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Emilio Errigo

L’OPINIONE / Emilio Errigo: Sicurezza e libertà economica in Calabria

Quando nel 2013, frequentavo il Master di II livello in “Sicurezza, Coordinamento Interforze e Cooperazione Internazionale” presso la Scuola di Perfezionamento per le Forze di Polizia del Ministero dell’Interno, sono stati tanti i momenti di confronto e approfondimenti, con gli indimenticabili Docenti e i miei cari compagni del XXIX corso di Alta formazione, su temi sociali, politici, libertà, sicurezza, economia e cooperazione internazionale, tutti temi in verità ad alta valenza scientifico-professionale.
Tutti coloro che hanno studiato e ancora studiano, sono consapevoli che all’acquisizione del sapere deve necessariamente seguire una buona attuazione pratica (c.d. applicazione in teatro operativo) in territorio nazionale ed estero.
Così è successo anche a chi scrive. Ora volendo accogliere favorevolmente l’invito del Direttore di Calabria.Live, Santo Strati, qui di seguito formulo alcune proposte e tesi destinate a favorire la crescita e sviluppo della nostra amata terra.
Acclarato che su mafie, mafiosi e loro sodali cooperanti criminali, si è detto e soprattutto scritto molto e tanto ancora si avrà modo di scrivere, per evidenti ragioni di spazio a disposizione limiterò la mia sia pur sintetica analisi a due aspetti che ritengo importanti della questione Calabria:
la Sicurezza Economica e la Libertà.
La Sicurezza Economica stante a quanto affermato e scritto in un recente studio dagli esperti internazionali componenti dell’Ufficio Internazionale del Lavoro (ILO)*, crea benessere, felicità, tolleranza, l’accoglienza e crea benefici per la crescita e lo sviluppo. Non solo ma la Sicurezza Economia crea stabilità sociale e sicurezza sociale, predisponendo gli esseri umani a comportamenti civilmente accettabili e socialmente costruttivi di dialogo democratico tra i consociati.

Relativamente alla Libertà, mi viene in mente un pensiero di Piero Calamandrei: “La libertà è come l’aria. Ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per venti anni e che io auguro a voi giovani di non sentire”.
Ancora oggi in molte occasioni si ode qualcuno dire e auspicare, ritengo senza conoscere i risultati nefasti, il ritorno nella legislazione vigente applicata da Napoli a scendere giù, (non estesa su tutto il territorio nazionale) della legge c.d. Pica. Si avete letto bene, della legge n. 1409, che Vittorio Emanuele II, promulgò il 15 agosto del 1863.
Ora, che in Calabria e in altre latitudini e longitudini esistono ancora oggi 28 dicembre 2020, malavitosi, delinquenti e criminali senza scrupoli, in altre realtà territoriali chiamati mafiosi, lo sappiamo oramai bene tutti, nessuno è privato di questo importante sapere. Ogni giorno e notte giornali, libri, televisioni pubbliche e private, social e reti internazionali. accessibili via web, ci informano con precisione in real time, su ciò che accade in Calabria, Sicilia, Puglia, Basilicata, Sardegna e Campania, in verità molto meno si sa di altre aree geografiche più ad alta densità di criminali economici.
Per Grazia di Dio e in nome del Popolo Italiano e per la Sicurezza, Giustizia e Libertà di chi ama vivere nella Legalità, esistono e operano con adeguati risultati, bravi e coraggiosi Magistrati, Giudici e appartenenti alle Forze di Polizia, che garantiscono ancora sicurezza economica e libertà in Calabria, altrimenti rimarremmo ancora in attesa che il Sud Italia, fosse considerato alla pari di ogni angolo del territorio Italiano chiamato Stato e con i eguali diritti inviolabili garantiti dalla nostra amata Costituzione.

[Emilio Errigo è docente universitario all’Università della Tuscia, nonché generale in ausiliaria della Guardia Finanza]


LA SINTESI DEL RAPPORTO 2020 DELL’UFFICIO INTERNAZIONALE DEL LAVORO

Un nuovo studio dell’Ufficio Internazionale del Lavoro (ILO), rileva che la sicurezza economica delle persone favorisce benessere personale, felicità e tolleranza e crea benefici per la crescita e lo sviluppo.

Il rapporto Economic security for a better world contiene stime di oltre 90 paesi che rappresentano l’85 percento della popolazione mondiale e fa notare che la sicurezza economica — insieme alla democrazia e a governi che investono nella sicurezza sociale — non solo crea benefici per la crescita ma contribuisce anche alla stabilità sociale. Il rapporto avverte, tuttavia, che la sicurezza economica resta fuori dalla portata della maggioranza dei lavoratori nel mondo, circa tre quarti dei quali vive in condizioni di insicurezza economica che alimenta ciò che il rapporto definisce « un mondo pieno di preoccupazione e risentimento ».

Solo una persona su dieci, l’8 percento della popolazione mondiale, vive in paesi che offrono un livello elevato di sicurezza economica, sostiene la ricerca realizzata dal Programma dell’ILO sulla sicurezza socio-economica.

