I BRONZI, UN VERO PATRIMONIO DELL’ITALIA
SONO ATTRATTORI DI TURISMO CULTURALE

di SANTO STRATI – Possono i Bronzi di Riace diventare un marcatore identitario non della Calabria, non del Mezzogiorno, bensì dell’Italia? Possono e devono – secondo il ministro della Cultura Dario Franceschini – che, parlando al convegno alla Camera sulle celebrazioni del cinquantenario del ritrovamento, ha detto chiaramente che chi viene in Italia se non può fare a meno di vedere Roma, Venezia e Firenze, dovrà aggiungere un’altra perla al suo bagaglio esperienziale del Bel Paese: i Bronzi. Che non sono di Riace (dove sono stati ritrovati), non sono di Reggio e del suo bellissimo (da troppi sconosciuto e mai visitato) Museo archeologico nazionale, forse diventeranno patrimonio Unesco dell’Umanità, ma appartengono all’Italia e la rappresentano degnamente, come testimonianza di cultura e simbolo di bellezza, come tramandato dalla Magna Grecia.

Un’idea assolutamente condivisibile, questa del ministro Franceschini, che ha spiazzato tutti mettendo in luce una verità che da cinquant’anni è sotto gli occhi di tutti: i due bronzi, capolavoro della scultura magnogreca del V-IV secolo a.C., sono una testimonianza di civiltà che non è mai stata adeguatamente utilizzata. Uscire dal torpore in cui sono entrati dopo l’entusiasmo del loro primo grande estimatore (il presidente Pertini li volle al Quirinale, con code chilometriche di visitatori) e le tiepide iniziative per farli conoscere al mondo. 

È dunque, questo cinquantenario una sorta di anno zero, per l’avvio di una grande, eccezionale, campagna (non locale, non localizzata in Calabria) di marketing di attrazione culturale che li faccia diventare un simbolo, un altro simbolo, dell’Italia nel mondo. Al pari del Colosseo, di San Marco a Venezia, del David di Michelangelo di Firenze. 

Un marcatore identitario eccezionale, quello dei Bronzi, che richiede un impegno che dovrà coinvolgere i dicasteri della Cultura e del Turismo e non solo la Regione Calabria (dove spicca l’inesauribile e convinta passione della vicepresidente Giusi Princi) o la Città metropolitana di Reggio. I Bronzi sono l’Italia e da loro può partire (non ripartire) la sfida al mercato mondiale del turismo. Il nostro Paese risulta tra le mete più ambite dei viaggiatori di tutto il mondo: occorre far conoscere in maniera adeguata questa straordinaria ricchezza che è, al pari degli altri ultrafamosi attrattori culturali dell’Italia, una ulteriore fascinosa testimonianza di bellezza. Unica, irripetibile, da mozzare il fiato.

L’incontro promosso ieri alla Camera dalla Regione Calabria per presentare le celebrazioni, non è, quindi, da considerare una conferenza stampa per illustrare idee e progetti, bensì è diventato il pretesto per far capire ai miopi e distratti di tutti questi anni che si sono sprecate occasioni e si è perso tantissimo tempo, relegando i Bronzi a un indecoroso ruolo tutt’al più di “curiosità” che di vera attrazione. C’era (c’è tuttora) un tesoro inestimabile che nessuno ha mai saputo (voluto?) valorizzare: adesso non c’è più tempo da perdere. Bisogna muoversi, a livello di Paese, e trasformare i Bronzi in un attrattore culturale e turistico di prim’ordine. 

Ovviamente, pensando anche alle infrastrutture necessarie, ai trasporti, alla ricettività (tre aspetti drammaticamente assenti in Calabria) perché l’avventura della visita ai Bronzi (e, ripetiamo, al magnifico museo che li ospita) non si trasformi in disavventura. Va eliminato ogni provincialismo nelle iniziative immediate, attuali e future, perché Reggio diventi una “città da scoprire” e sia il traino per una ulteriormente efficace e straordinaria scoperta di tutto il territorio regionale. La Calabria ha un potenziale, in termini di arte, cultura, paesaggio, che se fosse tradotto in maniera efficace trasformerebbe tutta la regione nella California d’Europa. 

