ELEZIONI REGIONALI NEL CAOS DEI PENTASTELLATI: TRA PROPOSTE, LITI, SMENTITE, RIPENSAMENTI E…;
Nicola Morra

Il disastro annunciato dei 5 Stelle in Calabria: l’idea più diffusa è non presentarsi alle urne

di SANTO STRATI – La famosa battuta di Nanni Moretti (nel film Ecce Bombo) «Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?» sembra tagliata su misura per i Cinque Stelle a causa della crescente confusione sulle prossime elezioni regionali calabresi. Le riunioni, infuocate, si susseguono e, anche se nessuno lo afferma senza reticenze, il verdetto, implacabile, è coralmente contro l’attuale capo politico, Luigi Di Maio. Il quale, pensando a Via col Vento, «francamente se ne infischia» e procede con navigazione a vista, con un evidente fastidio: cosa sarà mai la Calabria rispetto al disastro annunciato in Emilia il prossimo 26 gennaio?

E, allora, quale atteggiamento assumere sulla Calabria? Presentarsi da soli, oppure in un indigesto (per tanti) neo-accordo sul modello governativo con il Partito Democratico guardando al territorio e alle possibili intese con le liste civiche, oppure ancora – come ha proposto polemicamente il presidente della Commissione Antimafia Nicola Morra – non presentarsi affatto? Quest’ultima ipotesi, in una sorta di apologia del suicidio politico non-assistito, per la verità sembrava una boutade con finalità tattiche (complimenti per la sottile strategia di cupio dissolvi), ma, incredibilmente, ha cominciato a diventare un’idea sempre più diffusa ai piani alti del Movimento, con grande disperazione dei parlamentari calabresi che si sentono pedine inutili di un gioco al quale non sono minimamente invitati.

Nicola Morra mostra, invece, una rudezza inusuale a difendere quella che forse voleva essere una semplice, anche se grave, provocazione. Il ragionamento è, tutto sommato, molto semplice: correre da soli, a un mese dalla presentazione delle liste, e sfidare il destino cinico e baro per ritrovarsi con un decimo dei voti raccolti a marzo 2018, può diventare l’elemento catalizzatore della prossima dissoluzione. Non partecipare alle consultazioni evita il rischio di dichiarare bancarotta politica (nessuno potrà addebitare al Movimento l’eventuale débâcle elettorale se non ci sono liste snobbate dagli elettori), ma, sicuramente, potrà creare un disastro sul territorio, dove i simpatizzanti si sentiranno traditi e abbandonati. Di contro, l’improbabile riproposizione governativa di un’intesa rosso-grillina, potrebbe ulteriormente minare alle fondamenta quel che resta del seguito pentastellato in Calabria. Assai poco, a dare ascolto a sondaggi riservati che indicano l’inizio della catastrofe. La soluzione potrebbe essere un’intesa allargata ai movimenti civici, affollati di seri professionisti e brillanti esponenti della società civile, che, però, proprio per la loro serietà, dovrebbero guardarsi bene da farsi abbindolare da patti scellerati, lontani da qualunque idea di rinnovamento. Con il solo obiettivo di raggranellare voti e mettere una pezza ai tanti buchi della coperta grillina che si restringe sempre di più, peggio di un capo di abbigliamento di dubbia qualità che viene lavato troppe volte.

Si diceva che a Di Maio, molto probabilmente, della Calabria interessa niente o poco. Nella sua visione (forse appannata?) della real-politick del Movimento, i parlamentari calabresi che hanno pur raccolto un consenso inaspettato  del 43,4% (che nelle previsioni di gennaio varrebbe appena il 10-15%) appaiono come  peones che non contano un beneamato… In più, gli stanno facendo la guerra, senza grandi chances di un pur minimo successo: quindi perché preoccuparsi? Le elezioni in Calabria, dunque, appaiono come un’incombenza da sopportare limitando al massimo eventuali fastidi. La pensano così anche i grillini di Calabria? Obiettivamente, è lecito avere molti dubbi.

Tra i più ostili, oltre a Nicola Morra (prof ligure prestato a Cosenza dove insegnava storia e filosofia al liceo classico “Telesio”) c’è la pasionaria Barbara Lezzi, che non perdona a Di Maio la sua esclusione nella compagine governativa. Aveva il dicastero per il Sud (peccato che non abbia utilizzato durante l’incarico questa sua esuberanza) e l’ha perso nel giro di qualche ora, senza nemmeno un timido accenno di scuse. La vendetta – si sa – è un piatto che si serve freddo e la focosa senatrice leccese butta continuamente benzina sul fuoco amico contro il capo politico, trascinando con inaspettata foga dissenzienti (in crescita anche questi) e truppe sparse.

La verità, probabilmente, è che non è solo il disinteresse di Luigi Di Maio a trascinare verso il disastro le terre calabresi conquistate, in modo imprevedibile, dai grillini, ma probabilmente l’indifferenza del gruppo dirigente (ma  ce n’è uno?) verso la punta dello stivale d’Italia. Grillo e Casaleggio, anche se non lo danno a vedere, sopportano ogni giorno con più fatica l’inazione alternata a fremiti di protagonismo di Di Maio, ma non faranno mai la prima mossa per detronizzarlo. S’incarterà da solo – pensano, secondo qualcuno – e i peones faranno il resto. Perché, allora, questa politica palesemente suicida?

L'uomo qualunqueSe i nostri politicanti allo sbaraglio avessero studiato la storia o andassero a ripassarla, troverebbero molte analogie con la storia del movimento di Guglielmo Giannini che nel 1944 fondò Il Fronte dell’Uomo Qualunque. Anche Giannini era un uomo di spettacolo (commediografo e giornalista) e la sua antipolitica trovò fertile terreno nel primissimo dopoguerra ponendosi contro fascisti e comunisti sulla scia di un liberalismo che stava a metà tra conservatorismo e populismo. Durò nove anni, il qualunquismo di Giannini che, al contrario di Grillo (suo futuro emulo), si candidò e raccolse importanti percentuali alle elezioni della Costituente del 1946, mandando 30 deputati all’ Assemblea. L’uomo qualunque svanì ingloriosamente quando, avviato verso il declino dopo le elezioni politiche del 1948, tentò – senza successo – l’alleanza con lo scudocrociato prima e con il Pci di Togliatti, dopo. Al “Migliore” qualche anno prima aveva dato del «verme, farabutto e falsario». Vi ricorda qualcosa?

Il prof. Morra che la Storia l’insegna, probabilmente, è l’unico dei Cinque Stelle ad avere bene in mente questo precedente e si appresta a studiare attacco e difesa per restare in piedi in caso di diluvio. I parlamentari calabresi che non hanno ombrelli, pur non rassegnati, si preparino alla burrasca in arrivo. La deputata di Tropea Dalila Nesci, già da giugno, intuendo il pericolo imminente aveva lanciato la sua disponibilità alla candidatura rinunciando al sicuro seggio di Montecitorio: incosciente o temeraria? Certo non s’immaginava il fiele che, quotidianamente, qualcuno riversa sulle sue (legittime) aspirazioni, svalutando il lavoro fin qui svolto dai parlamentari grillini in Calabria. Un po’ opaco, per la verità, e senza fuochi d’artificio, ma non si può pretendere molto da “dilettanti della politica” lasciati da soli a improvvisare un mestiere inedito per molti, ma oggi più che mai abbandonati e condannati all’indifferenza. Tra domani e martedì un nuovo atto della sceneggiata in corso. Potrebbe essere una commedia divertente, ma rischi di diventare tragedia per i grillini di Calabria. (s)