IL PONTE E LA NECESSITÀ DI SPIEGARE BENE
AI CITTADINI QUALI VANTAGGI PORTERÀ

di PIETRO MASSIMO BUSETTA – Anche l’Europa dice sì al ponte sullo stretto di Messina, sempre più ponte del Mediterraneo ma anche dell’Europa. Via libera del Parlamento Europeo alle linee guida aggiornate per lo sviluppo della Rete transeuropea dei trasporti (Ten-T), che collega oltre 420 grandi città dell’Ue. 

L’intesa raggiunta con gli Stati membri a dicembre, adottata a Strasburgo con 565 voti a favore, 37 contrari e 29 astenuti, prevede, tra i punti, l’inclusione di un riferimento allo Stretto di Messina, per aggiungere al cosiddetto corridoio ‘Scandinavo-Mediterraneo’ un “collegamento fisso o un Ponte” per collegare Villa San Giovanni a Messina, che potrebbe dunque accedere ai finanziamenti europei. 

Sempre più quindi il ponte acquisisce quel ruolo che deve avere: cioè un collegamento tra Hong Kong-Singapore e Stoccolma. Per fortuna!Perché il rischio che diventasse argomento di cortile per chi ritiene che sia un collegamento per far vedere più frequentemente e con meno difficoltà il ragazzino innamorato di Messina con la sua fidanzatina di villa San Giovanni o di Reggio Calabria diventava sempre più grande. 

O anche che fosse il ponte di qualcuno, con un vizio ormai inveterato per osteggiarlo, e  di farlo diventare da parte di una opposizione ideologica il mausoleo di Berlusconi e adesso il ponte di Salvini.

Le  polemiche che hanno riguardato i tre Comuni coinvolti più pesantemente, e che certamente pagheranno un prezzo molto alto negli anni della costruzione e che vorrebbero decidere se l’opera deve essere realizzata oppure no, vanno in tal senso.  

Così come sono sulla stessa linea i comitati degli abitanti delle zone che andranno espropriate per fare posto ai piloni del ponte, che è vero che saranno rimborsati ai prezzi di mercato,  e forse anche a qualcosa in più, ma è anche vero che saranno remunerati   esclusivamente per le parti in regola e questo diminuirà enormemente  il valore di molti immobili totalmente abusivi o con parti abusive e non sanate.  

L’istituto dell’esproprio per pubblica utilità mette in atto un meccanismo che fa violenza. Ed entra a gamba tesa nella  vita della gente.    

 Comunità, come in questo caso, che hanno, regole, abitudini, conoscenze, socialità, in generale vita, che scorrono con certo ritmo,  saranno  costrette a modificare le loro abitudini e il loro stile di vita, abbandonare gruppi  consolidati, per iniziare un nuovo percorso.

Di tutto questo gli abitanti coinvolti, probabilmente, non ne avranno alcun vantaggio, perché gli effetti positivi si riverberanno sul Paese e sull’Europa, e in seconda battuta sulla Sicilia e sulla Calabria. 

Molta gente ha subito nella vita forme di esproprio per il passaggio di una strada, o per la costruzione di un asilo nido o una scuola, o un parco pubblico. Ma essendo quest’opera unica al mondo, con dei piloni che raggiungono i 400 metri di altezza, che ovviamente avranno  una base enorme, insisteranno su una zona ampia e anche  molto abitata. Né poteva essere scelto un altro posto considerato che quello è il punto in cui le coste si avvicinano maggiormente. 

Si spiegano così le preoccupazioni non solo degli abitanti che saranno sottoposti all’esproprio, ma anche delle amministrazioni locali, che indagano, correttamente, sull’impatto sulle proprie popolazioni, ma anche sullo sconvolgimento che porterà nelle loro città la costruzione di una simile, fantastica, definita faraonica e certamente unica nel suo genere, opera. 

Negli ultimi giorni prevale quindi una sindrome Nimby (Not In My  Back Yard), non nel mio cortile, modificata. Nel senso che non trattandosi di un’opera che può essere fatta in un altro posto, come per esempio una centrale nucleare o un deposito di rifiuti, la sindrome assume la veste della contrarietà all’opera perché si tratta di un progetto “anacronistico, dannoso, sbagliato”, come sostenuto dal segretario PD Elly Schlein, con una veemenza adatta ad altre battaglie, considerato peraltro che molti dei maggiorenti del PD, come Romano Prodi e Dario Franceschini, Enzo Bianco, si erano dichiarati a favore. 

