L’OPINIONE / Luigi Sbarra: Colmare i divari che frenano la crescita del Sud e di tutto il Paese

di LUIGI SBARRACome mai in passato, la partita dello sviluppo si vince al Sud, nel riscatto delle nostre aree interne e sottoutilizzate, nella capacità di colmare quei divari occupazionali, economici e infrastrutturali che feriscono la giustizia sociale e frenano la crescita non solo del Mezzogiorno, ma del Paese e dell’intero continente.

Le grandi priorità che oggi abbiamo davanti possiamo sintetizzarle nella necessità di aumentare retribuzioni e pensioni per fronteggiare il carovita e l’inflazione, rinnovare tutti i contratti pubblici e privati, tagliare le tasse sul lavoro, cambiare le pensioni, rafforzare l’occupazione, investire sulla sanità pubblica, darsi un grande piano nazionale per la formazione e la crescita delle competenze. Oggi abbiamo un’opportunità decisiva e imperdibile: quella del Pnrr, che va ‘messo a terra’ in modo completo e veloce per spezzare le diseconomie delle nostre aree deboli.

Dobbiamo lavorare coesi, pancia a terra, per realizzare infrastrutture materiali, digitali e sociali, per connettere la nostra Calabria, il nostro Mezzogiorno, al continente e renderlo finalmente uno strategico ‘collettore’ euro- mediterraneo di interscambio culturale, commerciale, economico.  

La parola d’ordine è ‘insieme’. Come è stato negli anni della Programmazione negoziata. Come deve essere oggi, di fronte a opportunità irripetibili che devono vederci tutti remare nella stessa direzione. (ls)

[Luigi Sbarra è segretario nazionale di Cisl]

L’OPINIONE / Piernicola Pedicini: La nuova guerra ai cittadini del Sud

di PIERNICOLA PEDICINIÈ una guerra fredda, non dichiarata, quella che il Sud sta subendo ogni giorno da anni. 

L’autonomia differenziata è solo uno dei temi nell’agenda di questo Governo, nell’ambito di una strategia tesa a indebolire il Mezzogiorno a vantaggio delle regioni del Nord. Una guerra fatta di atti e iniziative, spesso nascosti tra le righe di un provvedimento o di un disegno di legge.  

Ecco cosa sta succedendo: Il Pnrr, ottenuto per eliminare le diseguaglianze territoriali, di giorno in giorno viene sempre più dirottato dal Sud verso l’industria del Nord Italia. La prova più recente sono i 16 miliardi che il ministro contro il Sud Raffaele Fitto ha spostato dai Comuni alle grandi imprese del Nord Italia. Il reddito di cittadinanza avrebbe dovuto essere perfezionato per farne una misura di inserimento nel mercato del lavoro. 

Ma lo hanno volutamente eliminato, lasciando centinaia di migliaia di famiglie del Meridione in stato di povertà e senza prospettive occupazionali.

Hanno fatto saltare il progetto per la costruzione di 2.190 asili nido per 264 mila bambini. Un diritto essenziale negato, oltre che un danno per tantissime mamme lavoratrici al Sud e un’opportunità di #lavoro mancata per insegnanti, personale scolastico e addetti ai trasporti. 

È appena stato rinviato di 60 giorni (meglio godersi l’estate) il dibattito sul salario minimo, che coinvolge tre milioni e mezzo di lavoratori con stipendi da fame, oltre un milione dei quali vive e lavora in regioni del Mezzogiorno.

A Milano inaugurano le linee metro più veloci d’Europa, mentre in Basilicata chiude ogni tipo di trasporto su rotaia, il nuovo treno “veloce” Bari-Napoli è più lento di quello vecchio e in Sicilia per andare da Siracusa e Trapani (266 chilometri) si impiegano 11 ore e 21 minuti.

Sono solo alcuni degli esempi di una guerra di logoramento ai danni del Mezzogiorno, combattuta grazie e soprattutto alla complicità di donne e uomini nati al Sud ed eletti al Sud.

Solo chi non vuol vedere non vede quello che sta accadendo e in che modo, ogni giorno, ai cittadini meridionali e ai propri figli stanno sottraendo il futuro un pezzo dopo l’altro. (pp)

[Piernicola Pedicini è europarlamentare Greens/Efa e segretario del Movimento Equità Territoriale]

L’OPINIONE / Orlandino Greco: Governo dimostri di fare sul serio mettendo i soldi per zona franca e fiscalità

di ORLANDINO GRECO – L’esigenza di un nuovo attivismo politico che guardasse oltre le desuete idee novecentesche è nata dalla reale consapevolezza delle ingiustizie che si perpetravano e che continuano a perpetrarsi nel nostro Paese, da un’estremità all’altra dello Stivale. È questa, da sempre, la bussola dell’Italia del Meridione in quanto il divario Nord-Sud si riduce solo attraverso un modello di sviluppo che produca ricchezza omogenea su tutto il territorio nazionale.

Sono queste le ragioni che hanno motivato il nostro impegno civico a dialogare con tutte le forze politiche, a prescindere dalle pettorine, per trovare sbocco a battaglie miranti alla creazione di zone franche al Sud nel settore turistico, delle nuove tecnologie e della logistica, in modo da incoraggiare iniziative imprenditoriali in un territorio dalle grandi potenzialità inespresse. Non è stato e quindi non sarà il recinto ideologico a stabilire le nostre alleanze elettorali ma la volontà delle forze politiche a condividere quelle azioni finalizzate al rilancio del sistema Paese, eliminando i divari territoriali e dando il là ad una nuova stagione d’investimenti accompagnata dall’eliminazione della Spesa Storica, dal rafforzamento di fondi perequativi per infrastrutture e comuni, da una fiscalità di vantaggio per i territori svantaggiati e quindi dall’affermazione di esperienze che favoriscano la nascita di piccole/medie imprese e l’insediamento della grande industria, attraverso un credito agevolato legato ai contratti di sviluppo promossi da Invitalia, perché spesso quest’ultime hanno elevate capacità tecniche ma insufficienti capacità finanziarie di realizzazione.

