Terme Luigiane, il Tar dà ragione alla Sateca nel giudizio contro i Comuni di Acquappesa e Guardia Piemontese

di FRANCO BARTUCCIIl Tar Calabria, con sentenza 1949/21, pubblicata ieri, ha deciso sui ricorsi prodotti da Sateca avverso i Comuni di Guardia Piemontese e Acquappesa e la Regione Calabria ed inerenti l’ormai notissima questione delle Terme Luigiane.

Il Tribunale Amministrativo, pur riconoscendo la legittimità della posizione dei Comuni, quali concessionari della risorsa termale e quindi degli atti conseguenti (regolamento di utilizzo delle acque ed avviso esplorativo per la ricerca di manifestazioni d’interesse), ha accolto il ricorso della Sateca avverso l’acquisizione coattiva dei beni e delle sorgenti, condividendo in pieno le argomentazioni esposte dagli avvocati Ivan Incardona ed Enzo Paolini per conto della Società sub concessionaria delle Terme Luigiane.

In particolare, il Tar ha valutato “elementi preponderanti che depongono nel senso della sussistenza del diritto della Sateca alla prosecuzione dell’attività fino all’effettivo subentro del nuovo sub-concessionario”, come sin dall’inizio la Sateca aveva rappresentato – invano – alle Amministrazioni Comunali.

Si tratta di quell’accordo raggiunto l’8 febbraio 2019 presso la Prefettura di Cosenza, sottoscritto sia dai due Sindaci di Aquappesa, Giorgio Maritato, e Guardia Piemontese, Vincenzo Rocchetti, nonché dai rappresentanti della Regione Calabria, della Sateca, da Federterme e del Sindacato di categoria Cisl di Cosenza, portato successivamente a ratifica dei Consigli delle due Amministrazioni comunali.

Il Tarha spiegato che, come era previsto inequivocabilmente negli accordi sottoscritti in Regione nel 2016 e in Prefettura nel 2019 – recepiti dai Consigli Comunali, ma definiti“inefficaci” dai Sindaci e dai legali dei Comuni – “il termine finale dello svolgimento dell’attività Sateca non è “comunque” il 31.12.2020, bensì, qualora le procedure di scelta del contraente dovessero eccedere detta data – circostanza poi verificatasi nel caso di specie – la ricorrente avrebbe potuto continuare a svolgere le proprie attività, rispondendo ciò a finalità anche di interesse pubblico, quali la prosecuzione della gestione del servizio pubblico; invero, si legge nello stesso Protocollo del 2016 che le finalità che ne hanno animato la sottoscrizione si rivengono non solo nel mantenimento dei livelli occupazionali, bensì anche nella continuità delle attività termali”.

A tale pattuizione, afferma il Tar, “deve essere attribuito un significato, che è appunto quello di garantire la prosecuzione dell’attività termale fino all’individuazione del nuovo sub-concessionario, ciò rispondendo non solo ad esigenze della società, ma anche all’interesse pubblico alla prosecuzione dello svolgimento dell’attività termale”.

Dunque, secondo il Tar, i Comuni “hanno comunque impedito alla società Sateca l’esercizio del diritto previsto dalla clausola dell’accordo del 2019, e relativa  prosecuzione dell’attività fino al subentro del nuovo sub-concessionario, che è riconosciuto proprio per l’eventuale periodo successivo al 31.12.2020, per il caso, verificatosi, di mancata conclusione delle procedure di selezione del nuovo sub-concessionario”.

Come ci si ricorderà, i due sindaci nel mese di febbraio dell’anno in corso adottarono un’azione di prelevamento unilaterale forzoso di alcune strutture comunali ubicate all’interno del compendio termale, come il vecchio stabilimento San Francesco con annesse le vasche di lavorazione dei fanghi ed alghe, l’area delle sorgenti, l’edificio adibito ad attività amministrative ed altro, con l’opposizione in presenza della dirigenza della Sateca e di un nutrito gruppo di lavoratori funzionali ai servizi termali, che di fatto hanno impedito alla stessa Società Sateca di dare corso ad una nuova stagione termale aggravata pure dalla deviazione dell’acqua sulfurea termale nel torrente “Bagni”.

