Scuola: a Reggio Dad fino al 15 gennaio, Gli altri sindaci stanno valutando se chiudere gli istituti

Comincia il sindaco ff di Reggio, Paolo Brunetti a chiudere gli istituti scolastici: intanto fino al 15 di gennaio. Altri sindaci della regione stanno valutando il da farsi. A tale proposito il presidente della Regione Roberto Occhiuto aveva sottolineato che «i presidenti di Regione non possono intervenire chiudendo le scuole, ma possono farlo i sindaci».

Il presidente, poi, evidenziando come la didattica a distanza in Calabria «è sempre e comunque un problema» a causa delle carenze digitali e infrastrutturali, ha spiegato «che aprire la scuola con qualche giorno di ritardo potrebbe essere utile per fare in modo che gli studenti possano stare in classe in modo da evitare in futuro altre chiusure».

«Per questo ho sostenuto anche la posizione di tutti i presidenti di Regione che hanno chiesto al Governo di differire di una decina di giorni l’apertura delle scuole per poter poi aprirle in sicurezza senza nuovi provvedimenti di stop» ha spiegato ancora il Governatore, ricordando che «il Governo ha scelto diversamente decidendo comunque di riaprire gli istituti alla data stabilita».

«Per quanto mi riguarda – ha proseguito – ho fatto l’unica cosa che potevo fare e cioè differire di un paio di giorni l’apertura e questo perché tutte le ordinanze che i presidenti dovessero fare e che avessero come oggetto la chiusura delle scuole, sarebbero facilmente impugnate dopo i decreti di aprile».

«Non mi sto opponendo alle richieste dei primi cittadini che sollecitano la mia opinione sull’apertura o chiusura delle scuole – ha concluso Occhiuto – ma questa non è più una competenza dei presidenti delle Regioni. Noi possiamo fare pressioni sul Governo, ma su questo tema le pressioni non hanno sortito alcun effetto».

Brunetti, a Reggio, ha firmato l’ordinanza che dispone la sospensione, “a tutela della salute pubblica”, delle attività didattiche in presenza in tutte le scuole di ogni ordine e grado della città, sia pubbliche e private, con esclusione degli asili nido, con decorrenza dal 10 al 15 gennaio 2022.

Il provvedimento si è reso necessario alla luce del forte incremento dei contagi che si sta registrando in città e che sta determinando una pressione crescente sulle strutture ospedaliere. Un dato, quest’ultimo, che è emerso in maniera chiara anche dalla nota del Direttore Sanitario del Gom la quale informa che “l’attuale andamento del numero dei contagi legato al covid 19 è in crescita e che la pressione sull’ospedale può diventare insostenibile”.

In questo contesto l’inquilino di Palazzo San Giorgio sta seguendo da vicino l’evolversi della situazione attraverso una continua attività di interlocuzione e confronto con la Prefettura, la Regione Calabria, la direzione sanitaria del Gom, le autorità sanitarie e gli esperti della task force comunale sulla Sanità che in serata si è riunita per fare il punto della situazione alla presenza, fra gli altri, degli assessori comunali Demetrio Delfino e Lucia Nucera e del consigliere Giuseppe Giordano.

«Abbiamo assunto questa decisione, che è stata pienamente condivisa dai componenti della task force – spiega il Sindaco f.f. Brunetti – consapevoli del momento che stiamo vivendo in conseguenza della nuova ondata di contagi causata dalla variante Omicron del Covid 19. È necessario in questa fase attuare un attento monitoraggio della situazione e nel contempo favorire la campagna vaccinale, con particolare attenzione alle fasce d’età comprendenti bambini e ragazzi. Naturalmente, – conclude il Sindaco f.f. – tale misura potrà essere eventualmente prorogata nei prossimi giorni, in ragione delle ulteriori esigenze che verranno imposte dalla diffusione dei contagi, contemplando la possibilità di un nuovo allungamento del periodo di sospensione dell’attività didattica in presenza». (rcz)

DISPARITÀ SOCIALI E SCUOLA IN CALABRIA
IL GRAVE EFFETTO NEGATIVO DELLA DAD

di VITTORIO DANIELE – Data l’importanza dei fattori sociali ed economici, per ridurre i divari nelle competenze tra individui e territori non basta intervenire sulle risorse scolastiche o sui curricula. È necessario anche ridurre le disuguaglianze sociali che ne sono alla base. I divari nelle competenze scolastiche non sono solo sintomo di iniquità, di disuguali opportunità. Rappresentano anche un’insidia, perché sono una delle modalità attraverso le quali povertà e disuguaglianza si trasmettono tra le generazioni.