Accogliamo con interesse, dunque, i lavori della Camera dei Deputati che impegnano il Governo nella semplificazione del sistema di agevolazioni fiscali per le imprese e finalizzato al sostegno degli investimenti, con particolare riferimento alle zone economiche speciali, così come l’apertura dell’Unione Europea alla proposta del Ministro Fitto di costituire una Zona Economica Speciale unica per tutto il Mezzogiorno e i fondi del Pnrr ad esso destinati. Dimostri il governo di fare sul serio sapendo che le Zes regionali sono attive in tutte le regioni del Sud con ancora scarsi risultati. Sostituire con un un’unica Zes le singole Zes regionali, se non legata ad una strategia di attrazione investimenti e alla dotazione finanziaria con risorse cospicue e immediate, rischia di essere una operazione poco più che semantica.

Consapevoli che questi impegni assunti restano incompatibili non solo con le già insufficienti risorse del Pnrr destinate al Sud e la carenza di una cabina di regia tecnica finalizzata all’effettiva spesa di tali risorse ma di un disegno di Autonomia Differenziata che lederebbe ulteriormente i diritti di cittadinanza del Sud. Il Sud deve e può diventare, se realmente si ha interesse a creare una reale dimensione di mercato nazionale, terra di produzione e non solo di consumo.

D’altronde, attraverso le innovazioni digitali e le risorse naturali che connotano i nostri territori, le ambizioni possono essere alte. La nostra opera di vigilanza civile continuerà, con spirito costruttivo e consapevoli della necessità di lasciare in eredità ai nostri figli un Paese migliore. (og)

 

SUD UNICA ZONA DI IMPRESA E SVILUPPO
CON LA LEGGE DELEGA FISCALE È POSSIBILE

di VINCENZO CASTELLANO Lo scorso 12 luglio, con 182 voti favorevoli e 97 contrari, la Camera ha approvato il disegno di legge Delega al Governo per la riforma fiscale (A.C. 1038-75-A). Si attende ora che il testo passi all’esame del Senato e, come da impegno dichiarato dal viceministro Leo, venga approvato definitivamente entro la pausa estiva.

La riforma fiscale è tra le priorità individuate nel Pnrr per dare risposta alle esigenze strutturali del Paese e costituisce parte integrante della ripresa economica e sociale che si intende avviare anche grazie alle risorse europee.

Il provvedimento, composto da venti articoli raggruppati in cinque titoli, conferisce al Governo la delega a emanare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore dello stesso, uno o più decreti legislativi volti alla revisione del quadro delle regole tributarie e risponde alla necessità di intervenire sul sistema fiscale per superare le criticità dello stesso.

Il ddl, quindi, indica i principi e criteri direttivi generali e specifici cui deve attenersi il legislatore delegato e contiene, tra l’altro, la revisione dello Statuto dei diritti del Contribuente, del sistema di imposizione dei redditi delle persone fisiche, delle società e degli enti, la revisione dell’Iva, di altri tributi indiretti (imposta di registro, sulle successioni, bollo, ecc.), della disciplina doganale, delle accise e altre imposte sui consumi, la revisione dei procedimenti amministrativi di accertamento e riscossione e il riordino organico delle disposizioni fiscali mediante la redazione di testi unici.

Tra le novità introdotte nei lavori alla Camera, ci sono la previsione di misure volte a favorire l’inserimento nel mercato del lavoro dei giovani under 30, la flat tax sugli straordinari, le tredicesime e i premi di produttività, il superamento graduale dell’Irap, lo stop alla vendita on line delle sigarette elettroniche e il riordino delle tasse automobilistiche.

Il graduale superamento dell’Irap sarà prioritario per le società di persone e per le associazioni senza personalità giuridica costituite da persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti o professioni, nella prospettiva di istituire una sovraimposta, determinata con le medesime regole dell’Ires, che assicuri un gettito in misura equivalente, da ripartire tra le regioni per il finanziamento della sanità.

Per le persone fisiche titolari di partita Iva viene prevista la progressiva introduzione della periodicità mensile dei versamenti degli acconti e dei saldi e l’eventuale riduzione della ritenuta d’acconto. Mentre resta in stand by la flat tax incrementale in attesa di una complessiva valutazione del regime sperimentale di tassazione degli incrementi di reddito già introdotto, per l’anno 2023, per le persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni.

Nell’ambito della revisione del sistema di imposizione sui redditi delle persone fisiche è stata prevista anche la possibilità di introdurre, per un periodo limitato di tempo, misure idonee a favorire i trasferimenti di residenza nei comuni periferici e ultraperiferici.

Per le imprese e gli enti, tra le novità del ddl uscito dalla Camera, si registra la possibilità di riduzione dell’aliquota Ires nel caso in cui il reddito prodotto sia impiegato, in tutto o in parte, in schemi stabili di partecipazione dei dipendenti agli utili ovvero, in alternativa, la possibilità di fruire di eventuali incentivi fiscali riguardanti investimenti qualificati, anche attraverso il potenziamento dell’ammortamento, nonché di misure finalizzate alle nuove assunzioni, anche attraverso la possibile maggiorazione della deducibilità dei relativi osti. 