La sentenza  del Tribunale Amministrativo Calabrese in conclusione così puntualizza: “sono senz’altro illegittimi gli atti di esercizio del potere di autotutela pubblicistica posti in essere dai Comuni ed in questa sede impugnati, poiché hanno impedito l’esercizio delle attività di Sateca, le quali certamente sono oggetto della previsione dell’accordo del 2019 anche oltre il 31.12.2020”.

«La stagione termale è saltata – dicono in una nota i legali della Sateca, avv. Paolini e Incardona – come il servizio pubblico interrotto e 250 dipendenti privi di lavoro. Emergono, dunque, le responsabilità di questo disastro: i sindaci avevano sostenuto che la restituzione dei beni, in particolare delle sorgenti, si sarebbe resa necessaria per redigere il bando. Ma anche su questo il Tar è impietosamente chiaro: “sotto questo profilo, in relazione a quanto dedotto dai Comuni al paragrafo 2 della memoria, vale peraltro evidenziare che proprio la circostanza per cui il diritto di svolgere l’attività della ricorrente fino al subentro del nuovo sub-concessionario non impedisce ai Comuni, peraltro nella loro stessa qualità di titolari della concessione, verificare lo stato di consistenza dei beni termali al fine di redigere il bando per l’individuazione del nuovo sub-concessionario. Insomma: nel caso di specie, i Comuni hanno agito unicamente ritenendo che la ricorrente non potesse più svolgere la propria attività per essere spirato il termine del 31.12.2020.- Detta circostanza è tuttavia smentita dagli atti di causa e dunque l’esercizio del potere di autotutela esecutiva non può che essere considerato illegittimo”».

«Ora – dicono sempre i due legali Paolini e Incardona – sarà necessario ritornare indietro, anche se i danni, enormi, si sono già prodotti e l’obbligo risarcitorio, imponente, ricadrà sulle amministrazioni responsabili».

Tutto questo, per di più, si inserisce nel quadro – totalmente fallimentare – della procedura annunciata dai Sindaci come risolutiva e che, se conclusa con un qualsiasi atto di affidamento, avrebbe, se non giustificato, quantomeno attenuato l’impatto devastante del pasticcio giuridico-amministrativo censurato dal Tar ed il disastro politico-sociale provocato dalle determinazioni di interrompere le attività impedendo a Sateca la prosecuzione».

La vicenda si è ulteriormente aggravata in questi giorni con la determina del Comune di Guardia Piemontese n. 418 del 4 novembre u.s. che mette nero su bianco sulla mancata presentazione di offerte entro i termini fissati, prima il 18 ottobre e  poi del 29 ottobre,  della lettera d’invito a quegli operatori economici che avevano manifestato il loro interesse nel partecipare alla gara di appalto per l’ottenimento del rapporto di sub concessione nella gestione del servizio termale utilizzando il vecchio stabilimento San Francesco con 40 litri di acqua sulfurea termale a secondo dopo averlo ristrutturato nell’arco di tre anni di lavoro. La gara, infatti, è andata deserta.

Nessuna delle sei imprese o società, tra le quali la stessa Sateca, che avevano presentato una dichiarazione di manifestazione d’interesse chiesta dai due Sindaci attraverso il ben noto avviso pubblico diramato nello scorso mese di maggio, con scadenza al 28 giugno, hanno presentato, una volta invitate con regolare lettera, a concorrere all’aggiudicazione dell’appalto di cui sopra,  che prevedeva, oltre all’attribuzione dell’acqua termale per una titolarità di sub concessione fino alla primavera del 2036, anche un finanziamento di Euro 650.000,00 più Iva per lavori di ristrutturazione del vecchio stabilimento comunale da ultimare entro un  tempo massimo di tre anni.

Come noto le sei imprese o società interessate a concorrere all’acquisizione della sub concessione del compendio termale ed in particolare dell’acqua sulfurea delle  Terme Luigiane erano, oltre alla Sateca, quattro imprese edili campane e una società torinese con esperienza nell’ impostazione e programmazione  di progetti di sviluppo, nessuna di queste con esperienza nel settore medico termale. 

