Il ministero dell’Agricoltura ha approvato l’Igp Bergamotto di Reggio Calabria

Dopo due anni di istruttoria complessa, il ministero dell’Agricoltura ha approvato l’Igp Bergamotto di Reggio Calabria e il relativo disciplinare di produzione. Il presidente del Comitato promotore per il Bergamotto di Reggio Calabria Igp e la sua tutela e valorizzazione Rosario Previtera parla di un vero e proprio «Regalo di Natale apprezzatissimo dall’intero comparto agricolo e da tutto il territorio».

Il Comitato si compone di più di 300 operatori della filiera tra coltivatori, trasformatori e associazioni.
«È stato un iter faticoso – dice Previtera – che si è protratto più del dovuto per diversi motivi di vario genere. Ma adesso è il momento di festeggiare e di guardare avanti puntando alle successive fasi amministrative e burocratiche previste dagli specifici regolamenti comunitari che intraprenderemo con la Regione Calabria. Attendiamo infatti la convocazione dell’assessore all’agricoltura Gianluca Gallo, al fine di coordinare insieme i tempi e i luoghi per la prossima tappa, che consiste nella cosiddetta “riunione di pubblico accertamento”, nell’ottica della collaborazione e della concertazione che ha sempre caratterizzato il percorso di riconoscimento dell’Igp».

La domanda di riconoscimento dell’Indicazione Geografica Protetta per il Bergamotto di Reggio Calabria venne presentata il 5 giugno 2021 in occasione della Giornata mondiale dell’ambiente e in meno di un mese il Dipartimento agricoltura della Regione emanò il necessario parere favorevole, che consentì l’avvio dell’iter ministeriale.

Aggiunge Previtera: «Mi auguro che entro pochi mesi si riesca a ottenere la cosiddetta “protezione nazionale transitoria” ovvero il riconoscimento e la possibilità di commercializzare il prodotto Igp entro i confini nazionali per poi passare successivamente al riconoscimento definitivo comunitario per come previsto dalla normativa europea. Sono fiducioso che nessuno si avvarrà del principio di “opposizione” al disciplinare, almeno in Italia: significherebbe essere nemici del territorio e rinviare ulteriormente gli effetti di questa opportunità che oggi l’Igp offre a tutti i produttori, i quali finalmente si sganceranno dal giogo secolare del “prezzo dell’essenza” e potranno finalmente entrare nel mercato italiano e internazionale del fresco e dei derivati con un agrume identitario che finalmente si può fregiare di un marchio di qualità, ovvero l’Igp che è destinato proprio ai prodotti ortofrutticoli».

«Il disciplinare dell’Igp “Bergamotto di Reggio Calabria” – continua il presidente – è di fatto stringente come un disciplinare Dop: prevede la produzione e la trasformazione del prodotto esclusivamente all’interno dell’area geografica individuata e si estende ai derivati dell’industria agroalimentare e del food. Abbiamo ampliato l’area di produzione fino a 50 comuni da Villa San Giovanni a Monasterace, inserendo tutti quelli che precedentemente erano stati esclusi dal vecchio disciplinare dell’essenza di bergamotto di Reggio Calabria Dop, che di fatto non è mai esistita. L’Igp finalmente tutelerà la filiera reggina da quelle produzioni bergamotticole che da alcuni anni si sono diffuse nelle altre province e regioni meridionali e che vengono immesse sul mercato a prezzi stracciati; e da questo punto di vista siamo in forte ritardo, purtroppo, e occorre recuperare in fretta».
«L’ottenimento dell’Igp – aggiunge ancora Previtera – è il risultato di un lavoro sinergico e molto articolato e che diremmo, con il senno di poi, lungo e faticoso, soprattutto nel reperimento della bibliografia e delle evidenze documentali d’epoca, per le quali ci sono stati di grande supporto tra gli altri il Museo del Bergamotto di Reggio Calabria con la sua ricca biblioteca tematica e gli archivi di varie associazioni e di produttori e famiglie storiche di produttori tra cui Francesco Crispo, il barone Francesco Macrì, Pierdomenico Lucisano, Ugo Sergi nonché le pubblicazioni storiche e quelle tecniche ed economiche di autori reggini a partire dal 1800 e della nostra Università. Numerosi sono stati i privati che si sono prodigati a offrire documenti interessanti e reperti utili che certamente faranno parte di una specifica prossima pubblicazione».