Merita invece un cenno particolare la novità – che riguarda il Sud – introdotta nei lavori alla Camera con la lettera e-bis), che troviamo all’interno del comma 1 dell’art. 9 del ddl rubricato “Altre disposizioni”. Nell’esercizio della delega, il Governo dovrà “favorire lo sviluppo economico del Mezzogiorno e la riduzione del divario territoriale, valutando la semplificazione del sistema di agevolazioni fiscali nei riguardi delle imprese finalizzato al sostegno degli investimenti, con particolare riferimento alle zone economiche speciali”. Vista anche la recente apertura da parte dell’Ue sulla proposta del ministro Fitto di costituire una Zes unica per tutto il Mezzogiorno e i fondi del Pnrr ad esso destinati, la novità della legge delega darebbe al Governo la grande opportunità di imprimere un cambio di passo all’economia del Sud e renderlo un’unica grande zona d’impresa e di sviluppo. (vc)

[Vincenzo Castellano è dott. Commercialista e segretario Federale di Italia del Meridione]

 

L’OPINIONE / Vincenzo Castellano: Il Sud paga più tasse ma riceve meno servizi

di VINCENZO CASTELLANO –  Il Sud ancora non è riuscito a recuperare il gap che lo separa dal Centro-Nord del Paese. Nonostante le numerose iniziative e riforme politiche adottate dagli anni Cinquanta fino allo straordinario Pnrr, il Mezzogiorno non ha mai registrato lo sviluppo che chi ha governato e governa ha promesso che avrebbe realizzato.

La sfida che ci attende, dopo la pandemia che ha messo in crisi l’intero sistema economico mondiale e una guerra russo-ucraina, ancora in corso, è la grande occasione da non perdere per intraprendere scelte coraggiose per rilanciare il Meridione rendendo sostenibile lo sviluppo futuro dell’intero Paese.

Oggi i cittadini residenti nel Mezzogiorno pagano più tasse rispetto ai loro connazionali che vivono nel Centro-Nord poiché lo Stato, investendovi meno soldi, costringe gli enti locali ad aumentare la pressione fiscale per garantire i servizi che, nonostante ciò, sono minori al sud rispetto che nel resto d’Italia.

La spesa pubblica che lo Stato concede al Meridione è inferiore rispetto a quella che elargisce al Nord. La regola adottata è sempre quella della cosiddetta “spesa storica” che negli anni è stata perpetrata in modo ininterrotto, sistematico e illegale costringendo gli Enti locali del Mezzogiorno ad adottare politiche che hanno visto aumentare progressivamente le imposte nei confronti dei propri cittadini, non riuscendo, tuttavia, a soddisfare tutti i bisogni di servizi necessari.

Questa circostanza provoca un effetto indesiderato che i meridionali, oltre ad usufruire di servizi e benefici di scarsa qualità, e pur avendo in media già redditi decisamente più bassi rispetto ai loro concittadini del Nord, sono costretti a subire un prelievo fiscale molto più oneroso rispetto a questi ultimi. Un esempio emblematico della inadeguatezza della “spesa storica” che ci permetterebbe di comprenderne rapidamente i negativi risvolti pratici è il confronto fra le due Reggio: Reggio Emilia e Reggio Calabria, dove la prima – che è risaputo ha già molti servizi – ha un fabbisogno standard di circa 140 milioni di euro, mentre a Reggio Calabria, con meno servizi, di circa 100 milioni di euro, circa 40 milioni in meno nonostante abbia più abitanti della città emiliana.

Ancora, se si analizza più nel dettaglio la spesa pubblica ci renderemmo conto come per l’istruzione a Reggio Emilia sono riconosciuti circa 30 milioni a Reggio Calabria 9. Per la cultura alla prima sono concessi oltre 20 milioni e alla seconda non si arriva a 5. Riguardo all’edilizia abitativa alla città emiliana sono destinati oltre 50 milioni e alla seconda si arriva a malapena a 10. E si potrebbe continuare ad oltranza. Anche la Corte dei Conti ha più volte rilevato che: «A fronte dei 116 euro medi pro capite di spesa sociale complessiva, si va dai 22 della Calabria ai 517 del Trentino (Bolzano) e a fronte dei 14 euro di spesa pro capite per i soli interventi contro povertà e disagio, si passa dai 3 euro nei Comuni della Calabria agli 83 nei Comuni del Friuli».

È evidente che di fronte a questa situazione che è il risultato di anni di politiche che hanno agevolato sempre di più le regioni del Nord è necessario intervenire con politiche di vantaggio per le regioni del Mezzogiorno. Le recenti iniziative del governo che hanno introdotto la decontribuzione per i lavoratori che vengono assunti al Sud, l’istituzione delle Zes (Zone Economiche Speciali) e delle ZLS (Zone Logistiche Semplificate, sono tutte misure che vanno accolte con favore ma invito il governo ad avere più coraggio. È necessario un intervento strutturale sul piano fiscale ad esclusivo vantaggio per le regioni del Sud e un piano di equità territoriale che preveda la ridistribuzione delle risorse pubbliche.

I cittadini meridionali pagano di più molti servizi rispetto a quanto gli stessi servizi costano al Nord. Le Rc auto, gli interessi bancari, la benzina, le utenze domestiche sono solo alcuni di questi. Ma anche il costo di un biglietto del treno, a parità o addirittura con maggiore distanza, costa di meno per i treni che vanno verso Nord rispetto a quelli che vanno verso Sud. È chiaro, quindi, che un cittadino che vive al Sud sostiene maggiori costi per i servizi e non è equo che paghi le tasse con le stesse modalità con cui le paga un cittadino che vive al Nord. (vc)

[Vincenzo Castellano è segretario Federale Italia del Meridione]

I CALABRESI NON SI “FIDANO” DI CALDEROLI
MILLE MOTIVI GIUSTIFICANO I SOSPETTI

di MIMMO NUNNARI – Non è più questione di Nord contro Sud e di secessionisti e statalisti, di (simpaticamente) polentoni e terroni, ma – fatti i necessari aggiornamenti – di non essere fessi o  “ammucca lapuni”, espressione in uso in alcune regioni meridionali, riferita a persone che credono a qualsiasi cosa gli viene detto: restando a bocca aperta e rischiando di ingoiare – metaforicamente –  una grossa ape o un calabrone, come vuole il proverbio. Il detto è usato per mettere in guardia i creduloni di fronte a notizie di cui non si riesce a distinguere il falso, la presa per i fondelli, dal vero.

