Coldiretti Calabria: In arrivo uno tsunami sui prezzi del cibo

Coldiretti Calabria, a causa degli spaventosi rincari delle bollette che colpiscono imprese e famiglie, ha denunciato come «è in arrivo uno tsunami sui prezzi del cibo in Italia con un autunno caldissimo sul fronte economico con la produzione agricola e quella alimentare che in Italia assorbono oltre il 11% dei consumi energetici industriali totali».

Nel sistema agricolo i consumi diretti di energia includono i combustibili per trattori, serre e i trasporti mentre i consumi indiretti ci sono quelli che derivano da fitosanitari, fertilizzanti e impiego di materiali come la plastica. In agricoltura si registrano rincari dei costi che – sottolinea Coldiretti – vanno dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi al +129% per il gasolio fino al +300% delle bollette per pompare l’acqua per l’irrigazione dei raccolti.

«Nelle campagne – ha denunciato la Coldiretti – più di 1 azienda agricola su 10 (13%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività ma ben oltre 1/3 del totale nazionale (34%) si trova comunque costretta in questo momento a lavorare in una condizione di reddito negativo per effetto dei rincari come certifica il Crea».

«Il comparto alimentare richiede – ha continuato la Coldiretti – ingenti quantità di energia, soprattutto calore ed elettricità, per i processi di produzione, trasformazione, conservazione dei prodotti di origine animale e vegetale, funzionamento delle macchine e climatizzazione degli ambienti produttivi e di lavoro. Aumenti che riguardano l’intera filiera del cibo con costi indiretti che – evidenzia Coldiretti – vanno dal vetro rincarato di oltre il 30% in più rispetto allo scorso anno, al tetrapack con un incremento del 15%, dal +35% delle etichette al +45% per il cartone, dal +60% costi per i barattoli di banda stagnata, fino ad arrivare al +70% per la plastica, secondo l’analisi Coldiretti».

Il presidente di Coldiretti Calabria, Franco Aceto, ha ribadito che «così non possiamo andare avanti e non ci possiamo permettere di aspettare i tempi lunghi della politica», in quanto «rischiamo un crack alimentare, economico e occupazionale visto che proprio in questi mesi si concentrano le produzioni agricole tipiche del Made in Italy e della Dieta Mediterranea con le loro lavorazioni per conserve, succhi e derivati: dagli ortaggi ai legumi, dal vino all’olio, dai salumi, ai formaggi, dal latte alla carne fino alla pasta, dalla frutta alle passate di pomodoro usate su tutte le tavole italiane e all’estero».

«Siamo sia come sistema paese che come regione deficitari importiamo grano per il il 64% per la produzione di pane e biscotti e il 53% del mais di cui ha bisogno per l’alimentazione del bestiame e con l’esplosione dei costi dell’energia – ha concluso Aceto – rischiamo di perdere quegli spazi di autonomia e sovranità alimentare che fino a oggi le imprese agricole con enormi sacrifici sono riuscite a difendere». (rcz)

 

RINCARI, È RISCHIO COLLASSO IN CALABRIA
PREZZI ALLE STELLE SENZA CONTROLLO

L’aumento dei prezzi sta generando una crisi senza precedenti non solo in Italia, ma anche in Calabria che, come ha denunciato il presidente della Cna CalabriaGiovanni Cugliari, «rischia il collasso».

Un rischio che non sembra così tanto improbabile, sopratutto se, tutti gli Enti di categoria, i sindacati e i rappresentanti istituzionali, denunciano in continuazione una situazione insostenibile per tutti i settori, che rischiano un collasso da cui non ci si potrebbe più riprendere. Per questo il presidente della Cna Calabria ha chiesto al presidente della Regione, Roberto Occhiuto, e agli assessori alle Attività produttive, Lavoro, Turismo, Lavori pubblici e Agricoltura, di «istituire immediatamente una task force con tutte le parti datoriali e sindacali per intervenire sull’aumento dei prezzi che rischia di mettere in ginocchio imprese e famiglie».

Un’azione necessaria, dato che «il problema è diventato particolarmente serio. A causa degli aumenti molte imprese escono dal mercato, c’è già chi ferma le produzioni e di conseguenza molti lavoratori saranno licenziati» ha spiegato Cugliari.

«Il tempo ora più che mai è importante – ha continuato Giovanni Cugliari – e bisogna programmare immediatamente interventi mirati in ogni comparto, calmierare i prezzi, sterilizzare l’aumento dell’iva sui carburanti e frenare i licenziamenti». Oltre ai «necessari interventi del Governo – secondo la Cna – la questione va affrontata anche a livello Calabria, che dipende tantissimo dal trasporto». Come fare? «Le soluzioni possono essere diverse, come Cna ad esempio abbiamo ribadito la necessità di sostenere la realizzazione da parte delle imprese di impianti per l’autoproduzione da fonti rinnovabili, velocizzando le procedure e prevedendo forme di sostegno».

