Coldiretti: In Calabria si possono recuperare alla produzione di materie almeno 8mila ettari

Sono quasi 8mila gli ettari che possono essere recuperati utilizzati per coltivare mais e grano in Calabria. È la stima fatta da Coldiretti Calabria, spiegando che per «aumentare produzione e le rese dei terreni, occorre investire investire su bacini di accumulo delle acque piovane per combattere gli inevitabili periodi di siccità».

Per l’Associazione, poi «serve anche contrastare seriamente sia l’invasione della fauna selvatica che sta costringendo in molte zone interne all’abbandono nei terreni e sostenere la ricerca pubblica in particolare nelle nostre Università spingendo sull’innovazione tecnologica».

Coldiretti, poi, ha evidenziato come a causa dei rincari, «più di 1 azienda agricola su 10 è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività e circa 1/3 del totale si trova comunque costretta in questo momento a lavorare in una condizione di reddito negativo per effetto dell’aumento dei costi. I dati Istat, resi noti in questi giorni -sui prezzi alla produzione dell’industria – ha commentato Coldiretti – balzano del 32,8% a febbraio fortemente influenzati dai rincari dell’energia».

«Nelle campagne – ha proseguito la Coldiretti – si registrano aumenti dei costi che vanno dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi al +129% per il gasolio con incrementi dei costi correnti di oltre 15mila euro in media ma con punte, paradossalmente, ancora più elevate per le aziende strutturate. Ad essere più penalizzati con i maggiori incrementi percentuali dei costi correnti – continua la Coldiretti – sono proprio le coltivazioni di cereali, dal grano al mais, che sono indispensabili a causa dell’esplosione della spesa di gasolio, concimi e sementi e l’incertezza sui prezzi di vendita con le quotazioni in balia delle speculazioni di mercato».

«In difficoltà serre e vivai per la produzione di piante, fiori, ma anche verdura e ortaggi seguiti che registrano incrementi dei costi – ha rilevato la Coldiretti – che rischiano, di aumentare la dipendenza dall’estero per gli approvvigionamenti agroalimentari. Siamo costretti ad importare materie prime agricole – continua Coldiretti – a causa dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori che sono stati indotti a ridurre se non annullare la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni durante i quali è scomparso anche un campo di grano su cinque perché molte industrie per miopia hanno preferito continuare acquistare per anni in modo speculativo sul mercato mondiale, approfittando dei bassi prezzi degli ultimi decenni».

«La Coldiretti – ha concluso – insiste molto per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali». (rcz)

Assipan Cosenza: Con aumento costo delle materie prime panificatori in difficoltà

I panificatori di Assipan Cosenza parlano di seria crisi di tenuta dei conti delle imprese della panificazione. L’aumento dei costi delle materie prime, infatti, hanno avuto ricadute gravi sul mondo dei panificatori.

 La neo costituita Assipan provincia di Cosenza stima che oltre all’aumento registrato già tra settembre e ottobre scorsi, il prezzo delle farine di grano tenero è aumentato di un ulteriore 30%, quello delle farine di grano duro del 150%. Ma per valutare pienamente il quadro bisogna aggiungere gli aumenti per la produzione e per la distribuzione: +100% per il gas, +50% per l’energia elettrica, +50% per il carburante, +30% per zuccheri e grassi. Inoltre, le materie prime necessarie, ad esempio, a pezzi di ricambio per i macchinari sono arrivate ad aumentare anche del 300% e le plastiche per il confezionamento del 130%. Senza contare che la scarsità di risorse induce i fornitori a ridurre le garanzie sulle forniture nonostante contratti già siglati: dai 12 mesi garantiti, si è arrivati appena a 2 mesi.

Aumenti generalizzati che, sostengono i panificatori della provincia, non possono non avere ricadute sui prezzi di vendita al dettaglio del pane. Se così non fosse la sostenibilità economica delle nostre imprese sarebbe in serio rischio. (rcs)