Ma ormai il percorso è in uno stato avanzato e probabilmente già in una fase di non ritorno quindi conviene occuparsi di come far si che le comunità locali non abbiano solo svantaggi dalla costruzione dell’opera. 

Quindi i sindaci di Reggio Calabria, Messina e Villa San Giovanni vanno ascoltati e coinvolti in una operazione che spieghi alle città interessate i vantaggi che per la costruzione dell’opera, sia nel breve, che nel medio e lungo termine, si avranno a favore delle loro comunità.         

Evitando che il periodo dei cantieri  diventi un inferno di camion che attraversano le strade, con polvere ovunque, un traffico impazzito e magari, come si è ventilato, con anche la mancanza d’acqua per i cittadini per le esigenze della costruzione. I problemi della costruzione di infrastrutturazioni che impattano sulle città li conosciamo tutti. Bisogna evitare che alcuni paghino troppo perché se le comunità si ribellano poi la costruzione potrà avvenire soltanto, come è accaduto con la Tav, a condizione che vi sia un controllo armato delle forze di polizia. 

La speranza è che Pietro Ciucci, il presidente della società Stretto Di Messina, valuti adeguatamente la problematica e intervenga in modo opportuno  perché si riducano i disagi in modo consistente. Il costo dell’opera è enorme; che vi siano delle voci importanti di costo nel progetto per evitare che alcuni soltanto paghino il prezzo  di una infrastruttura così fondamentale non solo é opportuno ma indispensabile. 

Non bisogna ripetere l’errore che è stato fatto addebitando alle due Regioni direttamente coinvolte il 10% del costo dell’opera, perché questa deve essere correttamente guardata come un collegamento per lo sviluppo, nei confronti dell’Europa e dell’Africa. 

Mentre forse era opportuno che una percentuale del Mose di Venezia fosse pagato dai veneti, considerato che il grande vantaggio di non far scendere sotto l’acqua alta la città lagunare sono per quella economia, anche se il bene è patrimonio dell’umanità, non ha alcun senso addebitare a calabri e siciliani una parte del costo di un collegamento europeo, correttamente inserito nel corridoio scandinavo Mediterraneo.      

Spiegando adeguatamente il senso dell’opera   molte cose diventano sensate, a partire da un costo consistente  fino a finire a un contributo importante da parte dell’Unione Europea. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

PONTE, 8 ANNI DI DISAGI NELLO STRETTO MA I VANTAGGI SONO PER TUTTO IL PAESE

di PIETRO MASSIMO BUSETTA – “Ponte e libertà”  é il motto adottato da alcuni gruppi che sono favorevoli alla costruzione del Ponte sullo  Stretto.

Libertà perché l’infrastruttura dovrebbe consentire finalmente quella mobilità che finora le regioni meridionali da Napoli in giù non hanno avuto, possibilità di riuscire a rimanere nella propria terra e non essere obbligati ad emigrare, opportunità per coloro che vivono nella area metropolitana di Reggio Calabria, Villa San Giovanni, Messina.

Non vi è dubbio però che nella fase della costruzione della infrastruttura coloro che soffriranno di più sono proprio queste aree, pagheranno il prezzo che pagano i cittadini di Roma quando si costruisce la metropolitana, o quelli di Venezia quando si è costruito il Mose, o i residenti nella Val di Susa per la Tav.

Ma mentre gli svantaggi dei romani o dei veneziani vengono sopportati per una infrastruttura che interessa loro, quelli a carico degli abitanti dei villaggi valdostani o degli abitanti dell’area metropolitana dello stretto sono a vantaggio di tutto il Paese.

Perché deve essere chiaro che la costruzione del ponte non è che porti un vantaggio prevalentemente alle regioni che collega, anche se non bisogna dimenticare che il costo dell’insularità è stato calcolato per la Sicilia, da parte di Prometeia e dell’Assessorato all’Economia della Regione Siciliana, in 6 miliardi  e mezzo l’anno.

Cifra enorme e improbabile, malgrado l’autorevolezza degli studiosi, perché se fosse vera porterebbe ad un ammortamento dell’opera in soli due anni e renderebbe l’operazione di cancellazione operata da Mario Monti un disastro epocale.

