CRISI CLIMATICA, EMERGENZA IN CALABRIA
AZIONI PER PREVENIRE, NON PER CURARE

di FRANCESCO CANGEMI – La crisi climatica si abbatte sulla Calabria così come nel resto del Paese. I cambiamenti del clima, infatti, creano non pochi problemi alle città calabresi ad ogni precipitazione e, soprattutto, alle colture come, ad esempio, è capitato negli ultimi tempi al bergamotto la cui lavorazione è andata in crisi proprio per gli sbalzi climatici e la conseguente siccità.

Un comparto che ha rivolto il proprio grido d’aiuto prima alle istituzioni regionali e poi al ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida con una petizione firmata da 170 soggetti tra aziende e operatori del comparto, rappresentativi del territorio bergamotticolo dei 50 comuni della provincia reggina.

Sono negli occhi dei calabresi, e non solo, gli ultimi danni che la crisi climatica ha causato nel crotonese dove, ad ogni rovesciamento piovasco, è grande allarme. La città pitagorica ormai registra danni tutte le volte che la pioggia scende giù. Danni per le forti piogge si sono registrati anche a Catanzaro ultimamente che, paradossalmente, vive questo “dramma” insieme alla perenne mancanza di acqua in molte case.

Stesso problema che si verifica nella città di Cosenza dove le abitazioni del centro città vivono da sempre il dramma della mancanza di acqua per molte ore del giorno. Un contrasto dato che anche qui le copiose piogge degli ultimi anni hanno creato danni non indifferenti. Basti pensare alle frane che il maltempo ha causato nel centro storico.

L’acqua che scende dal cielo fa paura anche nel reggino dove, a maggio 2023, tanti sono stati i problemi per poi passare una estate dove il caldo e la siccità hanno creato forti disagi alle colture. La crisi del bergamotto, a cui si faceva riferimento prima, su tutte. Il vibonese non è da meno. Basti pensare a cosa accade sulla strada che passa per la Costa degli Dei che ad ogni precipitazione viene invasa dal fango.

Ma i drastici cambiamenti climatici non riguardano solo la Calabria. A scattare la fotografia con nuovi dati alla mano su tutto il Paese è Legambiente che in occasione del V Forum Acqua dal titolo La transizione ecologica dell’acqua fa il punto sulla risorsa idrica tra ritardi e problemi da affrontare, in primis crisi climatica, fragilità del territorio e maladepurazione, indicando quella che per lei è la strada da seguire da qui ai prossimi anni in termini di gestione dell’acqua.

Dal 2010 al 31 agosto 2023 nella Penisola su 1.855 eventi meteorologici estremi, ben il 67% ha visto per protagonista la risorsa idrica con 667 allagamenti, 163 esondazioni fluviali, 133 danni alle infrastrutture da piogge intense, 120 danni da grandinate, 85 frane da piogge intense, 83 danni da siccità prolungata. Tra le regioni più colpite: Sicilia e Lombardia con 146 eventi ed Emilia-Romagna con 120. Tra le città spiccano Roma, con 65 eventi, Milano 32, Agrigento 24, Bari 24, Genova 20, Palermo 17, Napoli 17, Ancona 14, Bologna 11, Modena 10, Torino 10. Una Penisola che si trova a fare i conti sempre di più con gli effetti della crisi climatica, i danni per eccesso o mancanza d’acqua; ma anche con la fragilità di un territorio in gran parte a rischio frane e alluvioni e dove spesso la qualità dell’acque non è delle migliori come ricorda il problema cronico della maladepurazione, che è costato sino ad ora all’Italia oltre 142 milioni di euro in sanzioni pecuniarie, o l’inquinamento chimico di fiumi e falde.

«Quello che serve al Paese – sostiene Legambiente al Forum Acqua – è una strategia integrata per la transizione ecologica della risorsa idrica che metta al centro conoscenza, qualità e integrazione, rendendo sempre più sostenibile l’impronta idrica del nostro Paese sulla Terra e per assicurare un corretto adattamento alla crisi climatica. Solo così l’Italia potrà superare quei ritardi che ha accumulato in questo settore anche a causa di un approccio sbagliato della gestione della risorsa idrica, che considera i diversi usi separati l’uno dall’altro, invece che farli dialogare tra di loro, e che ha puntato solo sulla quantità senza considerare la qualità della risorsa. Un appello e una proposta che Legambiente rivolge ai commissari straordinari al Forum Acqua e che per i vari settori di competenza si occupano del tema: Nicola Dell’Acqua Commissario straordinario nazionale per l’adozione di interventi urgenti connessi al fenomeno della scarsità idrica, Fabio Fatuzzo Commissario straordinario unico per la depurazione, Francesco Paolo Figliulo Commissario alla ricostruzione post alluvione e Giovanni Legnini Commissario straordinario per la ricostruzione di Ischia».