Stendiamo un velo pietoso sulla scelta di un logo insignificante (ancora peggio quello utilizzato dalla Città metropolitana per presentare il cartellone di eventi) e guardiamo al futuro con un pizzico di ritrovato ottimismo. Sia ben chiaro che i dilettantismi non potranno più essere tollerati (e il programma della Regione induce a pensarlo, visti i nomi coinvolti nelle varie iniziative), ma soprattutto occorre fare un lavoro di squadra. Ripetiamo anche a costo di diventare noiosi: i bronzi non sono di Reggio (ma devono restare a Reggio): sono dell’Italia, ma costituiscono un ottimo pretesto per valorizzare e far conoscer il meraviglioso territorio calabrese (non solo quello della provincia reggina). Le tracce dell’antica civiltà sono presenti dovunque (il presidente della Regione Occhiuto ricordava la Grotta del Romito di Papasidero con le sue testimonianze neolitiche), dimentichiamo i campanili e remiamo tutti nella stessa direzione. Con l’orgoglio e la fierezza di essere calabresi (non reggini, catanzaresi, cosentini e via dicendo) custodi di un patrimonio secolare da condividere con gli ospiti (tantissimi, in un futuro pressoché immediato?) che vorranno scoprirlo per, alla fine, innamorarsi perdutamente di questa terra. Chi scopre la Calabria – lo vediamo dalle tantissime mail che giungono da ogni parte del mondo a Calabria.Live – se ne innamora e vuole conoscerla sempre di più: tra paesaggi, cultura, mare, montagna, parchi naturali, archeologia e, persino, preistoria. C’è un mondo ancora da valorizzare e offrire al futuro visitatore, una ricchezza infruttifera, fino ad oggi, utilizzata a malapena al 5% delle sue potenzialità.

Dunque non ci possono essere più pretestuosi rinvii, ma va ideato e realizzato un rigoroso piano di marketing territoriale e culturale di altissimo livello, con le migliori teste pensanti, i migliori testimonial, gli influencer, i professionisti della comunicazione, perché c’è moltissima materia prima, grezza, da trasformare in diamanti.

Certo, non vanno sottovalutati gli errori e gli imperdonabili ritardi nel mettere insieme un progetto degno di questo nome per la celebrazione del Cinquantenario: un’occasione unica per cogliere un’opportunità fino ad oggi trascurata o, peggio, mai presa in seria considerazione. Il convegno di ieri servirà come linea di demarcazione rispetto al non fatto del passato, per costruire intorno ai Bronzi un attrattore culturale “italiano”. 

Le molte iniziative illustrate per grandi linee nella nuova bella Aula dei gruppi parlamentari di Montecitorio danno l’indicazione precisa della volontà di una svolta. Dimentichiamoci il passato, pensiamo al presente e al futuro: il cinquantenario sia semplicemente il pretesto per un percorso di cultura che non si esaurisce il 16 agosto (giorno del ritrovamento nelle acque di Riace), ma diventi leit-motiv per una campagna infinita di marketing turistico per gli anni a venire. Insomma, il ritrovamento si festeggi ogni anno, ogni giorno, perché abbiamo, in casa – e in Italia – due testimonial unici, che qualcuno scioccamente pensava di mandare in giro per il mondo, che marcano il territorio di quella che fu la Magna Grecia, la culla della civiltà per tutto il mondo. 

