Una memoria che non tramonta

di MONS. FRANCESCO OLIVARitornando indietro nel tempo (dicembre 2013-gennaio 2014), vengono in mente eventi che il tempo non consuma. Cassano all’Ionio, piccola diocesi del cosentino.

Era la fine del 2013 e gli inizi del 2014. Era stato da poco nominato Vescovo della diocesi un presbitero di Cerignola don Nunzio Galantino. C’era un clima di grande entusiasmo ed attesa. Papa Francesco aveva individuato nel vescovo di Cassano all’Ionio il nuovo Segretario generale della Cei.

Una scelta che aveva suscitato sorpresa, ma anche preoccupazioni per il futuro della diocesi. Tornano in mente tanti ricordi. Bei ricordi! Come quello del tempo natalizio, quando papa Francesco chiese a “don Nunzio” la disponibilità al servizio in Cei come segretario generale. Don Nunzio, pur disponibile, nutriva non pochi dubbi.

Come dirlo alla Comunità diocesana, che già si sentiva penalizzata per i frequenti trasferimenti del proprio vescovo? Come questa avrebbe accettato l’evenienza di un suo trasferimento? In realtà si percepiva una certa preoccupazione nella chiesa locale, perché eventi del genere si erano verificati più volte in passato. Don Nunzio descrisse bene questa situazione al santo Padre, che comprese le ragioni del disagio e di una possibile reazione.

La risposta del papa fu quella del Padre, che ascolta e dialoga con i suoi figli. Con una lettera manoscritta si rivolse alla comunità diocesana, quasi a voler “scusarsi”, per aver richiesto la collaborazione del suo vescovo. In essa il papa esprimeva il desiderio di voler conoscere personalmente la comunità diocesana. La lettera destò molta sorpresa ed una reazione positiva di profonda soddisfazione e gioia interiore. Si vide in quel gesto un segno dall’Alto, da comprendere alla luce dell’agire dello Spirito che opera in chi è chiamato a guidare la Chiesa.

Quella lettera era un evento unico nella memoria storica della nostra Chiesa: un Papa che porge le proprie scuse ad una comunità per un atto che rientra nelle sue competenze! Quella lettera, conservata nell’archivio della diocesi, fu distribuita a tutti, sacerdoti e fedeli laici. Si avvertì una generale ammirazione, per quel gesto che faceva sentire la vicinanza del papa. Roma non era poi così lontana: non lo era soprattutto il papa. Personalmente credevo (e credo) alle sorprese dello Spirito. E quella lettera lo era.

Il desiderio espresso dal santo Padre di volerci incontrarci e conoscere era il nostro grande sogno. Leggendola mi balenò un pensiero: perché non presentare domanda al Santo Padre con invito a venire in Diocesi? Fu così che il testo preparato fu sottoscritto da tutti i sacerdoti e consegnato direttamente al santo Padre, che, appena lo lesse, reagì prontamente: “Verrò”. E così avvenne cinque mesi dopo il 21 giugno 2014.

L’attesa divenne invocazione, gioia, preghiera.

La visita venne preparata in breve tempo. Don Nunzio, indimenticabile vescovo di Cassano, fu il vero artefice dei preparativi, difendendo gelosamente il carattere “diocesano” della visita.

Papa Francesco arriverà in diocesi il 21 giugno alle 9, atterrando in elicottero nel piazzale del carcere di Castrovillari, per la visita ai detenuti, al personale penitenziario ed alle loro famiglie. Dopo una breve cerimonia di accoglienza, fece visita al vicino centro di cure palliative per malati terminali “San Giuseppe Moscati”. In Cattedrale, incontrò in forma riservata il clero diocesano. Ed alle ore 13 il pranzo al seminario diocesano “Giovanni Paolo I”, insieme ai poveri della Caritas diocesana ed ai giovani della comunità terapeutica “Saman”. Nel pomeriggio, l’incontro con gli anziani della “Casa Serena”. E subito la ripartenza per Sibari, ove sarà celebrata la Santa Messa nella spianata dell’area ex Insud, con inizio fissato alle 16.30. Dopo aver attraversato i diversi settori a bordo della papamobile, per stringere in un unico, affettuoso abbraccio le decine di migliaia di fedeli venuti da tutta la Calabria e dalle regioni viciniori.

