;
Pino Nano e Antonio Catricalà

Domani alla Luiss il ricordo di Antonio Catricalà a un anno dalla scomparsa

Antonio Catricalà, “Un ricordo nel giorno dei suoi 70 anni”. Domani lunedì 7 febbraio alla LUISS un convegno a lui dedicato. Il 24 febbraio di un anno fa Antonio Catricalà si toglieva la vita. Aveva 69 anni. Calabria Live vuole rendere omaggio a questa prestigiosa figura della storia della Repubblica, e lo fa con un profilo della sua vita scritto subito dopo la sua scomparsa dal giornalista Pino Nano, con lui in alto nella foto, e che lo conosceva profondamente bene.

di PINO NANO –  Antonio Catricalà nel corso della sua vita è stato più “cose insieme”. Magistrato, professore universitario, avvocato cassazionista, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Viceministro della Repubblica, Presidente di Sezione del Consiglio di Stato, ma prima ancora grand commis e manager di grande modernità, riconosciuto come tale in tutto il mondo.

Suo padre, Celestino Catricalà, era uno degli avvocati più famosi del foro di Catanzaro. Sua madre, Vincenzina Scalamogna, era invece una delle insegnanti più amate e più rispettate della città, dove Antonio nasce il 7 febbraio 1952, e vive fino all’età di 18 anni. Unico figlio maschio di famiglia, da ragazzo a Catanzaro con tre donne per casa, mamma e due sorelle più piccole, Annamaria e Maria. Da grande a Roma, invece, con due figlie di cui era visceralmente innamorato, Michela e Giulia, e una moglie importante, Diana Agosti, attuale Capo del Dipartimento Politiche Europee presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, una delle donne più influenti e più stimate di Palazzo Chigi.

La storia personale di Antonio Catricalà è una storia simile a mille altre storie di successo di questo nostro Paese. Una infanzia “dorata” a Catanzaro, città dove frequenta il Ginnasio e il Liceo classico, Liceo Galluppi, e dove prende la maturità con il massimo dei voti. Predestinato a diventare un numero uno della vita del Paese.

“Già da ragazzo, parlo degli anni del ginnasio – ricorda Peppe Soluri, suo compagno di banco per cinque anni e oggi Presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Calabria – già allora Antonio sapeva perfettamente bene cosa avrebbe fatto poi da grande. Pensa che a noi, che non avevano la minima idea di cosa fosse quel tipo di lavoro, non faceva altro che ripetere “Da grande farò il Consigliere di Stato”. Immaginavamo fosse una via di mezzo tra il fare l’avvocato o il fare il magistrato, ma non ne eravamo certi. Quello che invece ricordo perfettamente bene è che gli anni del Galluppi a Catanzaro sono stati per lui anni di grandi relazioni all’interno della scuola. Antonio già allora era una forza della natura. Aveva un carattere aperto volitivo avvolgente brillante e pur non essendo mai stato un bravissimo atleta, era invece riuscito a diventare uno dei leaders della nostra squadra di pallacanestro al Galluppi. E già questo, da solo, gli valeva l’affetto e soprattutto l’ammirazione generale del nostro istituto”.

Erano gli anni in cui al Galluppi di Catanzaro insegnavano professori di grande valore come Giovanni Mastroianni e Augusto Placanica, e che Antonio ha poi continuato a vedere e a sentire negli anni successivi, nel loro nuovo ruolo questa volta di professori universitari in giro per l’Italia.

Dopo il Liceo Antonio si iscrive a La Sapienza a Roma, facoltà di Giurisprudenza, e dove a soli ventidue anni si laurea con il massimo dei voti e la lode. Tre anni e una sessione, carriera universitaria da recordman, ma questo era lui. Qualche mese dopo partecipa al primo concorso pubblico che viene bandito dalla sua facoltà e lo vince, arriva primo di tutti gli altri, e diventa “assegnista universitario” presso la prima Cattedra di Istituzioni di Diritto Privato (allora si diceva così per quelli che oggi sono invece i vincitori di una borsa di dottorato). Saranno per lui anni di studi intensi e soprattutto di ricerca applicata, allievo prediletto e amatissimo dei uno dei grandi maestri del diritto in Italia, il famosissimo prof. Pietro Rescigno, rapporto che segnerà poi tutta la carriera futura del giovane Catricalà.

