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Lega Calabria: Il discordo di fine anno di Mattarella un appello alla solidarietà

L’OPINIONE / Mimmo Nunnari: Calabria, ce la possiamo fare

di MIMMO NUNNARI – Guardare al futuro con ottimismo senza pensare al passato. Mettersi in marcia tutti uniti verso il traguardo della rinascita sorretti dalla certezza che la Calabria vera è quella della “composta pietà della gente di Cutro” richiamata dal presidente della Repubblica Mattarella nel suo discorso di fine anno, come l’Italia vera della concreta umanità, è quella della “operosa solidarietà” delle ragazze e dei ragazzi del Nord e del Sud che spalavano il fango tutto insieme sui luoghi dell’alluvione in Romagna.

Bisogna mettersi in cammino già oggi e non domani certi dell’esistenza di intelligenze e potenzialità ampiamente diffuse nel mondo imprenditoriale, scientifico, agricolo, della sanità e universitario: l’Unical – nata, non dimentichiamolo, sotto gli auspici di politici capaci e di una grande mente come l’economista Beniamino Andreatta – è l’esempio migliore – modello da imitare – di un’eccellenza di dimensioni internazionali. Bisogna smettere di pensarsi sempre ultimi, rassegnati ad un ineluttabile destino, oppure credere che soltanto fuori dai confini regionali si possano fare cose belle e buone.

Ci vuole un po’ di autostima, per tutto questo. Aveva ragione il vecchio Seneca: “Quello che pensi tu di te stesso è molto più importante di quello che gli altri pensano di te”. C’è anche bisogno di quella “solidarietà collettiva” invocata ancora dal nostro Presidente della Repubblica in uno dei suoi saggi e paterni discorsi di fine anno, qualche tempo fa. Certo, tutte le buone intenzioni non bastano per cambiare passo, perché sappiamo che sono enormi le difficoltà oggettive, derivanti dalle trascuratezze dello Stato, dalla debolezza della politica e dall’esistenza consolidata di un sistema corruttivo mafioso che infetta il tessuto sociale civile amministrativo e produttivo della regione.

Per volare, bisogna riparare i danni fin qui provocati da una classe politica e dirigente inadeguata e dalle mani sporche e insanguinate dei mafiosi che credono di rappresentare un potere alternativo allo Stato. Servono occasioni come quella del Capodanno Rai a Crotone – bisogna ringraziare Occhiuto per l’idea – che lava l’onta di quell’enorme pacchiano villaggio natalizio dell’anno scorso a Milano costato quasi tre milioni di euro. Si cambia passo anche con questo modo nuovo di comunicare: facendo guardare alla Calabria non più con la lente dell’arretratezza ma attraverso la bellezza ineguagliabile del suo paesaggio, attraverso la sua storia, il suo patrimonio archeologico, la tradizione, e attraverso il racconto della virtuosità dei suoi imprenditori, che conquistano con la serietà e la qualità mercati mondiali. Bisognerebbe andare a spiegarlo nelle scuole che cosa hanno fatto – per fare un solo esempio – la Cantina Librandi, la distilleria Caffo e la Fattoria della Piana, col loro modello di economia circolare utile a creare un equilibrio tra economia, ambiente e società.

Sono esempi, che da soli battono ogni stereotipo e pregiudizio anche perché – diciamolo – se la Calabria soffre di un deficit sociale civile e culturale disturbante, il resto del Paese, anche il benestante Nord, non è che stia molto bene, e ci dispiace. Il malessere esistenziale dei nostri tempi riguarda tutti e non ci salverà certo l’intelligenza artificiale che non potrà mai sostituire il fare umano.

Bisogna riscrivere l’agenda della Calabria, ma servirà metterci le mani tutti a cominciare da cittadini, sindaci, intellettuali, imprenditori, sindacati, media, associazionismo, chiesa, che ha al proprio interno vescovi illuminati e sensibili. Solo lavorando insieme si potranno ridurre le distanze tra lo Stato e la Calabria e scrivere la  nuova storia, riportando, una volta per tutte la regione della notte di Crotone e della pietà di Cutro nel cuore dello Stato e lavorando per riportare il senso dello Stato al centro della coscienza civile e sociale della Calabria.

Ricordando, infine, che come diceva Giovanni Paolo II “il futuro inizia oggi, non domani” e che come prima di lui avvertiva Michelangelo: “L’attesa è il futuro che si presenta a mani vuote”. Non bisogna più aspettare. (mnu)