Il Papa, per il quale oggi tutta la Chiesa prega, dedicò un’intera giornata alla Diocesi di Cassano in terra di Calabria, compiendo gesti profetici che rimarranno indelebili: la visita al carcere di Castrovillari, il pranzo con i poveri, piccoli gesti quali la stretta di mano e la benedizione ad una ammalata con gravi disabilità fermando la papamobile lungo il percorso che dal centro cittadino portava a Sibari.

Ma anche la bella omelia pronunciata davanti a più di 200 mila fedeli, ricca di parole di fede e di speranza, parole evangeliche, che non ho mai dimenticato. È rimasta nella memoria la condanna espressa senza mezzi termini nei confronti della ‘ndrangheta:

«La ’ndrangheta – disse – è questo: adorazione del male e disprezzo del bene comune. Questo male va combattuto, va allontanato! Bisogna dirgli di no! La Chiesa che so tanto impegnata nell’educare le coscienze, deve sempre di più spendersi perché il bene possa prevalere. Ce lo chiedono i nostri ragazzi, ce lo domandano i nostri giovani bisognosi di speranza. Per poter rispondere a queste esigenze, la fede ci può aiutare. Coloro che nella loro vita seguono questa strada di male, come sono i mafiosi, non sono in comunione con Dio: sono scomunicati!».

Parole dure che sgorgarono dal cuore di un pastore venuto da lontano, che conosceva il male provocato da tale associazione criminale a questa terra della Locride ed alla Calabria, «terra tanto bella, che conosce i segni e le conseguenze di questo peccato». 

In quella breve visita alla Chiesa di Cassano papa Francesco ha incontrato tutta la Calabria. Essa ha rappresentato un tempo di grazia per la diocesi di Cassano e per l’intera Calabria. Ma anche per me, che in quel breve passaggio del santo Padre ho colto parole di speranza, concreti orientamenti e indicazioni illuminanti per il mio futuro ministero pastorale nella diocesi di Locri-Gerace. (fo)

[Mons. Francesco Oliva è vescovo Diocesi Locri-Gerace]

LOCRIDE, LA CHIESA ACCANTO AI SINDACI
PERCORSO DI COMUNITÀ DA FARE INSIEME

di MONS. FRANCESCO OLIVA – Carissimi, sento di dovervi ringraziare ancora una volta per l’incontro di saluto e di augurio in occasione del Santo Natale, ma ancor più per il lavoro che quotidianamente svolgete a favore di questa meravigliosa terra. In un contesto sociale delicato e difficile, con non pochi condizionamenti.

Ponendovi in prima linea nel lottare e ricercare le risorse necessarie per la vita e la cura delle nostre comunità.
Condivido le vostre sofferenze e l’impegno a conservare nei territori gli ultimi presidi di formazione (scuole e asili), di vita sociale (sportelli postali, bancari) e di altri servizi essenziali. Provando spesso un senso di frustrazione, quando agli sforzi compiuti non seguono i risultati sperati e quando la stessa comunità non coglie il valore dei vostri tanti sforzi compiuti. Spesso avvertendo un senso di solitudine.

Spendersi per la propria comunità e lavorare con passione è di per sé stesso un percorso che ripaga il vostro impegno. Senza lasciarsi coinvolgere nelle logiche partitiche e dei gruppi di potere che intendono ridurre tutto alla logica del proprio interesse e profitto. La vostra gioia sia sempre nel fare tutto per il bene comune, difendendo le comunità dall’arroganza di chi mette sempre al primo posto gli interessi personali. Camminate con lo sguardo attento sempre e solo ai bisogni della gente.

