INUTILE IL CHECK ANTIMAFIA SULLE LISTE
SCOPPIA LA POLEMICA MORRA-DE CAPRIO

DALLA REDAZIONE ROMANA – Poteva esimersi il sen. Nicola Morra, presidente della Commissione Antimafia, dal non seminare provocazioni in vista delle prossime elezioni regionali? Certamente no. Ed ecco che parte l’atteso “siluro” di insinuazioni e sospetti sulle prossime consultazioni del 3 e 4 ottobre.
L’ex-grillino (o no?), in buona sostanza contesta il lavoro della Commissione che presiede, sminuendo il valore dell’attività svolta: «troppa enfasi con eccesso di ottimismo» sulla norma (proposta alla Camera dal candidato presidente Roberto Occhiuto, nonché capogruppo azzurro) che ha ammesso il controllo preventivo sulle candidature. Secondo Morra «Il giudizio sui candidati non può essere solo quello della Commissione, ma di tutti quanti noi. Ognuno deve assumersi le proprie responsabilità».

«Questa innovazione – ha sottolineato Morra – per cui noi possiamo garantire la presentabilità dei candidati è stata enfatizzata da chi ha proposto questa modifica normativa con un eccesso di ottimismo». Ma è una norma, secondo Morra, “schizofrenica” perché, di fatto, non vieta ad eventuali impresentabili di essere candidati in altre liste, diverse da quelle sottoposte preventivamente al vaglio della Commissione Antimafia.

Per la verità, considerando che sono solo 439 i nominativi sottoposti al controllo preventivo, c’è da trarre una semplice conclusione: al nuovo codice di autoregolamentazione è mancata l’adesione corale di tutti i partiti. In Calabria, per esempio hanno ritenuto di non dover sottoporre al check antimafia le liste preliminari dei propri candidati né il Pd né De Magistris, né i CinqueStelle (ma ci sono ancora nella regione?). Questo significa che, da un lato, Morra, una volta tanto ha ragione, ma la sua delegittimazione del lavoro della Commissione di cui è ancora Presidente (ma come fa ad esserlo non essendo più in quota M5S?) ha intenti chiaramente provocatori e poco nobili fini di polemica a buon mercato con gli avversari politici.

Tant’è che gli risponde per le rime il presidente della Commissione regionale Anti’Ndrangheta Antonio De Caprio (capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale) alimentando il fuoco della polemica quasi alla vigilia della presentazione delle liste. «Siamo stati i primi – ha dichiarato – a chiedere trasparenza e liste pulite. Non siamo abituati a strumentalizzare il tema della legalità. Per noi tutti, la legalità è un modus operandi quotidiano, un modo di essere che contraddistingue coloro i quali vedono la politica come missione, non per meri fini personali» per contestare le affermazioni di Morra sull’enfasi attribuita alla modifica normativa sul controllo preventivo. (Prima il controllo veniva fatto dopo le elezioni sugli eletti).

«Fin dall’inizio – ha detto il presidente della commissione Anti ‘Ndrangheta – abbiamo chiesto un controllo preventivo delle liste del Centrodestra. Ci siamo premuniti di inviare i nominativi a Roma e chiesto che l’assise antimafia facesse il suo lavoro senza strumentalizzazioni. Nonostante ciò, registriamo dichiarazioni tese a sminuire chi veramente vuole recidere i tentacoli di una consorteria criminale che sta minando la dignità dei calabresi onesti. La questione morale la conosciamo bene e ne siamo consci. Ognuno di noi si è assunto le proprie responsabilità ed è proprio per questo che abbiamo chiesto l’intervento dell’organo politico più importante del Paese. Spiace, però, constatare – chiosa il capogruppo azzurro in assemblea legislativa – come la commissione stessa venga sminuita dal suo stesso presidente da una iniziativa, voluta fortemente dal centrodestra, che, evidentemente, ha spiazzato gli avversari della sinistra che non hanno ritenuto utilizzare questo strumento, per noi fondamentale, al fine di continuare un percorso fatto di azioni, volte all’allontanamento di chi opera nell’illegalità».