«Oggi la Calabria conta ben 21 prodotti tra Dop e Igp – conclude Rosario Previtera – ai quali vanno aggiunti i vini Doc e Igt. Al di là dell’ottenimento dell’Igp, il nostro Comitato promotore, che si trasformerà come previsto dalla normativa in specifico Consorzio di tutela anche secondo i nuovi dettami del nuovissimo regolamento comunitario sulle Indicazioni Geografiche, sta già lavorando ad alcuni progetti di valorizzazione del sistema prodotto-territorio che coinvolgerà la filiera, i comuni e il turismo esperienziale con un occhio alla sostenibilità e soprattutto alla promozione per un mercato tutto da scoprire e a salvaguardia dei produttori dalle crisi di settore e dalla concorrenza sleale». (rrc)

BERGAMOTTO DI RC, L’INUTILE GUERRA
TRA IGP E DOP: CI RIMETTE IL TERRITORIO

di SANTO STRATI  – Bergamotto di Reggio Calabria: c’è il rischio che scoppi un’inutile “guerra” tra chi chiede l’indicazione geografica protetta (IGP) e chi, invece, vuole estendere la Denominazione d’origine protetta (Dop) che attualmente tutela solo l’olio essenziale. Due sigle che non tutti i consumatori di prodotti “marchiati” (eno-gastronomia, frutta, tipicità locali, etc) valutano con la dovuta attenzione. Il risultato – per i consumatori – è di credere di star gustando un prodotto del territorio (IGP) che in realtà potrebbe essere stato coltivato o allevato altrove: un esempio per tutti: la Bresaola della Valtellina IGP, una squisitezza che tutti apprezziamo. Uno va tranquillo al supermercato e sceglie quella a marchio IGP e non saprà mai se la carne proviene da allevamenti dell’area geografica “protetta” indicata in etichetta, oppure – come succede sempre più spesso –, in realtà si tratta di carne (ottima, per carità),  importata dall’Argentina.

Questo significa IGP, ovvero che per un prodotto tipico basta che si realizzi anche una soltanto delle voci del disciplinare nella zona “geografica protetta” (per esempio il confezionamento) e il prodotto può ricevere il logo-marchio IGP.

Un Comitato “spontaneo” di allevatori nei giorni scorsi ha inviato una nota (che abbiamo pubblicato) con cui afferma di sostenere con grande determinazione presso il Ministero dell’Agricoltura (oggi denominato anche pomposamente della sovranità alimentare e delle foreste) l’assegnazione del marchio IGP al Bergamotto di Reggio Calabria, in netto contrasto con quanto invece il Consorzio del Bergamotto di Reggio sostenuto dalla locale Camera di Commercio va facendo perché venga estesa la “denominazione d’origine protetta” anche al frutto e ai suoi derivati. Allo stato attuale, sul Bergamotto di Reggio Calabria c’è una dop che riguarda esclusivamente l’olio essenziale. La richiesta di estenderla – già trasmessa per competenza alla Regione per arrivare poi al Ministero e quindi in Europa – signfica proteggere la produzione dell’area vocata (da Villa San Giovanni a Monasterace, lungo tutta la costiera jonica) da “contaminazioni” e  da produzioni (al momento, per fortuna, poco fortunate) di “simil bergamotto tentate in Sicilia, Puglia e Basilicata. Ma non solo. Anche in Tunisia, Grecia, Brasile e Argentina hanno piantato bergamotteti i cui frutti non hanno – secondo quanto risulta da valutazioni scientifiche non di parte – le proprietà nutraceutiche e medicali del Bergamotto di Reggio Calabria. Non una tipicità – è bene ricordarlo – ma unicità esclusiva in tutto il mondo che ha solo numerosi tentativi di imitazione che rischiano di danneggiare prima di tutto i consumatori. Beffati, in quanto crederanno di assumere il vero e autentico succo di bergamotto di Reggio Calabria, per esempio, ma in realtà berranno qualcosa che non combatte  in alcun modo il colesterolo e abbassa la glicemia nel sangue, come è scientificamente provato solo per il “vero” Bergamotto che cresce nel Reggino. Dall’altra parte a venire danneggiato sarebbe il territorio la cui economia registra un fatturato (di solo olio essenziale) intorno ai 25 milioni l’anno.