Una vicenda gestita malissimo dalle due Amministrazioni comunali fin dal primo momento, a partire: dall’approvazione del regolamento di distribuzione dell’acqua termale, approvato nel mese di novembre 2020, che prevedeva una parcellizzazione della distribuzione dell’acqua termale per superare – era il concetto giustificativo  principale espresso dai due Sindaci – la fase ultraottantenne di gestione del servizio in regime di monopolio da parte della Sateca, senza avere contezza delle proprietà chimiche, fisiche e biologiche dell’acqua sulfurea termale di notevole difficoltà nel trasferimento di luoghi e posti distanti dalle sorgenti, nonché d’ingegneristica per la progettazione di detti impianti.

Dal rigetto dell’accordo sottoscritto l’8  febbraio 2019, presso la Prefettura di Cosenza,  ampiamente trattato dalla sentenza del Tar Calabria sopra chiarito; come dall’acquisizione forzosa unilaterale predisposta nel mese di febbraio 2021 dai due sindaci per gli edifici comunali ubicati nel compendio termale ed in particolare del vecchio stabilimento San Francesco, con annesse nella corte le vasche di lavorazione dei fanghi ed alghe, nonché dell’area delle sorgenti di proprietà della Regione Calabria anch’esso ampiamente chiarito nella sentenza del Tar Calabria; dalla decisione  assunta della deviazione dell’acqua delle sorgenti termali nell’adiacente torrente “Bagni” che ha interrotto il deflusso della stessa  nella condotta della Sateca, con il rischio di causare gravi danni all’impianto esistente necessario alla funzionalità dello stabilimento “Therme Novae e del Parco Acquatico “Acquaviva”.

Dalla predisposizione di un tariffario di retribuzione della fornitura dell’acqua termale non consone alla regolamentazione in essere predisposto dalla stessa Regione nel 2011 per tutti i centri termali calabresi; dalla predisposizione dell’avviso finalizzato alla ricerca di manifestazioni d’interesse per finire al risultato ottenuto  fallimentare che ha registrato un nulla di fatto finale come sottolineato in precedenza.

Una sentenza che chiama anche in causa l’atteggiamento distante e disinteressato della stessa Regione Calabria, attraverso sia la figura del presidente facente funzioni che dell’assessore alle attività produttive e del termalismo, che non si sono espressi in merito per un superamento dei contrasti sorti, lasciando ai due sindaci “carta bianca” nella gestione della materia, pur se sollecitati più volte con note scritte dal consigliere regionale Pietro Molinaro con apposite richieste di chiarimenti ed interventi finalizzati all’apertura e alla piena funzionalità delle Terme Luigiane per la stagione ormai saltata e chiusa nell’amarezza più totale sia dei lavoratori che degli innumerevoli curanti, ai quali è stato negato un diritto sacrosanto di avere le proprie cure sanitarie termali.

Tutto questo ha portato il Sindacato provinciale della Cisl cosentina, attraverso i segretari, Giuseppe Lavia e Gerardo Calabria, a prendere una dura posizione contro le due amministrazioni comunali e la stessa Regione, tramite un documento diramato agli organi d’informazione e pubblicato sabato 6 novembre, con il quale rivendicano le loro accuse e chiedono al nuovo Presidente della Regione, Roberto Occhiuto, appena insediatosi, un suo interessamento urgente nel trovare delle soluzioni concrete a preparare la stagione termale 2022.

«È urgente – dicono – porre in essere tutte le iniziative utili a salvare le Terme Luigiane, sia nell’interesse del territorio e dei lavoratori, sia per garantire ai cittadini le prestazioni che la struttura può erogare, ricordando che le Terme Luigiane rappresentano un attrattore territoriale, una risorsa importante per il turismo e per lo sviluppo del territorio, nonché per la salute di  calabresi e non, che dopo tanti anni, la scorsa estate, ha chiuso i cancelli».

All’intervento del sindacato Cisl di Cosenza si sono accodati, con una loro analisi critica, anche i consiglieri di minoranza delle due amministrazioni comunali facenti parte dei gruppi di opposizione “Cambiamenti” e “Città del Sole”, che alla luce del risultato ottenuto con la manifestazione d’interesse andata deserta, chiedono le dimissioni dei  primi cittadini dei due Comuni. 