Ricordando la loro lunga e intensa storia di amicizia, l’ex Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri del Governo Berlusconi Gianni Letta, in chiesa il giorno dei funerali, lo ricorda con evidente commozione: “È lunga la lista di coloro che l’hanno incontrato e conosciuto, come era lunga la fila ieri a piazza Verdi, tutti desiderosi di testimoniare stima e amicizia verso quest’uomo che è stato davvero un grande uomo della storia della Repubblica. Era grande la sua cultura, grande la saggezza che dimostrava di avere, grande l’equilibrio con cui viveva la sua dimensione. Grande era soprattutto il senso che aveva dello Stato. Credetemi, Antonio era uno Stradivari nell’orchestra dello Stato”.

Tutto ha inizio in Calabria. La famiglia Catricalà era infatti originaria di Chiaravalle Centrale, comune che proprio per questo il 23 giugno del 2005 lo aveva insignito della cittadinanza onoraria, e che il giorno dei suoi funerali ha poi proclamato il lutto cittadino. A Chiaravalle Centrale erano nati e vissuti il nonno Toni, sindacalista antifascista mandato al confino da Mussolini, e il papà Celestino, storico repubblicano calabrese, amico personale e referente privilegiato di Ugo La Malfa, che allora era fondatore e segretario nazionale del partito dell’edera, convinto mazziniano, lo era nel sangue, e soprattutto illustre avvocato del Foro catanzarese, con cui il giovane Antonio vivrà per tutta la vita un rapporto quasi simbiotico.

Pane e politica in casa Catricalà, ecco di cosa si viveva. Ma ancora di più, pane e diritto, processi e sentenze, ordinanze ed estenuanti sedute preparatorie per le udienze da affrontare. Con malcelato orgoglio, quando gli capitava di trascorrere qualche ora a cena con i suoi amici più fidati, Antonio non faceva altro che ripetere: “Il diritto mi ha appassionato fin da piccolo, perché nella mia casa c’era lo studio di mio padre, quindi ci nutrivamo di pane e giurisprudenza, e sul mio libro di testo universitario “L’esame di diritto civile” non a caso la dedica recitava così: “Mio padre mi ha insegnato l’ansia dell’attesa, la gioia della vittoria, la delusione della sconfitta: era avvocato”.

Per via del suo carisma personale, nel 1958, elezioni del 25 maggio di quell’anno, l’avvocato Celestino Catricalà diventa il candidato ufficiale del Partito Repubblicano nel collegio di Catanzaro per il Senato, e conquista quasi 2 mila voti di preferenze, tanti per quegli anni e per quel partito, ma per Antonio che è ancora un bambino la campagna elettorale di suo padre diventa anche palestra di vita e occasione di ricordi che gli saranno poi utilissimi quando, da grande, il Paese avrà bisogno di lui e lo chiamerà ai vertici dello Stato.

Vi dicevo “infanzia dorata”. In casa, a Catanzaro, Antonio cresce amato e coccolato dalle sue due sorelle, Annamaria Catricalà, oggi Dirigente della Rai, storica Capostruttura alla Terza Rete, e Maria Catricala, docente ordinario di Glottologia e Linguistica allUniversità di Roma Tre, dopo avere insegnato anche all’Università per Stranieri di Siena e a “La Sapienza” di Roma.

Forte probabilmente della sua esperienza universitaria alla scuola del prof. Rescigno, a soli ventiquattro anni Antonio si sente già pronto per il grande salto. Partecipa al concorso in magistratura e lo stravince, ma in quello stesso anno supera anche l’esame di abilitazione all’esercizio della professione forense. Non soddisfatto, vuole comunque provare nuove esperienze, e decide di partecipare ad altri nuovi concorsi pubblici. Vince quello per Procuratore dello Stato e, a soli ventisette anni, anche il concorso per Avvocato dello Stato. Ma non gli basta. Per due anni all’Istituto Luigi Sturzo di Roma si tuffa nello studio di saggi economici, si innamora della sociologia, approfondisce temi e argomenti cari alla storia e alla scienza dell’amministrazione, e diventa l’allievo del prof. Federico Caffè, una sorta di viatico per nuovi traguardi e nuovi successi.

Poi un giorno, è il 31 dicembre del 1982, a trent’anni appena compiuti, conquista quello che forse era stato per tutta la vita il vero sogno di famiglia: stravince infatti anche il concorso come Consigliere di Stato.

