«Io non rischio»: i consigli dell’ing. Giulia Fresca per difendersi nelle emergenze

La campagna della Protezione civile calabrese “Io non rischio”, giunta alla sua decima edizione, vuole sensibilizzare i cittadini sulle buone pratiche in caso di emergenza. Al motto “Distanti fisicamente, vicini socialmente” la campagna si present quest’anno in una veste inedita, a causa delle regole imposte dall’emergenza covid. Le Piazze saranno infatti realizzate in modalità digitale, con la possibilità di raggiungere un elevato numero di cittadini e divenendo un luogo permanente di conoscenza dei comportamenti da adottare prima, durante e dopo un terremoto o un’alluvione.

L’ing. Giulia Fresca, in un video, illustra perché è importante essere pronti e preparati all’emergenza, evitando i rischi.

https://business.facebook.com/watch/?v=828427721299745

 

All’ing. Giulia Fresca il prestigioso “International Scientist Award”

Prestigioso riconoscimento all’ing. calabro-lucana Giulia Fresca, che è la prima personalità europea a ricevere l’International Scientist Award on Engineering, Science and Medicine per la Ricerca, dell’organizzazione indiana Vidgood Professional Association.

La notizia del conferimento del premio Inspirational Scientist, la cui cerimonia di consegna si svolgerà il prossimo 26 e 27 settembre a Hyderabad in India, giunta via e-mail, è stata rafforzata dalle parole con le quali l’organizzazione Vdgood, si è detta «orgogliosa di annunciare il suo nome come vincitore nella categoria Ricerca ed è nostro obbligo – continua la motivazione – riconoscere il suo contributo all’elevazione della vita dell’uomo comune».

Premiata nel mese di novembre 2019 con la medaglia al merito del Senato della Repubblica per volere della presidente Maria Elisabetta Alberti Casellati, l’ingegnere Giulia Fresca è anche riconosciuta e apprezzata giornalista, accademica e critico d’arte.

Europrogettista esperta in innovazione e trasferimento tecnologico nel settore dell’energia, Giulia Fresca, che annovera un curriculum ineguagliabile, ha così commentato: «i miei 25 anni di attività, attraverso questo Premio che mi onoro di ricevere, sono coronati dal Riconoscimento della Missione che ho inteso svolgere con il mio lavoro: porre l’Ingegneria, e le Innovazioni che con essa si possono ottenere, al servizio della Comunità, mettendo sempre come priorità i bisogni delle persone».

«Il nostro mondo – ha continuato Giulia Fresca – sta attraversando un periodo rivoluzionario nella creazione e diffusione di nuove conoscenze ed innovazioni in molte discipline. Allo stesso tempo gli esseri umani sono in viaggio verso il raggiungimento dell’autorealizzazione, che si riferisce alla realizzazione finale del proprio potenziale. I livelli, senza precedenti, di scoperta e innovazione, che sono i tratti distintivi degli ultimi decenni, stanno dando vita a modi di confrontarsi completamente nuovi che, a loro volta, stanno stimolando ulteriori progressi, nuove opportunità, nuove intuizioni e fungono da forza continua per il progresso”».

«Sono veramente sorpresa e grata – ha aggiunto – alla organizzazione Vdgood Professional Association che opera nella ricerca di Nuove Innovazioni, capaci di rendere la vita più facile in tutti gli aspetti. L’Innovazione è il processo di creazione ed implementazione di una nuova idea, ma è soprattutto il processo di prendere grandi idee e convertirle in prodotti utili per la vita generale».

«Queste idee utili – ha concluso Giulia Fresca – sono il risultato della creatività, che è il prerequisito per l’innovazione ed io sono orgogliosa di questo riconoscimento che mi unisce, prima europea ed italiana, ad una Comunità di scienziati di altissimo livello di India, Cina, Malesia, Egitto, Etiopia, Bangladesh, Botswana, Turchia e Stati Uniti con i quali condivido il pensiero che l’istruzione è la chiave per aprire la porta d’oro della libertà». (rrm)

La montagna calabrese e le aree sacre, un riuscito convegno a Camigliatello Silano

