MENDICINO (CS) – Gulìa Urbana e Comune presentano la seconda edizione di Musa

Ritorna a Mendicino, borgo di origini medioevali nella provincia di Cosenza, in Calabria, per il secondo anno consecutivo Gulìa Urbana, il progetto di arte urbana promosso dal collettivo Rublanum.

Dal sodalizio tra l’amministrazione comunale guidata dal sindaco Antonio Palermo e il collettivo, prosegue la costruzione di Musa – Museo Urbano della Seta all’Aperto, progetto espositivo open-air che dopo il successo e la partenza del primo anno, prosegue in questa seconda edizione la costruzione di un museo unico in Italia.

Un’idea vincente che ha portato centinaia di visitatori ad attraversare con occhi nuovi il borgo, scoprendo attraverso un linguaggio fortemente contemporaneo, una storia fatta di sapienza, manualità e amore verso un prodotto che è un vero e proprio simbolo del borgo delle serre cosentine.

Un incontro tra passato e presente per continuare a raccontare con occhi nuovi l’operosità di donne e uomini che hanno reso la seta calabrese un prodotto d’eccellenza mondiale.

Il progetto curato da Gulìa Urbana, e fortemente voluto dal Sindaco Palermo, prevede la realizzazione di sei opere di arte urbana e il coinvolgimento di street-artist di indiscussa fama internazionale: il portoghese Aheneah, il greco Taxis, lo spagnolo Slim Safont e dall’Italia: Attorrep e Morne.

In questa 2° edizione, oltre ai murales, saranno realizzate due installazioni site specific dell’artista portoghese Aheneah che incrementeranno il valore creativo del percorso artistico creato nel borgo di Mendicino (Cs).
Un vero e proprio contenitore di idee e di eventi che affronteranno tematiche sociali e di divulgazione, lavorando per educare i più piccoli al rispetto del bello e delle tradizioni.

Gulìa Urbana è il progetto ideato e sviluppato dal collettivo Rublanum. Oltre un decennio di attività che ne hanno fatto un punto di riferimento nell’arte urbana nazionale e internazionale. (rcs)

MENDICINO (CS) – “Match d’improvvisazione”: riflettori puntati sulla performance teatrale del progetto “Il giro del Mondo in 80 giorni”

Il sipario del Teatro comunale di Mendicino si è chiuso su una lezione aperta sul “Match d’improvvisazione” a cura degli attori Elisa Ianni Palarchio, Emilia Brandi e Mario Massaro per il percorso teatrale del progetto “Il giro del Mondo in 80 giorni”. Un’iniziativa promossa dall’associazione PartecipaAzione Ape in collaborazione con la compagnia teatrale Porta Cenere. Un percorso educativo di orientamento geografico e integrazione finanziato dall’Otto per Mille della Chiesa Valdese rivolto principalmente ai minori stranieri non accompagnati ospiti dei centri Sai (Sistema accoglienza integrazione) di Mendicino, Casali del Manco e Dipignano.

Il progetto “Il giro del Mondo in 80 giorni” è nato con l’intento di favorire negli adolescenti l’assunzione di consapevolezza dell’“io” come “individuo sociale”, attraverso opportunità educative efficaci e spazi di socializzazione, integrazione e condivisione.

L’avvocato Vittoria Paradiso, presidente dell’associazione PartecipaAzione, ha dichiarato che: «Questo progetto nasce dall’ennesima attività condotta insieme all’associazione Porta Cenere. Si tratta di un percorso di inclusione per minori stranieri non accompagnati nel territorio cosentino. Il fine è stimolare le occasioni di confronto e di conoscenza con i coetanei autoctoni. Il progetto si articola in tre percorsi: il percorso teatrale, il percorso di conoscenza del territorio e il percorso di cittadinanza attiva. Il percorso teatrale si è appena concluso con una performance finale, mentre le altre attività proseguiranno. Contiamo di portare a termine il progetto in estate o, eventualmente, a settembre».