Morra, ancora una volta, si erge a paladino assoluto della legalità e cerca, evidentemente, un po’ di visibilità in uno scenario regionale alquanto buio per i pentastellati. Non è chiara la posizione dei singoli ex Movimento5Stelle, tra chi è contro Draghi (L’Alternativa c’è) e chi è decisamente filogovernativo. La verità è che, nonostante il convinto ottimismo dell’ex premier Giuseppe Conte sui numeri della regione – ­che evidentemente ha convinto in primo luogo Letta e i suoi inviati in Calabria dell’assoluta necessità di utilizzare il serbatoio grillino di voti (oggi vuoto) –, in Calabria il sogno dell’anticasta si è infranto in modo miserevole, lasciando deluso e quasi “orfano” quel 43,39 per cento di elettori che ci avevano creduto nel 2018.

Per questa ragione, in mezzo al vuoto assoluto, le dichiarazioni di Morra cercano di fare rumore, lasciando indifferenti i più. «La Commissione ­– ha chiarito Morra – definisce un candidato impresentabile, solo e soltanto, in virtù di criteri giuridicamente ineccepibili, incontrovertibili, insindacabili, e sono criteri che rinviano alla cosiddetta Legge Severino e al codice di autoregolamentazione». Criteri – ricordiamolo – che la Commissione stessa si è data inizialmente con la presidenza Bindi e poi con quella attuale di Nicola Morra.

E qui prevale il discorso dell’etica. Se non ci sono evidenze penali (condanne passate in giudicato) ma solo avvisi di garanzia prevale una questione “morale”. Lo stesso discorso che ha portato avanti il Procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri: «Il problema delle liste – ha detto – non si risolve con la patente antimafia. La commissione antimafia si limita a chiedere alla procura se i candidati hanno condanne, ma questo non risolve il problema. Non si candidano in prima persona i boss, ma giovani di bella apparenza e belle speranze sui quali non si può dire nulla. È chiaro, però, che diventano a tutti gli effetti dei prestanome. Non si risolve il problema con la patente antimafia ma con la serietà della politica».

È un discorso che riguarda tutti – nessuno escluso –: serve un impegno aggiuntivo di serietà nel chi forma le liste e soprattutto in chi chiede di entrarvi: gli esiti del check preventivo sono modesti e irrilevanti ai fini dell’etica nella politica di chi si candida e sceglie i compagni di viaggio. Mancano pochi giorni (venerdì entro mezzogiorno si depositano le liste) e sabato c’è la pubblicazione delle stesse. Vedremo quanti “moralmente impresentabili” figureranno nelle liste dei futuri consiglieri regionali della Calabria. (rp)

 

 

 

LA GESTIONE DELL’EMERGENZA IN REGIONE
LA BEFFA DEGLI INTERVENTI DEL GOVERNO

Un vecchio detto dice che in fondo al tunnel ci sia sempre la luce, o quasi. Quasi, perché la Calabria, in questa pandemia in cui l’incertezza e la rabbia fanno da padroni, ecco che riesce, finalmente, a mettere i puntini sulle i almeno su ciò che riguarda la gestione dell’emergenza covid.

Un atto necessario, sopratutto per una regione che è diventata zona rossa non per i contagi, ma per gli ospedali al collasso, la mancanza di personale e, cosa più grave, della mancanza di un piano covid, che ha spinto il presidente della Commissione Anti ‘Ndrangheta, Antonio De Caprio, a realizzare quello che lui stesso ha definito operazione verità: un lavoro certosino durato giorni, fatto di analisi, verifiche, controlli, per ricostruire la fitta rete di atti ufficiali che cristallizzano in maniera definitiva ruoli e responsabilità di una condotta «disastrosa».

«È un’operazione verità quella che mi sento di fare – ha rimarcato De Caprio – nei confronti dei cittadini calabresi».