Apprezzo l’attenzione che prestate nella valorizzazione e custodia dei centri storici. Un patrimonio di arte, storia e cultura che va gelosamente custodito. Nonostante lo spopolamento. Sono le radici della nostra storia ed ogni edificio, castello, torre, piazzetta, vicolo, fontana, Chiesa racconta un vissuto che ci appartiene. Su di essi è bene investire risorse con eventi culturali, di folklore e di tradizioni.

Troppo spesso vi trovate a difendere il territorio comunale da attività che ne compromettono l’integrità. Penso all’abbandono dei rifiuti, al degrado degli spazi pubblici, all’inquinamento ambientale, agli incendi estivi, all’abusivismo edilizio ecc. La gente apprezza la buona amministrazione. Lo dimostrano la buona risposta nella raccolta differenziata dei rifiuti, tante spontanee iniziative di volontariato, la partecipazione alla vita sociale e civile di tante associazioni. Mi conforta anche – nel rispetto delle reciproche competenze – la collaborazione nei progetti di solidarietà della Caritas diocesana e della Caritas parrocchiali.

La Locride è una bella comunità con una sua identità e le sue tipicità, le sue problematiche e ferite, le sue prospettive di sviluppo e di crescita: esse vanno sempre considerate ed affrontate nella loro specificità. Non può mancare una visione d’insieme e una prospettiva di più ampio respiro, che esige il lavorare in rete. Conosco il vostro cammino e la storia dell’associazione dei Comuni della Locride e del Comitato dei Sindaci. Senza entrare nel merito delle problematiche emerse nel tempo, ho sempre pensato trattarsi di un’organizzazione rispondente alla legittima istanza di fare rete attorno a progetti comuni. Al di là di ogni interesse particolare o di logica localistica.

Sono preoccupato per le tensioni che si sono creati negli ultimi giorni e per il rischio di un generale sfaldamento, con conseguente perdita dei valori che l’avevano ispirata. È vero: ci possono essere fasi di stanchezza, la difficoltà del lavorare insieme. È sempre latente la tentazione di pensare che da soli si possa arrivare prima alla soluzione dei problemi. Ma isolandosi non si va lontano. Lavorando in rete si fa più fatica, ma crescono e si arricchiscono le possibilità di relazioni tra le persone, tra le comunità e gli stessi amministratori.

I problemi sono tanti e gravi: non ci si può dividere. Tra questi mi permetto di segnalare il fenomeno criminale che si alimenta col narcotraffico, l’usura, l’incremento esponenziale delle sale gioco. Le inchieste della Magistratura e delle Forze dell’ordine dimostrano la recrudescenza del fenomeno criminale. Occorre tanto impegno e collaborazione. Ognuno deve fare la propria parte. Sui problemi non ci si può permettere il lusso di dividersi. La responsabilità amministrativa impone coesione e coraggio, il sapere osare oltre le proprie visioni. Lavorare insieme è un bisogno dettato dall’amore per il proprio popolo.

In dialogo con alcuni di Voi pare imprescindibile un Patto per la Locride, ove si colgano e si affrontino insieme i problemi comuni più gravi. I problemi del vicino sono anche i miei problemi. Insieme si lotta per superarli. Insieme ci si sostiene. Insieme si cammina. Al di là degli schieramenti partitici. I problemi comuni sono tanti e non si possono affrontare in una prospettiva municipale. Una scelta sbagliata fa male a tutti. Sarebbe imprudente pensare di risolvere i problemi della “propria” comunità senza considerarli nel contesto più ampio. A tal fine non deve mancare il coraggio della verifica ed eventualmente la disponibilità per gli opportuni correttivi.

Il rinnovamento ed il cambiamento per il bene comune, facendo anche un passo indietro, non è resa, ma saggezza costruttiva e positiva.

Una cosa è certa: i problemi che interessano il nostro territorio, quello della viabilità (SS 106 in primis, collegamenti con i territori più interni e collinari, strada statale 682 Jonio-Tirreno), della rete ferroviaria, dello spopolamento dei centri storici, dell’amministrazione della sanità territoriale, della disoccupazione o dell’emigrazione giovanile, possono essere affrontati solo in una visione d’insieme. In una prospettiva che pone questa terra in una comunità più grande, per la quale molti dei suoi figli hanno versato il loro sangue, pagando di persona un’unità nazionale nella quale hanno fermamente creduto.