Il direttore artistico della compagnia teatrale Porta Cenere, nonché attore, Mario Massaro, ha spiegato che: «In questi progetti, non è tanto importante come si arriva alla performance finale ma l’intero percorso che ha accompagnato questi ragazzi fino a qui. Si parte dalla conoscenza del sé e del rapporto del sé con gli altri per poi scoprire insieme quale impatto il teatro può avere nelle loro vite, il che si traduce in libertà, voglia di fare, impegnarsi nel ricoprire un ruolo o nel raggiungimento di un obiettivo. I ragazzi coinvolti nell’intero progetto sono tantissimi e provengono da tre centri Sai del territorio cosentino. Quelli coinvolti nel percorso teatrale sono stati una ventina, di cui otto sono stati impegnati al teatro comunale di Mendicino per dare un segnale di presenza e di cultura sul territorio».

Attraverso il percorso teatrale, i giovani hanno appreso l’arte della recitazione, partendo proprio dall’improvvisazione. Un formato di spettacolo amato nei teatri off, nei cabaret e in tv, in cui gli attori non seguono un copione, ma si affidano a stimoli e colpi di scena guidati dal regista. Non vi sono battute prestabilite o finali prevedibili. Lo spettacolo nasce sul palco di fronte agli occhi increduli e sorpresi del pubblico.

Sul palco, i ragazzi coinvolti nel percorso teatrale del progetto “Il giro del Mondo in 80 giorni” hanno utilizzato oggetti reali o inventati e, indossando un abbigliamento casuale, hanno costruito le scene davanti agli spettatori. Così il pubblico ha avuto l’opportunità di assistere dal vivo al processo creativo della drammaturgia scenica.

L’attrice Emilia Brandi ha evidenziato di aver: «insegnato ai ragazzi l’Abc del teatro, invitandoli a prestare attenzione agli altri e a ciò che gli sta intorno, perché è da lì che nascono le azioni teatrali. Da lì, nasce il teatro. Nei nostri incontri abbiamo sempre dedicato del tempo all’esercitazione dell’immaginazione oltre che all’ascolto e alla disponibilità dell’altro sul palco. Poste queste basi, abbiamo dato loro pochi elementi, lasciandoli liberi di improvvisare senza troppe costrizioni. In questo modo, possono nascere milioni di scene che possiamo rifare in altri milioni di modi».

Il laboratorio teatrale è stata un’opportunità di crescita personale e collettiva, che ha consolidato il rapporto con sé stessi, stimolato l’immaginazione, superato inibizioni e paure e incoraggiato l’espressione individuale all’interno del gruppo.

Ma in cosa consiste l’arte dell’improvvisazione? A spiegarlo è l’attrice Elisa Ianni Palarchio: «Per l’attore, l’arte dell’improvvisazione è tutto. È il pane quotidiano. L’improvvisazione allena l’immaginazione. E l’immaginazione è come un muscolo: se non viene usato rischia di atrofizzarsi. L’attore preparato riesce ad utilizzare tutti gli strumenti che ha a disposizione durante il laboratorio. Così vengono fuori scene che hanno un inizio, uno svolgimento con degli accadimenti e una fine totalmente sorprendente perché non prestabilita. Ultimamente, l’improvvisazione sta diventando una bella e interessante proposta di spettacolo vero e proprio. Questo apre allo spettatore la possibilità di scoprire un percorso sconosciuto». (rcs)

A Mendicino al via le riprese del film “Quando soffia il vento” con Ettore Bassi

Partiranno il 6 Giugno a Mendicino le riprese del film Quando soffia il vento, opera scritta e diretta da Mauro Cerminara realizzata in collaborazione con Aido e prodotta da Illusion Factory.

Il borgo cosentino è ormai da diverse settimane epicentro dell’attività della produzione, per diversi giorni la troupe ha visitato il centro cittadino alla ricerca di location in cui ambientare le scene del corto, e il palazzo del municipio è stata la sede che ha ospitato la fase di casting gestita dal casting director Giovanni Maletta, in cui sono stati selezionati diversi ruoli e molti figuranti che faranno parte del progetto.

Protagonisti di Quando soffia il vento sono Ettore Bassi e Lucia Rossi rispettivamente nei ruoli di Christian ed Eva Marcello Arnone che interpreta il commissario Costanzi, Arianna Valentini nel ruolo della dottoressa Giulia Sileri e lo stesso Mauro Cerminara che vestirà i panni del dottor Marco Rossi.

