LA GESTIONE DEI BENI CONFISCATI
LA CALABRIA È AL QUARTO POSTO

di ANTONIETTA MARIA STRATILa Calabria è la quarta regione, in Italia, per numero di beni confiscati sottratti alla mafia e alla criminalità organizzata dopo La Sicilia, la Campania e la Lombardia: sono 147, infatti, le diverse realtà impegnate nella gestione di beni sottotratti alla malavita in 44 comuni. È quanto emerso da “Raccontiamo il bene” 2025, il report di Libera sul riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie, in occasione del 29esimo anniversario della legge 109/96 per il riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati alle mafie.

Secondo gli ultimi dati dell’Agenzia Beni confiscati in Calabria, sono 2.920 i beni immobili confiscati e destinati, 1.693 quelli ancora in gestione ed in attesa di essere destinati. Sul lato delle aziende,  sono 190 le aziende confiscate e destinate mentre sono 295 quelle ancora in gestione. 

Dal report di Libera emerge che il 65% delle  realtà sociali è costituita da associazioni di diversa tipologia (96), mentre sono 20  le Coop sociali. Tra gli altri soggetti gestori del terzo settore, ci sono 13 realtà del mondo religioso (Diocesi, parrocchie e Caritas), 6 Enti Pubblici, 5 fondazioni e 2 consorzi cooperative. Nel censimento non sono compresi i beni immobili riutilizzati direttamente per finalità istituzionali dalle amministrazioni statali e locali.

Nella ricerca Libera ha ricostruito la tipologia di immobili gestiti dai soggetti gestori; in molti casi la singola esperienza di riutilizzo comprende più beni confiscati, anche di tipologia catastale diversa.

Emerge, così, che i soggetti gestori censiti gestiscono 71 beni tra appartamenti, abitazioni indipendenti, immobili; 41 tra ville, fabbricati su più livelli e di varia tipologia catastale o singole palazzine; 38 terreni agricoli, edificabili e di altra tipologia (anche con pertinenze immobiliari); 17 complessi immobiliari; 12 locali commerciali o industriali. Sono 91 i soggetti gestori le cui attività sono direttamente legate a servizi di welfare e politiche sociali per la comunità; 59 si occupano di promozione del sapere, del turismo sostenibile; 13 in attività legate all’ agricoltura e ambiente,7  si occupano di sport e 6 produzione e lavoro.

«Sono 1132 le realtà sociali che in tutta Italia, ogni giorno, con coraggio e generosità, trasformano luoghi che erano il simbolo del dominio criminale e mafioso sul territorio in luoghi in grado di raccontare una storia altra, un modello diverso di società, di comunità, di economia e di sviluppo. Un numero così alto, nel 1995, non si poteva immaginare», ha commentato Tiziana Giannone, responsabile nazionale Beni Confiscati di Libera.

«Dietro questo numero – ha continuato – ci sono volti e storie di associazioni, di cooperative che hanno trasformato quei luoghi di malaffare in luoghi parlanti, dall’inestimabile valore educativo e pedagogico. Un grande impegno plurale che ha rafforzato il tessuto sociale e che tiene unite le relazioni di una comunità, facendo da modello anche sul piano europeo e internazionale. Negli ultimi anni sono stati fatti tanti passi in avanti nella cornice normativa e in quella amministrativa; l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni confiscati, fulcro del processo di destinazione di un bene, ha assunto un ruolo cruciale di raccordo tra gli enti nazionali e le amministrazioni locali».

I risultati ottenuti fino ad oggi sono straordinari, ma le sfide non sono finite, ribadisce Libera.

In particolare, «la nuova modalità di destinazione dei beni confiscati, attraverso la Piattaforma Unica delle Destinazioni, rende l’intera procedura più agevole, ma ci pone davanti a nuove responsabilità: i Comuni prima, e gli Enti del Terzo Settore poi, hanno ora il compito di inserire la gestione di beni confiscati nei loro piani di azione, progettando e chiedendo quanti più spazi possibile. Il riuso sociale è una prassi consolidata, è un’opportunità per i nostri territori e questo nuovo strumento deve poterla rafforzare», ha continuato Giannone.

«La privatizzazione, sotto ogni forma, dei beni confiscati alle mafie sarebbe un tradimento alla nostra storia e all’impegno di tutto il movimento antimafia», ha concluso la Giannone.