«Il forte rincaro dei prezzi li ha resi insostenibili – ha evidenziato il presidente della Cna Calabria – e grava anche sul sistema delle piccole imprese: siamo un’economia manifatturiera che fa inevitabilmente i conti con l’esplosione atomica dei prezzi delle sue materie prime». Da qui, un invito alla collaborazione per impedire il “collasso”: «La nostra economia si sta di nuovo ingrippando, l’Italia e la Calabria rischiano il collasso. In questa fase drammatica – ha concluso Giovanni Cugliari – serve la massima unità tra tutte le componenti istituzionali, sociali ed economiche. Dal punto di vista economico la terza guerra mondiale è già in atto: non possiamo restare a guardare».

Ma non è solo il presidente della Cna Calabria a denunciare il grave rischio di default a cui andrebbe incontro l’economia calabrese: il consigliere regionale di De Magistris PresidenteAntonio Lo Schiavo, ha chiesto di «introdurre, al più presto, provvedimenti in grado di calmierare i prezzi e offrire sollievo ad aziende e famiglie che in questi giorni hanno visto aumentare esponenzialmente i prezzi di beni di consumo e utenze energetiche, nonché il prezzo dei carburanti il cui rincaro appare inarrestabile».

«Proseguendo di questo passo – ha proseguito – per imprese e cittadini si aprirà una crisi mai vista prima: se non si pone un freno agli aumenti le conseguenze per le famiglie, già fortemente provate dalla pandemia, saranno drammatiche. Per non parlare di tante piccole e medie realtà produttive che si vedranno costrette a chiudere i battenti per i costi di produzione divenuti insostenibili».

«Le conseguenze della crisi – ha spiegato – appaiono ancor più devastanti in Calabria dove, un’economia già fortemente asfittica, rischia di soccombere definitivamente e di non rialzarsi più. Di fronte a tale scenario la politica regionale ha il dovere morale di adoperarsi per tentare di lenire gli effetti dell’attuale congiuntura economica, attuando tutto ciò che è nelle proprie possibilità per non abbandonare a loro stesse imprese e famiglie».

«Occorre, pertanto – ha evidenziato – studiare interventi che possano offrire un conforto di fronte all’aumento del costo della vita e introdurre più consistenti forme di sostegno alle aziende. Al contempo serve fare pressione sul Governo nazionale affinché introduca provvedimenti per calmierare i prezzi dei beni essenziali, tagliare le accise sui carburanti, alleggerire le bollette energetiche oggi esorbitanti. Una situazione di straordinaria gravità come quella attuale richiede misure straordinarie e ogni articolazione dello Stato è chiamata a fare la propria parte prima che la crisi divenga irreversibile».

Anche la leader dell’opposizione in Consiglio regionale, Amalia Bruni, è intervenuta sulla questione, evidenziando come «un intero comparto, quello dell’agricoltura calabrese rischia il default. Ogni giorno decine di aziende decidono di gettare la spugna».

«L’aumento dei costi di produzione – ha spiegato la Bruni – e la mancanza di materie prime per l’alimentazione degli animali – aggiunge – sono tra le cause principali di questa crisi gravissima. L’esempio del latte è illuminante per comprendere quanto sia grave il problema. Per ogni litro di latte prodotto l’allevatore perde circa 12 centesimi rispetto a quanto gli viene pagato, e in questo modo non può durare a lungo. E tutti gli altri prodotti sono venduti sotto costo».

«La pressione alla quale sono sottoposte le aziende del settore agroalimentare calabrese – ha proseguito Bruni – è insostenibile e se non interveniamo subito rischiamo di perdere completamente un intero settore che è sempre stato determinante nel trainare l’economia della Regione. Tra il Covid e la guerra gli imprenditori non ce la fanno più e il risultato è quello di licenziare i dipendenti e chiudere le loro imprese».

«Non possiamo restare inerti – ha sottolineato – dobbiamo studiare in fretta un piano serio per mettere in sicurezza le aziende, dobbiamo aiutare gli agricoltori a reperire le materie che servono per portare avanti le loro attività. Dobbiamo varare una strategia, ma è dall’estate che ripetiamo che sia votato un provvedimento per la ristrutturazione finanziaria dei debiti in grado di consentire anche un indispensabile ammodernamento dei macchinari”. “Presidente Occhiuto – conclude Bruni – bisogna fare in fretta, altrimenti le nostre campagne diventeranno un deserto».-

E sul comparto dell’agricoltura, il presidente di Coldiretti CalabriaFranco Aceto, ha chiesto al presidente Occhiuto di accelerare «il varo del condiviso provvedimento regionale per la ristrutturazione finanziaria dei debiti, dando la possibilità alle aziende di rimodulare l’esposizione debitoria con un finanziamento di durata pari a 25 anni e con un preammortamento di minimo 3 anni».