La Locride non può essere marginalizzata, terra di periferia penalizzata da uno sviluppo a più velocità. Molto dipende da quanti l’abitiamo, dall’amore che abbiamo per essa. E soprattutto dalla lungimiranza dei suoi amministratori che per amore verso la propria comunità devono mostrare tanto coraggio nel mettere da parte le proprie visioni ed eventuali progetti di fronte alle esigenze del bene più grande dell’intero territorio.

La Locride o cammina insieme o non va da nessuna parte! Occorre superare divergenze e divisioni, guardare con uno sguardo nuovo la realtà sociale e politica, che non è più quella di qualche decennio fa. “L’età del piombo” sembra essere passata. Ma non possiamo godere di una Locride che va spopolandosi, desertificandosi sempre più. I cambiamenti climatici si riflettono anche sulla nostra area. Se i giovani vanno via, se tante eccellenze locali emigrano, una ragione dev’esserci. Sono questi i problemi che c’interpellano, che interpellano giorno dopo giorno chi è chiamato ad amministrare.

Chiudo questa mia lettera, che spero non sia considerata invadente, con il richiamo di papa Francesco nell’enciclica “Laudato sì”: “Siamo tutti connessi!”.

Essere consapevoli di questa verità elementare sta alla base di ogni sana politica. Con la stessa consapevolezza sono con voi, soffro con voi, ma soprattutto cammino con voi. (fo)

[Mons. Francesco Oliva è vescovo della Diocesi di Locri-Gerace]

Dal Santuario della Madonna dello Scoglio mons. Oliva ringrazia Papa Francesco

di PINO NANO – «Il riconoscimento ufficiale di questo luogo mariano fa onore a tutta la Regione. Lo Scoglio è destinato ad essere centro di spiritualità aperto a tutti, anche a quanti provengono da altre regioni e nazionalità. Sono presenti gruppi di preghiera in Polonia, in Ucraina, in Germania ed in altri paesi. Dallo Scoglio può riflettersi l’immagine positiva di una Calabria accogliente, capace di far tesoro delle risorse e bellezze del suo territorio. Sono certo che d’ora in avanti si farà attenzione ad esso, rendendolo meglio accessibile attraverso scelte infrastrutturali e recettive, di largo respiro». 

Il vescovo di Locri, mons. Francesco Oliva torna al santuario della Madonna dello Scoglio di Placanica per ringraziare Papa Francesco che ha di fatto riconosciuto lo Scoglio di Placanica luogo sacro di preghiera.

«Siamo qui pellegrini riuniti sotto lo sguardo della Vergine Immacolata nostra Signora dello Scoglio. È il primo pellegrinaggio che facciamo come chiesa diocesana, dopo il riconoscimento ufficiale di questo luogo mariano da parte del Santo Padre. Questo incontro di preghiera è stato programmato di concerto con la santa Sede per ringraziare il Signore del dono ricevuto. Grandi cose ha fatto il Signore per noi, ha fatto germogliare i fiori tra le rocce, in un deserto ha fatto sgorgare acqua pura, ha dispensato tante grazie spirituali, manifestando attraverso Maria la sua infinita misericordia. Tutta la nostra chiesa diocesana ringrazia papa Francesco per questo momento di grazia e di festa». 

Dall’altare di Placanica, davanti ad una folla strabordante e incontenibile il vecchio pastore di Locri si rivolge direttamente a Fratel Cosimo Fragomeni, l’uomo che viene ormai indicato dai media come il padre Pio di Calabria, e dice: «Oggi, forse come mai fatto prima, esprimiamo come chiesa diocesana la nostra gratitudine e vicinanza spirituale a Fratel Cosimo, che ha consacrato tutta la sua vita alla missione che Maria gli ha affidato. Siamo particolarmente uniti ai volontari del Santuario, alla Fondazione Madonna dello Scoglio, ai Testimoni del Rosario, a tutta la famiglia dello Scoglio ed al numeroso popolo dei devoti. Ci sentiamo tutti popolo mariano che davanti all’immagine della Vergine in questo santuario ed in tutti gli altri santuari loda il Signore per le meraviglie operate attraverso questa donna, che ha portato in grembo il Figlio dell’Eterno Padre».