«Gli importanti risultati raggiunti – scrive Libera – in termini di aggressione ai patrimoni delle mafie, della criminalità economica e dei corrotti e le sempre più numerose esperienze positive di riutilizzo sociale, richiamano sempre più l’attenzione sulle criticità ancora da superare e sui nodi legislativi ancora da sciogliere che richiedono uno scatto in più da parte di tutti».

Per queste ragioni, con urgenza, l’Associazione ha chiesto «che si possa garantire trasparenza nell’intera filiera di confisca e riuso dei beni confiscati, non come pratica dei singoli enti pubblici impegnati nel percorso del bene. La partecipazione democratica dell* cittadin* e la possibilità di incidere sulle politiche pubbliche del territorio è un diritto e un dovere per chi si impegna quotidianamente; poter contare su banche dati che interagiscono tra loro e che condividono i diversi passaggi della vita di un bene confiscati permette a tutt* noi di poter progettare un riuso il più aderente possibile ai bisogni della comunità. La cultura del dato, come cultura di attivazione partecipata, deve essere alla base delle scelte amministrative dei tribunali, di ANBSC, degli enti locali di prossimità».

Alla politica, poi, che «ci sia una chiara presa di posizione: i beni confiscati non si possono privatizzare, attraverso l’affitto oneroso o con la vendita. Chi scrive che la confisca ha penalizzato i territori del Sud Italia, sta riscrivendo la storia del nostro Paese, calpestando chi ha dedicato la sua vita a sostenere la confisca dei patrimoni come strumento cardine della lotta alle mafie. Questo non lo possiamo permettere e il nostro impegno sarà quello di tutelare l’impianto normativo nella sua interezza».

Libera, poi, ha chiesto che si possa creare una cabina di regia nazionale, inserita all’interno della strategia nazionale che ci viene richiesta dalla nuova direttiva europea, per sistematizzare le risorse e rendere i diversi fondi complementari tra loro. Questo perché «le risorse per la valorizzazione dei beni confiscati devono essere messe a sistema, facendo dialogare i fondi pubblici e gli investimenti di enti privati. 30 anni di esperienza, infatti, ci confermano che non si può solo sostenere la ristrutturazione di un immobile, senza pensare a come renderlo un luogo aperto e sostenibile».

«Il report “Raccontiamo il Bene” è una testimonianza di come, attraverso il riutilizzo dei beni confiscati – conclude l’Associazione – si possa costruire un futuro migliore. È il racconto di una resistenza viva, di progetti che restituiscono dignità e speranza a territori segnati dalla criminalità, ma che oggi stanno cambiando volto grazie all’impegno di tante realtà sociali. La strada da percorrere è ancora lunga, ma insieme possiamo continuare a Rac-contare sempre più storie di riscatto e di bene».  (ams)

L’OPINIONE / Franz Caruso: Impellente individuare iniziative per contrastare criminalità organizzata

di FRANZ CARUSO  – A 32 anni dalla strage di Capaci e via D’Amelio, in occasione della Giornata della legalità che si celebra il 23 maggio, ricordo con commozione i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, Francesca Morvillo e gli uomini delle loro scorte ribadendo un impegno mai sopito a combattere ogni forma di illegalità, sopruso e sopraffazione.

Ritengo un dovere ricordare tutte le vittime di mafia, le donne e gli uomini di Stato, e tra essi  Sergio Cosmai barbaramente assassinato nella nostra città, che hanno pagato con la vita la loro  battaglia contro la criminalità organizzata. Il ricordo del loro sacrificio è infatti un esempio da trasmettere alle nuove generazioni che può fungere da antidoto anche contro ogni sopraffazione e violenza.
Dobbiamo sentirci ancora tutti in trincea a difesa dei valori della legalità, anche perché  nella nostra regione e nella nostra provincia  assistiamo, ormai da tempo, ad un rinnovato attacco a Sindaci ed amministratori locali che portano avanti atti e azioni di contrasto a pratiche e condotte illecite. In questa escalation di attentati e gesti vili, che condanno fermamente, l’ultimo in ordine di tempo è quello perpetrato a danno del consigliere comunale di Amantea, delegato ai grandi eventi e al decoro urbano, architetto Sergio Campanella a cui ignoti, nei giorni scorsi, hanno incendiato l’autovettura.
Al consigliere Campanella manifesto vicinanza e solidarietà istituzionale e personale, ritenendo, però, che oltre alle espressioni di solidarietà, pur importanti, si debba avviare una mobilitazione di tutte le Istituzioni per contrastare una situazione divenuta ormai incandescente.
D’altro canto, noi sindaci siamo i rappresentanti istituzionali più prossimi ai cittadini ed ai loro bisogni, lasciati soli anche nell’affrontare e tentare di risolvere le problematiche delle nostre comunità, che spesso parlano, soprattutto alle nostre latitudini, il linguaggio chiaro del disagio sociale ed economico.
Ecco perché è impellente individuare, insieme, iniziative ed azioni  capaci di contrastare questa recrudescenza  di atti intimidatori.  La criminalità organizzata, è evidente, sta alzando il tiro ed ha ripreso  a minacciare le Istituzioni ed occorre fermarla. (fc)
[Franz Caruso è sindaco di Cosenza]