Ma tornando al tema in realtà il vero vantaggio è per il Paese e per l’Europa che finalmente si proietterebbero verso l’Africa, verso Suez e praticamente verso Singapore e Hong Kong. Collegando la Mittel Europa al Medio e all’Estremo Oriente. Non a caso la costruzione dell’infrastruttura è stata inserita nelle  reti trans-europee di trasporto (Ten-T).E-

A vantaggio dell’umanità perché eviterà che le grandi navi porta containers debbano attraversare tutto il Mediterraneo e l’Atlantico fino a Rotterdam, Aversa o Amburgo, con emissioni di CO2 che, in un momento di riscaldamento globale e di passaggio obbligato verso il green, diventa devastante.  Contribuirà peraltro allo sviluppo del Mezzogiorno, indispensabile perché i rapporti con il Nord Africa si trasformino da estrattivi in collaborativi.

Ma non vi è dubbio che il prezzo più alto,  al di là di quello economico, lo pagheranno i cittadini di Messina e di Villa San Giovanni che dovranno sostenere i disagi di otto anni di costruzione, di un numero enorme di passaggi di camion per il movimento terra, di espropri per cui una serie di persone dovranno abbandonare le loro case, le loro abitudini, il loro territorio.

In tale logica diventa fondamentale che la Società ponte sullo stretto di Messina si adoperi per fare prima comprendere e poi toccare con mano tutti i vantaggi che quest’opera, anche nella fase della costruzione, può portare a quell’area.

Pertanto è necessario intensificare la collaborazione con le comunità locali.

Che possano capire i grandi vantaggi di ospitare un cantiere così grande. Che dovrebbe contribuire  fin da subito ad evitare che i propri figli debbano continuare ad espatriare come é avvenuto fino ad adesso.

Per questo  il villaggio delle migliaia di persone che dovranno lavorare alla struttura non dovrà essere totalmente estraneo alla realtà circostante, indipendente dall’economia del luogo. Anche se questo dovesse essere il sistema più oneroso per la  WeBuild Group la logica vuole che invece le interazioni siano il numero massimo possibile. Perché tutti si rendano conto del grande vantaggio di avere tale opera nel proprio territorio sia nella fase successiva all’apertura al traffico del ponte ma anche nella fase di costruzione.

Finora i rumors che arrivano dal territorio non sono tali da tranquillizzare, mentre l’operazione in questa prima fase sembrerebbe totalmente romana.

Mentre si avvicina sempre più il momento in cui i cantieri del ponte dovrebbero essere aperti la necessità che il territorio, ma anche tutto il Paese, prenda consapevolezza del grande interesse che ha per tutti una simile opera, diventa sempre più forte.

E così come per il Paese una comunicazione positiva per controbattere quella estremamente martellante contro, anche se portata avanti da piccole minoranze, si palesa la necessità che il consenso del territorio sia sempre più ampio e possa confrontarsi con i pochi che, avendone uno svantaggio personale dovuto agli espropri per il bene pubblico delle proprie case, come accade in questi casi, continuano a fare molto rumore dando la sensazione che ci sia un mondo contro.

Spiegare ai messinesi e ai calabresi come si eviterà di impattare sul loro quotidiano evitando che il peso e il fastidio dei lavori possa ricadere su di loro è un compito altrettanto importante di quello di spiegare che il ponte si regge, che il problema della sua chiusura per il vento non esiste, che le preoccupazioni relative alle falde che si allontanano sono assolutamente irrealistiche e che il pericolo di un eventuale terremoto che possa farlo cadere è inesistente.cosa non facile da attuare ma che diventa una priorità perché in 8 anni una città può anche entrare in un cono d’ombra pericoloso, acuendo le problematiche di spopolamento che i territori interessati vivono da anni. Un elemento da non trascurare é quello di valorizzare il grande interesse turistico che il ponte in fase di costruzione può costituire, organizzando visite guidate che illustrino la grande opera dal progetto alle varie fasi costruttive.

Insomma invece di continuare a dibattere su un dilemma ormai superato, cioè Ponte si o Ponte no, sarebbe opportuno che si operasse in modo costruttivo per contribuire a far comprendere con fatti e non più con parole che ciò che è stato affermato e viene propagandato come un grande vantaggio per i territori non debba aspettare il completamento dell’opera ma si cominci a  vedere da subito.

Ordini professionali, università, scuole fin dalle elementari, la carta stampata e l’informazione web,  devono essere coinvolte perché la costruzione diventi patrimonio di tutti. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]