Come mostra l’ultimo rapporto Invalsi (2021), la pandemia da coronavirus, rendendo necessaria la didattica a distanza, ha avuto un effetto negativo sull’apprendimento degli studenti. Si è verificato un calo generalizzato delle competenze scolastiche, mentre i divari, già molto ampi, tra Nord e Sud sono cresciuti. Nelle regioni meridionali, il 50-60% degli studenti dell’ultimo anno delle scuole superiori non ha raggiunto la soglia minima di competenze in italiano; una quota che sale al 70% nelle prove di matematica. Nelle regioni settentrionali, le quote variano tra il 35-40% per la matematica e raggiungono il 50% in quelle del Centro Italia.

Sebbene aggravati dalla pandemia, i divari tra Nord e Sud sono strutturali. Per esempio, nei test in matematica Ocse-Pisa 2018, il risultato medio degli studenti del Nord (515 punti) è stato simile a quello della Svizzera, ai primi posti nella graduatoria internazionale, mentre nel Sud Italia (445 punti) analogo a quello della regione Karagandi, in Kazakistan. Da cosa dipendono questi così ampi divari?

In Italia, come in altre nazioni, i punteggi medi nei test scolastici sono in relazione col livello di sviluppo economico delle regioni. Maggiore il livello di sviluppo, misurato dal reddito pro capite, mediamente più elevati i risultati ottenuti dagli studenti nei test sulle competenze. Come mostro in un recente articolo pubblicato sulla rivista Intelligence c’è, però, un’altra variabile che, più del reddito pro capite (che, ricordiamo, è una media) ha un forte legame con i punteggi scolastici regionali: si tratta della povertà relativa.

Questa misura di povertà è detta relativa perché è data dalla percentuale di famiglie il cui reddito è inferiore al 50% di quello mediano. Per tale ragione, oltre a essere una misura di deprivazione, la povertà relativa è anche una misura di disuguaglianza nella distribuzione del reddito.

Come mostra il grafico tra le regioni italiane si osserva una forte relazione tra i livelli di povertà relativa e i risultati degli studenti nei test in matematica (Pisa 2012). I punteggi nei test sono, infatti, mediamente più bassi nelle regioni meridionali, in cui l’incidenza della povertà è maggiore. È importante osservare che i punteggi nei test sono calcolati per tener conto dello status socioeconomico e culturale delle famiglie degli studenti. Ciò significa che le differenze Nord-Sud nelle competenze non dipendono solo dal retroterra familiare degli studenti, ma anche da altri fattori.

Questa forte relazione tra povertà relativa e competenze scolastiche si riscontra anche quando si considerano altre rilevazioni, come quella Pisa 2018 e quella Invalsi (V classe della scuola secondaria). Inoltre, la relazione si osserva anche tra le regioni della Spagna, dell’Australia e di altre nazioni.

Le cause dei divari

I fattori che influenzano il rendimento scolastico sono numerosi. Le differenze individuali (cioè tra i singoli studenti) sono spiegate sia da fattori genetici, sia ambientali. Tra questi ultimi, la condizione socioeconomica delle famiglie ha un ruolo fondamentale. Com’è intuibile, gli studenti provenienti da famiglie povere e con basso livello d’istruzione ottengono, mediamente, risultati inferiori a quelli dei loro compagni le cui famiglie hanno uno status socioeconomico più elevato. Il rendimento è influenzato, però, non solo dal contesto familiare, ma anche da quello extra-familiare, cioè sociale e culturale, in cui gli studenti, sin dall’infanzia, vivono.

