L’ETERNA GUERRA PER I RIGASSIFICATORI
CHE SERVONO TANTO MA NESSUNO VUOLE

di PIETRO MASSIMO BUSETTA – «Partiamo dal fermare l’assalto eolico»:  Alessandra Todde, la Presidente, recentemente eletta, della regione Sardegna, nella sua prima conferenza stampa, parla subito della questione che più infiamma recentemente l’Isola: le rinnovabili.     

E una domanda diventa legittima se è un acuirsi della sindrome Nynby ( Not In My Back Yard),non nel mio giardino, oppure una sacrosanta difesa del territorio? 

D’altra parte anche il Ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, afferma che  nessuna nuova installazione a terra verrà più autorizzata. 

Allora anche  qualche dubbio sorge sulla grande opportunità per il Sud di diventare la batteria del Paese e dell’Unione. Spesso anche la Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha esaltato il ruolo che il Sud può avere, considerato che ha una insolazione molto prolungata, che fa sì che gli impianti solari possano raccogliere energia per molte ore al giorno, ha una presenza di venti che lo rendono particolarmente adatto agli impianti eolici, oltre che una localizzazione molto favorevole, vicina all’Africa, che lo rende particolarmente adatto ad accogliere impianti di rigassificazione, come per esempio quello di Porto Empedocle.

Peraltro in un momento in cui l’Europa spinge per la riconversione energetica e la chiusura dei rapporti con la Federazione Russa rende l’approvvigionamento alternativo fondamentale e indispensabile, pensare  di bloccare i nuovi impianti energetici, che industrializzerebbero il Sud, sembra una pazzia.  

Ma attenzione l’approccio è lo stesso che si ebbe negli anni Sessanta quando si contrabbandò come industrializzazione la localizzazione delle raffinerie, che tanta devastazione ambientale hanno portato. Si pensi al prezzo pagato da Bagnoli, che finalmente pare adesso sarà bonificata, con un costo miliardario, alla Ilva di Taranto, al petrolchimico di Gela, costruito alle spalle delle mura puniche. 

Tutte localizzazioni vendute come industrializzazione, peraltro costruite con i fondi destinati allo sviluppo del Sud. Sembra che si stia ripetendo lo stesso schema. Le esigenze del Paese, che non porteranno che  pochi  posti di lavoro, vendute come investimenti. 

E allora fare chiarezza è indispensabile. Che la transizione energetica sia indispensabile è assodato. Che il Sud ha maggiori opportunità per tale tipo di energia è altrettanto assodato. Che il Paese abbia bisogno di investimenti importanti in tali settori nessuno lo discute. 

Ma è un prezzo che il Sud paga per il Paese. E in cambio dovrebbe avere i veri investimenti, quelli che portano posti di lavoro veri, come quelli della Intel,  perduta che, furbescamente senza riuscirci, Giorgetti voleva tenersi a Vigasio. 

Stessa problematica riguarda i rigassificatori, che certamente vanno costruiti in funzione delle esigenze programmate, ma in realtà che siano adatte allo scopo. 

Quando si parla di Gioia Tauro l’adesione  non può che essere totale. Meno certezze per quanto riguarda Porto Empedocle a pochi chilometri dalla Valle dei Templi , della Scala dei Turchi e alla casa di Pirandello. 

In quel caso, vista la vocazione turistica della zona, la Valle dei templi registra oltre un milione di visitatori l’anno e si prepara ad essere capitale della cultura nel 2025, forse pensare a località già violate, come Gela, potrebbe  costituire un timeout opportuno.

Non vi è dubbio che il proliferare di pale eoliche e di pannelli solari, che sottraggono terreno all agricoltura e che rovinano spesso paesaggi incontaminati, va regolato.  Utilizzare i tetti delle stalle e delle industrie, per le quali il ministero dell’Agricoltura ha finanziato solo quest’anno 13.500 aziende, con una prospettiva di arrivare a 26mila,  é un approccio corretto. Come mettere a frutto tutte quelle aree accessorie alle grandi arterie di circolazione ferroviaria e autostradale e le aree che sono agricole, ma non utilizzate, come le  cave. 

Cosa diversa è consentire una violazione indiscriminata del paesaggio. Ma supposto sia necessario che il prezzo pagato venga considerato e rimborsato con impianti manifatturieri veri, quelli che portano posti di lavoro importanti. 