«Vista la complessità della materia che stiamo affrontando – si legge in una nota – è doveroso esprimere una precisazione in merito ai Piani da approvare dai commissari regionali: Piano operativo Covid (Dl 18 del 17 marzo 2020); Piano di potenziamento e riorganizzazione dell’offerta territoriale (Dl 34 del 19 maggio 2020); Piano di riorganizzazione dell’offerta ospedaliera (Dl 34 del 19 maggio 2020)».

«Iniziamo a precisare – continua la nota – dove nasce il Piano operativo Covid. Il 17 marzo 2020 veniva emesso il decreto legge 18, che all’articolo 18 comma 1, prevede, in virtù del commissariamento della regione Calabria, che lo stesso commissario doveva redigere un apposito Programma operativo per la gestione dell’emergenza da Covid 19 da approvare da parte del Ministero della Salute di concerto con il ministero dell’Economia e delle Finanze e da monitorare da parte dei predetti ministeri congiuntamente. Ad oggi non approvato nella sua totalità ad eccezione del Piano di potenziamento e riorganizzazione dell’offerta territoriale e del Piano di riorganizzazione dell’offerta ospedaliera richiamati dal Dl 34/2020 agli articoli 1 e 2».

«Inoltre, con il medesimo decreto legge – si legge ancora – il presidente della Regione Calabria, precedentemente nominato soggetto attuatore con decreto del capo della Protezione civile 631 del 27 febbraio 2020, di fatto smetteva di esserlo «per il criterio della specialità alla normativa che disciplina la figura straordinaria del commissario per l’emergenza Covid 19», ovvero il dott. Domenico Arcuri. Tanto lo si evince anche dalla comunicazione del direttore generale del ministero della Salute, dott. Andrea Urbani, del 27 ottobre 2020, che formula il parere richiesto dal commissario Saverio Cotticelli il 12 giugno 2020 e letto dallo stesso nella ormai nota ed infausta intervista alla trasmissione televisiva Titolo V. Ed è sempre Urbani, con la stessa nota, a specificare che spetta alla struttura commissariale calabrese elaborare il Programma operativo Covid, mentre tocca al ministero della Salute approvarlo ed al commissario Arcuri attuarlo. Ecco ora la scansione temporale degli atti prodotti in merito all’emergenza sanitaria, che hanno avuto ripercussioni sulla Calabria».

19 maggio 2020. Viene approvato il decreto legge 34 con cui è stata chiesta alle regioni la redazione del Piano di potenziamento e riorganizzazione dell’offerta territoriale e del Piano di riorganizzazione dell’offerta ospedaliera per fronteggiare l’emergenza da Covid-19.

«Al comma 11 dell’articolo 2 – ha evidenziato De Caprio – è scritto chiaramente che il commissario straordinario – badate bene, il dottore Arcuri! – “procederà a dare attuazione ai piani, garantendo la massima tempestività e l’omogeneità territoriale…”».

25 maggio 2020. Riunione del tavolo tecnico di verifica degli adempimenti regionali con all’ordine del giorno, tra gli altri punti, anche il “Programma operativo per emergenza Covid e contabilità Covid”.

«E chi c’era – ha detto ancora De Caprio – a quel tavolo oltre ai ministeri competenti, ai dipartimenti, al comitato per la verifica dei Lea? C’erano il commissario e il sub-commissario della Regione Calabria! Ed è in quella sede, come si evince alla lettera H del documento, che veniva “invitata la struttura commissariale alla trasmissione della bozza del previsto programma operativo per la gestione dell’emergenza da Covid-19 da approvarsi da parte del ministero della Salute di concerto con il ministero dell’Economia e da monitorarsi da parte dei predetti ministeri congiuntamente».

18 giugno 2020. Il commissario ad acta Saverio Cotticelli approva con Dca numero 91 il Piano di riorganizzazione dell’offerta ospedaliera.