Nelle scuole situate nei quartieri più poveri e svantaggiati, gli studenti ottengono risultati mediamente inferiori a quelli dei loro pari che frequentano le scuole dei quartieri più ricchi. Come è intuibile, la qualità delle scuole è inestricabilmente connessa alla condizione sociale ed economica degli studenti che le frequentano e, di conseguenza, a quella del contesto territoriale in cui si trovano.

Già nel 1966, il sociologo James Coleman, in un noto studio riguardante gli Stati Uniti (il Rapporto Coleman) evidenziò come, per il rendimento scolastico, l’importanza del retroterra familiare degli studenti e delle condizioni socioeconomiche fosse di gran lunga maggiore rispetto alle risorse finanziarie e materiali a disposizione degli istituti scolastici. Sottolineava, invece, l’importanza della qualità degli insegnanti.

Ma torniamo alle differenze regionali nei punteggi nei test scolastici. Alcuni studiosi, tra cui Richard Lynn, sostengono che queste differenze sarebbero, in parte, dovute a fattori genetici. Secondo questa tesi, nel Sud Italia il quoziente d’intelligenza (QI) medio sarebbe inferiore a quello del Nord e ciò contribuirebbe a spiegare i più bassi risultati scolastici. Una tesi non supportata da solide basi scientifiche. È, invece, ragionevole che, analogamente a quanto accade tra scuole situate in aree diverse, le differenze regionali nelle competenze scolastiche riflettano sottostanti diseguaglianze socioeconomiche, di cui la povertà relativa è un indicatore. Una società disuguale tende a produrre esiti disuguali anche nell’istruzione.

Una riflessione conclusiva. Data l’importanza dei fattori sociali ed economici, per ridurre i divari nelle competenze tra individui e territori non basta intervenire sulle risorse scolastiche o sui curricula. È necessario anche ridurre le disuguaglianze sociali che ne sono alla base.

I divari nelle competenze scolastiche non sono solo sintomo di iniquità, di disuguali opportunità. Rappresentano anche un’insidia, perché sono una delle modalità attraverso le quali povertà e disuguaglianza si trasmettono tra le generazioni. (vd)

[courtesy opencalabria.com]

Franco Corbelli: Dad in tutte le scuole per fermare contagio tra bambini e maestri

«Dad in tutte le scuole per fermare massacro bambini e maestri». È questo l’appello lanciato da Franco Corbelli, leader del movimento Diritti Civili, a seguito dell’esplosione dei contagi tra i bambini in una scuola primaria di Cosenza.

Corbelli, infatti, ha denunciato «la drammatica condizione in cui sono costretti a stare, tra molti disagi, i bambini, a scuola, con un sensibile, preoccupante aumento dei casi tra di loro proprio in questi ultimi giorni e con il rischio che, anche per colpa della cosiddetta variante inglese, da poco individuata anche in Calabria, possano verificarsi proprio nelle aule dei veri e propri focolai, trasformando la scuola in una pericolosa polveriera pronta ad esplodere».

Per questo Corbelli nel suo video appello-denuncia ritorna a chiedere «la Dad in tutte le scuole sino al superamento di questa fase emergenziale per mettere, così, al riparo bambini, studenti, docenti e le loro stesse famiglie. La Dad subito in tutte le scuole per fermare il massacro di bambini, maestri e personale del mondo della scuola e le loro rispettive famiglie e comunità».

Diritti Civili aveva chiesto, nelle settimane scorse, l’immediata chiusura delle scuole, anche in Italia, almeno sino a Pasqua, come si sta facendo in mezza Europa, Israele e come ha fatto finanche la Cina per scongiurare una strage. Il leader di Diritti Civili anche nel video protesta, ha annunciato che «i responsabili del mancato intervento, dovranno essere perseguiti per crimini contro l’umanità e, per questo, dovranno essere giudicati davanti ad un Tribunale speciale militare, come si è fatto a Norimberga, dopo la seconda guerra mondiale, per i crimini di guerra».