Incarico dopo incarico, il suo ruolo è sempre da protagonista. Come avvocato, difende lo Stato anche in Cassazione e in rilevanti processi di Corte d’Assise, tra i quali il processo Moro. Come magistrato, svolge funzioni giurisdizionali e consultive prima presso le Sezioni IV, I, e III del Consiglio di Stato e poi presso le Commissioni Speciali. Dal 1986 al 1987 collabora con l’Ufficio legislativo della Presidenza del Consiglio dei ministri negli anni 1986-1987. Dal 1987 al 1992 è Capo di gabinetto del Ministro per la Ricerca Scientifica. Al Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica ha il compito delicatissimo di coordinare le attività di redazione tecnica delle proposte governative per la legge di istituzione del Ministero, e soprattutto per le riforme degli ordinamenti didattici, del diritto allo studio, dell’autonomia universitaria, un mondo che in realtà è molto lontano dai suoi interessi tradizionali, ma che lo ricorda ancora oggi come uno dei massimi esperti delle strategie allora in agenda di governo.

Cambia il Governo e cambia anche il suo ruolo.

Dal 1992 al 1993 viene chiamato come Consigliere Giuridico del Ministro della Difesa. Saranno mesi di grande impegno professionale per lui, grande giurista ma questa volta alle prese anche e soprattutto con temi pratici, come la predisposizione del nuovo modello di difesa e la preparazione delle riforme dei vertici militari e del servizio di leva. Anche questa, prova brillantemente affrontata e superata con la lode.

Dal 1994 al 1996 va a fare invece il Capo di gabinetto del Ministro della Funzione Pubblica e degli Affari Regionali; incarico che ricoprirà anche dall’ ottobre 1998 al dicembre 1999, mentre dal maggio 1996 a ottobre del 1998 diventa Capo di gabinetto del Ministero delle Comunicazioni, occupandosi a pieno titolo del processo di liberalizzazione delle telecomunicazioni, esperienza questa che qualche anno dopo gli aprirà le porte del mondo della comunicazione italiana.

Ma non finisce qui il suo ruolo di Grand Commis di Stato.

Dal maggio 2000 al marzo del 2001, Antonio Catricalà diventa Capo di gabinetto del Ministro per le Riforme Istituzionali, e fino al 24 luglio del 2001 ricopre anche l’incarico di Segretario Generale dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni. Dal luglio 2001 al marzo 2005 ricopre invece il ruolo di Segretario Generale della Presidenza del Consiglio dei ministri, e dal 9 marzo 2005 al 16 novembre 2011 diventa Presidente dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.

Ma il meglio per lui deve ancora arrivare.

Dal 16 novembre 2011 al 28 aprile 2013 diventa infatti Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, e come tale uno dei punti di riferimento più accreditati e più autorevoli della politica nazionale e internazionale.

Quando lascia Palazzo Chigi, lo fa solo per diventare Viceministro dello Sviluppo Economico con la delega alle comunicazioni: Vi rimarrà in carica dal 3 maggio 2013 al 22 febbraio 2014.

Rileggendo oggi la sua vita, è come se la sua carriera politica e amministrativa non sembrasse dover conoscere soste o pause di riflessioni, ma il “personaggio – diceva di lui il Presidente di Sezione della Corte dei Conti Giuseppe Borgia, suo grande amico e calabrese come lui- è così intelligente eclettico affascinante e poliedrico da diventare alla fine una sorta di calamita per il potere politico. Sia di destra che di sinistra. Di tutto di più, nella sua vita”.

Il 28 ottobre 2014 Antonio Catricalà comunica ufficialmente di avere dato le dimissioni da Presidente di Sezione del Consiglio di Stato della Repubblica Italiana “per intraprendere la carriera di avvocato” e fonda la Law Academy, e subito dopo diventa partner dello Studio Lipani Catricalà & Partners con clienti che arrivano a Roma da ogni parte d’Europa.

Spiegava così la sua nuova scelta di vita: “Affrontare il futuro tornando alle origini. La circostanza che mi ha riportato al lavoro di avvocato è stato il conseguimento dell’abilitazione nazionale all’insegnamento universitario: la chiamata presso l’università è incompatibile con la toga di magistrato, ma non con quella di avvocato. Da poco sono anche diventato nonno e sto riscoprendo la magia di trascorrere il mio tempo libero con un bimbo di pochi mesi”.

La sua prima prova come avvocato è brillantissima.

La raccontava in questa maniera: “Una bella vittoria recente, è stata la vicenda dei diritti calcistici, per una società da noi difesa, condannata dall’Antitrust a pagare milioni di euro per avere fatto un’intesa elusiva e restrittiva della concorrenza, con effetti che avrebbero potuto avere anche risvolti penalistici, uscita invece vincente davanti al Tar, con il completo azzeramento della sanzione”.

La chiave di tanto successo? A questa domanda dava sempre una sola risposta, che Antonio ti sbatteva in faccia con quel suo eterno sorriso da primo della classe: “Essere sempre me stesso”.