L’OPINIONE / Pino Masciari: Criminalità organizzata causa dello spopolamento del Sud

di PINO MASCIARI – I nostri giovani continuano a lasciare il Sud Italia. Perché? Il Sud, la Calabria in modo particolare, è terra arida per chi ha bisogno di far crescere e fiorire il proprio futuro. Nel settore privato, imprenditoriale, commerciale, se cresci rischi di perdere tutto, perché attiri immediatamente gli avvoltoi della ‘ndrangheta.

La politica nel suo significato più autentico è nobile, dovrebbe incarnare gli ideali più alti, ma purtroppo è l’uomo che fa politica e l’uomo ha le sue debolezze. Qualcuno di loro o per paura o per avidità o per sete di potere, finisce direttamente o indirettamente a favorire l’illegalità, cadendo nelle logiche mafiose. Le coscienze della gente comune sono messe a posto dalle notizie di indagini e blitz, che di fatto danno l’impressione che “qualcuno se ne stia occupando”, restituendo l’illusione che questo basti a ritenersi non direttamente coinvolte e responsabili.

E la ‘ndrangheta, in questo status quo, continua a conquistare terreno, a sostituirsi allo Stato, a garantire un’efficienza, che seppur sanguinaria ed efferata, rimane tempestiva. Da quello che emerge dalle indagini, hanno talmente tanta liquidità di denaro, che potrebbero risanare il debito pubblico italiano e non solo. Di questo passo, se i giovani non mostreranno consapevolezza, se non se ne parlerà apertamente, se non si denuncerà ogni qualvolta si avrà sentore di una forzatura, di una stortura, di una vessazione, il potere della criminalità organizzata crescerà ancora e occuperà tutti i centri di potere, nazionali e internazionali.

L’allarme è grave e urgente! Questa inconsapevolezza, vera o apparente, è forse la più pesante responsabilità che grava sulle nuove generazioni. (pm)

Bevacqua e Iacucci (PD): Serve impegno di tutti contro la criminalità organizzata

«Serve l’impegno di tutti contro la criminalità organizzata». È quanto hanno ribadito i consiglieri regionali del Pd, Mimmo BevacquaFranco Iacucci, esprimendo la propria vicinanza al sindaco di Cetraro, Ermanno Cennamo, dopo «il grave fatto di sangue che ha sconvolto la cittadina da lui guidata e che ripropone con forza il problema della sicurezza del territorio e della lotta alla ‘ndrangheta».

«Bene ha fatto il primo cittadino di Cetraro – hanno proseguito Bevacqua e Iacucci – a rivolgersi direttamente al Ministro dell’Interno Piantedosi per chiedere allo Stato segnali forti di vicinanza ad un Comunità che faticosamente sta cercando di muoversi verso il progresso e la legalità e non vuole tornare nella morsa della criminalità».

«I sindaci non possono essere lasciati da soli – hanno concluso i consiglieri regionali dem – come Pd ci attiveremo in ogni modo possibile per fornire sostegno alla cittadina di Cetraro e, più in generale, perché in Calabria non si abbassi mai l’attenzione nei confronti della ‘ndrangheta e ai suoi gangli che troppo spesso hanno condizionato la vita dei calabresi e lo stesso sviluppo della Regione». (rcs)

Criminalità organizzata, Cgil Calabria: Le Istituzioni attivino strumenti utili presenti nel nuovo codice antimafia

La Cgil Calabria, in merito alla criminalità organizzata, ha sottolineato che bisogna «costruire una riflessione che parta innanzitutto dal mondo del Lavoro, dal sistema delle Imprese, dall’associazionismo e che determini dentro le nostre comunità una presa di coscienza con l’obiettivo di rafforzare e proteggere le attività sane, che rispettano i diritti ed i contratti, che denunciano la criminalità ed il Pizzo, anziché finanziare la ‘Ndrangheta».

