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L'OPINIONE / Pietro Massimo Busetta: Il Sud sta riscoprendo i grandi eventi

L’OPINIONE / Pietro Massimo Busetta: Il Sud sta riscoprendo i grandi eventi

di PIETRO MASSIMO BUSETTAIl Sud sta riscoprendo i grandi eventi. Forse sarebbe meglio dire i medi eventi, perché i grandi finora sono stati localizzati soltanto al Nord o, al massimo, al Centro. 

Con una visione assolutamente limitata e spesso con risultati negativi rispetto all’affollamento di tante realtà che non hanno bisogno dei grandi eventi ma di buona gestione ordinaria. Penso a quella Milano bulimica che, in una approccio che prevede tutto concentrato nella sua area, finisce con l’avere effetti opposti a quelli desiderati. Cioè  quegli effetti di affollamento e concentrazione che, se portano reddito per alcuni, per la maggior parte provocano soltanto confusione e sovraffollamento. 

Esempio vizioso che pare voglia seguire adesso anche Roma che non contenta del Giubileo, che può e deve, per motivi ovvi, localizzarsi per forza nella capitale adesso si candida anche per l’Expo, che forse sarebbe stata più opportuno portare a Napoli. 

Infatti con il Giubileo è stato presentato a Palazzo Chigi il programma degli interventi essenziali e indifferibili per il 2025. Si tratta di un primo gruppo di 87 interventi, dei quali 32 progetti di riqualificazione e valorizzazione, altri 23 relativi ad accessibilità e mobilità, 8 dedicati al capitolo accoglienza e partecipazione e 24 per ambiente e territorio, per un 1 miliardo di fondi giubilari e 1,8 miliardi di risorse complessive, a cui si aggiungono ulteriori 500 milioni di euro che riguardano invece i 335 interventi già definiti con fondi Pnrr per la realizzazione del Piano “Caput Mundi”. Forse poteva bastare il Giubileo senza pensare anche all’Expo. 

Può essere che bisogna imitare Invece i nostri cugini spagnoli che hanno preferito puntare sulle periferie come Siviglia che hanno candidato, con successo, all’Expo del 1992? In Italia, per il Sud, dopo Palermo Capitale della Cultura nel 2018 e Procida nel 2022, avremo Agrigento nel 2025. 

In realtà Agrigento vince rispetto alle altre 10 candidate che per l’edizione 2025 erano: Agrigento, Aosta, Assisi (Perugia), Asti, Bagnoregio (Viterbo), Monte Sant’Angelo (Foggia), Orvieto (Terni), Pescina (L’Aquila), Roccasecca (Frosinone) e Spoleto (Perugia, quindi molte titolate, anche per la contemporanea presenza del progetto di quella Lampedusa, martire, che tanto contribuisce nell’immaginario collettivo al mito dell’accoglienza.

Ma al di là del processo che ha portato alla decisione di individuarla come la capitale della cultura italiana, la provincia di Agrigento, oltre ad essere una realtà importante per la presenza di una Valle Dei Templi che è un must nella vita di di ciascun uomo, come le Piramidi, Machu Picchu, le Cascate del Niagara, Petra e poche altre destinazioni, ha un territorio complessivo che va da Licata a Sciacca, con una costa bellissima, che annovera un gioiello come la Scala dei turchi che, costituita da una parete di marna di colore bianco, corrosa dall’azione dell’acqua e dei venti, si tuffa nelle acque cristalline del mare la rendono la spiaggia più bella dell’agrigentino e un unicum in Italia. 

Malgrado le ricchezze naturali e culturali Agrigento é però la provincia Italia più povera, con il reddito pro capite più basso, ed un tasso di occupazione tra i più contenuti, ultima in tutte le classifiche della qualità della vita, collegata malissimo al resto della Sicilia. Non ha una ferrovia che la colleghi in maniera veloce a Palermo: il treno per fare circa 150 km impiega due ore. Non è collegata ad una autostrada e la strada statale per Palermo ha decine di cantieri aperti che rendono il collegamento impossibile. 

L’anello autostradale che circumnaviga l’Isola si ferma a Castelvetrano, nella provincia di Trapani, e dall’altra parte nel siracusano, mentre con Caltanissetta, che è toccata dalla Palermo Catania, ha una superstrada che la collega. 

Non ha un aeroporto ed è l’unica capitale di provincia italiana che dista più di 150 km da un struttura per i collegamenti aerei. 

Tutto ciò considerato, visto che manca solo un anno e mezzo al 2025, che sarebbe l’inizio della candidatura, bisogna pensare avendo una scadenza così ravvicinata, oppure immaginare tale avvenimento come uno step nella strada del “Rinascimento“ di una realtà che è stata grande?             

Se così fosse allora il vero tema del grande evento è  quello di immaginare un futuro per questa realtà, che preveda in termini turistici un numero di presenze che si dimensioni vicino a quei 6-7 milioni per la provincia, oggi ferme a un milione, che la rendano una meta ambita non solo per il turismo balneare ma anche per quello congressuale, per il quale però è assolutamente necessario uno scalo aeroportuale. 

Per tale obiettivo é necessario che i due centri di Licata e Sciacca diventino delle località che possano moltiplicare il loro numero di insediamenti alberghieri per consentire un’accoglienza ampia. 

 Le colture della zona hanno compiuto un salto di qualità notevole negli ultimi anni, con la presenza sui mercati nazionali e internazionali di Menfi capitale del vino, di Ribera, che ha coltivazioni interessanti, dell’ortofrutta della stessa Licata, che ha impianti serricoli sempre più di avanguardia. 

Ma l’esigenza per la provincia é  quella di avere un manifatturiero. Per questo alcuni Comuni come quelli di Aragona, Favara, Porto Empedocle, Ravanusa sono stati inseriti nella Zes  della Sicilia occidentale. 

Insomma pensare al grande/ medio evento come opportunità storica per mettere a regime un territorio e valorizzare le grandi opportunità esistenti perché tutti contribuiscano all’incremento del Pil del Paese, non lasciando inutilizzate tante opportunità incredibili dei 1000 campanili.

Se questo non dovesse avvenire diventeranno queste occasioni delle vetrine anche interessanti ma assolutamente non rispondenti al gioco per cui sono nate. 

Ed allora tanto vale scegliere le eccellenze già consolidate piuttosto che le realtà periferiche da rilanciare. Per questo è necessario che, considerata la povertà complessiva di Agrigento, vi sia un coinvolgimento dello Stato Centrale, che aiuti a valorizzare adeguatamente tutte le potenzialità, enormi, esistenti nella provincia. Una per tutte le famose terme di Sciacca, di proprietà della regione siciliana, abbandonate ormai da anni mentre i ragazzi agrigentini sono costretti ad emigrare per avere un progetto di vita. É cioè necessario uno sguardo complessivo nell’interesse di tutti. (pmb)