Alla luce della sentenza del Tar Calabria intanto i due Sindaci hanno dichiarato l’intenzione di proseguire la loro azione legale presso il Consiglio di Stato ed è per questo che i lavoratori delle Terme Luigiane chiedono con urgenza un intervento del Presidente Occhiuto di non tergiversare sulla questione per come è accaduto con il suo predecessore facente funzioni, non trascurando tra l’altro la sua funzione di Commissario alla Sanità calabrese e le Terme rientrano per le forme curative sanitarie in questo specifico settore. (fb)

Il tar della Calabria sospende atti della Giunta Spirlì su Corap

La prima sezione del Tar della Calabria ha sospeso gli atti della Giunta Spirlì che mettevano in liquidazione il Corap e nominavano il commissario liquidatore della relativa società, accogliendo, così, il ricorso presentato da Renato Bellofiore, ex commissario del Corap.

Per la prima sezione del Tra, Infatti, «La Giunta regionale che ha adottato l’atto è quella che ha esercitato i poteri in seguito al decesso del Presidente della Regione ai sensi dell’articolo 33 dello Statuto regionale e, dunque, in regime di prorogatio; l’atto, inoltre, è stato adottato in data successiva alla indizione delle elezioni amministrative regionali».

«Durante la fase di prorogatio – viene spiegato nel provvedimento – i poteri di Giunta e Presidente, al pari del Consiglio, non possono che essere limitati al solo esercizio delle attribuzioni relative ad atti necessari ed urgenti, dovuti o costituzionalmente indifferibili e non già certo come espressiva di una generica proroga di tutti i poteri degli organi regionali, giacché l’esistenza di questi limiti è immanente all’istituto della stessa “prorogatio». (rrm)

Legambiente Calabria: Il Tar boccia il calendario venatorio

Legambiente Calabria ha reso noto che Giancarlo Pennetti, presidente del Tar Calabria, ha sospeso il calendario venatorio della Regione Calabria per la stagione 2021-22 in seguito al ricorso presentato dalle Associazioni Ambientaliste: Legambiente Calabria, Lega Nazionale per la Difesa del Cane, Lipu Calabria e WWF Calabria (Avvocati Angelo Calzone e Domenico Sorace).

La sospensione riguarda l’apertura anticipata della caccia alle specie Tortora selvatica e Quaglia, che il calendario venatorio aveva fissato rispettivamente per le giornate del primo e del 4 settembre e dell’11 e del 12 dello stesso mese e l’apertura della caccia al 19 settembre per le specie, che rimarrà sospesa fino all’udienza camerale del 22 settembre. Le associazioni chiedono a questo punto che la Regione provveda tempestivamente a comunicare a tutti i soggetti interessati le variazioni sopraggiunte in seguito al decreto.

Per entrambe le specie, Tortora e Quaglia, il Tribunale amministrativo ha ritenuto sussistente il pericolo del danno arrecato da un’apertura anticipata della caccia, tenuto conto del parere dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra. Lo stesso Istituto, tenuto per legge a esprimere pareri tecnico-scientifici in materia di attività venatoria,  con nota del 15 giugno 2021, aveva anzi  chiesto alla Regione la sospensione totale della caccia alla Tortora , moratoria indicata dallo stesso Ministero della Transizione Ecologica a tutte le regioni con nota del 22 marzo scorso, a causa del precario stato di conservazione della specie, mentre per la Quaglia era stata contestata l’apertura di settembre , prevista invece dal calendario venatorio calabrese.

Al di là degli aspetti tecnici, le associazioni ambientaliste criticano duramente il pervicace atteggiamento  decisamente filovenatorio della Regione Calabria che, nonostante le numerose diffide trasmesse dalle associazioni a partire dal mese di aprile, fino all’istanza di revoca in autotutela del 24 agosto, nella quale si chiedeva una modifica del calendario venatorio, in linea con quanto fatto da altre regioni, non ha esitato a condannare a morte migliaia di animali scampati agli incendi devastanti delle scorse settimane, aprendo addirittura in anticipo la caccia, proprio nelle stesse giornate in cui veniva invocato l’intervento dello Stato per il “disastro ambientale” che ha colpito la regione. Un provvedimento, quello della preapertura, che non è stato adottato neppure da regioni con una consistenza di cacciatori ben superiore a quella della Calabria, come ad esempio la Toscana.