Per quanto riguarda la scelta del cast tecnico, la fotografia sarà curata da Ernesto Boccuti, il montaggio affidato a Takeshi Yamato, completano il team di produzione di Illusion Factory Caterina Gioconda Di Dio, Rocco Parise, Aurora Sanso e Raffaele Lisco. I Costumi sono creati dallo stilista Giuseppe Cupelli.

Prodotto da Mauro Cerminara e Francesco Garasto per Illusion Factory e Pasquale Arnone, Quando soffia il vento è realizzato in collaborazione con Vanilla, imoviez Studios. L’opera ha il patrocinio di Aido, 118, Provincia di Cosenza e Regione Calabria

Le riprese come già detto partiranno da Mendicino (Cs) il 6 Giugno ei proseguiranno successivamente sulla costa tirrenica cosentina. (rcs)

Le Città Visibili in visita a Mendicino

di ANNA MISURACA – Il Cammino di San Francesco di Paola è stato ideato per ripercorrere i principali viaggi compiuti dal Santo, eremita e fondatore dell’Ordine dei Minimi, ed è un percorso riconosciuto dal Ministero per i Beni e le Attività culturali inserito nell’Atlante dei Cammini d’Italia. Il percorso consta di tre itinerari: la Via del Giovane, la Via dell’Eremita e la Via dei Monasteri, ciascuna con la storia legata ad una particolare fase della vita del taumaturgo. Il Cammino non vuole essere soltanto «di memoria storica, ma anche di tradizioni, di identità culturale, di sostenibilità ambientale, di conoscenza di luoghi tanto belli quanto inesplorati».