Secondo quanto ha dichiarato a Calabria.Live il presidente del Consorzio Ezio Pizzi, è opportuno far comprendere ai consumatori, ma anche ai decisori politici, la differenza sostanziale che passa tra IGP e DOP. Nel primo caso, ove si decidesse di applicare l’indicazione geografica protetta si rischia di autorizzare importazioni di “simil-bergamotto” da Sicilia, Puglia, Basilicata, da Tunisia e Argentina o addirittura dalla Cina dove stanno provando a coltivarli, per farli lavorare nella zona vocata. Il risultato è evidente: il prodotto – probabilmente a costi inferiori – contaminerebbe il mercato mescolando il Bergamotto di Reggio Calabria “originale” con una produzione priva delle sue proprietà medicali e nutrizionali.

Se, invece, prevarrà l’estensione dell’attuale dop dell’olio essenziale a tutto il frutto e i suoi derivati, sarà una vittoria del territorio che vedrà riconosciuta l’unicità del prodotto che risulterà non solo coltivato ma anche lavorato esclusivamente nella zona protetta.

Con buona pace degli imitatori di professione. I cinesi in questo sono maestri, ma quando provarono a sintetizzare artificialmente l’olio di bergamotto (provocando il panico tra i produttori reggini), fallirono miseramente: alla base di ogni profumo prodotto nel mondo necessita esclusivamente l’olio essenziale di bergamotto (di Reggio Calabria).

Alla stessa maniera sarà opportuno tutelare il Bergamotto di Reggio Calabria e il territorio vocato, contrastando i tentativi di “imitazione” che rischiano di destabilizzare un mercato “locale” che lavora circa 300mila quintali del principe degli agrumi.

Secondo il Comitato promotore dell’IGP, però, il pericolo di importazioni di frutto non coltivato localmente non esiste: «nel disciplinare che abbiamo predisporto per l’indicazione geografica protetta – dice il dott. Rosario Previtera – è specificato che la coltivazione dav’essere fatta esclsuivamente nell’area vocata, quindi non sono ammessi (come avviene nella zootecnia) importazioni da altre aree   italiane o straniere».

Se l’IGP si basa sulla reputazione del prodotto e dell’area che lo produce ma permette, come nel caso della zootecnia, di utilizzare prodotti allevati (o coltivati) altrove, la Dop, invece, si basa sulla qualità del prodotto e la specificità  del territorio che lo produce.

In entrambi i casi, si tratta di estendere la tutela al principe degli agrumi, ma a colpi di carta bollata e di domande al Masaf (il Ministero) per ottenere l’IGP o la DOP.

Chi ha ragione?

Il buonsenso dovrebbe prevalere su eventuali interessi di parte, ma pare evidente che, allo stato attuale, c’è il rischio di una conflittualità tra il Consorzio del Bergamotto di Reggio Calabria e il Comitato spontaneo dei coltivatori su quale “marchiatura” di qualità sarebbe preferibile indirizzarsi. Si tratta di due vedute differenti, di prese di posizione che, in questa sede, non intendiamo in alcun modo valutare (soprattutto per mancanza di specifica competenza), ma è evidente che, come succede in molte cose che riguardano la Città di Reggio, alla “guerra fratricida” è preferibile  trovare un’intesatra le parti, visto che l’obiettivo finale è l’estensione della tutela di ogni utilizzo del frutto del Bergamotto di Reggio Calabria, in tempi il più rapidi possibili.

Secondo quanto afferma il dott. Previtera la tempistica dell’ottenimento dell’IGP richiede pochi mesi; al contrario – come affermano il presidente della Camera di Commercio Ninni Tramontana e il presidente del Consorzio Ezio Pizzi, per l’estensione della DOP dall’olio essenziale anche al frutto e ai suoi derivati, è necessario un anno.

Non sappiamo chi abbia ragione sulla tempistica, ma non dev’esssere questa a dettare la scelta della tutela da richiedere (e ottenere).

Il problema urgente, in termini di tempo, riguarda, invece, i danni alle colture subite dai bergamotteti dell’area vocata di Reggio Calabria per l’anomala e imprevedibile ondata di calore che ha provocato serissimi danni. La produzione quest’anno rischia di essere dimezzata, mentre i costi di mantenimento e produzione sono in continua ascesa.