Ancora una volta, la Calabria non ha tenuto conto di tutte le osservazioni critiche dell’Ispra, racchiuse in sei pagine fitte fitte di contestazioni riguardanti soprattutto le date di apertura e chiusura per quasi tutte le specie e le inadempienze degli stessi uffici regionali. Basti pensare che i dati sui carnieri annuali, che le regioni dovrebbero trasmettere puntualmente all’ISPRA sulla base dell’esame dei tesserini venatori, sono stati trasmessi solo lo scorso 27 maggio e limitatamente alle stagioni 2015-16 e 2016-17. In definitiva: non vengono forniti i dati sugli abbattimenti per come prevede la legge, non si tiene conto di tutti gli animali, soprattutto piccoli ancora nel nido o inetti al volo, finiti carbonizzati negli incendi e la nostra solerte Regione cosa fa? Anziché posticipare l’apertura o sospendere la caccia, per come previsto dall’articolo 19 della Legge 157/92 in caso “di particolari condizioni climatiche o calamità”, apre in anticipo, a specie in pericolo e fino a febbraio, come regalo finale.

Evidentemente alla “Cittadella” aspettano che non resti più nulla a cui sparare per decretare la chiusura della caccia. (rcz)

Cattivo funzionamento depuratore di Catanzaro, il Tar dà ragione a Legambiente

Il Tar della Calabria, in merito alla vicenda del cattivo funzionamento del depuratore di Catanzaro in località Verghello, ha dato ragione a Legambiente Calabria, assegnando  al Comune di Catanzaro il termine di 15 giorni dalla comunicazione per assicurare a Legambiente Calabria l’accesso ai dati e documenti richiesti già con istanza del luglio 2019.

Nell’anno 2019 Legambiente, nell’ambito della protesta dei cosiddetti “lenzuoli bianchi”, ha sostenuto un gruppo di cittadini del quartiere lido di Catanzaro, stanchi di subire gli effetti di un sistema di depurazione storicamente fatiscente e mal funzionante.

Al sindaco di Catanzaro, Sergio Abramo, come ad altre Autorità, è stato presentato l’esposto Mal’aria sul depuratore di Verghello. Con tale segnalazione, Legambiente, insieme ai cittadini chiedeva al Comune di Catanzaro trasparenza sugli interventi adottati precedentemente e successivamente alla delibera n.119/2019 del 03.04.2019 per la manutenzione e la rifunzionalizzazione dell’impianto di depurazione in località Verghello: informazioni ambientali, in merito alla funzionalità dell’impianto di depurazione delle acque reflue e sull’utilizzo degli investimenti stanziati già nell’anno 2006 per la costruzione della nuova rete fognaria e di depurazione della città.

Legambiente ha portato avanti la mobilitazione cittadina presentando al Comune di Catanzaro, in data 2 luglio 2019, istanza di accesso agli atti ed alle informazioni ambientali relativi al sistema di depurazione  di Catanzaro.

A fronte del silenzio serbato dall’Amministrazione locale sull’istanza, l’Associazione con gli avvocati Mancuso e Parretta, ha poi depositato ricorso ex art. 117 c.p.a al Tribunale Amministrativo nei confronti del Comune di Catanzaro e della SoT.Eco. s.p.a., gestore del servizio e parte controinteressata del giudizio.

Nell’anno 2019, il Tar per la Calabria, sede di Catanzaro, con la sentenza n. 2155/2019 ha ordinato al Comune di Catanzaro di consentire entro 30 giorni alla Legambiente Calabria – Associazione di Promozione Sociale – l’accesso agli atti e alle informazioni ambientali relativi al sistema di depurazione di Catanzaro espressamente indicati e richiesti, condannando l’amministrazioneal pagamento delle spese di giudizio. A distanza di due anni il comune di Catanzaro, a fronte della protesta cittadina,  ha consentito solo un accesso parziale, così costringendo nuovamente Legambiente a ricorrere al Tar per ottenere, in sede di ottemperanza,  l’esatta esecuzione della sentenza non impugnata dall’ente  ed ormai passata in giudicato.