Commovente l’abbraccio che Fratel Cosimo dedica al suo Vescovo, che nella sua omelia spiega in maniera chiarissima il mistero di Placanica: «In seguito al decreto di nulla osta approvato da papa Francesco, la chiesa ha riconosciuto che anche nell’esperienza mariana dello Scoglio c’è stata tanta ricchezza di vita e di grazia dispensata dallo Spirito Santo. Molti fedeli venuti allo Scoglio attraverso lettere, email, testimonianze dirette raccontano delle loro esperienze di conversioni dopo essersi allontanati dalla pratica religiosa, di riscoperta della vita sacramentale, del dono di una guarigione insperata. Il tutto grazie all’intercessione della Vergine Immacolata ed alle preghiere di Fratel Cosimo».

 Ma chi è oggi Fratel Cosimo per la Chiesa ufficiale?

Lo spiega davanti a tutti mons. Francesco Oliva: «Nel “poco” che abbiamo possiamo riconoscere l’esperienza dello Scoglio, l’umile e generosa testimonianza di Fratel Cosimo e di tanti uomini e donne, che frequentano lo Scoglio e qui hanno ritrovato conforto e pace. La Chiesa, dopo un lungo tempo di discernimento, ha confermato che in questo “poco”, allo Scoglio, s’è manifestata la grazia e la benevolenza di Dio. La nostra Chiesa diocesana gioisce per questo e ringrazia Dio che sceglie come interlocutori privilegiati i poveri e gli umili, le periferie esistenziali, i luoghi sperduti e solitari».

E il riferimento di Mons. Oliva va dritto a Fratel Cosimo: «Scopriamo che in questo luogo, a partire dall’11 maggio 1968 un umile figlio di questa terra, fratel Cosimo, s’è trovato al centro della benevolenza del Padre. Sulla grande pietra di calcare scuro (lo scoglio), s’è sentito avvolto in una luce folgorante. Come racconta egli stesso, “in quel momento ho sentito come un brivido attraversare il mio corpo, fui preso da un forte senso di paura e stavo per scappare, perché ho pensato si trattasse di qualche spirito, anche se dall’aspetto sembrava la Madonna…. Mi sono sentito come sconvolto, profondamente turbato, assalito dal dubbio se era veramente la Madonna oppure no. Quando improvvisamente mi vidi abbagliato da una luce accecante…».

Il santuario esplode in un applauso corale. Si coglie con mano una sensazione molto netta, e cioè che mons. Oliva sia davvero uno dei primi fedeli dello Scoglio.

«Tutto ha avuto origine – dice il vescovo – in una esperienza di fede semplice e spontanea. È una fede che esalta la relazione e il legame con Dio. Questa è la fede che Fratel Cosimo cerca di vivere nella Chiesa e con la chiesa, in piena sintonia col papa Francesco ed il vescovo. Questa fede possibile continuerà ad essere annunciata in questo luogo. Con l’avallo ufficiale della Chiesa sarà proposta a quanti qui cercano per sé e per gli altri, cose concrete, bisogni essenziali: il lavoro, l’amore, il perdono, il figlio che non arriva, la guarigione dalle influenze malvagie e dalle cattiverie. A questi bisogni e umane richieste Fratel Cosimo risponde con la preghiera, non illude né indica formule magiche, invita ad aver fede».

Ma dice molto di più il pastore di Locri: «La missione che Maria affida attraverso l’opera fondata da Fratel Cosimo è rendere questo luogo “una finestra verso il cielo”, un luogo dove attraverso la mediazione di Maria s’incontra la misericordia del Padre. Qui la Vergine Immacolata s’è resa vicina, ci ricorda che Dio non si è dimenticato di noi e che la nostra è benedetta da Lui. Chiede a tutti un sussulto di umanità, che lasci dietro di sé ogni rassegnazione, tristezza e scoraggiamento. Fratel Cosimo ci ha sempre ricordato che lo Scoglio ci appartiene, rendendoci partecipi della missione ricevuta da Maria».