Bisognerebbe tenere bene a mente un vecchio proverbio arabo: “La prima volta che minganni la colpa è tua, ma la seconda volta la colpa è mia”. Mettiamo, dunque, sull’avviso i nostri pochi o molti lettori, dal credere al  ministro Roberto Calderoli  il quale a Vibo, a proposito di Autonomia differenziata, ha detto che è “un’opportunità per il Mezzogiorno”. Nel Sud, storicamente, c’è gente paziente, che si fida, non si ribella, che aspetta da secoli il riconoscimento di diritti, della legittimazione di italiani uguali agli altri, e che spera nella riduzione delle distanze tra Settentrione e Meridione; questo sì, ingenui pure, ma “ammucca lapuni” no, signor ministro. Perché a lasciarsi incantare dalle storie ai limiti del surreale, che l’Autonomia conviene al Sud, si rischia di passare per fessi, per persone che si lasciano imbrogliare facilmente. 

Ora, pazienti si, pigri pure, non abituati a intraprendere iniziative autonome anche; qualche volta pure sudditi, per mentalità antica, ma stupidi no, per piacere. Che poi il ministro abbia scelto la Calabria per lo “spiegone” sulla bontà per il Sud dell’Autonomia differenziata, fa pensare più che a un gesto di cortesia, ad un ulteriore e ben celato discredito nei confronti di questa regione, che molti credono sia, oltre che mafiosa, abitata da tonti; che si può ingannare, tanto, come recita un detto latino: “fallacia alia aliam trudit, un inganno tira laltro”. Qui, oggi, non si tratta di rispiegare che cosa significhi l’Autonomia differenziata per il Mezzogiorno, poiché l’argomento è stato analizzato e dibattuto abbastanza, ne abbiamo fatto indigestione; semmai, si tratta di tenere alta la guardia e mettere in campo tutti gli strumenti possibili e leciti per cancellare questa ipotesi di riforma ingannatrice dall’agenda politica. Si tratta anche di ragionare sul potersi fidare, o meno, di Calderoli.

Francamente pensiamo di no, partendo non da pregiudizi, ma dal presupposto intanto che sono tanti i dubbi sulle competenze di costituzionalista o riformista del ministro e sulle sue reali buone intenzioni. Ricordiamo, per tutto il suo curriculum di parlamentare, che legge elettorale più contestata della storia della Repubblica è opera sua: un marchingegno, per riempire il Parlamento di deputati e senatori scelti dalle segreterie dei partiti. È lunica legge definita in modo spregiativo dal suo stesso autore: una “porcata”. Da qui, il passaggio alla storia col nome Porcellum. Calderoli, è noto pure per aver presentato – aiutato di un algoritmo – milioni di emendamenti a ddl governativi che non gli piacevano. Una tattica dilatoria, e niente di più, da catalogare nelle piccolezze e  nelle tattiche peggiori della politica italiana. Calderoli è un leghista della prima ora, come Salvini, entrambi protagonisti, già da giovani, di quella Lega del secessionismo poi passata, dopo un lungo percorso, alla furbata dell’autonomia differenziata, sempre con un unico, vero, sostanziale obiettivo: un Nord che possa correre da solo, senza la palla di ferro al piede, che, per molti, al Settentrione, è il Sud. Nella strategia leghista non c’è solo l’Autonomia di Calderoli, ma c’è – molto più raffinatala  svolta nazionalista e sovranista dell’attuale leader Matteo Salvini, il quale, accantonata la vocazione nordista” ha puntato a radicare il partito su tutto il territorio nazionale allinsegna dello slogan Prima gli italiani”.

Anche il ponte di Messina, probabilmente rientra in questa strategia (apparentemente compensativa) che dovrebbe far dimenticare il passato, con un “dono”, non si sa quanto utile al Sud, senza tutto il resto: infrastrutture, porti, aeroporti, strade. Abbiamo dei pregiudizi nei confronti di Salvini? Certo che sì, li abbiamo e sono fondati. Salvini era a fianco a Umberto Bossi, quando  sognavano la Padania libera e autonoma, ed è stato, insieme a Calderoli &co., un campione di insulti e offese, nei confronti dei meridionali. Basterebbe, per tutti  gli oltraggi ricevuti dai meridionali, ricordare quell’auspicio, lugubre, di “purificazione” dei napoletani, nella lava del Vesuvio. Di questo non certo edificante passato Salvini  ha fatto ammenda  tempo fa a Palermo, rispondendo ai giornalisti, in una conferenza stampa: “Se abbiamo avuto toni eccessivi in questi anni sul Sud e i meridionali, chiedo scusa e cercheremo di evitare di ricadere negli stessi errori”. Se avesse tolto il “se”sarebbe stato meglio.

Oggi, i due, Calderoli e Salvini, sono ministri di un legittimo governo della Repubblica e in quanto tali vanno rispettati. Ma per poter essere creduti debbono fare di più: prendere per esempio coscienza che bisogna pensare a colmare quel divario di sviluppo tra Nord e Sud che non è mai stato colmato, e  che addirittura si è ultimante aggravato,  e mettere in campo strategie di immediata applicazione per invertire la marcia, con priorità per l’occupazione, la sanità pubblica, le infrastrutture di cui si diceva prima e i trasporti. Solo dopo questo “risarcimento”, si potrà passare a riforme che teoricamente possono essere anche valide per l’Italia tutta di domani; che verrà dopo l’Italia di oggi: inquieta, divisa e malcerta. E invece sta accadendo che si profila l’ennesima beffa per il Sud, se sono veri i rumors parlamentari che parte dei fondi del Pnrr, previsti dal Governo Draghi per il Mezzogiorno, stanno per prendere altre direzioni. Anche sull’Alta  Velocità Salerno Reggio si stanno addensando dubbi stando ad un’interrogazione del Pd.