«Lanciato poco dopo il rapporto della Commissione mondiale sulla dimensione sociale della globalizzazione, questa pubblicazione potrebbe arricchire il dibattito su come possiamo costruire una globalizzazione più giusta», ha dichiarato il Direttore generale dell’ILO, Juan Somavia. «Fino a quando non renderemo le nostre società più eque e la globalizzazione più inclusiva, pochi potranno raggiungere la sicurezza economica o il lavoro dignitoso».

Il rapporto costituisce il primo tentativo inteso a misurare la sicurezza economica nel mondo così come viene percepita dalla gente comune ed è basato su indagini dettagliate di unità familiari e luoghi di lavoro che hanno interessato oltre 48 000 lavoratori e lavoratrici e più di 10 000 luoghi di lavoro in tutto il mondo. La sicurezza economica è misurata sulla base delle sette tipologie di sicurezza legate al lavoro comprendenti reddito, mercati del lavoro, occupazione, capacità professionali, lavoro, mansioni e rappresentazione.

Risultati principali

Il rapporto rileva che la popolazione dei paesi che garantiscono ai propri cittadini un elevato livello di sicurezza economica mostra mediamente un elevatissimo livello di felicità, quantificato sulla base di dati di indagini nazionali sulla soddisfazione nella vita e sulla felicità. Il principale fattore determinante della felicità a livello nazionale non è il reddito — benché vi sia un’associazione positiva — piuttosto la crescita del reddito sembra avere poco peso nella misura in cui i paesi ricchi diventano sempre più ricchi. Al contrario, l’elemento chiave risulta essere il grado di sicurezza del reddito, calcolata in termini di protezione del reddito e di un basso livello di ineguaglianza di reddito.

Inoltre, il rapporto indica che un elevato livello di sicurezza delle capacità — calcolato da un indice che include indicatori su scolarità e formazione — è in realtà inversamente legato al benessere. Ciò è dovuto al fatto che le mansioni sono poco attinenti alle necessità e alle aspirazioni delle persone, in particolare quando queste sono più istruite e acquisiscono maggiori competenze. Al momento, troppe persone svolgono mansioni che non corrispondono alle loro capacità e qualifiche, il che provoca ciò che il rapporto definisce un effetto di «frustrazione legata allo status».

Il rapporto mostra come la democrazia politica e una tendenza favorevole alle libertà civili accrescano significativamente la sicurezza economica e come gli investimenti dei governi in politiche di sicurezza sociale producano effetti positivi. Tuttavia, la crescita economica esercita solo una leggera ripercussione sulla sicurezza, calcolata sul lungo termine. In altre parole, una rapida crescita non genera automaticamente le condizioni per una migliore sicurezza economica, anche se potrebbe essere un fattore determinante se accompagnata da politiche sociali adeguate.

Se si esamina la situazione dal punto di vista nazionale, i paesi sono divisi in quattro gruppi — i paesi avanzati (con buone politiche, buone istituzioni e buoni risultati), i paesi pragmatici (buoni risultati nonostante le politiche e le istituzioni poco incisive), i paesi convenzionali (apparentemente buone le politiche e le istituzioni ma con risultati poco imponenti) e i paesi arretrati (politiche e istituzioni deboli o inesistenti e scarsi risultati).

Molti paesi ricchi potrebbero facilmente raggiungere una maggiore sicurezza economica per i propri cittadini, dal momento che alcuni paesi a basso reddito raggiungono livelli più alti di altri paesi più ricchi. Infatti, l’analisi dell’ILO constata che la ripartizione mondiale della sicurezza economica non corrisponde alla ripartizione mondiale del reddito, e che l’Asia meridionale e il sud-est asiatico hanno percentuali di sicurezza economica più significative rispetto alla loro percentuale di reddito mondiale. Mentre l’Asia del sud detiene circa il 7 percento del reddito mondiale, essa rappresenta circa il 14 percento della sicurezza economica mondiale. Al contrario, nei paesi dell’America latina i cittadini hanno meno sicurezza economica rispetto a quello che ci si potrebbe aspettare dal loro livello di reddito relativo.

Infatti l’insicurezza economica influisce sulla percezione delle persone. In uno studio realizzato recentemente dal «Latinbarometro» nei paesi dell’America latina, il 76 percento della persone si mostravano preoccupate di non avere un lavoro per l’anno successivo, e la maggioranza di loro ha dichiarato che non gli importava di avere un governo non democratico se questo avesse potuto risolvere i problemi della disoccupazione.

Una caratteristica dei risultati emersi è che solo i paesi che dispongono di un insieme coerente di politiche che rafforzano tutti e sette le tipologie di sicurezza legate al lavoro hanno dei buoni risultati nell’ambito della sicurezza economica globale. I paesi con eccellenti risultati in alcune aree ma con scarsi risultati in altre non ottengono complessivamente un buon risultato.

