UFFICIALIZZATA A REGGIO E CROTONE LA COMPOSIZIONE DEL CONSIGLIO COMUNALE, ALTRI 70 COMUNI AL VIA ;
Proclamazione eletti COnsiglio comunale a Reggio

LE NUOVE AMMINISTRAZIONI: I CALABRESI
ATTENDONO UN SEGNALE DI RINNOVAMENTO

Con l’ufficializzazione degli eletti al Consiglio comunale, sia Reggio che a Crotone e negli quattro altri centri dove si è votato per il ballottaggio (Cirò Marina, San Giovanni in Fiore, Castrovillari e Taurianova), ora la parola passa ai sindaci che devono presentare le Giunte che governeranno per i prossimi cinque anni. La campagna elettorale è finita, ora si deve pensare alle città. La maggiore attenzione è, naturalmente, concentrata su Crotone (dove ha vinto un insieme di liste civiche che ha eletto l’ing. Vincenzo Voce e si attende di conoscere la nuova Giunta) ma soprattutto su Reggio, dove una bruttissima e aspra campagna elettorale ha visto il ritorno, trionfale per certi versi, di Giuseppe Falcomatà che ha ottenuto la fiducia dei reggini per un secondo mandato.

Si preparano dunque le nuove amministrazioni comunali e i calabresi, andati in buon numero al voto, attendono un segnale di rinnovamento, ovvero di discontinuità là dove il governo della città – vedi il caso di Reggio – ha mostrato molte criticità: acqua, spazzatura, depuratori, decoro. A nostro modesto avviso, il Comune di Reggio dovrebbe necessariamente dotarsi di un assessorato alla Comunicazione che comprenda turismo e reputazione: la città ha troppo brutta nomea da far dimenticare e, allo stesso tempo, ha moltissime risorse inespresse o sottoutilizzate. Da questo punto di vista, il sindaco Falcomatà non sbaglierebbe se chiamasse in Giunta assegnandogli una delega di tale portata il massmediologo Klaus Davi: la città di Reggio e la Città metropolitana finirebbero ogni giorno in tv e sui media. Davi conosce bene il suo mestiere e gode di ampia stima presso i media nazionali e internazionali: il suo impegno per Reggio sarebbe centrale. Ma ci permettiamo di far notare che dev’essere una delega da assessore, non una consulenza part time: chi prenderà in mano materie incandescenti come Turismo e Reputazione dovrà avere ampi spazi di manovra, non fare il suggeritore (probabilmente inascoltato, conoscendo i politici reggini). Sarebbe un primo segnale di cambiamento, nell’interesse esclusivo della città. Non facciamo il tifo per Klaus Davi ma il suo nome serve a indicare la necessità del ricorso a competenze e capacità conclamate.

Lo stesso discorso vale per Crotone: non si faccia l’errore di rispondere alle logiche spartitorie dei partiti (nella città pitagorica il civismo potrebbe conoscere sussulti di vanità tra gli sconosciuti eletti in Consiglio), ma si pensi, una volta tanto, al bene comune. C’è tantissimo da fare e occorre ricordare la vocazione non industriale di Reggio: la città deve vivere di turismo e di cultura e creare opportunità di lavoro e occupazione stabile per le centinaia di laureati in attesa di mostrare il proprio talento e metterlo a frutto per il benessere e la crescita della propria terra.

La campagna elettorale è finita, ma i commenti post elezioni non sono certo finiti. Ecco cosa scrivono due grandi esclusi dalla competizione comunale, Eduardo Lamberti Castronuovo e Giuseppe Bombino. Il primo avrebbe dovuto capeggiare una lista civica con l’appoggio del centro-destra (mancato); il secondo – già presidente dell’Ente Parco d’Aspromonte – doveva essere il candidato ideale del centro-destra (neanche preso in considerazione nelle stanze del potere).