La comunità dei meridionali, lungi dall’ingoiare calabroni, dovrà trovare le giuste strategie per pretendere il rispetto degli impegni e ricordare – a tutto il Governo Meloni – che le regioni del Sud appaiono sempre più determinanti per l’esito delle consultazioni politiche nazionali. Un particolare pensiero, se ci è consentito, lo rivolgiamo ai tanti che accolgono a braccia aperte Calderoli, Salvini & co., magari in buona fede, sperando in vantaggi per il Sud. Ricordatevi di Luigi Pirandello: “Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti”. (mnu)

FAR RESTARE QUEI CERVELLI IN FUGA: AL
SUD SI PUÒ ESSERE CITTADINI DI SERIE A

di PIETRO MASSIMO BUSETTA – «Trattenere i 40.000 laureati che ogni anno se ne vanno dal Sud dovrebbe essere l’obiettivo centrale delle politiche di sviluppo perché ognuno di quelli è un pezzo di Pil che se ne va». Cosi Luca Bianchi, direttore della Svimez commentava,  nei giorni scorsi, il tema  al centro di un incontro di studio organizzato da Banca d’Italia e Istat. 

Il messaggio univoco che proviene dall’indagine che il calo della popolazione in età lavorativa richiede un aumento del tasso di occupazione in particolare di donne e giovani ed anche un’attenta politica migratoria é di quelli scontati. Il merito sta nel fatto che il tema della emigrazione dei cervelli ritorna centrale.

Chiedersi perché in tanti scelgono fin dalla frequenza della università di puntare al Nord è un esercizio quasi scolastico. Da una realtà dove lavora una persona su quattro come il Mezzogiorno, nel quale rispetto ai 20 milioni di abitanti vi sono solo poco più di 6 milioni che lavorano, compresi i sommersi, non si può che fuggire. Per una serie di motivazioni: alcune delle quali riguardano le ragioni della mancanza assoluta di opportunità. Ed in ogni caso quando queste dovessero presentarsi, considerato che i livelli superiori sono concentrati nelle realtà nelle quali le direzioni generali sono localizzate, nel momento in cui bisogna crescere nelle responsabilità, l’esigenza di lasciare il Mezzogiorno diventa sempre più cogente. Ma vi sono anche altre motivazioni che riguardano il fatto che l’emigrazione a cui assistiamo é alla ricerca dei diritti. 

Proprio così si tratta di una generazione di meridionali, che hanno deciso che non vogliono accontentarsi di essere cittadini di serie B e poiché hanno già cessato di sperare in una possibilità di cambiamento, poiché ritengono che non sia possibile avere gli stessi diritti di cittadinanza che si hanno al Nord, hanno deciso di spostarsi. I diritti fondamentali che cercano  sono quelli alla mobilità, alla salute, agli asili nido per i loro bambini, a una buona scuola. Se a questo aggiungi quello che afferma sempre Luca Bianchi e cioè che “in realtà se continuano ad emigrare è perché la qualità del lavoro e le retribuzioni sono troppo basse, circa il 20% inferiori al resto d’Italia” il quadro si completa. 

Ciò vuol dire che le gabbie salariali tanto invocate e richieste da una parte del Nord  sono già una realtà. 

Ovviamente il Centro Nord gode di tutto questo come evidenziato dall’ultimo Rapporto Istat sulle migrazioni nel Paese: «Il Centro-Nord “recupera” le perdite accumulate nel decennio 2012-2021 con gli studenti in arrivo dal Mezzogiorno. Negli ultimi 10 anni, il Nord guadagna oltre 116mila giovani risorse provenienti dal Sud e dalle Isole, il Centro quasi 13mila. Nel complesso, le uscite dal Mezzogiorno verso l’estero e le altre regioni d’Italia determinano una perdita di circa 150mila giovani laureati». 

Non per fare il conto della serva ma dire che tutto questo costa al Sud 45 miliardi, considerato che per formare un laureato  servono 300 milioni,  non è sufficiente ad individuare il vero costo per la realtà meridionale, perché i 45 miliardi riguardano solo il danno emergente, la valutazione del lucro cessante è più difficile da calcolare. 

Ma certamente il processo emigratorio è quell’elemento che non consente più alla foresta dello sviluppo di crescere e che avvia ed alimenta un processo di desertificazione.

Per questo l’autonomia differenziata voluta in primis da Calderoli/Zaia, ma anche da Fontana e Bonaccini, sodali in quel mai costituito ufficialmente, ma sempre in azione,  Partito Unico del Nord, che prevede la istituzionalizzazione dei diversi diritti di cittadinanza è una deriva pericolosissima. 

Bisogna puntualizzare peraltro che sbaglia chi confronta l’emigrazione dal Sud con la mobilità che vi é al Nord. Perché se è vero che gli arrivi da Sud compensano numericamente la fuga e che resta il fatto che anche tutte le Regioni del Nord hanno un saldo dei giovani laureati verso l’estero negativo non si può non precisare che quella dal Sud è emigrazione e l’altra invece è mobilità. 

L’Istat ricorda che sempre nel decennio 2012-2021 è espatriato dall’Italia oltre un milione di residenti di cui circa un quarto in possesso della laurea, in buona parte settentrionali. Tra rimpatri ed espatriati il saldo insomma è chiaramente negativo, al punto che la perdita complessiva dell’Italia per l’intero periodo è di oltre 79mila giovani laureati. 

