di ANNALISA ALFANO – Ormai dovremmo essere abituati ai continui scippi a cui il Meridione viene, ripetutamente, sottoposto. Ma, stavolta, è più difficile che mai accettare che risorse maggiori vengano destinate alle regioni settentrionali. Lo è perché ad essere privati di quanto dovuto sono i meridionali disabili e non autosufficienti.
È il caso del riparto del Fondo non autosufficienze. Non si ha rispetto nemmeno per gli anziani e i giovani che, per svariati motivi, non sono in grado di condurre autonomamente una vita regolare. Il problema non è la carenza di fondi perché le disponibilità ci sono – ben 2,5 miliardi di euro da distribuire tra le Regioni – ma il metodo di ripartizione che, invece di utilizzare i rapporti sullo stato di salute degli italiani elaborati dall’Istat secondo parametri europei, segue criteri di riparto che non colgono in maniera precisa e adeguata la platea dei beneficiari delle prestazioni del Fna (Fondo non autosufficienze).
Questo è quanto emerge da un’analisi della Commissione tecnica dei fabbisogni standard (Ctfs) che ha valutato il riparto dei fondi. La Ctfs, per misurare il problema della non autosufficienza nelle singole Regioni, ha messo a confronto i dati Istat, sulle condizioni di salute degli italiani, con il riparto del Fna, attuato dal precedente governo, ed è venuto fuori che le percentuali del disagio reale nelle regioni meridionali non corrispondono al bisogno riconosciuto dalla ripartizione del fondo. Percentuali che rappresentano persone e che, per perversi calcoli, si ritrovano fuori dall’assistenza riconosciuta mentre al Nord vengono assegnati fondi per un numero maggiore rispetto a quello realmente necessario. Quindi se vivi al Sud resti fuori ma se abiti al nord puoi avere addirittura più di quanto ti spetta.
È, ancora una volta, una questione di coordinate geografiche? No, la questione è politica. Una politica assente e disinteressata alle reali esigenze delle persone e dei territori. Da Segretario Provinciale di ‘Italia del Meridione’ e da cittadina del Sud, mi piacerebbe sapere a cosa stessero pensando i parlamentari meridionali mentre il precedente esecutivo, e l’ex ministro del lavoro e delle politiche sociali Andrea Orlando, battevano l’ennesimo schiaffo discriminatorio nei confronti del Sud, dei suoi disabili, dei suoi non autosufficienti.
Ma è così difficile capire che sedere tra i banchi del Parlamento significa essere portavoce dei bisogni, delle difficoltà, delle esigenze, dei diritti degli italiani, tutti, che non possono fare altro che affidare le proprie speranze ad una classe politica che vigili con coscienza e responsabilità sulle decisioni governative?
Questa triste e sconcertante vicenda del fondo delle non autosufficienze è il risultato di un modus operandi che da decenni sta depredando gli abitanti del Sud di tutto ciò che gli spetterebbe di diritto e che continua, incessantemente, coadiuvato dalla miopia di una classe politica dirigente, probabilmente, senza competenza ma, sicuramente, senza consapevolezza. La consapevolezza che non si può continuare a governare differenziando a discapito di una parte del paese, sempre la stessa.
Per il riparto del fondo delle non autosufficienze può esserci ancora uno spiraglio di luce e di riscatto perché, se è vero che per l’annualità 2022, ormai, il disastro è consumato, qualcosa si potrebbe ancora fare le annualità 2023 e 2024. Questo dipende solo dalla volontà e dal coraggio dei nuovi eletti di opporsi a questo scempio.
Quindi mi rivolgo agli attuali parlamentari del Mezzogiorno affinché intervengano con urgenza a restituire dignità a chi già è stato messo a dura prova dalla vita e che, finalmente, si possa attuare quel cambio di marcia che l’Italia del Meridione sta aspettando da troppo tempo. Solo con una reale attenzione e dedizione al Meridione sarà possibile una ripartenza dell’intero Paese Italia. (af)