Come si mette in campo una strategia integrata dell’acqua? Puntando su conoscenza, qualità e integrazione, tre concetti chiave e fondamentali per definire politiche lungimiranti e che per Legambiente si traducono in tre grandi macro-interventi: 1) la definizione di una cabina di regia e una governance unica e integrata dell’acqua che metta a sistema le esperienze maturate nel corso degli anni dai diversi soggetti che gestiscono da punti di vista e con competenze diverse una risorsa unica come quella idrica, e che permetta di superare gli stalli burocratici e tecnici che impediscono a interventi e a progettazioni virtuose di procedere. 2) La continua conoscenza e aggiornamento dei dati ad oggi disponibili sulla risorsa, che mettano al centro la disponibilità e gli usi dell’acqua attraverso bilanci idrici affidabili e condivisi. La conoscenza è essenziale per introdurre politiche efficaci di prevenzione e di gestione anche delle emergenze, dalla siccità alla crisi climatica, migliorando gli strumenti e le metodologie di misura tramite la digitalizzazione e le innovazioni tecnologiche, da implementare e promuovere in ottica di riutilizzo e circolarità. 3) Una progettazione integrata e di qualità per pianificare gli usi della risorsa e del territorio. Una progettazione volta a prevenire l’inquinamento e che assicuri anche una qualità della risorsa in uscita dagli impianti adeguata agli usi per un corretto riutilizzo in agricoltura e nell’industria anche alla luce del nuovo regolamento europeo entrato in vigore lo scorso giugno.

«Questi tre concetti e linee guida – dice ancora Legambiente – sono propedeutici per la messa a terra di quelle azioni che si devono poi introdurre e sviluppare nei singoli settori di intervento, senza che si perda quello sguardo di insieme. In termini di lotta alla crisi climatica l’integrazione passa dall’attuazione del Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc) e dallo stanziamento delle relative risorse economiche, che metta la corretta gestione della risorsa idrica al centro della pianificazione e delle azioni. Serve inoltre una legge sullo stop al consumo di suolo attesa da troppi anni in Italia».  (fc)

Legambiente: Gli interventi contro crisi energetica sono ambientalmente dannosi

Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria ha evidenziato come «sull’onda dell’emergenza, le Amministrazioni, sia centrale che regionale, stanno mettendo in campo interventi economicamente incongrui ed ambientalmente molto dannosi come il rigassificatore di Gioia Tauro, considerandolo una priorità nazionale».

«Le varie crisi in corso, ambientale, energetica e sociale, sono crisi sistemiche – ha spiegato – strettamente connesse, che vanno affrontate insieme con una strategia di medio e lungo periodo affinché possano essere risolte o almeno limitate. Invece ci si muove nella perenne logica dell’emergenza che, in materia di ambiente ed energia, non solo rischia di non risolvere affatto i problemi ma, paradossalmente, li aggrava».

Lo Stato Italiano rilascerà alle società energetiche, su diverse aree del territorio italiano, 12 nuove autorizzazioni per l’estrazione di idrocarburi. Gli impianti di estrazione, oltre all’enorme impatto visivo sul territorio o nello specchio di mare, oggetto dell’installazione, come ben sanno i cittadini di Crotone, hanno conseguenze gravissime sull’ambiente e sugli equilibri dell’ecosistema.

«La Calabria, quasi sicuramente, non sarà interessata dalle nuove concessioni. Per il momento almeno – ha sottolineato Anna Parretta,– perché come altri territorio del Sud Italia, la nostra regione è caratterizzata dalla presenza di numerosi giacimenti gasiferi in particolare sulla sua fascia jonica. Deve essere chiaro che dobbiamo uscire definitivamente dalla tirannia delle fonti fossili».

«Nella nostra Regione – ha rilanciato – serve creare sviluppo ambientalmente sostenibile, puntando ad esempio sulle grandi potenzialità dell’eolico offshore, in grado di portare vantaggi climatici ed occasioni lavorative per i calabresi».

«Se vogliamo fornire realmente soluzioni alla crisi climatica ed energetica nel nostro Paese – ha detto ancora – dobbiamo  uscire dalle fonti fossili ed accelerare, con un deciso cambio di rotta, sulle fonti rinnovabili. Per farlo è necessario realizzare i relativi impianti, sia i grandi impianti industriali che le comunità energetiche, sviluppare l’eolico a terra e offshore (sono almeno 5 i progetti che riguardano la Regione Calabria), installare il fotovoltaico sui tetti e sulle aree compromesse (discariche, cave, etc), e l’agrivoltaico moderno (come quello posizionato ad altezze e geometrie variabili e con pannelli mobili ad inseguimento solare che garantisce l’integrazione delle produzioni agricole con quella energetica senza consumo di suolo) ed ancora incrementare la produzione di biogas e biometano, e supportare l’idrogeno verde e la geotermia a bassa entalpia oltre ad attivare serie e lungimiranti politiche di efficienza energetica».

Per comprendere l’importanza del tema, basti pensare che quanto alle emissioni in atmosfera un solo parco eolico offshore da 675 MW è in grado di evitare 1 milione di tonnellate di CO2 e produrre circa 45.000 tonnellate di idrogeno verde all’anno, creando al contempo occupazione e lavoro di qualità.

«È essenziale, quindi – conclude la nota di Legambiente – che le energie rinnovabili diventino la prima fonte di energia per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione fissati per il 2030 e per i quali l’Unione Europea ha messo in campo strumenti finanziari importanti come il Next Generation Eu, il Piano nazionale di ripresa e resilienza che si aggiungono alla programmazione Comunitaria 2021/2027 ed alle strategie Ue per la Biodiversità al 2030».