Tra i paesi attraversati nel Cammino di San Francesco di Paola, la Via dell’Eremita passa per Mendicino (tratta Paola-Paterno Calabro e viceversa), piccolo centro alle falde dello splendido e inconfondibile Monte Cocuzzo. È un luogo assai suggestivo con vicoli a gradoni, piazzuole, antichi palazzi, in cui le storie antiche e le tradizioni si intrecciano e oggi rivivono grazie all’impegno dell’amministrazione comunale e di alcuni appassionati e infaticabili abitanti, come Francesco La Carbonara, Lucia Parise e Franco Barca che fanno a gara per fornirci notizie e curiosità sulla loro cittadina.
Grazie a loro l’interessante e sorprendente visita di questo piccolo gioiello ha arricchito ulteriormente il carnet di viaggi delle Città Visibili. Arrivando nel centro storico, tra il verde e i colori della primavera spiccano le macchie bianche e viola degli iris che caratterizzano la zona; la natura rigogliosa si alterna a pareti di roccia, strapiombi, verdi vallate e colline fiorite, montagne scoscese e maestose. Il borgo antico rappresenta sicuramente la zona più caratteristica del paese che merita di essere visitata, rigorosamente a piedi.
Da Piazza Duomo ammiriamo la Chiesa di San Nicola di Mira, aperta appositamente per Le Città Visibili; secondo alcune fonti una chiesa intitolata al Santo esisteva già nel ‘600 ma nel corso degli anni si sono susseguiti vari rimaneggiamenti (anche a seguito dei vari terremoti, tra i quali quello del 1852) fino alla struttura attuale. La facciata è in pietra rosa di Mendicino (calcarenite) e sul portale Francesco guida ambientale ed escursionistica ci fa osservare rocce da sedimentazioni carsiche con impronte fossili di bivalve. Ci spiega brevemente la formazione di queste rocce che, nelle zone circostanti, hanno dato origine a grotte con stalattiti e stalagmiti. Il finestrone sulla sinistra raffigura il vescovo di Mira con tre perle in mano; Francesco ce ne racconta la storia: San Nicola venne a sapere di una famiglia nobile e ricca caduta in miseria, motivo per il quale il padre, vergognoso dello stato di povertà in cui versava, decise di far prostituire le figlie.
San Nicola, di nascosto, fece scivolare dalla finestra, nell’abitazione dell’uomo, tre perle con cui il padre poté far sposare le figlie e risparmiare loro la tremenda alternativa.  A Mendicino il 6 dicembre si scambiano come dono tre piccoli panini tondeggianti, uniti tra loro. La tradizione è quella di far recitare ai bambini una filastrocca per la quale ricevono in dono i panetti sferici. L’interno della chiesa è a tre navate; notevole un affresco del 1913, mentre ai lati sono presenti varie cappelle; in quella di San Nicola sono conservate da decenni due reliquie: la sacra manna e un frammento di canino.
L’icona raffigurante il Santo vi è stata posta negli anni 2000. Tra le altre cappelle notiamo quella dedicata a San Francesco di Paola, quella di madre Elena Aiello (che creò un istituto per ragazze madri e orfani) in cui è conservato un fazzoletto pieno del sangue delle sue stimmate, la cappella di San Pio da Pietrelcina, di S. Rita e del SS Cuore di Gesù. Proseguiamo la nostra visita alla Torre dell’orologio, risalente al 1906, costruita dopo il terremoto dell’ anno precedente, oggi simbolo del paese. Domina un bellissimo panorama ed è una costruzione a base quadrata che presenta tre orologi circolari su tre lati; i puntualissimi rintocchi scandiscono la nostra giornata.
In questa cornice Francesco ci racconta la storia del paese, citato, peraltro, nell’opera del medico e naturalista napoletano Michele Tenore «Viaggio in alcuni luoghi della Basilicata e della Calabria citeriore effettuato nel 1826», da cui estrapola un passo che descrive la florida gioventù mendicinese, a riprova del benessere e del fulgido passato economico di quest’area, grazie alla coltivazione del gelso e alla produzione e lavorazione della seta di pregiata qualità. Francesco ci fa successivamente notare una serie di palazzi e scorci che visiteremo da vicino; siamo incuriositi da alcuni decori simili a centrini, visibili sui muri di alcune costruzioni.
Ne è autrice l’artista polacca contemporanea NeSpoon che, ispirata da pizzi e merletti, li ha ricreati, attraverso stencil e vernici, sulle facciate dei palazzi, durante un recente festival di Street Art tenutosi a Mendicino. Installazioni, con centrini veri e propri, opere di Lucia Parise (che gestisce anche un piccolo laboratorio in paese, in cui produce borse, scialli e oggetti, riutilizzando stoffe, filati lavori di crochet di Riccardo Torri Gerbasi, un bolognese trapiantato a Mendicino) ne riprendono la tematica in vari angoli delle strade e dei piazzali.
Ci incamminiamo verso Palazzo Campagna (voluto dal nobile Carlo Del Gaudio tra il 1780 e il 1784, come si evince dall’iscrizione sullo stemma nobiliare all’ingresso della costruzione), il più importante palazzo nobiliare di Mendicino, dove ci attendono varie sorprese, come in un gioco di scatole cinesi. Partiamo dalla singolare mostra permanente “I Maccaturi” nata da un’idea di Adele Lo Feudo e Gianni Termine. Come ti riinvento l’indumento più popolare della tradizione e del costume calabrese in “un omaggio al mondo femminile del passato”: i “maccaturi” diventano un pretesto per celebrare la bellezza del paesaggio calabrese, il valori degli affetti, delle emozioni, la forza simbolica del colore, l’artigianato (alcuni maccaturi sono in seta dipinta), la creatività coniugata attraverso molteplici tecniche artistiche…
Passiamo poi, al Museo Storico “Juovi Santu”, dove sono custodite testimonianze fotografiche (solo alcune, per ora), statue e arredi in cartapesta (opera dell’artista Franco Barca), diorama e costumi utilizzati durante la processione che si tiene da oltre un secolo e coinvolge figure inusuali come gli angeli e “u pinnune” (staffetta romana, impersonata da un giovane atletico e scattante, che corre richiamato da trombe e poi da tamburi verso il Cristo, che verrà da lui dileggiato e condotto verso la Croce. Si instaura, poi, una sorta di gioco tra la folla che chiama il soldato romano da una parte all’altra con la finalità di affaticarlo e stremarlo), mentre i canti di” i mistiari” a più voci recitano la Passione ed eseguono in sottofondo canti antichi a cappella, musicati da musicisti amatoriali.
Oltre quattrocento costumi sono stati noleggiati da Cinecittà  per l’evento del 1976  prodotti per il film Ben Hur per allestimenti degni di una vera e propria rappresentazione teatrale e sul muro troneggiano diversi premi e riconoscimenti ottenuti. Il Museo è nato durante la pandemia dall’idea dell’Associazione “Juovi Santu” e verrà completato con numerose altre foto delle rappresentazioni nel tempo e da diorama e plastici in cartapesta realizzati da Franco Barca, autore, attore e regista teatrale e cinematografico. Prima di lasciare il palazzo, visitiamo in anteprima le opere in cartapesta dedicate al grande Totò, che il maestro sta realizzando per una mostra a tema di prossima realizzazione. Un rapido sguardo al bellissimo Palazzo Campagna ci fa scoprire ambienti bellissimi in corso di restauro e decorazioni raffinate e ricercate. Uno sguardo, uscendo, alla Chiesetta di San Giuseppe (o degli ultimi, poiché pare venne costruita per ospitare i poveri e i barboni a cui non era consentito l’ingresso in duomo), che poggia sulla nuda roccia ed è chiusa dal 1930.
È ora di pranzo e ci avviamo al ristorante “Il nostro” dove gustosissimi piatti della tradizione calabrese ci rimettono in moto per la continuazione del nostro tour pomeridiano in cui ci conduce Lucia. Ci immergiamo nei vicoletti per ritrovarci  affacciati sulla verde rigogliosa vallata del Parco Fluviale e giungere alla Filanda e al Museo Dinamico della Seta. Il Museo, riaperto al pubblico nel 2015, è articolato in diversi ambienti ed è realizzato all’interno dell’antica Filanda Del Gaudio che mantiene l’aspetto e i macchinari originali, tuttora funzionanti. Lucia ci introduce nella storia della filanda e ci illustra il lungo  paziente percorso della seta, mostrandoci i vari arnesi utilizzati e leggendoci documenti originali che testimoniano l’ampio smercio dei preziosi filati in varie regioni italiane.
Veniamo, inoltre, a sapere che, queste preziose sete venivano vendute al consorzio della seta di San Leucio da dove raggiungevano le corti europee, in primis quelle di Francia. All’interno del Museo Francesco ci riassume la lavorazione della trattura, ci fa vedere i bozzoli essiccati e mostra praticamente l’operazione di dipanamento dei fili dai bozzoli fino a formare un unico filo per essere avvolto in forma di matassa.
Appena ci propone di provare, più di una signora si cimenta nell’operazione, con attenzione e destrezza. Intorno a noi ammiriamo coperte e indumenti creati in seta, immaginando la fatica e la pazienza che sta dietro ad ogni singolo pezzo. Il tempo è volato e raggiungiamo il nostro pullman, ancora una volta soddisfatti della piacevolissima giornata trascorsa scoprendo cose nuove in compagnia di amici. (am)

