ARDUO ABBATTERE GLI ABUSI IN CALABRIA
ESEGUITO MENO DEL 10% DI DEMOLIZIONI

In Calabria si fa fatica a demolire le costruzioni abusive. Lo dice il terzo report di Legambiente “Abbatti l’abuso” che analizza l’abusivismo edilizio nelle regioni a rischio. In Calabria, Campania, Lazio, Puglia e Sicilia si fa fatica a demolire: dal 2004 a dicembre 2022 il numero delle demolizioni eseguite è stato solo del 15,3%; in Calabria il dato è di appena il 9,6%.

«Il nuovo rapporto di Legambiente sull’abusivismo edilizio evidenzia, purtroppo, la gravità della situazione – afferma Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria. La nostra regione è, in maniera persistente, in fondo alle classifiche negative a partire dai dati sulla trasparenza sino al numero di ordinanze di demolizione eseguite sul totale di quelle emesse nel corso degli anni, appena il 9,6% nell’arco di quasi un ventennio, ed al numero di immobili acquisiti al patrimonio dei comuni, pari all’1,2%. Un quadro molto preoccupante perché in Calabria l’abusivismo edilizio deturpa troppo spesso e da troppo tempo luoghi di grandissima bellezza sia sulle coste che nell’entroterra, interessa anche territori a rischio idrogeologico e sismico e pesa come un macigno sul futuro della Calabria. L’Amministrazione regionale ha iniziato a dare primi i rilevanti segnali come l’annunciata demolizione, a breve, di Palazzo Mangeruca. La direzione giusta, quanto doverosa, è quella della   tutela dell’ambiente e della salvaguardia dell’incolumità di persone ed attività economiche, percorribile solo con il ripristino della legalità e con l’abbattimento degli immobili non sanabili».

In Italia l’abusivismo edilizio, concentrato soprattutto al sud e lungo le coste, resta una piaga difficile da curare. A fronte di un territorio sfregiato dal cemento illegale che non conosce crisi, nella Penisola si fa fatica a demolire mentre cresce il numero delle ordinanze. Dal 2004 a dicembre 2022 nelle regioni più a rischio – Calabria, Campania, Lazio, Puglia e Sicilia – il numero delle demolizioni eseguite è stato del 15,3% dei 70.751 immobili abusivi per i quali è stato stabilito l’abbattimento da parte dei 485 Comuni che hanno risposto in maniera completa al monitoraggio civico promosso da Legambiente, pari al 24,5% del campione totale.

In Calabria il dato è ancora più basso: soltanto il 9,6% delle ordinanze di demolizione è stato eseguito.  La provincia calabrese con il maggior numero di ordinanze di demolizione eseguite è Cosenza (361) pari al 9,2% delle ordinanze emesse (3.907), Vibo Valentia ha la maggiore percentuale di ordinanze di demolizione eseguite (195) su quelle emesse (1.051) pari al 18.6%, seguono Reggio Calabria e Catanzaro mentre Crotone non ha fornito nessuna risposta completa.

In Calabria sono state emesse 6.197 ordinanze di demolizione con una media di 1 ordinanza ogni 297,1 cittadini. Nelle cinque regioni considerate, sommando anche le risposte parziali, il numero totale delle ordinanze emesse si attesta a 83.430. Rilevante l’incidenza del mattone illegale nei comuni costieri dove si arriva ad una media di 395,9 ordinanze di demolizione a Comune, cinque volte quella relativa ai Comuni dell’entroterra.

A scattare la fotografia, si diceva, è il III Report di Legambiente sull’abusivismo edilizio, presentato a Roma, che fa il punto sulle cinque regioni più esposte all’invasione del mattone illegale: le quattro a tradizionale presenza mafiosa e il Lazio, che figurano stabilmente nelle prime posizioni della classifica sull’illegalità ambientale stilata ogni anno nel Rapporto Ecomafia. Quattro gli indicatori presi in considerazione dall’associazione ambientalista per il suo monitoraggio civico: trasparenza, ordinanze di demolizione e abbattimenti eseguiti, trascrizioni immobiliari nel patrimonio comunale, trasmissione alle prefetture delle ordinanze di demolizione non eseguite.

Per quanto riguarda la Trasparenza, la regione più virtuosa, relativamente al tasso di risposta, è la Sicilia: con 154 comuni su 391 che hanno risposto in modo esaustivo, sfiora il 40% (39,4%) del totale. La Calabria, invece, è ultima con il 13,4%. La provincia più “trasparente” è quella di Trapani, con il 52% dei Comuni che hanno risposto. La peggiore quella di Crotone, con nessuna risposta.

Ordinanze di demolizione e abbattimenti eseguiti: dai Comuni lungo la costa sono state emesse 43.278 ordinanze (corrispondenti al 61% del totale) ed eseguite 6.731 (62,2% del totale). Nei Comuni dell’entroterra, quelle emesse sono state 27.473 (39,1% del totale) e quelle eseguite 4.077 (pari al 38% del totale). La regione con il maggior numero di ordinanze emesse è la Campania (23.635), quella con il migliore rapporto tra ordinanze emesse e quelle eseguite è la Sicilia, con il 19,2%, seguita da Lazio 17,2%, Campania 13,1% e Puglia 10,2%. In fondo alla classifica figura la Calabria, con il 9,6%.  La provincia con il migliore rapporto tra ordinanze emesse ed eseguite dai Comuni del suo territorio è quella di Rieti (41,8%), la peggiore è quella di Catanzaro, con appena il 2,7% di abbattimenti eseguiti. Tra i comuni capoluogo tra i peggiori spicca ancora Catanzaro (0,7%).