Siano protagonisti di questo ritorno al classico, di questa esigenza di bellezza che il nostro Paese esprime da Nord a Sud, con le sue ineguagliabili ricchezze artistiche e naturali, e diventino i Bronzi il volano di una crescita di tutto il Mezzogiorno nell’unica industria compatibile con la Calabria: quella del turismo, della vacanza esperienziale, mistica e di fede, di mare, montagna, di natura, tra spiagge incontaminate (?) e montagne innevate, sempre con la presenza  e di un fortissimo senso di accoglienza che è racchiuso nel DNA di ciascun calabrese. 

L’ospitalità è un istinto naturale per chi è nato al Sud,  ma diventa primordiale per i calabresi: ce l’hanno nel sangue. Ma, naturalmente, non basta il senso di accoglienza e la calda ospitalità: servono strutture, infrastrutture (Franceschini, con grande onestà intellettuale ha parlato della necessità del Ponte sullo Stretto insieme con le altre infrastrutture da realizzare nel Sud), organizzazione del territorio e piani di mobilità in grado di rispondere alle esigenze di chi, nel suo viaggio in Italia, vorrà scoprire i Bronzi e la straordinarietà di un territorio che promana cultura da ogni angolo. 

Non è la scoperta dell’acqua calda, ma la capacità di ammettere quella mancanza di visione che fino ad oggi è stata sovrana in questa terra bellissima e trascurata. Adesso c’è il presupposto per collegare – culturalmente e turisticamente parlando – il Nord e il Sud. Il divario, una volta tanto, non è protagonista, anzi i Bronzi – lo ribadiamo – sono l’occasione per una nuova efficace campagna di attrazione rivolta al mondo. La bellezza salverà il nostro Paese? Be’, sicuramente aiuterà a sensibilizzare e orientare le scelte del turismo, non quello mordi e fuggi (che non va comunque demonizzato) che pianifica itinerari e partenze e vuole guardare, scoprire, osservare da vicino Capri, Portofino, San Pietro e il Colosseo e non potrà ripartire dall’Italia – come ha sottolineato convinto il ministro Franceschini – senza avere visto anche i Bronzi. (s)

Corrado (M5S): I musei di Crotone e Vibo sono stati trascurati dal Mibact

Interrogazione della sen. Margherita Corrado (M5S) al ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini sulla cattiva gestione dei musei di crotone e Vibo, visibilmente trascurati nei mesi estivi dal Mibact.

«Crotone e Vibo Valentia – scrive la sen. Corrado – sono state specialmente penalizzate, durante l’estate 2020, quanto ad accessibilità dei rispettivi musei archeologici statali e servizi offerti ai visitatori (nonostante l’encomiabile impegno del personale superstite), scoraggiati anziché invogliati/assecondati nel loro desiderio di goderne. L’interrogazione al ministro Franceschini al Senato si propone, perciò, di vedere chiarite ufficialmente le ragioni di quanto accaduto, nella convinzione che alcune responsabilità non siano imputabili alla pandemia – capro espiatorio abusato – ma ad una comprovata incapacità gestionale».

Dice la Corrado: «Su 17 “luoghi della cultura” calabresi in capo alla Direzione regionale Musei (ex Polo museale della Calabria), ben 12 sono infatti i musei archeologici e se la città pitagorica ne conta due, distribuiti tra l’area urbana e Capo Colonna, mentre a Vibo ne spetta uno (lo splendido “Vito Capialbi” ospitato nel castello federiciano che domina la cittadina tirrenica), significa che i capoluoghi delle due province calabresi ‘minori’ concentrano un quarto degli istituti di quel tipo nell’intera regione. Se aggiungiamo la fortezza di Le Castella nel Marchesato e il Museo diocesano di Mileto nel Vibonese, saliamo a 5 “luoghi della cultura” riconosciuti dal MiBACT su 17 totali.