Il rapporto rileva inoltre che «la sicurezza del reddito rappresenta un fattore determinante rispetto ad altre tipologie di sicurezza legate al lavoro», e che la disuguaglianza del reddito peggiora la sicurezza economica in modi diversi. «Il messaggio è – conclude il rapporto – che società altamente disuguali hanno poche probabilità di ottenere risultati in termini di sicurezza economica o di lavoro dignitoso».

L’analisi mostra che nel corso del periodo recente della globalizzazione (dal 1980), si è registrato un aumento della frequenza e intensità delle crisi economiche così come una crescita parallela di disastri naturali che hanno colpito un gran numero di persone. Fa notare inoltre che, salvo le due nazioni più popolose (Cina e India), globalmente, e in particolare tra i paesi in via di sviluppo, i tassi di crescita economica pro capite sono diminuiti mentre la variabilità dei tassi annui di crescita economica sono aumentati, il che comporta una maggiore insicurezza economica nazionale contrariamente alle previsioni di coloro che spingono per una rapida liberalizzazione economica.

Il rapporto dell’ILO fa notare che queste tendenze sono importanti in quanto mostrano che sempre più persone sono esposte a rischi sistemici piuttosto che a rischi contingenti. Questi ultimi sono dovuti a eventi che fanno parte del ciclo di vita dell’individuo, come ad esempio la disoccupazione o la malattia, coperti dai sistemi convenzionali di sicurezza sociale. Gli individui sono molto meno capaci di prepararsi ad affrontare le crisi che affliggono intere comunità e regioni.

Il rapporto dell’ILO rileva anche che per i paesi in via di sviluppo, il livello nazionale di sicurezza economica è inversamente relazionato all’apertura dei loro conti, ciò significa che sarebbe prudente per i paesi in via di sviluppo ritardare l’apertura dei loro conti fino a quando non disporranno di meccanismi istituzionali e sociali in grado di garantire alle loro società di resistere alle crisi esterne. In altre parole, questi paesi dovrebbero posticipare l’apertura dei loro mercati finanziari fino a quando non avranno le sufficienti capacità istituzionali per controllare le fluttuazioni in modo efficace e per far fronte all’impatto degli avvenimenti economici esterni.

Oltre ad elaborare una banca dati mondiale sulle politiche nazionali, il rapporto utilizza statistiche provenienti da una serie di studi sulla sicurezza delle persone realizzati in 15 paesi, nei quali oltre 48 000 lavoratori e lavoratrici sono stati intervistati sul loro lavoro, le insicurezze che vivono e la loro attitudine di fronte alla disuguaglianza e su alcuni aspetti legati alla politica sociale ed economica.

Agli intervistati sono state rivolte domande sulla loro attitudine rispetto a vari aspetti dell’insicurezza economica e della disuguaglianza. Una estesa maggioranza si è espressa a favore di un maggiore sostegno alle persone economicamente più vulnerabili e hanno espresso il desiderio di ridurre le disuguaglianze. Un elemento che emerge chiaramente nel rapporto è che l’insicurezza economica incoraggia l’intolleranza e le tensioni che contribuiscono al malessere sociale e, in ultima analisi, alla violenza sociale.

Tra le altre conclusioni figurano le seguenti:

  • la maggior parte dei lavoratori nei paesi in via di sviluppo non conoscono i sindacati che in gran parte dei paesi rappresentano meno del 10 percento dei lavoratori;
  • in media, le donne di solito soffrono maggiore insicurezza degli uomini e affrontano più tipologie di insicurezza;
  • la sicurezza di un impiego sta diminuendo quasi ovunque a causa dell’informalizzazione delle attività economiche, della contrattazione esterna e delle riforme di regolamentazione;
  • un ampio numero di persone possiede capacità che non sono utilizzate nel loro lavoro;
  • la sicurezza dell’impiego (possesso di una posizione con prospettive di lavoro e carriera soddisfacenti) è molto limitata nella maggioranza dei paesi e dai dati provenienti dalle ricerche sulla sicurezza delle persone emerge una diffusa insoddisfazione riguardante l’impiego.

Infine, viene esaminata un’ampia gamma di politiche al fine di determinare quelle che offrono le migliori prospettive per garantire livelli di sicurezza economica più elevati, in particolare nei paesi in via di sviluppo. Per valutare queste politiche, il rapporto propone un approccio innovativo, che le esamina tenendo conto del fatto che esse dovrebbero offrire una solida prospettiva intesa a ridurre l’insicurezza economica dei gruppi della società più a rischio e a non imporre controlli né limitare le libertà dei destinatari di tali politiche.

L’analisi dell’ILO conclude che i sistemi classici di sicurezza sociale sono inadeguati a rispondere alle nuove forme di rischio e di incertezza sistemici che caratterizzano l’emergente sistema economico mondiale. Di conseguenza, i governi e le agenzie internazionali dovrebbero promuovere schemi universali e fondati sui diritti in grado di assicurare agli individui la sicurezza economica di base, anziché ricorrere a schemi selettivi calcolati sulla disponibilità delle risorse.