«Non ci resta che farla nostra e impegnarci in questa opera mariana. Ce lo chiede non solo Fratel Cosimo, ma tutta la Chiesa dopo il riconoscimento ufficiale. Lo chiede a tutti i sacerdoti, al rettore del santuario ed ai confessori, chiamati ad esercitare in questo luogo il sacramento del perdono ed a spezzare e condividere il pane della vita. Lo chiede per il bene nostro e della nostra terra a tutti gli uomini e alle donne devoti dello Scoglio». 

 

Anno Mariano: il messaggio del vescovo di Locri Francesco Oliva

In occasione dell’apertura dell’Anno Mariano, ieri il vescovo di Locri mons. Francesco Oliva ha diffuso un messaggio rivolto ai fedeli. «In questo giorno memoria della Beata Vergine Maria del Rosario, desidero esprimere la gioia della nostra Chiesa per l’inizio dell’Anno Mariano che ha trovato l’accoglienza entusiasta dei fedeli devoti di Maria. L’accoglienza della statua della Madonna è solo un segno esterno dell’accoglienza della Vergine Maria nel proprio cuore. La statua e le immagini sacre non sono la Vergine Madre, ma ne sono solo un’immagine, il richiamo a quella realtà personale che vive nella gloria di Dio e dei Santi. Non siamo adoratori di statue, ma figli accoglienti della Madre Maria, che è davanti a noi a mostrarci la bellezza dell’essere veri discepoli del Figlio suo in cerca di speranza, di pace e di amore. Disposti a vivere il Vangelo della gioia nella sequela di Gesù nostro Salvatore (“qualunque cosa Egli vi dica fate”).

Di questo ho scritto nella mia lettera per l’anno mariano Nello stupore di tutto il creato, che invito i parroci a leggere ed a far conoscere ai fedeli. Scopo dell’anno mariano non è moltiplicare le occasioni di festeggiamenti esterni, ma richiamo a vivere la devozione mariana nella sua essenziale verità, come ritorno a Dio con il sacramento della confessione per la conversione ed il perdono dei peccati, con la preghiera e l’evangelizzazione.
Per questo non è il caso di organizzare manifestazioni esterne con fuochi pirotecnici o altro. Ricordo che è assolutamente vietato nelle manifestazioni sacre effettuare fuochi pirotecnici senza i dovuti permessi, gli adempimenti previsti per legge, pena la responsabilità personale degli organizzatori, il parroco in primis. Né ha alcun senso religioso esporre la statua o l’immagine sacra nel corso di tali spettacoli.
È consentita solo la “Peregrinatio Mariae”, che è un breve percorso processionale penitenziale che accompagna con canti e preghiere la statua della Madonna verso il santuario o la chiesa parrocchiale. Durante questo percorso non sono consentite soste davanti ad abitazioni private o inchini, raccogliere offerte o allungarne la durata, privilegiando situazioni personali o altri interessi estranei.
Durante il breve percorso processionale raccomando di pregare con il santo Rosario, col desiderio di “mettersi alla scuola di Maria: ricordare Cristo con lei, imparare Cristo con lei, conformarsi a Cristo con lei, supplicare Cristo con lei, annunciare Cristo con lei. In una parola, il Rosario ci aiuta a riportare lo sguardo nella direzione di Maria che sempre ci lascia incontrare suo Figlio” (com’è scritto nella lettera Nello stupore di tutto il creato).
Affido alla vostra sensibilità l’organizzazione di questi momenti di preghiera, sperando che questo Anno Mariano ci aiuti a purificare la nostra devozione mariana, come anche a recuperare il vero senso della festa e la coerenza di una vita di fede che rende più bello il mondo e le relazioni tra noi». (rrc)

Il vescovo Mons. Oliva al programma “Ascolta si fa sera” su Radio 1

Mons. Francesco Oliva, vescovo della Diocesi di Locri-Gerace, sarà ospite, ogni lunedì, del programma radiofonico Ascolta si fa sera di Radio 1.