Corbelli, che si dice «assolutamente contrario alla folle idea di far continuare le lezioni sino a luglio, per recuperare giorni di lezione che si pensa (sbagliando) siano stati persi»,  ha ricordato i «pareri contrari alla riapertura delle scuole di autorevoli scienziati (i prof. Galli, Crisanti, Pregliasco, Lopalco…) e dello stesso consulente del ministro della Salute, il prof. Ricciardi, che afferma, quest’ultimo, come le scuole siano il centro di trasmissione della pericolosa, più contagiosa e letale variante inglese.

«Cosa si aspetta allora ad intervenire? – si chiede Corbelli –. Ci si rende conto del pericolo? Non bastano le decine di migliaia di contagi e le centinaia di morti, che si registrano ogni giorno anche in Italia, con l’impressionante numero complessivo di vittime che, nel nostro paese, sfiora le 90mila? Non bastano i pareri di questi scienziati per disporre la Dad in tutte le scuole”?». (rcs)

Corbelli (Diritti Civili) mette in guardia sui rischi della riapertura scuole

Il leader di Diritti Civili Franco Corbelli mette in guardia sul grave rischio per gli studenti dopo la riapertura delle scuole e la frequenza in presenza. Corbelli chiede al presidente ff. Nino Spirlì di estendere la didattica integrata anche alle altre scuole per socngiurare una nuova, pericolosa, ondata di contagi.

Franco Corbelli, da tempo impegnato per «la chiusura delle scuole sino al superamento della fase emergenziale», difende l’ultima ordinanza del presidente Spirlì, sulla didattica integrata, chiedendo «di estendere la Dad, anche alle altre scuole, a partire dalle medie, per scongiurare una nuova, pericolosa ondata di contagi».

Corbelli, in un videomessaggio critica «quanti si oppongono a questo giusto, sensato, responsabile e opportuno provvedimento del Governatore che servirà certamente a scongiurare o quantomeno a contenere i rischi del contagio e limitare i danni», e indica anche «una scadenza per il superamento di questo momento critico e il ritorno in classe in condizioni di maggiore serenità e più sicurezza. Con l’arrivo della primavera e la fine della stagione invernale – prosegue il leader di Diritti Civili – la situazione dovrebbe sicuramente migliorare, per le caratteristiche del virus (che, com è noto, si diffonde più facilmente con il freddo) e per la vaccinazione (oggi di fatto quasi non iniziata, e limitata solo, giustamente, agli operatori sanitari) e solo allora si può ragionevolmente pensare al ritorno nelle aule di tutti gli studenti di ogni scuola. Ma farlo adesso significa mandare letteralmente al massacro milioni di studenti, docenti, personale Ata e mettere a serio e forte rischio le loro famiglie e l’intera comunità nazionale. Autorevoli scienziati (i prof. Galli, Crisanti, Pregliasco, Lopalco…) e lo stesso consigliere scientifico del Ministro della Salute, Ricciardi, sconsigliano la riapertura delle scuole mettendo in guardia sui grandi rischi che si corrono. Ecco perché è folle e irresponsabile riaprire adesso le scuole e rinunciare alla Dad che consente di eliminare questi rischi e continuare regolarmente le lezioni sia pure a distanza».

Corbelli, che ribadisce «come le scuole (oggi delle vere polveriere, pronte ad esplodere!) non sono come gli ospedali che devono per forza restare aperte, anche in piena pandemia», nel suo nuovo video attacca «partiti e politici (impegnati a Roma e in Calabria, solo a spartirsi poltrone e pensare a fare alleanze, vecchie, nuove e populiste, per conquistare la Regione e il potere!) che, conclude, non hanno speso una sola parola sul drammatico problema della scuola e a favore di questa battaglia per la Dad» e ribadisce che considera «la riapertura delle scuole, in questo momento così delicato, critico e rischioso, un attentato alla salute di milioni di studenti e docenti e un crimine contro l’umanità che, se dovesse succedere qualcosa di grave, chiederà, come Diritti Civili, di giudicare davanti ad un Tribunale speciale militare, come si è fatto a Norimberga, dopo il secondo conflitto mondiale, per i crimini di guerra!». (rcs)