Trascrizione degli immobili abusivi nel patrimonio del Comune: il numero è basso se non addirittura inesistente. La media nelle cinque regioni è del 5,6%. Solo la Sicilia fa un po’ meglio, con il 12,5%. La Calabria registra nel complesso 75 immobili abusivi trascritti al patrimonio immobiliare, appena l’1,2 %. Per quanto riguarda le città capoluogo, la prima è Catanzaro, con il 9,7%, Roma supera di poco il 5%, le altre sono a zero. Trasmissione delle pratiche di demolizione non eseguite da parte dei Comuni ai prefetti competenti per territorio: solo il 2,1% delle ordinanze emesse è stato inviato in base all’art.10bis della legge 120/2020 ai prefetti. In Calabria il dato scende all’1,4%. Limitando l’analisi ai soli Comuni costieri, nelle cinque regioni, con solo 617 ordinanze trasmesse il dato percentuale scende all’1,4%.

«L’abusivismo edilizio – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – è un’autentica piaga che tiene in ostaggio il territorio, la legalità e lo sviluppo del nostro Paese ormai da molti decenni. Parliamo di un fenomeno che, anche negli ultimi anni, nonostante la crisi edilizia e quella pandemica, si mantiene su livelli preoccupanti, addirittura in crescita nel 2022 come valori assoluti. Il Governo Meloni invece di annunciare nuovi possibili condoni, potenzi l’attività di demolizione delle case abusive e dia più ruoli e responsabilità ai prefetti. Da anni, Legambiente sostiene la necessità di non procrastinare un intervento nazionale e risolutivo».

Secondo Laura Biffi, coordinatrice dell’Osservatorio nazionale Ambiente e legalità di Legambiente, «A frenare il processo di risanamento delle aree massacrate da decenni di anarchia urbanistica e illegalità  è quella politica, locale e nazionale, che, a dispetto della consapevolezza maturata tra i cittadini, rimane ostaggio di interessi a breve e brevissimo termine. Tra tentativi di condono, più o meno espliciti, proclami a favore di un falso “abusivismo di necessità” e disinteresse al tema, si continua – nei fatti – ad avallare il “mattone illegale”. Nell’ultimo rapporto sul BES dell’Istat, realizzato in collaborazione con il Cresme, l’abusivismo edilizio è stimato in crescita del 9,1%. E la situazione nelle regioni del Sud viene definita come “insostenibile”, con 42,1 abitazioni costruite illegalmente ogni 100 realizzate nel rispetto delle regole”.

Legambiente rilancia sei proposte al Governo Meloni chiedendo in primis più ruolo e responsabilità ai prefetti, restituendo il senso originario all’art.10bis della Legge 120/2020, se necessario, anche con un nuovo intervento legislativo. La norma era stata approvata dal Parlamento per fare fronte alle mancate demolizioni da parte dei Comuni degli abusi non sanabili nonostante tre condoni edilizi, l’ultimo nel 2003, con un’assunzione dell’onere da parte dello Stato. Pochi mesi dopo l’entrata in vigore della norma, un’improvvida circolare del ministero dell’Interno, ne ha di fatto bloccato l’applicazione, restringendola solo agli abusi edilizi accertati dopo l’entrata in vigore della legge e “salvando” così decine di migliaia di manufatti illegali.

Tra le altre azioni da mettere in campo Legambiente chiede di lavorare su: 2) Danno erariale. Il ruolo della Corte dei conti è decisivo, per verificare, quantificare e imputare in maniera sistematica l’eventuale danno erariale causato dalle mancate entrate nelle casse comunali del corrispettivo economico dovuto per l’occupazione da parte degli abusivi di immobili non demoliti e diventati di proprietà comunale. 3) Prescrizione e demolizione. Per quanto riguarda le demolizioni per via giudiziaria, alla base degli interventi deve essere posta la sentenza che accerta il reato e non, invece, quella di condanna del reo. 4) Ricorsi al Tar. È necessario prevedere lo stop all’iter di demolizione solo in presenza di un provvedimento di sospensione da parte di un tribunale, altrimenti non c’è motivo per bloccare le procedure. 5) Chiusura delle pratiche inevase di condono. Legambiente propone di istituire un fondo di rotazione con uno stanziamento pari a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2026. 6) Emersione degli immobili non accatastati. L’Agenzia delle entrate rende disponibili le informazioni relative ai fabbricati non accatastati acquisite sulla base delle immagini aeree e delle verifiche di cui al DL 78/2010, ai ministeri dell’Ambiente e Sicurezza energetica, delle Infrastrutture, ai Comuni e ai Prefetti per la verifica della regolarità edilizia e non solo fiscale. (rrm)