in località Settimo di Montalto Uffugo.

Non so da dove è iniziato il lavoro predisposto dalla commissione regionale con presidente la consigliera Luciana De Francesco, che ha individuato i tre comuni sopra citati; ma una cosa è certa e gli atti parlano chiaro, a chiedere per prima la creazione di un’area urbana più allargata tra Cosenza, Rende e Montalto, con l’obiettivo di creare una grande Cosenza e favorire l’insediamento della cittadella universitaria, è stato nel 1971 il Comitato Tecnico Amministrativo, presieduto dal Rettore Beniamino Andreatta.

Sono trascorsi cinquant’anni e tutto è rimasto immobile con il Campagnano a rappresentare una barriera invalicabile creando per il servizio trasporti di collegamento tra la città di Cosenza e l’Unical, non poche difficoltà nel realizzare un servizio pubblico meno costoso di quello privato, sia per gli studenti che per la stessa Università.

Penso che ricorderai tutte le manifestazioni degli studenti per portare gli autobus dell’Amaco al polifunzionale con le proteste proprio sul Campagnano.

C’è stato il tentativo della metropolitana, con accordo tra i comuni di Rende e Cosenza con note di apprezzamento del sindaco Giacomo Mancini nel 1998, ma strumentalmente politicamente il progetto è stato cestinato.

Ora questa legge regionale che dovrebbe portare lo scioglimento dei tre comuni nel 2027 e far nascere la città unica sposterebbe tutti i problemi del Campagnano lungo il torrente Settimo.

È bene che tu sappia che nell’area di contrada Settimo di Montalto Uffugo sono stati vincolati 50 ettari di terreno, sul quale, secondo il progetto Gregotti sono previste opere importanti per l’Università, quali il villaggio dello sport con diversi impianti sportivi, tra cui uno stadio di calcio, un complesso residenziale ed altro ancora, il tutto per svolgervi vari campionati di sport a livello universitario, regionale, nazionale e internazionale, quali le universiadi, per finire con la stazione ferroviaria. Tutto questo in funzione della valorizzazione dell’Università per essere strumento di integrazione con il territorio.

Questo è il progetto dell’Università che tu conosci abbastanza bene e che la commissione in questione, come il consiglio regionale, approvando la legge di cui sopra hanno mostrato tutta la loro limitatezza nella conoscenza del territorio.

Certo, oggi le strutture dell’Unical per ragioni di debolezza politica sono ferme dal 2007 sulla collina denominata “vermicelli”, mentre avrebbe dovuto scendere a valle fino a raggiungere il noto tracciato ferroviario; ma non per questo dovremmo rinunciare nel portare a termine il progetto dell’Unical che i padri fondatori ci hanno lasciato come loro patrimonio per lo sviluppo dell’area e della Calabria.

Non addossarti quindi la responsabilità di porre fine al loro lavoro bloccando a metà quel disegno che costituiva per tanti giovani e non solo la speranza di una Calabria migliore e diversa rispetto al passato.

Quindi la città unica deve comprendere anche, come viene precisato nella delibera del CTA dell’Unical, Montalto e sono letteralmente sorpreso e preoccupato per il silenzio del nuovo Sindaco, insediatosi da poche settimane, come lo sono pure per il silenzio del rettore dell’Università. Per portare a compimento le strutture dell’Università, sia nella parte residenziale, che didattica e scientifica, ci potrebbe essere la strada di recupero dei fondi del Pnrr non utilizzati, per come e’ accaduto in passato con i fondi strutturali. Pertanto resto fiducioso in un tuo intervento risolutivo per sedersi a un tavolo e ricomporre quanto necessario per realizzare la nuova grande città nella media valle del Crati, collocando al centro il progetto dell’Unical, per come ci avevano sollecitato e consigliato i padri fondatori.

Infine, tengo a precisarti, che il nuovo progetto della città  unica, predisposto dal consiglio regionale, non può  collocare l’Unical nella sua dimensione completa e definitiva su due aree urbane diverse. Ciò  è semplicemente ridicolo. La nuova città unica deve essere pensata  in funzione dell’esistenza dell’Unical e questa non può sottrarsi a svolgere un ruolo di costante integrazione.

