SANITÀ, PER LA RIFORMA E IL SUO RILANCIO
IN CALABRIA SERVONO SCELTE CONDIVISE

Il commissariamento della Sanità in Calabria, che ormai ha superato i dieci anni, ha bisogno di un intervento chiave per una riforma e il rilancio dell’intero settore. A cominciare dall’abbattimento del debito della Sanità che in Calabria ha raggiunto cifre insostenibili, importi pazzeschi che sarà impossibile ripianare. È utile sottolineare che gran parte del debito è stato provocato dall’esercizio del commissariamento che anziché sanare le situazioni pregresse ha prodotto altro debito e qui pare evidente che la responsabilità della ricadere tutta sullo Stato che ha disposto il commissariamento, ma non ha provveduto a controllare i conti e i risultati dell’esercizio. Bisogna interrompere lo scandalo del “turismo sanitario”: oltre 300 milioni l’anno pagati dalla Regione per ricoveri fuori della Calabria, senza contare una pari cifra di esborsi dei familiari per viaggi e spese soggiorno. Cosa si sarebbe potuto fare, in Calabria, in questi dieci anni con gli oltre tre miliardi “regalati” dalla Regione a Roma, Milano e in tutte le altre regioni – dove peraltro i migliori medici sono quasi tutti di origine calabrese? È dunque ora di pensare in termini concreti a formulare in termini propositivi soluzioni definitive al problema numero uno della regione. Una sanità al collasso non sarà risanata con il solo commissariamento, che tra l’altro ha penalizzato ulteriormente sia i cittadini bisognosi di cure sia il personale medico e paramedico.

Per la verità, analisi e idee per il rilancio della sanità calabrese vengono continuamente da ogni parte politica, ma molte non hanno basi solide su cui poter impiantare programmi di sviluppo. Non si dimentichi che occorre prioritariamente provvedere al più presto al risanamento della posizione debitoria che di fatto impedisce nuovi investimenti, nuove assunzioni, nuovi acquisti di macchinari fondamentali per offrire ai calabresi una sanità degna di questo nome. Altre ipotesi, invece, meritano attenzione e un necessario approfondimento. Tra queste ultime si segnala l’iniziativa della rete apartitica di professionisti, imprese e semplici cittadini che ha preso il nome di Calabria condivisa per affrontare temi utili allo sviluppo della regione. 

Il gruppo di Calabria condivisa ha affidato un documento di analisi e suggerimenti sulla sanità all’avv. Ernesto Mancini già direttore amministrativo dell’azienda ospedaliera-universitaria di Verona, con alle spalle diverse esperienze da dirigente in altri enti del Servizio sanitario nazionale e incarichi di docenza per università e altri enti, pubblici e privati, ed oggi presidente onorario dell’associazione “Prosalus Palmi”.

Il documento è molto interessante e sviluppa una serie di proposte che andrebbero analizzate e possibilmente valorizzate, fermo restando che, secondo Calabria condivisa, è fondamentale per la loro realizzazione la partecipazione delle cittadinanze ai processi decisionali e di controllo sulla salute pubblica. 

Infatti, nel corposo dossier è più volte ribadita l’idea di una sanità da riformare secondo scelte condivise con le cittadinanze: “Occorre attivare con urgenza – si legge nel documento – adeguati strumenti di partecipazione, cioè strumenti di relazione permanente tra Regione, Aziende e Cittadini. Questi ultimi, attraverso le associazioni e le altre formazioni civiche di cui fanno parte, potranno intervenire con funzione consultiva e di controllo sociale, ma anche di impulso, nei processi di elaborazione dei piani e dei programmi socio-sanitari e nella fase di attuazione degli stessi”. “Va chiarito – prosegue nella sua relazione l’avv. Mancini – che la partecipazione non si configura come “graziosa concessione” dell’Amministrazione in quanto è prevista e resa obbligatoria dalla stessa legge 833/78 di riforma sanitaria”.