Tutto vero ma bisogna calcolare però che vi sono una serie di stranieri che vengono a lavorare in Italia e che compensano, anche se solo in parte,  il drenaggio che avviene,  in un processo di scambio di esperienze che non può che essere positivo. 

L’emigrazione di cui soffre il Sud è invece un fenomeno tipico dei paesi poveri, che perdono i loro migliori residenti spesso senza guadagnare giovani stranieri che decidono di trasferirsi nelle aree meridionali. Lamentarsi di un processo che ha le sue origini in politiche che prevedono che alcune parti del Paese siano considerate come colonia, nelle quali anche con il Pnrr si pensa di dotare i comuni interessati degli asili nido con bandi competitivi è un esercizio non solo inutile ma anche vigliacco. 

Deve essere chiaro a tutti che il Mezzogiorno è funzionale, in tutte le sue componenti di territorio e capitale umano, alla crescita sempre più contenuta di un Nord che pensa di poter sostenere la propria competitività rispetto alle aree ricche della MittelEuropa sfruttando  a suo vantaggio, in una cannibalizzazione degli altri territori,  un Mezzogiorno debole.  Anche se é evidente che fin quando il rapporto nei confronti delle  parti forti del Paese sarà in una forma di ascarismo perdente, sia in termini elettorali che conseguentemente in termini economici,  i risultati non potranno che essere quelli registrati ormai da oltre cinquant’anni. 

Se come nelle tragedie greche il Sud aspetterà che un deus ex machina, che sia lo Stato centrale o un partito nazionale,  si occupi di impegnarsi seriamente per politiche di sviluppo adeguate allora non potrà che rimanere deluso. Anche se è difficile con la mancanza di formazione e di consapevolezza,  dovuta anche ad una diffusa dispersione scolastica oltre che alla mancanza di tempo pieno nelle scuole e alla poco occupazione che non consente di avere in casa delle donne occupate quindi più inserite nelle problematiche del Paese, è necessario che vi sia un colpo di reni che preveda non questue rispetto ad un Paese che può essere più o meno generoso, ma pretese legittime da far rispettare con la forza delle urne. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

L’OPINIONE / Pietro Massimo Busetta: Il rapporto tra Berlusconi e il Sud

di PIETRO MASSIMO BUSETTA Si calmino adesso le polemiche. Avversari e sostenitori è bene che abbassino i toni. Di fronte al passaggio, che prima poi riguarderà tutti, bisogna avere la capacità di tacere. Questo sarebbe l’auspicio e certo, anche in questo caso, “l’Ei fù” di manzoniana memoria, del 5 maggio, senza voler fare confronti che sarebbero assolutamente impropri, vale. “Il Dio che atterra e suscita, che affanna e che consola, sulla deserta coltrice accanto a lui posò”.  

Il Sud lo ha amato. Infatti sempre in cerca di un masaniello liberatore, lo ha apprezzato e acclamato, dandogli risultati elettorali assolutamente rilevanti. Dal 61 a 0 di Forza Italia in Sicilia, ai successi nelle altre realtà regionali meridionali, il Sud ha sempre premiato Silvio Berlusconi.

L’immagine di chi ce l’ha fatta, qualunque impresa iniziasse, é di quelle che entusiasmano coloro che si gasano per il successo dei vincenti, come “i cafoni” meridionali. E tutto si può dire tranne che Lui non lo sia stato. Come capitano d’impresa, ma anche come politico raffinato, che riesce a rimanere a lottare per anni. 

Certo alcune sue dubbie  amicizie compromettenti, le sue intemperanze sessuali che sfociavano in possibili reati, lo hanno fatto diventare bersaglio di una giustizia per la quale, giustamente, dovremmo essere  tutti uguali, potenti e umili. Ma di tali aspetti si  occuperanno gli storici. A me preme considerare come la sua attività di Presidente del Consiglio abbia influito sulla diminuzione dei divari. Purtroppo,  considerati i diversi diritti di cittadinanza esistenti tra le varie parti del Paese ancora oggi, che stanno portando sempre più alla spaccatura ed all’allontanamento tra le due Italie, si può affermare che anche Lui non sia riuscito ad attuare l’unificazione economica del Paese.  

Anzi viene da dire che il Partito Unico del Nord, nel suo periodo, si è ulteriormente rafforzato. Infatti  mentre nella prima Repubblica in qualche modo i partiti nazionali avevano avuto la problematica dell’unificazione economica molto presente, anche se non bisogna dimenticare che l’autostrada del sole che si ferma a Napoli o l’alta velocità ferroviaria, che si ferma a Salerno, è figlia delle loro decisioni, successivamente, con il rafforzamento della Lega Nord, nasce, senza che qualcuno abbia moti di riso, una cosiddetta questione settentrionale. 

Della quale si convinse persino la sinistra che, per inseguire i movimenti populisti territoriali sulla autonomia, procedette all’approvazione della modifica del Titolo V della Costituzione, premessa per le problematiche dell’autonomia differenziata di questi giorni. 

Tre volte premier, fondatore di Forza Italia e di un impero televisivo che aveva plasmato l’immaginario nazionale per oltre un ventennio ha meriti e colpe come tutti. Noi siamo troppo figli del suo tempo per esprimere giudizi definitivi. Ma certamente tra i meriti rispetto al Sud vi é quello di aver capito che collegare il Paese a Suez, a Hong Kong, o a Dubai fosse fondamentale per recuperare una visione di piattaforma logistica ed euromediterranea che il Paese ha perso. 