MENDICINO (CS) – Successo per il Laboratorio de La Grotta dei Piccoli

All’Istituto Comprensivo di Mendicino si è chiuso il primo ciclo dei laboratori de La Grotta dei Piccoli, organizzato dall’Associazione Culturale La Guarimba International Film Festival.

Una iniziativa nata per dare vita a piccoli cortometraggi di animazione attraverso metodi interattivi pensati per avvicinare i più piccoli all’arte della narrazione.

Un progetto partito lo scorso 23 gennaio che ha coinvolto gli alunni che, fin da subito, si sono mostrati attenti e interessati a voler raggiungere l’obiettivo del programma: creare dei cortometraggi partecipando alla loro realizzazione dalla prima all’ultima fase.

Per cinque giorni gli studenti e le studentesse hanno partecipato a laboratori di animazione, durante i quali hanno ideato e filmato i loro cortometraggi in stop-motion. I laboratori, condotti dalla regista di animazione Valeria Weerasinghe, hanno dato loro l’opportunità di crescere e divertirsi, imparare nozioni di base del mondo dell’animazione, della narrazione e dello sviluppo dei personaggi, oltre che lavorare in gruppo e confrontarsi. Il percorso è stato costruito sulle teorie pedagogiche come l’Apprendimento Cooperativo, il Learning by Doing e i principi dell’educazione non formale montessoriana, per offrire agli studenti un’alternativa rispetto alle dinamiche a cui sono abituati.

«I ragazzi sono stati molto ricettivi e hanno mostrato reale interesse per le attività –  ha dichiarato Giulio Vita, direttore dell’associazione La Guarimba – soprattutto sono rapidi ad imparare poiché abituati ad usare la tecnologia, cosa che ha permesso loro di capire subito certe dinamiche del progetto. Sono stati inoltre molto inclusivi con chi aveva delle difficoltà, e questo mi ha colpito positivamente».

