LA POLEMICA REGIONALE SU UN ORDINE DEL GIORNO SENZA VALORE, MENTRE IMPAZZA LA CRISI CORONAVIRUS;
Serrande abbassate in tutt'Italia

Anziché parlare di aria fritta e di Terzo settore
aiuti concreti alle imprese: non riapriranno più

di SANTO STRATI – La classica tempesta in un bicchier d’acqua: l’inutile e inoffensivo ordine del giorno votato nella prima riunione del Consiglio regionale sulla riforma del cosiddetto Terzo Settore (servizi sociali e affini) tiene banco e attizza la polemica tra maggioranza e opposizione, mentre ci sono cose più serie di cui parlare. Chiariamo subito che un odg non ha alcun valore legislativo, è una raccomandazione, nulla di più, come dire “se piove, prendi l’ombrello”, eventuali modifiche alla riforma votata lo scorso anno devono in ogni caso passare da Giunta e Consiglio. E quindi di cosa stiamo parlando? Di aria fritta, mentre migliaia di piccole aziende e artigiani sono già alla canna del gas, senza liquidità e con concreto rischio di non alzare più la serranda, quando finirà l’emergenza coronavirus.

Serve ossigeno, ovvero denaro fresco alle imprese, non rassicurazioni e promesse, né elemosine del tipo di sussidio (vergognoso) destinato ai professionisti. 600 euro a chi è stato costretto a interrompere il proprio lavoro (professionisti, operatori, autonomi) mentre a chi non lavora questo Stato (grazie alla logica populista dei 5 Stelle) ne dà 780. E alle imprese sposta di cinque giorni gli adempimenti fiscali. Possibile che nessuno si renda conto dell’enorme bomba sociale che si è innescata a seguito di questa sciagurata epidemia? Con tutto il rispetto dovuto alle vittime e soprattutto alle vittime del lavoro (medici, sanitari, infermieri) e fermo restando l’obbligo dello Stato di garantire la salute ai propri cittadini, qualcuno riesce a valutare cosa significherà in termini economici questo forzato stop alle attività produttive e alle imprese? Se in Italia i danni saranno enormi, in Calabria andrà peggio con una marea di nuovi senza lavoro (perché le aziende non riapriranno) che andranno ad aggiungersi ai tantissimi inoccupati (quelli che un lavoro non l’hanno mai visto nemmeno da lontano). Una crisi spaventosa che richiede interventi immediati: vanno messi i soldi nei conti correnti delle aziende, altro che rinviare le scadenze fiscali. Gli imprenditori che non hanno incassato un euro nel mese di marzo (e soprattutto gli autonomi: professionisti, ristoratori e baristi, artigiani, parrucchieri, estetiste, sarti, calzolai e via discorrendo) che non sanno come pagare già solo gli affitti a fine mese, figurarsi se si pongono il problema di versare con gli F24 tasse e contributi previdenziali.

Dice bene la presidente Jole Santelli che questo Governo sta prendendo in giro gli italiani: «I 4,3 miliardi di trasferimenti annunciati non sono altro che un anticipo delle risorse ordinarie che ogni anno lo Stato trasferisce agli enti locali. Tali risorse non possono essere utilizzate per il sostegno alle persone in difficoltà bensì per le spese di funzionamento dell’Ente come il personale e servizi essenziali. Rispetto all’annuncio roboante di 4,3 miliardi che rischia di ingenerare aspettative dei cittadini nei confronti degli amministratori locali, l’unico trasferimento destinato ai comuni per il sostegno alle fasce più deboli è rappresentato dai 400 milioni che la protezione civile suddividerà per gli 8100 comuni presenti sul territorio». Un’inezia, aggiungiamo noi.

E allora? Di cosa stiamo parlando se il grande carrozzone dell’INPS ha bisogno di trenta giorni (un mese!) per mettere in pagamento la miseria dei 600 euro di sussidio a chi – avendone diritto – ne farà richiesta? Neanche si dovessero compilare a mano le distinte di pagamento. Eppure così va. E le imprese costrette (giustamente, per carità) a chiudere “temporaneamente” che si sono rivolte alle banche hanno avuto la più classica delle risposte della nostra burocratica nazione: attendiamo istruzioni per erogare credito. E magari faranno compilare alle imprese i soliti questionari basati sulle norme di Basilea che non consentono di dare soldi a chi ne ha bisogno.