[La fotografia di copertina è di Luigi Palamara]

RICOSTRUIRE LA CITTÀ

di EDUARDO LAMBERTI CASTRONUOVO – «E vo’ gridando pace, e vo’ gridando amore». Così fa dire Giuseppe Verdi a Simon Boccanegra, doge della Repubblica di Genova. Io lo sto facendo dal giorno dopo il ballottaggio per il Comune. Abbiamo bisogno di ricostruire, con una vera e propria congiura virtuosa, la nostra Città: depredata, distrutta, sporca e soprattutto senza più fiducia in sé stessa. Adesso non importa chi abbia vinto. C’è un sindaco, ci sarà un governo ma ci saranno soprattutto i cittadini che non potranno non partecipare alla vita della Città. Non è ammesso desistere. Non è ammesso criticare senza proporre. Il ruolo dell’opposizione è quello di vigilare, ma anche di incoraggiare. Quello di chi governa non sarà più quello di imporre, senza tener conto delle esigenze delle persone.

Non è affermando il potere che si governa, bensì raccogliendo il consenso che, altro non è, che il gradimento dei cittadini su fatti concreti. Materiali ed immateriali. Vado oltre. Non esistono schieramenti partitici contrapposti, se non per veri opportunismi personali. Lo dimostrano i passaggi, con esiti elettorali favorevoli, di tanti big locali. Senza clamori. Lo dimostrano le trenta liste civiche. Mai viste! L’amministrazione di una città non è il parlamento né il consiglio regionale. Il Sindaco della primavera reggina compose una giunta partiticamente ibrida, col successo ben noto a tutti. Quindi rimbocchiamoci tutti le maniche e modifichiamo il concetto che il mondo ha di Reggio Calabria, un tempo davvero bella e gentile, oggi, brutta e scortese.

Tuttavia sembra che questi concetti, semplici e basati solo sull’attaccamento alla mia città, non trovino la dovuta accoglienza tra quelli che sono stati i protagonisti di questa storia ad epilogo annunciato. Assisto a dichiarazioni mendaci, a ricostruzioni fantasiose di fatti che sono accaduti sotto gli occhi di tutti e che, pertanto, sono stati e sono giudicati in modo corretto. Taluno si arrampica sugli specchi e grida vittoria, di che? Gioca con le parole e sostiene che Falcomatà non ha vinto perché è la destra che ha perso. E che significa? La cittadinanza non la si deride, non è sciocca. La destra ha pesantemente perso perché mal guidata e succube di un potere impositivo, estraneo alla città, che altrove non alberga. L’imposizione di Salvini non poteva e non doveva trovare ricezione e subalternità se solo il cdx fosse stato unito e se chi guidava il partito più forte della coalizione, non avesse ceduto, per chiaro interesse personale, dopo una apparente resistenza di facciata.

Muscolosa opposizione immediatamente andata in ipotrofia per due motivi: primo il diktat berlusconiano, irrazionale e fuori contesto, secondo – e più grave- perché la lacerazione tra i due parlamentari del reggino, peraltro non di Reggio, aveva portato il sen. Siclari in auge, quale guida del partito: un rospo troppo indigesto a chi, fino ad allora, ne aveva addirittura tarpato le ali, per pretestuosa superiorità. In cotanto disaccordo e non avendo una dose di coraggio sufficiente, costui ha fatto l’avanzata turca e la ritirata spagnola, dopo aver costretto tre consiglieri uscenti, di buon calibro, Dattola, Caracciolo e Imbalzano, a firmare una vera e propria dichiarazione di guerra contro il povero Minicuci. Salvo poi ad ordinare la loro inclusione nelle liste. Dico povero Minicuci perché è stato davvero uno strumento cieco di occhiuta rapina. Persona certamente a modo, ottimo burocrate, ma assolutamente inadeguato per il ruolo, non fosse altro perché del tutto sconosciuto alla città e neppure cittadino di essa. Il sindaco è o non è il primo cittadino, ma se uno cittadino non è, come può pretendere di essere il primo?