Nelle prime due giornate i giovani, divisi in quattro gruppi diversi, sono entrati nel vivo del processo creativo iniziando a scrivere una storia, ad inserire dei personaggi, e suddividendo tra di loro tutti i ruoli necessari alla realizzazione dei corti, tenendo presenti le proprie inclinazioni e i propri interessi. Si è passati poi nei seguenti giorni alla pre-produzione, alla produzione vera e propria e alla post produzione. I quattro film realizzati durante la settimana sono stati poi proiettati di fronte alla classe e ai docenti. L’educatore Gabriele Tangerini ha condotto una serie di sondaggi, focus group e interviste qualitative per monitorare l’andamento dei laboratori e l’impatto sui ragazzi, ottenendo un riscontro ampiamente positivo da parte di tutti i soggetti coinvolti.

«Siamo felici di portare questo progetto nelle scuole calabresi –  ha proseguito Giulio Vita – anche se a causa della frana che ha interessato nei giorni scorsi Amantea e la conseguente chiusura della Statale 18, raggiungere i luoghi dei laboratori diventa per noi più complicato e con tempistiche più lunghe, per colpa di scomode deviazioni che tutti siamo costretti a percorrere». 

«Spero – ha concluso – che la strada venga ripristinata in tempi brevi per non continuare ad incorrere in queste difficoltà.»

Dalla prossima settimana il progetto farà tappa in altri istituti di tutte le province calabresi trasferendosi a Badolato (CZ), per poi proseguire a Reggio Calabria, Isola di Capo Rizzuto (KR), Campora S. Giovanni (Amantea, CS) e Vibo Valentia. (rcs)

Questo weekend doppio appuntamento a Mendicino con la rassegna “Sguardi a Sud”

Il prossimo weekend, al teatro comunale di Mendicino, andranno in scena due spettacoli che faranno vivere al pubblico la magia del Natale: “Natale in casa Cupiello” e “Musical of the night- Broadway e altre storie”.

I due spettacoli rientrano nell’ambito della rassegna “Sguardi a Sud” della Compagnia Porta Cenese con il patrocinio del Comune di Mendicino, che ha registrato diversi sold out, regalato innumerevoli emozioni e accompagnato gli spettatori alla scoperta di rappresentazioni teatrali che hanno perfettamente combinato tradizione e innovazione grazie all’uso di tecnologie d’avanguardia, come il videomapping.

Il 10 dicembre, alle ore 18, il sipario si aprirà su “Natale in casa Cupiello” di Eduardo De Filippo, con la regia di Gino Capolupo. A calcare il palcoscenico sarà la compagnia de “I Commedianti” con Gino Capolupo (Luca Cupiello), Rita Pargalia (Concetta), Salvatore Capolupo (Tommasino), Paolo Bonacci (zio Pasqualino), Valeria Capolupo (Ninuccia), Gioacchino Sirianni (Nicola), Magda Bonelli (Carmela), Danilo Perri (Vittorio). Scenografie a cura di Creazioni Santangelo. Tecnico luci e suoni: Cenzino Perri. La compagnia teatrale proporrà uno spettacolo in vernacolo calabrese. Il motore del lavoro de “I Commedianti” è la passione per l’arte in tutte le sue forme.

Il regista e attore Gino Capolupo ha precisato che: «Il lavoro che presentiamo ha una particolarità: sarà in dialetto ed i personaggi avranno le caratteristiche dei calabresi e del nostro vivere quotidiano. Il nostro scopo principale è presentare un grande testo del teatro italiano in maniera differente. Ovviamente, la trama è quella originale. La compagnia propone questo spettacolo in due versioni: una di tre atti e una di due atti. Al teatro comunale di Mendicino, porteremo la versione in tre atti con l’epilogo finale che fu tanto contestato dal fratello di Edoardo, Peppino De Filippo, per via della trasformazione di un testo teatrale brillante in una chiave drammatica. Con la morte del personaggio, la commedia era diventata un dramma. L’unione tra i due fratelli si ruppe anche per questo. Stiamo portando questo spettacolo in giro per la Calabria, ma anche fuori Regione».