La Regione ha l’opportunità di mostrare a cosa serve. Può prendere e attuare provvedimenti immediati a favore delle imprese e farle respirare: servono soldi sui conti correnti, lo ripetiamo, non crediti d’imposta o contributi in conto capitale su investimenti. Qui non investe più nessuno se non torna la normalità amministrativa, ovvero si ricreano le condizioni per pagare i dipendenti, affitti e bollette, ordinare merce, e soprattutto vendere: merci, servizi, beni di qualsiasi genere. Ci vuole un blocco totale anche delle spese: zero entrate? zero costi. Questo non è rischio d’impresa, ma emergenza nazionale. Non è l’errore dell’imprenditore che paga col fallimento soluzioni che il consumatore non gradisce o non richiede, ma è il forzato blocco dell’attività per evidenti ragioni di salute pubblica. Non ci sono giri di parole: lo Stato deve intervenire sul territorio e sul territorio ci sono le competenze della Regione che deve affiancare (se non sostituire) i provvedimenti adottati, soprattutto se risultano inadeguati.

In tutto questo, invece, assistiamo all’ennesima sceneggiata dell’ “insanabile conflitto” nel Consiglio regionale appena insediato su un ordine del giorno infilato più per dare certificazione della propria esistenza di consigliere  (Baldo Esposito) che per obiettiva esigenza di chiarezza. Riassumiamo a beneficio di chi non avesse chiaro di cosa stiamo parlando: dopo l’elezione del presidente del Consiglio Mimmo Tallini e l’intervento della Presidente Santelli, il consigliere regionale Esposito chiede di votare un ordine del giorno sulla riforma del Settore delle Politiche sociali. Il presidente uscente Nicola Irto si dissocia, il centrodestra vota compatto. A parte l’irritualità dell’odg in una seduta di insediamento, occorre rilevare che il documento votato è pura fuffa in termini legislativi: non modifica (né può modificare) un bel niente. Tutt’al più – come dice l’assessore alle Politiche sociali Gianluca Gallo – «ha semplicemente fornito un chiaro indirizzo politico alla Giunta: migliorare l’esistente e correggerne le storture». E gli fa eco il consigliere d’opposizione Francesco Pitaro (Io resto in Calabria): «La divergenza di vedute circa l’ordine del giorno approvato dalla maggioranza  in Aula,  pur consapevoli che se un ordine del giorno non ha valenza amministrativa o legislativa tuttavia non è atto irrilevante, può essere volta in positivo, se, come credo, c’è l’intenzione da parte dell’assessore al Welfare Gallo, non di segare la riforma approvata nella scorsa legislatura, ma di agire affinché sia operativa e, ovviamente, perché lo diventi occorrono risorse e un approccio della politica e della burocrazia ai problemi dei cittadini del tutto rovesciato». Una dichiarazione intelligente e responsabile che dovrebbe smontare le polemiche.

Invece, c’è chi ha montato un caso. A cominciare dal commissario Pd in Calabria, Stefano Graziano che ha tuonato: «Arroganti e irresponsabili. La maggioranza di centrodestra ha gettato subito la maschera mettendo in atto un vero e proprio blitz per bloccare il regolamento attuativo della riforma del terzo settore». Per poi stigmatizzare che «La maggioranza Santelli ha paralizzato l’iter di un provvedimento atteso in Calabria da oltre vent’anni». Ma cosa raccontano a Graziano? Quale blocco? Dove sta lo stop? Graziano dice che il centrodestra ha cercato di minimizzare quanto accaduto in aula, ma cosa c’è da minimizzare? L’aria fritta? Anziché partire con uno spirito costruttivo, maggioranza e opposizione ricadono nel più avvilente gioco della politica: qualunque cosa faccia l’avversario va contrastato. I calabresi non sognano l’armonia tra le parti, ma amerebbero, in questo terribile momento, il superamento di stupidi giochetti di ruolo per un comune obiettivo. La presidente Santelli sta mostrando di fare bene sul piano sanitario, adesso pensi a risolvere i problemi di chi lavora. Con l’aiuto di tutti, nel nome dell’emergenza, ma – possibilmente – usando il dialogo e il confronto. Ne abbiamo tutti bisogno. (s)