«Nonostante il dato numerico complessivo non irrilevante, i tre musei archeologici hanno risentito delle difficoltà di riapertura dopo il lockdown ben oltre il lecito: Capo Colonna non ha ancora riaperto ed è stata spogliata di parte del personale ministeriale assegnatole, mentre Crotone-città e Vibo hanno stentato non poco a riavviarsi e tuttora funzionano molto sotto tono, benché gran parte delle loro criticità, oggettive, risalga più indietro del 4 marzo 2020. Tale problematica non è di sapore prettamente locale, come potrebbe sembrare, ma emblematica della condizione di abbandono in cui versano gli istituti del MiBACT non dotati di autonomia speciale, cioè, per restare ai musei statali, la larghissima maggioranza dei 560 totali.

«A Dario Franceschini, da sempre vigile e solerte quando si tratta di affrontare e risolvere le problematiche degli uffici/istituti ministeriali calabresi, si chiede innanzi tutto: “se non ravvisi nella perdurante chiusura del Museo di Capo Colonna, e di quello soltanto in tutta la Calabria, gli estremi di una immotivata interruzione di pubblico servizio della quale la Direzione generale Musei dovrebbe seriamente chiedere conto ai direttori regionale e locale, fino a valutare l’ipotesi di un’avocazione dei due Istituti da parte del neo-dirigente generale, prof. Massimo Osanna, come già richiesto pubblicamente dall’interrogante”. E in secondo luogo: “se non ritenga di dover spendere ogni energia per far sì che nei musei statali di tutto il territorio nazionale tornino al più presto ad essere garantiti i livelli minimi di servizio assicurati ai visitatori dalla specifica Carta dei servizi, anche in considerazione dell’aporia tra situazioni come quella calabrese qui descritta e gli impegni finanziari assunti dal Ministro verso i musei non statali (50 milioni), per consentire loro di superare indenni la difficile stagione, e persino nei confronti degli operatori coinvolti in mostre annullate o rinviate a causa del Covid 19”». (rp)

Piccoli sussulti sul Ponte e lo Stretto strategico.
I partiti del «No» mostrano di volerci ripensare

È bastato un piccolo accenno nell’intervista di ieri del ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini sul Corriere della Sera e si sono riaccesi subito le lampadine nelle teste pensanti dei partiti che avevano opposto un irrinunciabile «No» al progetto del Ponte sullo Stretto. Nell’intervista a Monica Guerzoni, ieri Franceschini aveva parlato di alta velocità e piano per i borghi, quali mosse per il turismo al Sud e quando la giornalista gli ha fatto notare che «le strade del Sud sono lastricate di belle promesse», il ministro ha ribattuto con le sue tre priorità: il fondo strategico per il turismo, previsto nel decreto Rilancio, un piano di recupero e rilancio dei borghi, e infine, la più importante, le infrastrutture. «Io penso – ha dichiarato Franceschini – a un grande investimento sulla mobilità. Non è possibile e giusto che l’alta velocità si fermi a Salerno. Sulla traccia di quello che la ministra De Micheli ha iniziato a fare, ora che le risorse ci sono bisogna avere il coraggio di immaginare due grandi scelte. Da un lato l’alta velocità che arriva in Sicilia, fino a Catania e Palermo… – la giornalista lo ferma con una domanda: “Il suo progetto prevede il Ponte?” –  Beh – replica Franceschini –, i treni ad alta velocità dovranno pur attraversare lo Stretto. Ma andranno visti costi e benefici di tutte le soluzioni alternative».