Domenica 11 dicembre, sempre alle ore 18, andrà in scena “Musical of the night- Broadway e altre storie”, a cura di Antonio Fratto, con Marianna Esposito e Mirko Iaquinta. Assistente di palcoscenico: Patrizia De Luca. Un viaggio affascinante tra i ricordi ed i luoghi cari all’infanzia. Sette racconti che farà planare il pubblico sulle ali della fantasia, ripercorrendo i più grandi successi che hanno conosciuto la gloria di Broadway e il suo luccichio.

L’artista Antonio Fratto ha precisato che: «Sul palcoscenico, Marianna Esposito e Mirko Iaquinta ri-costruiranno l’importanza della speranza, celebrando il sogno in alcune delle sue declinazioni più significative. Così, le ambizioni di piccole donne e di piccoli uomini, scontrandosi ripetutamente con la realtà, cercheranno di volta in volta il riscatto nella favola, rigenerandosi alla fonte della sua inesauribile magia. Un’altalena di testi e note per accarezzare i mondi incantati che ben abbiamo imparato a riconoscere da bambini, pur rimanendo ancorati alla terra, la nostra».

Il direttore artistico della rassegna Sguardi a Sud, Mario Massaro, ha dichiarato di essere «Felice di programmare due spettacoli che ravvivano un po’ le festività in teatro. È il nostro modo di congedare i numerosi spettatori della stagione e dargli appuntamento all’anno prossimo con tante nuove sorprese». (rcs)

MENDICINO – Domenica in scena “Ppp Amore e Lotta – Dico il vero”

Domenica 4 dicembre, a Mendicino, alle 18, al Teatro Comunale, in scena PPP Amore e Lotta – Dico il vero. Si tratta dell’ultimo appuntamento della rassegna di teatro contemporaneo Sguardi a Sud, a cura della Compagnia “Porta Cenere” con la direzione artistica di Mario Massaro e il patrocinio del Comune di Mendicino, prima degli spettacoli natalizi.

PPP Amore e Lotta – Dico il vero è una rappresentazione teatrale diretta da Matteo Tarasco, primo e unico regista italiano nominato membro del Lincoln Center Theatre Directors Lab (New York City), in cui ha lavorato nel 2006 e 2007.

In una drammaturgia di Katia Colica, lo spettacolo nasce da un delicato innesto che mescola ai testi originali alcuni passi della poetica di Pier Paolo Pasolini. A ricoprire il ruolo del celebre scrittore, regista, poeta e intellettuale sarà l’attore Americo Melchionda. Maria Milasi interpreterà la madre e Andrea Puglisi vestirà i panni del fratello Guido Pasolini. Costumi a cura di Malaterra, scenografia di Melis-Lazzaro, musiche di Antonio Aprile. Lo spettacolo “PPP Amore e Lotta – Dico il vero” è una produzione Officine Jonike Arti.

Il regista Matteo Tarasco ha dichiarato che «questo Primo Studio di un percorso più articolato, che vedrà un debutto nel futuro prossimo, non vuole essere semplicemente un omaggio alla memoria di Pier Paolo Pasolini, ma si configura come un viaggio nella memoria di tutti noi. L’autrice Katia Colica ci chiede di ricordare e ci rammenta il valore della memoria e la forza della poesia.  In bilico su un delicato equilibrio, si indaga l’universo familiare mettendo in luce per la prima volta sulla scena Pier Paolo Pasolini poeta, figlio, fratello e il rapporto con la madre Susanna e il fratello Guido, morto ammazzato nella guerra partigiana ancora giovinetto. “PPP Amore e lotta – Dico il vero”, ci invita a lottare per il nostro amore e ad amare la lotta, sempre».

In una dimensione atemporale e metafisica, il Pasolini delle Officine Jonike Arti si racconta tra la confusione del tempo perduto, annebbiato, e la certezza di una grinta che mescola amore e lotta. Vi sono voci e visioni che si mescolano confondendo i piani temporali, fino a divenire allucinazioni, o verità allucinate.

L’ambiguità non ambisce a essere chiarita. Potrebbe essere appena stato ucciso, Pier Paolo Pasolini, all’interno di quella confusione senza tempo che immaginiamo addosso ai defunti che non riescono a lasciare il corpo mortale per avviarsi verso il metafisico:

«Le parole che si perdono e non si trovano più, questa luce dei fari. L’ultimo bacio di mia madre, la strada giusta, la strada giusta per mio padre. Puzzo di frenata. Correre in sogno. Le vetrinette in salotto, le pacche sulla spalla. I fanali che pizzicano gli occhi, un riparo qualunque. Il freddo preso da chi ti aspetta alla stazione. Alzo il finestrino ché piove».