Mons. Oliva, dunque, inizierà questa serie di appuntamenti – in programma il lunedì – con una riflessione dedicata alla Giornata Internazionale della Donna, che si celebra l’8 marzo, mentre nella puntata del 14 marzo sarà ricordata l’importanza che assume il termine servo nelle autodefinizioni di Gesù. Poi, sarà ricordato il 30esimo anno in cui si celebra la Giornata dei Missionari Martiri. Il 28 marzo, il vescovo parlerà della Parola delle scritture in tempo di Quaresima. (rrm)

ANCHE NELLA DEVOZIONE FEDELI DI SERIE B
IL VESCOVO DI LOCRI CONTRO IL DIVARIO

di SANTO STRATI – C’è una grande disparità anche nella cura e manutenzione delle strade che servono ai fedeli per giungere ai luoghi di culto: alla processione della Madonna della Montagna di Polsi il vescovo di Locri Francesco Oliva si scaglia contro l’abbandono, ancora più accentuato in Calabria, delle vie di comunicazione. I fedeli sono svantaggiati se non del tutto impediti a giungere, per esempio, al Santuario di Polsi: «Non siamo fedeli di serie B – ha detto mons. Oliva – perché le risorse per rendere accessibili i luoghi di villeggiatura in montagna ci sono e per Polsi no? Perché non dev’essere consentito il diritto di accesso a un luogo di culto qual è il nostro santuario? I fedeli devoti del nostro Meridione non sono cittadini di serie B. E non accettano di essere ingannati  e umiliati dalla solite promesse politiche non mantenute. I politici vanno e vengono, ma i problemi rimangono sempre gli stessi».

È una dura reprimenda contro il colpevole abbandono in cui la politica calabrese lascia le strade e le vie di comunicazione di Polsi, ma è un discorso che vale per molti altri borghi di montagna dove diventa sempre più un’avventura attraversare viottoli e stradine sterrate difficilmente praticabili. Un richiamo ancora più forte, in vista delle prossime elezioni regionali, sulle quali – come si ricorderà – la conferenza episcopale calabra si era già espressa chiedendo finalmente competenza e capacità in chi si candida e marcando il rifiuto della politica del non fare e degli interessi personalistici. È stata la prima volta che l’assemblea dei vescovi calabresi ha preso posizione nella politica regionale, predisponendo un documento di così grande rilievo (vedi Calabria.Live dell’8 agosto).

Molto bello il discorso del vescovo Oliva, quello di un pastore che ha cura delle sue anime e sente sulla propria pelle le tante asperità che il divario nord-sud continua ad accentuare: cittadini di serie B, malati di serie B, ora anche devoti di seconda categoria. Dove sta il diritto alla uguaglianza nel processo di crescita civile del nostro Paese, se anche nelle piccole, ma urgenti, problematiche nessuno provvede?

«Ci ritroviamo qui – ha detto salutando i fedeli che sono riusciti ad arrivare al Santuario – per ringraziare la Madonna della Montagna. Lei è la Madre di Dio e madre nostra. Qui abbiamo un appuntamento annuale che non vogliamo interrompere. Preghiamo il Signore di concederci sempre la grazia di poterlo fare, liberandoci da questa pandemia che tante morti e tanta sofferenza ci sta procurando. Per difenderci da essa ci stiamo sottoponendo a tante limitazioni, anche come Santuario. Ciò che che caratterizza la devozione alla nostra Madonna sono le carovane, i pellegrinaggi a piedi. A molti di essi non non è stato possibile raggiungere il Santuario e son dovuti tornare indietro. Molti altri devoti non possono venire al Santuario a causa delle difficili condizioni delle vie di accesso. Sono molti i devoti che chiedono la messa in sicurezza delle strade di accesso al Santuario, che ci sia almeno una strada percorribile in auto da due versanti, quello ionico e quello tirrenico. Sostengo con piacere l’iniziativa dei devoti di Polsi che stanno sottoscrivendo una richiesta a riguardo. Non si chiede la luna: eppure non troviamo ascolto!».