Forse non era sempre così, ma a quanto pare lui ci credeva profondamente davvero.

Il 30 giugno 2015 viene nominato presidente dell’OAM, l’Organismo per la gestione degli Elenchi degli Agenti in attività finanziaria e dei Mediatori creditizi, e due anni più tardi, il 20 aprile 2017 viene invece nominato Presidente della Società ADR – Aeroporti di Roma S.p.A.

Ma nella sua vita Antonio è stato mille altre cose ancora.

Professore a contratto presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma Tor Vergata, insegnamento integrativo di Diritto Privato delle pubbliche amministrazioni; Professore a contratto presso la facoltà di Giurisprudenza della LUISS Guido Carli, insegnamento di Diritto dei consumatori; Professore straordinario di Diritto Privato presso l’Universitas Mercatorum di Roma; Componente del Consiglio superiore dei lavori pubblici; Presidente della Giunta d’arte per la filatelia; Componente del Consiglio superiore delle comunicazioni; Componente della Commissione tributaria centrale; Presidente del V Collegio fino alla data di chiusura della CTC il 31 dicembre 2014; Consigliere d’amministrazione dell’Istituto per la promozione della cultura economica “Guglielmo Tagliacarne” (Unioncamere); Componente della struttura interdisciplinare di elevata qualificazione scientifica e professionale costituita presso il Ministero dell’Economia ai sensi dell’art. 73 del d.lgs. 30 luglio 1999 n. 300; Componente e presidente della Consulta giuridica di Poste Italiane S.p.A.; Componente e presidente della Consulta nazionale per l’emissione delle carte valori postali e la filatelia; Componente del Comitato per la corretta applicazione del codice di autoregolamentazione nei rapporti tra TV e minori; Presidente del comitato di qualificazione imprese di Terna S.p.A.; Componente del comitato di supporto alla attuazione delle riforme istituzionali della Regione Lombardia.

Antonio Catricalà, i funerali a Roma: la figlia legge una lettera in chiesa

“Una delle tante qualità di Antonio Catricalà – ricordato Paola Severino, ex ministro della Giustizia del governo Monti di cui Catricalà fece parte come Sottosegretario alla presidenza del Consiglio – era la capacità di trasmettere ai giovani la propria conoscenza. Sapeva insegnare nel senso più profondo della parola, cioè sapeva lasciare il segno in chi lo ascoltava e che é la dote più preziosa per un docente”.

Non è finita qui.

Il 18 febbraio 2021 il Governo lo chiama alla guida dell’Istituto Grandi Infrastrutture (IGI), un ruolo strategico che gli apre nuovi orizzonti e nuove chances. Almeno così sembra di capire, soprattutto dalla determinazione e dall’entusiasmo con cui lo stesso Antonio Catricalà organizza l’agenda degli appuntamenti della settimana che segue.

Ma sei giorni dopo la sua nuova nomina, la mattina del 24 febbraio 2021, la moglie lo ritrova riverso in una pozza di sangue sul balcone di casa, quartiere Parioli cuore della Roma borghese, con un colpo di pistola alla tempia. “Suicidio” dicono gli inquirenti, che aprono immediatamente una inchiesta “dovuta”.

“Non pensavo alla mia età di dover affrontare anche questo dolore – scrive nell’editoriale del giorno dopo il direttore dell’Agenzia di stampa ADN Kronos Pippo Marra, suo grande amico, e calabrese come lui – Un dolore così sordo e pungente che ti pone sempre una unica monotona domanda, avrei potuto, finalmente, almeno una volta, essergli di aiuto? Avrei potuto accorgermi di un suo qualche avviso silenzioso? Non saprò mai dare una risposta e, stringendomi al dolore della adorata moglie Diana e delle amate figlie, voglio, invece, ricordarlo come merita, come lui ha saputo vivere e lavorare, con quel suo sorriso franco e lo sguardo aperto di chi sa sempre come esserti d’aiuto, nella vita professionale come in quella affettiva, senza mai però travalicare il confine della tua riservatezza, memoria di quegli uomini rari e indimenticabili che quando il fato ti consente di frequentare rendono la nostra vita ancora più preziosa e degna di essere vissuta”.

Da una intelligenza geniale come la sua ci si aspettava almeno un “segnale”, una lettera di addio, un biglietto per le figlie, un saluto per la moglie, una carezza appena accennata per il nipotino per cui stravedeva. E invece nulla. Il silenzio. Il buio. Il mistero. Un mistero che forse rimarrà tale per sempre. (pn)