L’errore di Minicuci, già in pectore presidente della regione per la Lega, poi assessore regionale sempre per la lega, è stato quello di non solo accettare ma premere insistentemente per occupare una casella a lui dovuta dalla Lega! Aveva fatto i conti senza l’oste. E questa volta l’oste è stato il cittadino reggino. Falcomatà, con tutti gli errori da lui stesso ammessi, aveva perso in prima battuta, giungendo solo al 37%; solo la presa di coscienza del popolo reggino, ingigantita da una evidente difficoltà personale dell’avversario, lo ha fatto lievitare al 58 con il ballottaggio. Reggio ha scelto. Ha dovuto scegliere. Tra il conosciuto e lo sconosciuto. Ha applicato quanto Tomasi di Lampedusa aveva magistralmente detto: è meglio un male sperimentato che un bene ignoto! Tra le amenità, sulle quali è bene stendere un velo pietoso, ho letto anche che il rappresentante di FI sarebbe stato il primo ad opporsi, prima di andare a Canossa, inserendo questa colossale bugia tra le medaglie da appuntarsi al petto facendo finta di non ricordare il grido di dolore di chi aveva affermato, senza mai cambiare idea, che votare per la Lega sarebbe significato tradire la città! Città invece tradita da chi ha mutato d’avviso per i motivi sopraddetti, per non parlare delle lusinghe fatte a colui che sarebbe stato, per sentito popolare, un buon candidato facendogli arrivare via whatsapp addirittura tre simboli delle liste pronte in appoggio con il suo nome, salvo poi, indice di premeditazione becera, cancellare l’invio (manovra consentita sul noto social).

La verità incontrovertibile, senza giri di parole, è che l’onorevole (non uso gli epiteti coi quale viene oggi da tutti indicato, per una questione di stile) ha la grande responsabilità di aver fatto credere a tutti di essere l’onnipotente locale, sovrastando anche i cosiddetti alleati della coalizione, colpevolmente succubi del nulla, per poi dimostrare ciò che abbiamo sempre combattuto: a Reggio leoni, a Roma… con quel che segue. Ora si presenta in conferenza per ottenere una assoluzione. Ricordate l’orazione di Cicerone? Cicero pro domo sua? Il grande latino, primo abusivo della storia, cercava di difendere il suo abuso edilizio. Il paragone è ancora più calzante se si pensa che Reggio non è la casa del parlamentare, notoriamente eletto altrove, grazie alle manifestazioni da stadio, furbescamente organizzate.

Ma che politica è questa? Forse costui farebbe bene a cospargersi il capo di cenere, chiedere scusa a tutti, e non cercare vittorie laddove non ci sono. Ammettere che avrebbe dovuto rompere con la coalizione, come hanno fatto a Taurianova, vincere col nome voluto dai reggini e poi dettare legge ai suoi capi, non viceversa. Non ha saputo o potuto, per mancanza di leadership, imporre l’autonomia del nostro territorio. Anche noi tutti abbiamo le nostre responsabilità: lo abbiamo colpevolmente assecondato! Niente bugie! Reggio non merita inganni. Reggio sapeva cosa voleva. Cosa faranno ora i delusi da questi comportamenti? C’è chi minaccia ferro e fuoco, c’è chi cerca di cambiare le carte in tavola. A mio sommesso parere bisogna amare la città: né il proprio io, né la personale affermazione. Appunto, una congiura virtuosa pro Reggio. La liberazione, dalla politica goliardica. verrà. Presto». (elc)

REQUIEM PER IL CENTRODESTRA

di GIUSEPPE BOMBINO – Giustificare la tragica caduta del centrodestra reggino con le fragilità sintattiche e le incertezze dialettiche del candidato Minicuci è assai mistificatorio.