Inoltre, il sindacato sollecita «le Istituzioni ad attivare quegli strumenti utili, presenti anche nel nuovo codice antimafia (seppur di fatto indeboliti dalle modifiche apportate dell’ex Ministro dell’Interno, Matteo Salvini) a partire dalla costituzione dei tavoli provinciali su aziende sequestrate e confiscate (previsione presente nell’art. 41-ter del D Lgs 159/2011) per come richiesto a maggio scorso dalle Segreterie Regionali di Cgil Cisl Uil a tutte le Prefetture calabresi».

«L’operazione Geolja – si legge in una nota di Angelo Sposato, segretario generale Cgil Calabria, Celeste Logiacco, segretaria Cgil Piana di Gioia Tauro, Giuseppe Valentino, segretario generale Filcams Cgil Calabria e Samantha Caridi, coordinatrice Filcams Cgil RC – parla ai lavoratori ed alle lavoratrici di questa nostra Calabria. Ci si chiede di prendere coscienza che dietro ogni sopruso, ingiustizia, ricatto subito dentro un luogo di lavoro spesso ci sono logiche ed azioni criminali che condizionano la nostra vita e la nostra società. La ‘ndrangheta, soprattutto nei settori del Turismo, del Commercio e dei servizi in Calabria ruba il futuro a migliaia di lavoratrici e lavoratori ed ai loro familiari. Ogni volta che viene applicato un contratto pirata, ogni volta che l’azienda non rispetta i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, ogni soldo di paga rubato e sottratto ad un dipendente per poi finire nelle mani dei Mammasantissima è un furto alle nostre vite, alla possibilità di riscatto della Calabria».

«Ci sono – prosegue la nota – alcuni particolari emersi dall’inchiesta che dovrebbero portare ad un sussulto, ad una riflessione indignata e possibilmente ad una reazione concreta coloro i quali si pregiano di rappresentare il sistema delle Imprese, le Istituzioni, gli Enti Locali, lo Stato».

«Il fatto che – dice ancora la nota – dopo anni di battaglie, lotte, movimenti, formazione, azioni culturali e di sensibilizzazione, arresti, denunce, di fronte ad un attentato alla propria attività commerciale non ci si rivolga alle forze dell’ordine ma alla ‘Ndrangheta per chiedere protezione è devastante dal punto di vista culturale perché significa che viviamo in una società dove lo Stato è più debole delle forze occulte e criminali. La cosa grottesca è che mentre lo Stato spesso si piega alle logiche del mercato, in Calabria il mercato viene gestito, organizzato e governato alla luce del sole dall’anti-Stato che impone regole di concorrenza, orari di lavoro, e salari; praticamente un diritto del lavoro alternativo a quello che dovrebbe essere garantito da leggi ed Istituzioni Pubbliche».

«Invece – si legge ancora – la totale inadeguatezza ed inconsistenza dei servizi ispettivi, le lungaggini processuali, l’impunità garantita alle imprese che violano i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori ha portato gradualmente ad un senso di rassegnazione e di assoggettamento per cui si preferisce non denunciare e non far rispettare i propri diritti sul luogo di lavoro. Quando il lavoro è debole e senza diritti lo Stato perde. Ma il vero interrogativo è se davvero c’è una reazione strutturata e coerente contro la ‘Ndrangheta o se spesso anche chi dovrebbe operare a tutela della Repubblica, attraverso sottovalutazioni, omissioni e inadempienze non favorisca la sopravvivenza di questo virus distruttivo».

«La Filcams Cgil Calabria – conclude la nota – è impegnata ad aprire un’interlocuzione con le associazioni datoriali, al fine di costruire azioni che tendano a favorire la parte sana dell’economia e della società con l’obiettivo di isolare il marcio presente nel mercato del lavoro e nelle Istituzioni». (rcz)