Gli obiettivi di riforma. Alla richiesta di una partecipazione allargata alle scelte della sanità si aggiungono altre proposte in termini di obiettivi fondamentali. “È chiaro – si legge nel documento – che vanno compiuti i piani di rientro dai disavanzi, vanno assicurati i livelli essenziali di assistenza, non devono più tollerarsi scandalose inerzie e ritardi per la costruzione e l’attivazione dei nuovi ospedali né per l’ammodernamento di quelli strategici già esistenti”. Inoltre, “vanno realizzati i presìdi della medicina territoriali” e “vanno riadeguate le risorse umane professionali e quelle materiali”.  

Responsabilità chiare. Si sollecita, inoltre, l’individuazione di responsabilità chiare rispetto all’esecuzione dei programmi: “Occorre individuare per ognuno di tali atti programmatori il ‘responsabile unico dell’esecuzione’ o ‘team leader’ dei gruppi di lavoro aziendali o interaziendali. Troppe volte i risultati non si raggiungono proprio a causa della mancata chiarezza e la non individuazione di chi deve in concreto provvedere a risponderne”.

Dalla responsabilità alla trasparenza: “L’organo regionale o commissariale – è poi l’appello – deve inserire nell’apposita sezione ‘amministrazione trasparente’ prevista dalla legge, i dati e le informazioni attinenti ai principali procedimenti tecnici e amministrativi di cui è competente”.

Gli atti aziendali. Nel documento si fa il punto anche degli atti organizzativi delle aziende sanitarie e delle aziende ospedaliere: “C’è da augurarsi che questa volta gli atti aziendali non rimangano meri atti formali per la gran parte non eseguiti e che, invece, contengano princìpi e soluzioni che privilegino imparzialità, rapidità, efficienza, partecipazione, modalità di partecipazione adeguate”.

La formazione. “Si ritiene – scrive Mancini – che la formazione dei funzionari sia una scelta strategica da fare al più presto. Beninteso, la formazione deve essere orientata verso una moderna visione della Pubblica amministrazione sanitaria secondo princìpi da tempo codificati nella legislazione”.

Pubblica amministrazione e politica. Il tema della pubblica amministrazione viene affrontato anche in relazione alla classe politica. Nel documento si fa riferimento a responsabilità politiche “diffuse in ogni formazione che si è avvicendata al governo regionale”. Ma “è evidente – si legge ancora – che accanto ad una mediocrità palese della classe politica, peraltro non esclusiva della sola Calabria, è l’apparato tecnico-amministrativo che non ha saputo svolgere adeguatamente la propria missione di supporto e proposta”. Dunque, rispetto a una sanità regionale definita “fallimentare”, “non si può ritenere – afferma sempre Mancini – che ciò sia dipeso solo dalla presenza di una gestione commissariale anch’essa fallimentare”. 

La criminalità organizzata. “A scanso di equivoci – prosegue il documento – va detto che la criminalità organizzata resta il principale nemico da battere ma l’inefficienza della pubblica amministrazione sanitaria e, in alcuni casi, anche la sua corruzione, non è certamente questione di poco conto. Si tratta perciò di una miscela esplosiva di più elementi pur se oggetto di diversa graduazione”. 

Nella parte conclusiva della relazione si auspica la fine del commissariamento della sanità: “Deve perseguirsi al più presto l’obbiettivo di far cessare la gestione commissariale e far rientrare la Regione Calabria nella regolarità della propria funzione istituzionale. In ogni caso – è   la richiesta -, qualunque sia la componente di vertice (commissariale o politica) è decisivo per garantire risultati concreti e misurabili, il rinnovamento dell’apparato tecnico-amministrativo”. E infine: “Non dovrà mancare la partecipazione dei cittadini attraverso formazioni sociali di tipo associazionistico durature nel tempo che sappiano farsi carico del controllo sociale che la legge loro attribuisce”. (rrm)

CONTRIBUTO-DI-ANALISI-E-PROPOSTE-PER-LA-SANITA-IN-CALABRIA-Dicembre-2020-1