Per questo fece partire i lavori del Ponte sullo Stretto di Messina, che con visione miope, Mario Monti cancellò con una gomma, facendo crollare l’immagine di un Paese, che di fronte ad un bando vinto e a un contratto stipulato, come nelle repubbliche delle banane, procedeva all’annullamento, provocando giudizi milionari ancora non chiusi. 

Ricordo anche  la sua sensibilità rispetto alle problematiche dell’immigrazione, che da uomo del fare pensava di risolvere con il suo carisma indiscusso. 

Era il 2011, durante la crisi provocata da Roberto Maroni, Ministro degli interni che aveva bloccato a Lampedusa, sulla collina della vergogna, oltre 12.000 tunisini, andò a comiziare sulla più grande isola delle Pelagie e annunciò l’acquisto di una villa a Cala Francese, con l’intenzione di diventare anche lui lampedusano.

Lampedusa era nel pieno di un’emergenza migranti e arrivò sull’Isola per trovare una soluzione. Oltre a promettere di risolvere il problema, “liberando” l’isola dai migranti nel giro di 48-60 ore, annuncia anche l’acquisto di una casa. Ovviamente l’intervento fu un pannicello caldo, tanto che oggi Lampedusa rischia di fare la fine di Lesbo.  

 Ricordo che quando qualcuno sottolineava, poco prima delle ultime non proprio esaltanti sue dimissioni, i dati negativi del Sud, dichiarò a Bari che lui vedeva che i ristoranti erano pieni, con un approccio “nasometrico” non proprio da statista. Quindi da un lato grande amore per il Sud, per la canzone napoletana, che era il pezzo forte nel suo repertorio canoro in coppia con Mariano Apicella, amore profondo per Napoli, dall’altro provvedimenti tampone,  mai nulla di veramente sistemico. 

Napoli non gli portò bene se é vero che fu lì che gli arrivò  l’avviso dell’indagine  in pieno G8 nel 1994. Ma si batté per spostare  il G8 del 2009 dall’isola della Maddalena a l’Aquila, quando un forte terremoto colpì la città  e avanzò l’ipotesi di spostare il summit nel capoluogo abruzzese malgrado l’insistenza della Lega che avrebbe preferito portarlo a  Milano. 

Si  trattò di un forte segnale per il rilancio di zone così duramente colpite dal terremoto. Anche sull’autonomia differenziata, malgrado  le sue dichiarazioni erano nel senso che non essa deve in alcun modo penalizzare le regioni del Sud Italia, si allinea alle posizioni della coalizione” pur se “Forza Italia é sempre stata e continuerà a essere favorevole all’autonomia ma è altrettanto convinta che le legittime ambizioni delle Regioni più ricche d’Italia non debbano contrastare con l’esigenza delle altre di mantenere livelli di servizi adeguati”. 

Si vede in tutte queste decisioni un approccio al Sud di grande simpatia ed apprezzamento, ma anche la non piena consapevolezza della dimensione del problema, sempre trattato come tema residuale. Forse si può dire che malgrado il grande consenso che il Sud gli manifestava si é trattato di un’amore superficiale poco corrisposto, non di vero amore. (pmb)

PERDE COLPI L’AUTONOMIA DI CALDEROLI
SI LAVORI INVECE A FAR CRESCERE IL SUD

di PIETRO MASSIMO BUSETTALa marcia veloce, senza ostacoli, che aveva immaginato Calderoli è facile che debba fermarsi. Troppi sono i segnali e le prese di posizione di organismi non politici che dichiarano la loro contrarietà a un equilibrio nazionale  che potrebbe non reggere, nel caso in cui si attuassero i livelli essenziali delle prestazioni in tutto il Paese. La convinzione che ha pervaso  i documenti e le dichiarazioni  sia dell’organo tecnico del Senato, ma anche di Bankitalia, di Confindustria, e recentemente anche dell’Unione Europea, va nello stesso senso.

La conclusione che se la riforma, che attuerebbe il titolo quinto della Costituzione, inopinatamente modificato dal Centro Sinistra, dovrà essere attuata senza oneri per il bilancio statale, la situazione non potrà che rimanere invariata e quindi l’autonomia differenziata fermarsi. 

Ma mentre la contrarietà rispetto ad una riforma che vuole statuire come corretta una spesa storica che toglierebbe ogni anno al Mezzogiorno, a seconda dei calcoli, dai 30 ai 60 miliardi, è assoluta si deve però criticamente riflettere sulla situazione, ormai consolidata,  che certamente con crescite non particolarmente elevate non può essere cambiata, anche se sarebbe assolutamente corretto che lo fosse.

L’esempio diffusamente riportato dei 66 asili nido di Reggio Emilia rispetto ai 3 di Reggio Calabria dimostrano plasticamente come sarebbe estremamente complicato, certamente non senza aggravio di costi, stabilire diritti analoghi per tutti. 

Ma anche se l’autonomia differenziata voluta da Calderoli e che avrebbe, nello schema previsto dal Ministro, scavalcato totalmente il Parlamento, seguendo un accordo pattizio tra Regioni e Presidente del Consiglio, dovesse essere fermata non vi è dubbio che rimane in piedi il grande problema della differenza di diritti di cittadinanza esistenti nelle due parti del Paese, come anche quello della spesa storica che sarà estremamente complicato poter mettere in discussione. 

Perché evidentemente mentre é relativamente facile fornire servizi a chi non li ha, è assolutamente impossibile pensare, senza rivolgimenti sociali, di sottrarre i diritti di cittadinanza a chi ne usufruisce da anni. 

Ed allora se la strada di tenersi un residuo fiscale teorico, che in realtà proviene da meccanismi complessi che hanno la loro origine in tutte le parti del Paese, tra loro connesse, è assolutamente da bloccare, non si può non considerare che le realtà più evolute, come Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto, che hanno chiesto per prime di poter gestire al meglio le risorse che con i limiti già detti produrrebbero, hanno bisogno di confrontarsi con quello che avviene nella realtà più evolute della MittelEuropa e cercare di non perdere passi per esempio nella infrastrutturazione. 