15 ottobre – Un bel tema, “Il sacro e la montagna calabrese” per parlare delle tracce monastiche tra Pollino, la SIla, le Serre e l’Aspromonte, un tema che ha appassionato i tanti presenti, studiosi, appassionati e semplici curiosi. A Torre Camigliati di Camigliatello SIlano il convegno organizzato dal Circolo di Studi Storici “Le Calabrie”, presieduto da Marilisa Morrone, ha confermato le attese e le aspettative: di montagna si può e si deve parlare, tanto da far diventare questo un appuntamento annuale.
Un’intera giornata dedicato allo studio degli insediamenti di monasteri e luoghi di culto nelle zone montuose della Calabria, fin dagli albori del cristianesimo: «I più importati rilievi calabresi, – ha detto la presidente Morrone – hanno registrato, sin dal medioevo grandi figure di monaci e Santi, importanti monasteri e venerati santuari meta di pellegrinaggi ancora oggi: S. Nilo, Gioacchino da Fiore, S. Brunone da Colonia, S. Nicodemo di Mammola, S. Leo di Africo, S. Fantino il Cavallaro; luoghi come l’abbazia Florense, la Certosa di Serra, il Convento domenicano di Soriano, l’abbazia di S. Nicodemo e il santuario di Polsi, il Santuario delle Armi, il Patirion, ne sono i più celebri».
La vetta di un monte costringe ad alzare lo sguardo. È come un indice puntato verso il cielo, è il rimando allo Zenit e quindi alla luce, all’inaccessibilità, alla trascendenza rispetto all’orizzonte in cui  siamo immersi quotidianamente. Il monte con la sua cima, che sembra perforare il cielo, ricalca la posizione eretta dell’uomo che si è alzato dalla brutalità della terra. È una sorta di simbolo della vittoria sulla forza di gravità ed in tutte le culture si ritrova, nel profilo verticale della montagna, un’immagine della tensione verso l’oltre e l’altro rispetto al limite terrestre, ed in tutte le religioni, un segno dell’Oltre e dell’Altro divino.
A fare gli onori di casa è stata Mirella Stampa Barracco. Tra gli ospiti anche la sen. Margherita Corrado. A condurre i partecipanti del convegno alla scoperta del sacro nelle montagne calabresi sono state le relazioni ad iniziare dal docente Unical, Pietro Dalena, che, partendo dalla lettera di S. Bruno a Rodolfo il Verde, prevosto di Reims, ha delineato le motivazioni della scelta della montagna quale sede preferita dai religiosi del Medioevo. «Bellezza del paesaggio, pace, tranquillità, vicinanza al Cielo, solitudine. È così che le balze delle montagne calabresi pullulano di asceteri e laure; Gioacchino da Fiore, sulle orme del monachesimo italo-greco, si ritira nella profonda Silva Sila, S. Bruno alle sorgenti dell’Ancinale, S. Nilo nelle terrazze della Sila Greca. Sono sempre le montagne calabresi la meta preferita da monaci in fuga dall’oriente o dalla Sicilia conquistata dagli Arabi, come S. Vitale di Castronuovo che, dopo aver attraversato tutta la Regione, si insedia a Nord, nella zona dell’attuale S. Demetrio Corone».
La relazione di Enzo D’Agostino, Deputato di Storia Patria per la Calabria e storico della Chiesa, ha posto l’attenzione sull’occupazione monastica del versante jonico dell’Aspromonte nel medioevo che trova il momento clou nell’arrivo dei monaci greci dalla Sicilia verso la valle delle Saline, «Particolarmente significativo – ha detto D’Agostino – fu l’arrivo dei religiosi del monastero di S. Filippo di Agira  fondatori di ben tre monasteri in provincia di Reggio. Si possono definire tre zone monastiche greche nel versante jonico dell’Aspromonte: la vallata del Torbido, la zona di Gerace e la vallata del Bonamico dove domina nel cuore dell’Aspromonte, il grande Santuario della Madonna della Montagna di Polsi, sovrappostosi ad un antico monastero di Popsi, già menzionato nel XIII sec.»

La relazione dell’archeologo Francesco Cuteri ha coinvolto con i racconti di eremiti e monaci nelle serre calabre «L’essenza della vita certosina, oltre le prove e le tentazioni sulle quali san Bruno si sofferma poco, le descrive in un passo famoso che paragona la montagna al deserto, dove gli uomini coraggiosi possono rientrare in se stessi quanto vogliono e dimorare nel loro cuore, coltivare intensamente i germi delle virtù e gustare con gioia i frutti del paradiso. La montagna – ha detto Cuteri – conserva le tracce storiche della fede delle popolazioni che hanno vissuto i diversi territori. Tracce ancora incontaminate e da scoprire». Per finire, il docente Unical, Mario Panarello si è soffermato sulle opere d’arte commissionate dai diversi monasteri nel tempo, e che rappresentano patrimonio ancora in gran parte sconosciuto e da valorizzare.
Al termine del convegno, un ampio e stimolante dibattito ha registrato gli interventi di Padre Bruno Macrì, Filippo Racco, Giacinto Marra, Luigi Morrone, Antonio Macchione, Vincenzo Naymo, Riccardo Allevato, Salvatore Spagnolo, Giulia Fresca, Salvatore Zurzolo e Maria Gabriella Morrone, presidente del Club per l’UNESCO di S. Giovanni in Fiore.
«Dopo la positiva esperienza dello scorso anno, quando si tenne nella stessa sede un incontro di studi sul tema “La Sila: usi, paesaggi, risorse” – ha spiegato Marilisa Morrone, presidente del Circolo di Studi Storici “Le Calabrie” – l’assemblea, su proposta del socio cultore arch. Pasquale Lopetrone, ha deliberato che l’evento di Torre Camigliati divenisse appuntamento annuale». Il prossimo appuntamento a Torre Camigliati sarà nel mese di settembre 2019 mentre continuano le giornate di incontro e studio del Circolo “Le Calabrie” come quella che si svolgerà il prossimo 28 ottobre nel borgo di Gallicianò.  Da segnalare anche l’uscita del numero 11 della rivista “Studi Calabresi. Storia Arte Archeologia”. (rcs)