Fin qui il ministro. Anche Matteo Renzi, nel suo nuovo libro La mossa del cavallo è tornato a parlare del ponte non più in senso negativo: «Per vincere la sfida della povertà serve più il ponte sullo Stretto che il reddito di emergenza» – ha scritto l’ex premier. Nel 2012 quando era sindaco di Firenze Renzi si era opposto alla realizzazione del Ponte: “otto miliardi? meglio darli alle scuole per renderle più moderne e sicure”, poi cambiare di nuovo opinione da presidente del Consiglio “il Ponte utile per tornare ad avere una Sicilia più vicina e raggiungibile e per togliere la Calabria dall’isolamento”, scontrandosi però con buona parte del centrosinistra che si dichiarava contrario all’opera. A sostegno del progetto, ora, il suo capogruppo alla Camera Ettore Rosato (Italia Viva) ha parlato del Ponte come di un’opera «che in altri Paesi sarebbe stata già realizzata. Abbiamo la necessità di rendere le imprese del Sud competitive, per questo l’opera va pensata insieme al riammodernamento della rete viaria e ferroviaria. Crescita economica è riformismo, riformismo è coraggio. Ci vuole il coraggio delle scelte politiche». C’è quindi un nuovo atteggiamento, quasi un ripensamento da parte del centrosinistra e dei partiti che hanno osteggiato a spada tratta qualsiasi ipotesi di collegamento fisso tra Calabria e Sicilia. Certo, sono piccoli sussulti, non è il “terremoto” che servirebbe a rivoluzionare tutti i progetti strategici intorno all’area dello Stretto, ma è significativo questo mutamento nell’atteggiamento intransigente di chi aveva detto risolutivamente «No». Le grandi risorse da destinare alle infrastrutture del Sud sono decisamente un’opportunità che Governo e partiti non dovrebbero lasciarsi scappare e in tale contesto il progetto del Ponte è il presupposto per lasciare immaginare un cambiamento di strategia.

La presidente Jole Santelli ha dichiarato di star seguendo «con grande attenzione il dibattito nazionale sulla eventuale realizzazione del Ponte sullo Stretto. La mia posizione non è mai cambiata nel corso degli anni: sono favorevole alla costruzione di una straordinaria infrastruttura pubblica, che – oltre a dimostrare al mondo le grandi capacità progettuali e ingegneristiche del nostro Paese e a collegare, finalmente in modo efficiente, la Calabria e la Sicilia – avrebbe il merito di ridare fiato all’economia nazionale in un momento di grave crisi e di creare migliaia di nuovi posti di lavoro. La domanda che tutti dobbiamo porci non è se realizzare o meno il Ponte sullo Stretto, ma questa: se non ora, quando?»

Mostra soddisfazione e contentezza il sen. Marco Siclari (FI): «Dopo che è stata completata la Salerno Reggio Calabria, – ha detto – che sono iniziati i lavori del macro lotto della SS 106, manca la più importante opera strategica per il rilancio del Sud: il Ponte sullo Stretto. Oggi, per la prima volta nella storia, abbiamo oltre al centrodestra, importanti esponenti della maggioranza di Governo che, negli ultimi giorni, si sono dichiarati favorevoli: sia il Ministro Franceschini che Matteo Renzi così come i sindaci delle due sponde interessate al progetto ed i governatori delle due regioni Calabria e Sicilia. Si tratta di un’occasione politica storica che non può essere persa soprattutto in vista dei fondi europei».

Siclari ha evidenziato come «L’opera strategica, pensata dal centrodestra, serve a collegare il Mediterraneo e le regioni del Sud Italia, con l’Europa e può rappresentare un volano economico di sviluppo, del territorio e del turismo, per tutto il Sud oltre all’indotto che si crea in tutte le aree interessate per la sua realizzazione ed il grande potenziale occupazionale che serve ai cittadini del sud. Per queste ragioni il DL Rilancio deve prevedere, anche, il Ponte sullo Stretto perché con esso nascerà anche l’alta capacità ferroviaria che collegherà tutti i porti della Sicilia, della Calabria, della Campania e della Puglia ecc. con il resto dell’Europa. Anche il Porto di Gioia Tauro potrà sviluppare tutto il suo enorme potenziale che oggi, nonostante gli sforzi, non può utilizzare. Sono convinto che per rilanciare il Paese, soprattuto in una fase di profonda crisi occupazionale ed economica è necessaria una visione strategica unitaria a prescinderete dai colori politici». (s)