FUSIONE DI COMUNI, IN CALABRIA I DUBBI
CHE LA LEGGE DEL RIO NON SA SCIOGLIERE

di GIOVANNI LENTINI e DOMENICO MAZZA – Ad oggi per orientarsi ed affrontare la tematica delle unioni e delle fusioni di Comuni la chiave di volta resta la legge 56 del 2014, la cosiddetta “Del Rio”. Fatta quest’affermazione, in parte chiarificatrice, e senza entrare nel merito, almeno momentaneamente, sulle eventuali unioni e fusioni che potrebbero interessare i Comuni della Calabria, accentriamo la nostra attenzione su quello, invece, appare un tema propedeutico a tale discussione: le Zone omogenee territoriali (Zot).

Strutture amministrative, quelle su richiamate, che non essendo presenti nello Statuto della regione Calabria, andrebbero individuate ed, eventualmente, istituite. Il tutto, tenendo conto delle caratteristiche geografiche, storiche, culturali, sociali ed economiche, ma anche della natura dei luoghi, del patrimonio, delle infrastrutture e dei servizi esistenti. Esplicitando, per ogni Zot, le principali vocazioni e gli obiettivi strategici che le caratterizzano. Determinando e promuovendo, con incontri sul territorio, le attività della Regione sulla cultura dell’e-government e della gestione associata dei servizi comunali. Tenendo presente che, per quegli ambiti ove siano presenti Comunità Montane o organismi consultivi territoriali già istituiti dai Comuni, sarebbe opportuno che le aree coincidessero con le medesime perimetrazioni.

Le Zot si prefiggono l’obiettivo di favorire l’attuazione di processi aggregativi per quei Comuni rimasti orfani di punti di riferimento nei servizi. Semplificando e rendendo più efficienti, al contempo, i rapporti amministrativi fra gli Enti. Vieppiù, ottimizzando le risorse umane e finanziarie. Quindi, svolgendo funzioni propositive e di coordinamento in ordine a questioni d’interesse generale attinenti la programmazione e la pianificazione del territorio di propria competenza. Avvalendosi, infine, di strumenti di consultazione e interlocuzione con gli organi provinciali ed interprovinciali, con particolare riguardo alla programmazione strategica, allo sviluppo economico, alle infrastrutture, ai servizi d’Area Vasta, ai progetti di rilevanza regionale e comunitaria.

Su questa scia, regioni come il Veneto e la Lombardia si sono già attrezzate. Per tempo, infatti, si sono prodigate ad istituire i menzionati organismi amministrativi. Col fine ultimo di promuovere ogni processo di governance dei territori, senza snaturarne peculiarità ed interessi.

La Calabria — proprio per la sua disomogeneità fra contesti d’ambito — per agevolare processi d’amalgama tra aree ad interesse comune, dovrebbe valutare un approccio interprovinciale nella creazione delle Zot.

La nostra idea — quella che ci permettiamo di suggerire agli organi competenti in materia — invita a spingersi oltre i semplistici steccati amministrativi oggi esistenti. Individua e classifica, pertanto, i territori per vocazioni, affinità, economie fra loro complementari e legate da rapporti di sussidiarietà. Attraverso la pianificazione delle Zot, quindi, si potrebbero generare forti sinergie volte alla valorizzazione e allo sviluppo dei contesti individuati per progettare e pianificare — in maniera ottimale — unioni, fusioni e conurbazioni di Comuni.

E — partendo dai 10 contesti urbani regionali (Castrovillari, Catanzaro, Corigliano-Rossano, Cosenza/Rende/Montalto, Crotone, Gioia/Palmi/Rosarno, Lamezia T, Locri/Siderno, Reggio Calabria/Villa S.G., Vibo V.) — immaginiamo quattro Ambiti Ottimali a loro volta sintesi di più Zot collegate: Stretto/Piana/Locride, Serre/Istmo, Valle Crati/Area Tirrenica/Pollino interno, Crotonese/Sibaritide. Quattro vaste ripartizioni territoriali, pertanto, a loro volta sommatoria di due o più affini Zot, caratterizzate da rapporti di conformità territoriale e condividenti le medesime economie.

Chiaramente, un disegno richiamante la descritta visione favorirebbe processi di unione, fusione, conurbazione e amalgama di scopo fra centri contermini. Rilascerebbe, ancora, rinnovato appeal a pratiche spesso intrise di stantii ed obsoleti argomenti inneggianti sterili pennacchi e dannosi municipalismi. Costituirebbe, altresì, un banco di prova importante per avvicinare i contesti più periferici ai naturali fulcri di riferimento territoriale.

Riteniamo, in ragione di quanto descritto, che la Politica calabrese dovrebbe sfruttare opportunità già sondate in altri scenari regionali. Con la consapevolezza che cambiare gli attuali schemi di gestione amministrativa sia necessario a accelerare auspicati ed attesi processi di crescita.

In caso contrario, la Regione resterà sempre addentellata a sistemi di chiara matrice centralista. Gli stessi che, già, hanno rallentato ogni occasione di sviluppo e, inesorabilmente, chiuderanno qualunque possibilità di progresso sostenibile.

È necessario, in definitiva, approcciarsi verso un ritrovato e rinnovato protagonismo della Calabria che — assieme ed in condivisione con le altre Regioni meridionali — dovrà formare un blocco unico, compatto e scevro da campanilismi di sorta. Per essere interprete ed attrice protagonista, e non già controfigura, nel Paese e nel Continente. E, per non farsi trovare impreparata e non all’altezza delle sempre più complesse sfide e minacce che ci attenderanno nei prossimi decenni.

Per cambiare un paradigma che declina questa Regione come accodata e stanca alle motrici economiche internazionali, trasformandola in locomotore di progresso per l’Italia e l’Europa. (dm e gl)