 «Il Piano – ha aggiunto il consigliere regionale – viene quindi approvato ai sensi del decreto legge 34/2020, ed inviato al Ministero della Salute per la relativa approvazione. Al comma 11 del medesimo Art. 2 si indica chiaramente che spetta al commissario straordinario nazionale, Domenico Arcuri, “dare attuazione ai piani, nonché l’attuazione di tutti i provvedimenti consequenziali” al fine di attuare il suddetto Piano. Ebbene, che fine hanno fatto questi “provvedimenti consequenziali”?».

 22 luglio 2020. Il dg Urbani comunica di approvare il Piano di riorganizzazione dell’offerta ospedaliera.

 «Con protocollo 0015022, il Ministero comunica l’avvenuta approvazione al commissario Cotticelli, al sub-commissario Maria Crocco e al dg Francesco Bevere e per conoscenza al Commissario Arcuri, specificando che lo stesso Piano è stato vistato anche dalla Corte dei conti».

22 Luglio 2020. Il commissario Cotticelli approva Piano di potenziamento e riorganizzazione dell’offerta territoriale con DCA n. 103.

30 luglio 2020. Stipula del contratto di progetto con la Banca europea per gli investimenti.

«Grazie alla stipula – ha evidenziato De Caprio – vengono stanziati i fondi necessari a dare attuazione al Piano. Ma da quel 30 luglio qualcosa si è inceppato…».

13 settembre. La lettera del presidente Jole Santelli al premier Conte.

 «Il presidente della Regione aveva anticipato chiaramente ciò che poi effettivamente è successo. Aveva messo in guardia il premier Conte sui disastri che stavano combinando i commissari, e aveva anche intimato al governo di assumersi le responsabilità di scelte per le quali la Regione era stata completamente esclusa, esautorata da ogni potere, come ebbe modo di riferire Arcuri al presidente Santelli che chiedeva la possibilità di divenire soggetto attuatore. Ma non di quel Piano!».

9 ottobre 2020. A distanza di oltre due mesi il commissario Arcuri firma l’ordinanza numero 29 per individuare i soggetti attuatori del Piano.

«Nell’allegato – ha precisato De Caprio – vengono indicate le Asp provinciali e le Aziende Ospedaliere  calabresi tutte commissariate. Quindi espressione del governo».

2 novembre 2020. Concluse le gare per affidare gli appalti.

«Tutta questa vicenda paradossale – ha detto ancora De Caprio – fatta di responsabilità nascoste, inizia a intravedere luce soltanto il 2 novembre scorso, quando il commissario Arcuri, con enorme ritardo, conclude le procedure di gara. Ma oltre al danno, per la Calabria arriva la beffa: perché, malgrado sia stato il governo, come si evince da questa ricostruzione, a sprofondarci in questa situazione, è lo stesso governo che, con Dpcm del 3 novembre, dal successivo 6 novembre ci ha dichiarato zona rossa!»

«In tutto questo valzer una cosa è evidente – ha dichiarato il consigliere regionale – la Regione, nella gestione dell’epidemia, non viene mai coinvolta, anzi dove vuole dare il proprio contributo, non le viene reso possibile. Fa tutto il governo centrale, purtroppo sappiamo bene con quali nefasti risultati».

«E non lo dico – ha aggiunto De Caprio – per scansare responsabilità, lungi da me, ma per constatazioni oggettive. Non è più accettabile subire strumentalizzazioni da chiunque pensa di sapere e invece non sa, magari lucrando in ottica elettorale sulla pelle dei cittadini. Ai calabresi dobbiamo impegno e onestà, fatti e competenze. In una parola, dobbiamo verità».

«Si desume, da questa triste vicenda –ha detto ancora – come il Sistema sanitario nazionale – e quindi quello regionale – siano stati depotenziati per gli interventi legislativi dell’ultimo decennio con un ulteriore aggravio nel 2015 in seguito all’emanazione del Dm 70 che umilia le strutture ospedaliere svuotandole in maniera fatale, seppur le stesse fossero necessarie alla popolazione».

«Se la pandemia ci ha dato un insegnamento – ha concluso – è proprio quello che il legislatore non deve porre in essere atti ragionieristici, bensì azioni che mettano al primo posto l’essere umano».  (rrm)