Come pure, sbagliato e ingiusto è attribuire l’imbarazzante sconfitta alla “impura” provenienza geografica del burocrate, o alla sua presunta appartenenza alla Lega.
Invero, il centrodestra aveva determinato le precondizioni per l’annunciata disfatta molto tempo prima: quando, cioè, la scena politica reggina, per quella formazione, era stata occupata da tre personaggi. Il primo, un esuberante giovane, assurto, per autoproclamazione, all’improbabile ruolo di leader, reso agibile per le altrui sfortune; il secondo, un ecumenico predicatore, un pastore orante “unto del Signore” ed esperto in “risonanze magnetiche nucleari celesti”; la terza, su cui non posso dire, perché ho finito le figure allegoriche.
Completano l’inqualificabile composizione dello pseudo-centrodestra, in seconda e terza fila, un manipolo di ciarlatani e saltimbanchi.
Negli ultimi due anni, questo “squadrone” ha polverizzato qualsiasi attività politica in Città ed ha mortificato il dibattito inter-partitico, a causa del sopravanzamento di personalismi e deliri di grandezza.
Di tal che, questa “illuminata” formazione, si è caratterizzata, tra l’altro, per aver sistematicamente rinviato sine die la riunione inter-partitica finalizzata all’individuazione del candidato Sindaco, il cui tavolo, più volte promesso e annunciato, non è mai stato convocato.
La litigiosità, gli individualismi e la colpevole incapacità dei referenti locali di indicare un candidato Sindaco credibile, autorevole, capace e condiviso, hanno causato il trasferimento della discussione a Roma, con la conseguente definitiva esclusione di Reggio dalle scelte che l’avrebbero riguardata.
Si evince, pertanto, come la designazione del dott. Antonino Minicuci sia, in realtà, l’esito di una manifesta inconcludenza del centrodestra locale, conclamata ed acuita dall’assenza di un vero leader.
Al misfatto, per onorare la cronaca, vi ha partecipato anche qualche giornalista, che, con creatività pressoché quotidiana, presa la penna in mano, ha di molti centimetri allungato la statura dei nani del centrodestra reggino per farli divenire dei giganti, cui ha attribuito incredibili manovre, fantastici piani politici e imminenti conquiste.
Il resto lo conoscete, ed è storia.
Ma le prodezze non erano ancora finite. Rimaneva altro tempo per completare l’opera!
E così è stato!
Consegnata, ormai, a Roma la scelta del candidato, i “campioni” del centrodestra reggino hanno anche studiato in che modo procurare ulteriori danni.
Difatti, ufficializzata nella capitale la candidatura, il “mastro di ballo” ha inventato le più feroci ingiurie contro il dottor Minicuci, reo di essere uno “straniero”, nordico occupatore delle terre della Magna Grecia. E tanto si è insistito con quelle maldicenze che Falcomatà, facendole proprie, le ha utilizzate per comporre il registro retorico confluito nel manifesto antileghista con cui ha condotto la campagna elettorale.
Nel frattempo, la spensierata banda del centrodestra si apprestava ad interpretare un’esilarante commedia in due atti, durata circa un mese: nel primo, con grandi proteste, si minacciava il ritiro dalla competizione per l’irricevibile designazione; poi, a pochi giorni dalla chiusura delle liste, rimessasi all’ordine dopo la severa riprensione del Cavaliere B., finiva per accompagnare e sostenere, con composta ubbidienza, il candidato “alieno” che aveva creato.
Pensate quali menti raffinate popolano il centrodestra a Reggio.
Certo, il dott. Minicuci non ha aiutato! Ma egli non è stato altro se non l’elemento terminale di un percorso rovinosamente deviato da chi s’era troppo dedicato ai giri di tarantella e alle celebrazioni di improbabili omelie.
Che si dovesse responsabilmente e da lungo tempo lavorare alla individuazione del candidato a sindaco, sarebbe dovuta essere la priorità irrinunciabile di qualsiasi dirigente di partito, atteso che la inadeguata Amministrazione Falcomatà, già dai primi giorni dall’insediamento, si era già mostrata incapace ed impreparata per governare Reggio.
In conferenza stampa, Cannizzaro, formulata la sentenza di autoassoluzione, ha rimarcato, da un lato, la debolezza degli alleati, dall’altro il muscolare risultato del suo partito. Tuttavia, al di là dei funambolici equilibrismi, resta in campo a lui, al papa Ripepi e alla Minasi la responsabilità per quanto non hanno voluto e saputo fare prima, pur essendovi tutto il tempo per operare e per agire. A Cannizzaro, ad ogni modo, viene riconosciuta la passione e l’entusiasmo, la dedizione e l’impegno con cui ha tentato di “correggere” una traiettoria ormai invincibilmente deformata, forse motivato dall’esigenza di ottenere, comunque, un risultato personale.
Io penso, per concludere questa prima analisi, che il centrodestra sia ormai morto, che occorra officiarne il funerale ed elaborarne la scomparsa.
Non esiste in politica un credito illimitato. E chi fa politica è sottoposto a tali alterne fortune. L’opera ricomincia ogni giorno, tutti i giorni, e giorno per giorno sarà giudicata.
Per ora, io credo, ci si conceda una riflessione.
Ma è importante, adesso, non offrire ai personalismi una nuova vittima da mietere. Di Meloni e Salvini dirò presto. (gb)