Da questo punto di vista, l’assessore all’Agricoltura Gianluca Gallo. sempre attento all’esigenza di mantenere attivo e sviluppare ulteriormente ogni comparto dell’agro-alimentare, dovrà inventarsi subito un ristoro (immediato) dei danni. Il Bergamotto è una ricchezza per tutta la regione, non si può rischiare di indebolire la filiera. (s)  

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COSA SIGNIFICA IGP INDICAZIONE GEOGRAFICA PROTETTA

Il termine indicazione geografica protetta, conosciuto con l’acronimo IGP, indica un marchio d’origine attribuito dall’Unione europea ai prodotti agricoli e alimentari con una determinata qualità, reputazione o ulteriore caratteristica dipendente dall’origine geografica. Almeno una tra le fasi di produzione, trasformazione e/o elaborazione deve avvenire all’interno di un’area geografica determinata.

Regolamento UE 510/2006:  Articolo 2, Denominazione d’origine e indicazione geografica

1. Ai fini del presente regolamento, si intende per: a) «denominazione d’origine», il nome di una regione, di un luogo determinato o, in casi eccezionali, di un paese che serve a designare un prodotto agricolo o alimentare:

— originario di tale regione, di tale luogo determinato o di tale paese, la cui qualità o le cui caratteristiche sono dovute essenzialmente o esclusivamente ad un particolare ambiente geografico, inclusi i fattori naturali e umani, e

— la cui produzione, trasformazione e elaborazione avvengono nella zona geografica delimitata; b) «indicazione geografica», il nome di una regione, di un luogo determinato o, in casi eccezionali, di un paese che serve a designare un prodotto agricolo o alimentare: — come originario di tale regione, di tale luogo determinato o di tale paese e

— del quale una determinata qualità, la reputazione o altre caratteristiche possono essere attribuite a tale origine geografica e

— la cui produzione e/o trasformazione e/o elaborazione avvengono nella zona geografica delimitata».

Per ottenere la IGP quindi, almeno una fase del processo produttivo deve avvenire in una particolare area. Chi produce IGP deve attenersi alle rigide regole produttive stabilite nel disciplinare di produzione, e il rispetto di tali regole è garantito da uno organismo di controllo indipendente.

Si differenzia dalla denominazione di origine protetta (DOP), per il suo essere generalmente un’etichetta maggiormente permissiva sulla sola provenienza delle materie prime (che se previsto dai singoli disciplinari possono essere sia di origine nazionale che di origine comunitaria o talvolta anche extra-comunitaria), in quanto tutela le ricette e alcuni processi produttivi caratterizzanti tipici del luogo ma non per forza l’origine del prodotto nel suo intero complesso, se non quello della produzione finale. Ciò viene a volte concesso principalmente perché una produzione di materie prime a livello locale o nazionale destinata a tale scopo potrebbe non essere sufficiente per soddisfare la richiesta del prodotto a livello globale, o perché alcuni ingredienti di origine estera vengono considerati più idonei per loro specifiche caratteristiche organolettiche che hanno un ruolo determinante nella riuscita finale del prodotto.

COSA SIGNIFICA DOP DENOMINAZIONE D’ORIGINE PROTETTA

La denominazione di origine protetta, conosciuta con l’acronimo “DOP”, è un marchio di tutela giuridica della denominazione che viene attribuito dall’Unione europea agli alimenti le cui peculiari caratteristiche qualitative dipendono essenzialmente o esclusivamente dal territorio in cui sono stati prodotti.

L’ambiente geografico comprende sia fattori naturali (clima, caratteristiche ambientali), sia fattori umani che comprendono tecniche agricole sviluppate nel tempo che, combinati insieme, consentono di ottenere un prodotto inimitabile al di fuori di una determinata zona produttiva.

Affinché un prodotto sia DOP, le fasi di produzione, trasformazione ed elaborazione devono avvenire in un’area geografica delimitata. Chi fa prodotti DOP deve attenersi alle rigide regole produttive stabilite nel disciplinare di produzione. Il rispetto di tali regole è garantito da un organismo di controllo indipendente.

Regolamento UE n. 510/2006  (Articolo 2, paragrafo 1, lettera a),

«[…] Si intende per «denominazione d’origine», il nome di una regione, di un luo go determinato o, in casi eccezionali, di un paese che serve a designare un prodotto agricolo o alimentare originario di tale regione, di tale luogo determinato o di tale paese, la cui qualità o le cui caratteristiche sono dovute essenzialmente o esclusivamente ad un particolare ambiente geografico, inclusi i fattori naturali e umani, e la cui produzione, trasformazione e elaborazione avvengono nella zona geografica delimitata».