Ed ancora tengo a precisarti che non posso partecipare al referendum consultivo, in quanto mi si nega il diritto di credere e lavorare per la realizzazione del progetto originario dell’Università della Calabria. Nelle stesse condizioni si troveranno le persone, e sono tante, che credono ancora nella realizzazione del progetto dell’Unical per come ti ho testé illustrato. (fb)

L’OPINIONE / Giovan Battista Perciaccante: Positivo l’avvio di percorso virtuoso per la Città Unica

di GIOVAN BATTISTA PERCIACCANTE – Il pronunciamento del Consiglio Regionale della Calabria, intervenuto nel tardo pomeriggio di ieri, restituisce un percorso virtuoso all’ipotesi dell’istituzione della città unica tra Cosenza, Rende e Castrolibero. Lo svolgimento del previsto referendum ed il lasso di tempo destinato ad intercorrere prima della ridefinizione dei confini della nuova realtà urbana saranno utili tanto verso un attivo coinvolgimento dei cittadini e delle forze sociali, quanto per mettere a punto un progetto articolato ben supportato da studi ed analisi ma soprattutto da una visione illuminata e lungimirante.

Le città sono sempre più complesse da governare e le politiche urbane, sociali ed economiche che le Amministrazioni locali devono mettere in atto, necessitano di azioni articolate e specializzate che siano condivise e misurabili negli effetti rispetto agli obiettivi prefissati. Allo stato dei fatti, il livello di coordinamento e di cooperazione degli attori istituzionali, nell’area urbana di riferimento, risulta ancora insufficiente. Mancano momenti di confronto sistematico tesi a rafforzare la cooperazione istituzionale al fine di promuovere, ad esempio, una maggiore integrazione degli investimenti pubblici in infrastrutture, per evitare duplicazioni e polverizzazione degli interventi, mirando a sostenere la creazione di economie di scala e di scopo attraverso la comune realizzazione e gestione delle opere.  

 Accanto alle tradizionali domande di regolazione dell’uso del suolo, di manutenzione edilizia e di produzione e gestione dei servizi le Amministrazioni locali sono chiamate ad intervenire per rispondere a esigenze stringenti che riguardano lo sviluppo imprenditoriale e occupazionale locale, la riconversione e riutilizzazione dei quartieri che nel tempo hanno perso la loro funzione originaria, la qualità urbana intesa come qualità ambientale, dei servizi e dei tempi di organizzazione e fruizione degli spazi. La vita sociale e i flussi dei residenti, infatti, si svolgono da tempo su scala sovracomunale, che è diventata di conseguenza la dimensione di riferimento per governare in modo adeguato i problemi legati alla qualità della vita e del benessere collettivo. 

Mobilità, acqua, qualità dell’aria, servizi ricreativi e culturali, trasporto pubblico locale, servizi socio-sanitari, scuola, energia, rifiuti urbani e l’insieme dei servizi a rete sono problemi che domandano politiche e interventi d’area vasta. Indispensabili per cercare di conseguire economie di scala, per evitare asimmetrie, duplicazioni e sprechi, per integrare e ottimizzare la gestione delle filiere dei servizi, per fare ricorso alle migliori competenze tecniche.

La portata delle scelte da compiere ha valenza tale da non poter rimanere confinata nel solo ambito del pur legittimo confronto tra i livelli delle istituzioni regionali e comunali. La sfida è tale che nessuno può permettersi il lusso di commettere errori, seppur in buona fede, a causa della fin troppo diffusa pratica dell’autoreferenzialità.

Quello che serve è un confronto a più voci tra esperienze e competenze diverse utile a far emergere convergenze e consapevolezza rispetto all’utilità della scala sovra-comunale nella misura in cui questa è in grado di rappresentare un nuovo spazio di impegno ed elaborazione politica e culturale, attorno a cui aggregare interessi e attenzioni diffuse per costruire nuove visioni e progettualità di futuri sostenibili ed attrattivi per le nuove generazioni. (gbp)

[Giovan Battista Perciaccante è presidente di Confindustria Cosenza]