In ogni caso che non ci si limiti ad essere scelti per localizzare gli impianti, ma anche per le fabbriche, per esempio, dei pannelli fotovoltaici, come sta accadendo a Catania, anche se in tal senso si apre una grande problematica relativa ai costi di produzione, che pare in Cina, come non è difficile da credere, sono assolutamente più contenuti, tanto da rendere la produzione europea fuori mercato. 

Ma certamente va respinta la vulgata che il Sud deve essere contento di essere la batteria dell’Unione. A parte la necessità dell’assoluto divieto in aree di bellezza ambientale particolarmente rilevante, a parte la sollecitazione a mettere i parchi eolici o di rigassificatori offshore, come sta avvenendo al largo delle Egadi, con resistenze rilevanti da parte dei pescatori della zona,  sicuramente gli impianti vanno realizzati non senza un ristoro. 

Che per i rigassificatori significa che oltre che in una localizzazione che non confligga con la vocazione dei territori, anche nell’utilizzo del freddo ricavato dal portare il gas da liquido ad aeriforme per l’installazione di una catena del freddo che possa essere utilizzata dalla agricoltura della zona per impianti di surgelazione utili ai prodotti di eccellenza che si hanno al Sud. Per l’energia prodotta dagli impianti solari e fotovoltaici il ristoro potrebbe venire  in una riduzione delle bollette energetiche che servano ad incoraggiare la localizzazione di investimenti dall’esterno dell’area. 

Finora tali impianti hanno costituito solo una ottima speculazione per aziende piccole e grandi del settore, con il pericolo dell’inserimento nel grande affare della criminalità organizzata. 

Ultima considerazione:visto che l’energia prodotta serve prevalentemente all’area più industrializzata non si capisce perché non debbano essere distribuiti in tutto il Paese. Il paesaggio alpino é più pregevole di quello dei Nebrodi o delle Madonie e merita una maggiore protezione? O le colline toscane sono da preservare più dei vigneti di Trapani o dell’area attorno a Segesta? (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

NEL SUD C’È L’ENERGIA CHE SERVE AL PAESE
DAL SOLE DAL VENTO, DAI RIGASSIFICATORI

di PIETRO MASSIMO BUSETTA –  Il Mezzogiorno batteria dell’Italia. Che poi si può tradurre: il Paese ha  deciso di far diventare il Sud la batteria del Nord. Enrico Giovannini lo ha dichiarato in modo esplicito, ma il presidente di Confindustria Bonomi ha fatto il suo viaggio nel Sud per sostenere questa tesi. 

Sarebbe  stupido da parte dei meridionali dire di  no, in una sindrome da Nimby sempre in agguato. Perché non approfittare della nostra insolazione e del nostro vento per fare impianti  solari ed eolici e diventare la batteria dell’energia del Paese?

É giusto che in una collaborazione virtuosa tra le varie parti ognuno contribuisca alla sviluppo del Paese. Ma attenti perché anche in questo ci può essere quel trucco che viene utilizzato quando si tratta con le parti colonizzate. Sappiamo tutti che il Mezzogiorno ha fame di posti di lavoro, che ha un desiderio di una industrializzazione che lo pervade, perché vede in tale processo la possibilità della creazione di quell’occupazione  che consenta ai propri figli di non emigrare, né di ricorrere a quello strumento mortificante che é la richiesta del reddito cittadinanza.

Negli anni ’60 questo desiderio, sempre presente, è stato soddisfatto localizzando l’industria pesante, parlo dell’Ilva di Taranto, della acciaieria  di Bagnoli o degli impianti di raffinazione di Gela, di Pozzallo, di Milazzo che sono stati costruiti illudendo la popolazione che in tal modo sarebbe stato dato un lavoro ai propri residenti.

In realtà i posti di lavoro creati sono stati molto pochi, perché quelle localizzate erano attività ad alta intensità di capitale e a bassa intensità di manodopera. Di contro hanno lasciato una percentuale di tumori nelle realtà coinvolte, particolarmente elevati oltre che una devastazione del territorio, alcune volte come a Gela a ridosso delle mura puniche.