«Dopo due anni, con la sentenza n. 1428/2021 del  Tar Catanzaro – ha dichiarato Andrea Dominijanni, presidente del Circolo Airone di Catanzaro – vengono chiariti gli obblighi per il Comune di Catanzaro derivanti da una sentenza in materia di accesso agli atti ed alle informazioni ambientali, i tempi entro cui l’ente deve pienamente agire e le eventuali conseguenze di una sua prolungata inerzia».

«La sentenza del Tribunale amministrativo regionale costituisce una vittoria per i cittadini – ha dichiarato la presidente di Legambiente Calabria, Anna Parretta – che hanno diritto alla trasparenza dei dati riguardanti l’ambiente e la salute da parte della Pubblica Amministrazione. Legambiente Calabria è, e continuerà, ad essere a fianco dei cittadini nella tutela dell’ambiente e della salute pubblica, sollecitiamo ancora una volta l’Amministrazione comunale all’effettiva risoluzione di tutte le problematiche relative al depuratore ed alla rete fognante della città, non ancora risolte.  Ogni cittadino di Catanzaro e chiunque si trovi ad essere presente sul territorio ha pieno diritto a respirare aria pulita ed a bagnarsi in un mare salubre e cristallino». (rcz)

Bando Grandi Eventi, il Tar accoglie il ricorso di Ama Calabria e Donne in Arte

La Regione Calabria dovrà fissare un nuovo termine per le domande di agevolazione proposte per gli eventi annullati nel 2020 a causa dell’emergenza Covid, entro il 30 luglio.

È quanto ha deciso il Tar della Calabria, che ha accolto il ricorso di Ama CalabriaDonne in Arte, escluse dalle agevolazioni previste dal bando Grandi eventi, che «risulta irragionevole/contraddittoria tenuto conto dell’avere la Regione emanato la graduatoria nell’aprile 2021, delle misure anti Covid adottate dal sindaco di Catanzaro con l’ordinanza n.1614/2020, nonché dal Governo a partire del Dpcm del 24/10/2021 e del differimento del termine di realizzazione degli eventi deliberato in altre simili procedure per analoghe ragioni ed inoltre genera disparità di trattamento tra associazioni con eventi programmati nell’estate o in autunno/inverno».

Il nodo sta nella rimozione del vincolo che prevedeva il finanziamento per l’annualità 2020 allo svolgimento della manifestazione entro il 31 dicembre dello stesso anno. Da qui la «disparità di trattamento».

Altro elemento evidenziato nel dispositivo dei giudici amministrativi è «il periculum in mora in ragione delle finalità culturali dell’intervento finanziato e della natura dell’ente ricorrente con limitate capacità economiche su cui la gravità della crisi economica può avere incidenza non pienamente ristorabile in via risarcitoria e tenuto conto che allo stato non tutti i fondi risultano esauriti con i progetti ammessi».

Grande soddisfazione è stata espressa dai direttori artistici delle due Associazioni, Francescantonio Pollice e Antonietta Santacroce, dichiarando che «abbiamo ottenuto giustizia, e il merito è di chi la rende praticabile con argomentazioni credibili e basate sulla forza del diritto e della coerenza di chi non poteva credere (come ha fatto la Regione) che gli stop imposti dalla crisi pandemica dovessero premiare solo chi aveva avuto modo di svolgere le manifestazioni ai primi di agosto».

«Grazie, quindi – hanno proseguito – al nostro legale, avv. Alfredo Gualtieri che, con la solita caparbietà e certezza nel diritto è riuscito a dare concretezza alle ragioni chi non si è arreso di fronte alla ostinazione della burocrazia regionale rimasta sorda alle richieste di proroga dei termini mentre non negava la stessa proroga per tanti altri bandi».

«Adesso è tempo – hanno concluso – che si scrivi una pagina nuova nelle politiche culturali della Regione che deve sostenere comuni, associazioni e imprese dello spettacolo promotrici d’importanti eventi storicizzati in Calabria trovando le risorse perché tutti, fermo restando l’inserimento in graduatorie di merito, possano essere adeguatamente sostenuti e valorizzati. Nel ringraziare ancora l’avv. Alfredo Gualtieri per la qualità ed efficacia del Suo patrocinio, ribadiamo il nostro impegno a realizzare in Calabria eventi di valore internazionale». (rrm)