«È, ormai – ha spiegato – un bollettino di guerra quotidiano, aziende agricole che chiudono. Allo spropositato aumento dei costi di produzione saliti oltre ogni immaginazione e con un trend di crescita settimana dopo settimana, si aggiunge lo spettro dietro l’angolo della mancanza di materie prime necessarie per l’alimentazione zootecnica: l’Ungheria dal 5 marzo ha bloccato l’esportazione di produzioni cerealicole, dall’Ucraina non si riesce a garantire alcuna sicurezza di carico dai porti, la Russia ha sospeso l’esportazione di concimi, sono questi alcuni esempi per dare un quadro del contesto di allarme in cui vive tutto il settore agroalimentare».

«A tutto ciò – ha proseguito – va aggiunto che a tutt’oggi le aziende sono costrette a vendere sotto i costi di produzione. Faccio un esempio che vale per tutti: 1 litro di latte all’allevatore viene pagato 0,42 €; per produrlo, a seguito anche dei rincari delle ultime 2 settimane, ne spende 0,54 €».

«Non parliamo più di crisi di un settore – ha evidenziato – ma c’è il rischio di perdere un patrimonio di aziende agricole ed agroalimentari che nella nostra Regione sono motore trainante dell’economia reale e sostengono l’occupazione. Aziende a conduzione familiare che, nonostante il lavoro di tutta la famiglia per 365 giorni l’anno, sono ormai in ginocchio, aziende più strutturate con dipendenti che sono costrette a licenziare. Un clima di guerra che stiamo combattendo ad armi impari, un boomerang micidiale, che nel combinato disposto tra Covid e guerra in Ucraina, sta scaricando ulteriori risultati negativi sulle aziende agricole, incrinando anche i rapporti con gli Istituti di Credito, non solo compromettendo le valutazioni sul merito creditizio, ma aumentando enormemente il numero delle insolvenze».

«Occorre – ha concluso – mettere in sicurezza le imprese agricole altrimenti si passerà dall’economia reale ai tribunali, bisogna sostenere le imprese agricole per garantire l’approvvigionamento di cibo ed evitare che la nostra Regione e il nostro Paese diventino ancora più dipendenti dalle forniture estere».

Fortunato Lo Papa, segretario Fisascat Cisl Calabria, va dritto al punto vedendo terziario, commercio e turismo soccombere alla crisi economica innestata dal rincaro bollette, chiedendo che si pensi «ad interventi ad hoc strutturati e pianificati».

«Ci sono impianti industriali – ha spiegato – che hanno messo in pausa le loro attività, supermercati che per tagliare i costi hanno spento i condizionatori. Stiamo entrando in una logica di guerra pur non prendendo parte direttamente al conflitto. Dobbiamo, invece, non perdere di vista la ripresa e puntare a sanare quel tessuto economico deflagrato con la pandemia».

«Ecco perché – ha proseguito – condivido a pieno l’appello del nostro segretario nazionale Sbarra, affinché si sostengano i ceti fragili e le filiere in difficoltà, rafforzando il fondo contro il caro bollette e mettendo in campo subito una riforma del fisco che abbatta il cuneo e abbassi la pressione dei primi scaglioni Irpef, valutando l’introduzione di un bonus energia per i redditi sotto i 30mila euro».

«Solo così si può pensare di arginare le conseguenze e i danni che potrebbero intaccare i nostri settori: dalla riduzione dell’organico, alla mancata produzione, alla chiusura delle attività ricettive e turistiche. È ora di mettersi all’opera, agire anziché lamentarsi e fare – ha concluso – del welfare sano e costruttivo». (rrm)

A Cosenza e Reggio in 20 anni i rincari più alti

Cosenza e Reggio Calabria sono le città in cui, negli ultimi 20 anni, in cui si sono registrati i rincari più alti: per la città bruzia, infatti, si tratta di un +47%, mentre per la città dello Stretto si parla del 54%. È quanto è emerso dall’analisi de Il Sole 24 ore sull’aumento del costo della vita dal 2002 a oggi.

Cosenza, purtroppo, per il settore Mobili, arredamento e servizi per la casa” i rincari sono del 53,63%; per “Abbigliamento e calzature”, con un +56,6%, mentre per “Altri beni e servizi”, i rincari superano il 76%.

A Reggio, invece, sono stati registrati degli aumenti per “Abitazione, acqua, elettricità e combustibili, pari al 90,71%. (rrm)