In realtà un Paese con un manifatturiero come quello del Nord, oltre che con una diffusione dell’auto di massa, aveva bisogno di energia e quindi di raffinare il petrolio che arrivava sui nostri territori e   la cosa più semplice fu quella di localizzare tali impianti in una parte del Paese che aveva poca capacità di distinguere gli specchietti per le allodole dai brillanti, e che peraltro avendo una costa così lunga frontaliera dell’Africa era in grado di procedere a tale compito con facilità. 

Quello che accade quando scoperta l’America i colonizzatori spagnoli e portoghesi portavano agli indigeni specchietti che loro non conoscevano ed in cambio si facevano dare brillanti dei quali erano ricchi. 

Adesso il rischio che si ripeta quel rito che ci riguardò negli anni ’60 è molto alto. Cioè che si dica che localizzare gli impianti eolici, solari o i rigassificatori nel Sud sia un modo per costruire un sistema industriale opportuno. Bene vogliamo mettere in chiaro che il Sud può contribuire insieme a tutto il Paese alle energie rinnovabili o anche ad ospitare i rigassificatori, ma non si vede il motivo per cui le pale eoliche, o i campi di impianti solari, che certo non migliorano il paesaggio, possano essere messe sulle colline siciliane o sul tavoliere delle Puglie o sugli Appennini e non possano essere piazzate invece anche sulle Alpi, o i rigassificatori non siano distribuiti per tutto il Paese.

Bene bisogna che ogni realtà regionale possa essere autonoma rispetto all’energia che consuma e nel caso invece si debba ricorrere a quella di regioni diverse, che queste siano indennizzate per il servizio che compiono nei confronti del Paese. Perché deve essere chiaro a tutti che gli impianti che creano energia sono un peso per le realtà che le accolgono che devono essere compensate in qualche modo.

In particolare in un periodo come quello che viviamo in cui la richiesta di autonomia differenziata da parte di alcune regioni del Nord ci fa capire come ognuno porta avanti i propri interessi, dimenticando in modo assoluto quel senso di unità nazionale che invece viene richiamato, da Bonomi in primis, quando al Paese forte serve imporre alla parte più debole l’accondiscendenza alle proprie esigenze. Contemporaneamente non bisogna farsi prendere la mano dall’urgenza di fare presto, legittima ma pericolosa, per consentire alcune loro localizzazioni che non hanno alcun senso. 

Parlo di quel rigassificatore che si vorrebbe costruire in una zona ex industriale di Porto Empedocle, a pochi chilometri dalla Valle Dei Templi, in un porto profondamente vocato ad ospitare le navi crociere oltre che ad essere il terminale per quel distretto turistico che dovrebbe comprendere, insieme ad Agrigento, la scala dei turchi e le isole Pelagie.   

E non bisogna dimenticare mai che un rigassificatore a regime impiega poco meno di 100 unità quando un albergo di 400 posti letto ne impiega 200. 

Ciò non vuol dire che i rigassificatori non vanno costruiti perché in futuro, ma anche già adesso, ne avremo estremo bisogno. Ma non dire che la loro localizzazione non va fatta in base ad una individuazione dell’azienda che lo vuole costruire che é  più attenta al risparmio di costi che  può avere, quanto a localizzarli laddove i territori sono già compromessi e quindi un ulteriore impianto non costituisce grave danno alle altre economie esistenti nelle aree.  

Ne è necessario che profeti improvvisati e mai visti si presentino al Sud per venderci come opportunità quelle che invece sono solo esigenze legittime, ma da considerare più prezzi da pagare che incassi da ricevere. Il  Sud non chiede soltanto di essere interlocutore adulto del sistema Paese, ma pretende di non essere considerato area coloniale nella quale catapultare, oltre che  i paracadutati della politica,  profeti per convincere i più riottosi della bontà di progetti della cui esigenza sono portatori le aree più industrializzate. 

Sarebbe il caso che fosse chiaro a tutti che il Sud si è tolto l’anello dal naso e che non è più disponibile a contemporaneamente essere considerato un tumore da tagliare e da fare affondare da solo,  ma contemporaneamente anche un’area in cui localizzare tutto quello che serve, certo non la Intel che si tengono stretta in Veneto.  O da cui estrarre giovani formati a cui non dare opportunità in loco e invece far trasferire nelle realtà sviluppate, in un gioco al massacro che vede una desertificazione demografica, processo che precede l’impossibilità di un cambiamento necessario. (pmb)