Quella della strada conduce al Santuario di Polsi è una lunga storia: era stata riparata e trasformata in una sottospecie di stradone di montagna, per poi venire distrutto dalle prime violente piogge invernali. Arrivarci è un vero atto di devozione: «Essere qui oggi – ha detto il vescovo Oliva – in questo delicato contesto è un dono del Signore. Lo è per tutti noi che siamo qui e possiamo stare ai piedi dell’immagine sacra della Madonna di Polsi, aprirle il nostro cuore, invocare aiuto e soccorso».

Il vescovo non ha tralasciato di sottolineare la tragedia del fuoco in Aspromonte: «Venendo abbiamo visto tutti i danni prodotti dagli incendi estivi, che hanno distrutto boschi che si erano formati in centinaia di anni, che i nostro antenati avevano gelosamente custoditi come patrimonio comune. Una vera ecatombe ambientale, un disastro ecologico! Il nostro Santuario si è trovato circondato dalle fiamme distruttive provocate da gente senza scrupoli, veri e propri criminali. Solo questa piccola area intorno a noi è stata risparmiata. Dobbiamo ringraziare Maria. Ella ha sofferto tanto per questo attacco criminale ai boschi dell’Aspromonte. Ne ha sofferto fino a piangere per l’indifferenza dei suoi figli, che – cagionando tali incendi – hanno dimenticato che Lei è la madre che ebbe cura Gesù, e ora si prende cura con affetto e dolore materno di questo mondo ferito».

«Se siamo suoi devoti – ha aggiunto il presule – chiediamole che ci aiuti a guardare questo mondo con occhi più sapienti e rispettosi dell’ambiente, che ci aiuti ad amarne la bellezza». Non avremo futuro «se non comprenderemo che i danni prodotti all’ambiente sono danni prodotti all’intera umanità, se non ci ribelleremo e non denunceremo apertamente coloro che si rendono responsabili di tali misfatti. Sì, il mondo non ha futuro se continua ad affermarsi una mentalità ostile alla natura, che considera l’ambiente come cosa che non gli appartiene, che non si fa scrupoli nel maltrattare e distruggerlo».

A noi fedeli devoti – ha detto ancora mons. Oliva – «la Madonna di Polsi chiede di camminare assieme, di stringere un patto a difesa dell’ambiente e della cosa comune. CHiede di mettere da parte ogni comportamento di disprezzo della natura, di amare i boschi, di non abbandonare i rifiuti per strada o nelel aree pic-nic, di lasciare il posto in cui andiamo più bello di come lo abbiamo trovato. Chiede di farlo assieme: “Insieme è la parola chiave per costruire il futuro: è il noi che supera l’io”».

Un appello rivolto non solo ai credenti, è facile toccare i tasti della devozione per lanciare un sincero grido d’allarme, ma in realtà il bellissimo discorso di mons. Oliva è destinato soprattutto a chi non ha fede, a chi l’ha perduta, a chi potrà ritrovarla o trovarla soltanto guardando la bellezza del creato, lo straordinario mondo che Dio ci ha donato e al quale le lodi di San Francesco, fanno da cornice e lo rappresentano in tutto il suo splendore. Papa Francesco che dal poverello di Assisi ha preso il nome, ha più volte espresso il suo pensiero sui guasti che l’uomo sta provocando a una natura che, a sua volta, si ribella e punisce l’umanità. È dal piccolo borgo di Polsi che arriva la lezione più importante, destinata alla futura classe politica che governerà la Regione: occorre metterci amore per rendere questa terra sempre più bella e, ovviamente, anche quest’area del Santuario ad oggi abbandonata e troppo trascurata. L’impegno dell’attenzione non è solo di chi crede, ma riguarda tutti indistintamente. Per fare in modo che non ci siano più cittadini di serie B, malati di serie B, devoti di serie B, ma italiani e calabresi largamente orgogliosi delle proprie origini. (s)