La Regione Veneto ha annunciato una svolta nel sistema dei trasporti: Hyper Trasfer arriverà e a progettarlo sarà il consorzio Webuild-Leonardo. Le capsule di trasporto realizzate con il nuovo sistema potranno viaggiare a più di 1.200 chilometri ora, tra l’Interporto di Padova e il Porto di Venezia. 

Bene stare all’avanguardia ha dei costi che queste Regioni hanno paura di non poter sostenere, per questo vogliono quella autonomia che consentirebbe loro di correre al passo degli altri competitori. Ed allora il tema non è tanto quello di fermare qualcuno per far crescere gli altri, non è quello di far correre Milano anche a costo che Napoli affondi, come incautamente affermò qualche anno fa Guido Tabellini, quanto invece quello di fare in modo che la locomotiva Sud, che può, come dice Lino Patruno, dare anche lezioni di sviluppo all’Italia, parta veramente e che produca quel reddito annuo che aumenti il Pil nazionale di una dimensione tale da consentire, aldilà delle risorse eccezionali del Pnrr, di poter avere un welfare, che non possa più prevedere che alcuni medicamenti possano essere a carico del servizio sanitario nazionale in alcune regioni ed in altre invece a carico del paziente, come avviene tuttora. 

Per questo la strada da percorrere è quella di procedere velocemente con investimenti adeguati, che consentano l’attrazione di iniziative dall’esterno dell’area, intanto nelle aree Zes, che già pare comincino a funzionare, anche se in modo diverso da regione a regione, ma anche riuscendo ad avere un progetto di sviluppo per il settore turistico che rifletta adeguatamente sulla necessità che si attui una normativa speciale che consenta l’insediamento accelerato di investimenti alberghieri, con l’adozione di una normativa che imiti le Zes manifatturiere, riproponendo il meccanismo. 

La strada che si è intrapresa per quanto riguarda il Ponte sullo stretto e le altre infrastrutture del sistema ferroviario, autostradale e portuale del Mezzogiorno e che Salvini, con una determinazione che stupisce, e che sta passo dopo passo portando avanti, é quella giusta. 

Per questo è necessario che si proceda con tempificazioni adeguate perché il tempo non è una variabile indipendente e i ritmi della crescita devono essere sostenuti, per dimostrare al Paese intero che la strada non può essere quella della divisione tra piccoli Staterelli indipendenti o quasi, quanto quella di una sinergica attività che porti, invece  che a a dividere l’unico tavolo che si ha a disposizione, rendendolo praticamente inutilizzabile per tutti, a moltiplicarne il numero perché si possa stare meglio in più.  (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

Il presidente Occhiuto: Il Sud è luogo di opportunità

Il presidente della Regione, Roberto Occhiuto, ha evidenziato di come il Sud è luogo di opportunità, e di come può «essere hub dell’Europa sul Mediterraneo».

«Devo esprimere la mia riconoscenza a The European House Ambrosetti per aver contribuito a modificare il paradigma della discussione sul Mezzogiorno, che spesso è stato rappresentato nella comunità nazionale soltanto come un luogo di problemi. Oggi invece cominciamo a parlarne anche come luogo di opportunità e di investimenti nazionali e internazionali. Un luogo di opportunità non solo per le regioni del Sud ma per il Paese e per l’Europa», ha detto il Governatore nel corso del suo intervento al Forum Verso Sud: La strategia europea per una nuova stagione geopolitica, economica e socioculturale del Mediterraneo.

«Questo perché – ha detto ancora – il Sud Italia può davvero candidarsi ad essere l’hub dell’Europa sul Mediterraneo, in grado anche di interloquire con i Paesi della sponda Sud del Mediterraneo. Quindi non solo un hub energetico, ma anche un luogo cruciale per il commercio internazionale».

«Io lo sto vivendo sotto i miei occhi – ha proseguito – perché la mia Regione ospita il primo porto d’Italia, quello di Gioia Tauro, che fa 3,5 milioni all’anno di movimentazione di container. Oggi ancora non produce ricchezza in Calabria perché è un porto di transhipment ma è un asset logistico straordinario in questo nuovo scenario internazionale. Credo che le Regioni del Sud se sanno interpretare l’attività di governo in chiave moderna, e non meramente rivendicativa, possono vivere le stesse condizioni di crescita che hanno avuto le Regioni del Nord nei decenni passati».

«La coesione si realizza non solo attraverso la spesa produttiva del governo nazionale e dell’efficacia delle risorse dell’Unione europea, ma anche con una visione in grado di creare sviluppo. Noi lo stiamo facendo», ha sottolineato ancora Occhiuto.

Il Governatore, poi, ha parlato dei fondi Ue, dicendo come «non credo che il presidente Emiliano abbia ragione quando dice che ci sia l’intenzione da parte del governo di dirottare verso altri lidi le risorse dell’Fsc».

«Le risorse destinate alle Regioni devono essere spese in quelle Regioni. Dobbiamo però dimostrare di essere una classe dirigente che abbia onestà intellettuale», ha detto ancora, ricordando come «sulla spesa ci sono dei problemi strutturali da affrontare, ma le risorse ci sono. Inoltre giudico come un fatto positivo che ci sia un unico ministro, Fitto, che si occupi di tutti gli strumenti di finanziamento e programmazione».

«Certo, anche io vorrei che questo lavoro di ricognizione dei programmi di spesa che sta facendo il ministro fosse rapportato ai dati attuali – ha concluso – e vorrei anche si passasse presto alla fase operativa dell’accordo con le singole Regioni.
Ma confido che a questa fase ci si arrivi da qui a qualche giorno». (rrm)