La madre Susanna aspetta alla finestra, in attesa del suo ritorno: «È che ti aspetto ancora. Vi aspetto tutti e due, per capire come vi siete smarriti, qual è la mia colpa, in quale strada del bosco vi ho perduti. Vi aspetto per farmi raccontare la faccia dei lupi che vi hanno sbranato».

Il fratello partigiano Guido, ucciso da giovanissimo nel 1945 durante i fatti legati all’eccidio di Porzus, non è rassegnato alla scomparsa di quel rapporto simbiotico: «Dicono di te che hai perduto la strada di casa, che ti sei fermato in un posto, dovevi vedere qualcuno, e alla fine non ti sei più mosso da lì… Dicono che hai appeso ai tergicristalli della tua automobile una bandiera con cui volevi coprirmi per non farmi prendere freddo, di notte».

Con entusiasmo, il direttore artistico di “Sguardi a Sud” Mario Massaro osserva che: «Ancora una volta ospitiamo la compagnia Officine Jonike Arti con le quali lavoriamo ormai da anni. La drammaturgia originale e la collaborazione di Matteo Tarasco, uno dei più noti e insigniti registi moderni, rendono imperdibile l’appuntamento di questa domenica». (rcs)

MENDICINO (CS) – Domenica in scena “Panza, creanza, ricordanza”

Domenica 27 novembre, a Mendicino, alle 18, al Teatro Comunale, in scena lo spettacolo Panza, crianza, ricordanza di e con Giancarlo Cauteruccio.

Lo spettacolo rientra nell’ambito della rassegna Sguardi a Sud  curata dalla Compagnia “Porta Cenere” e patrocinata dal Comune di Mendicino.

L’ennesima proposta teatrale della kermesse che, dal mese di settembre, continua a conquistare consensi grazie ai suoi spettacoli di elevato pregio artistico. Il 27 novembre a calcare il palcoscenico del teatro comunale di Mendicino con Panza, crianza, ricordanza sarà Giancarlo Cauteruccio, autore, attore, scenografo nonché uno dei registi più innovativi nell’area della seconda avanguardia teatrale italiana. Assistente alla regia: Massimo Bevilacqua. Immagini ed elaborazioni video a cura di Stefano Fomasi, contributi letterari di Augusto Petruzzi. Una produzione del Teatro Studio Krypton.

Lo spettacolo si sviluppa partendo dai due poemetti di Giancarlo Cauteruccio, “Fame, mi fa fame” e “M’arricuardu”, in dialetto calabrese, incentrati sulla condizione di disagio del mondo contemporaneo e sulle sue molteplici problematiche. La fame a cui fa riferimento l’autore è una condizione disperata, un rifugio che si trasforma in un’occasione di dirompente denuncia contro l’orrore. “Fame, mi fa fame” è un lamento, un grido che lentamente si fa poesia per raccontare la guerra del cibo, la guerra dei ricchi e dei poveri, attraversando l’immaginario letterario e artistico medievale e rinascimentale (paese di cuccagna, guerra di quaresima e carnevale) e le opere di Artaud, Celine e, specialmente, Hamsun.

Cauteruccio crede nelle “creature” che abitano il teatro; in un teatro in cui debba esprimersi la propria identità, in un corpo vivo che abbia la capacità di interpretare sé stesso. Infatti, “Panza, crianza, ricordanza” è un lavoro che nasce dalla necessità di «far ritornare la mia esistenza nel ventre materno; dunque, nella mia terra madre e nella mia lingua madre».

Cauteruccio è un emigrato calabrese che ha vissuto 45 anni a Firenze. Ad un certo punto della sua luminosa carriera, dopo aver lavorato in città internazionali e grandi teatri, ha sentito forte la necessità di chiedere “aiuto” alle sue origini. Il regista precisa che «“Panza, crianza, ricordanza” è un testo che ho voluto creare per concretizzare il rapporto con la mia terra. L’ho scritto in dialetto calabrese; in particolare, nella lingua delle Serre Cosentine di cui Mendicino fa parte. Questa occasione, per me, è profondamente sentimentale perché racconta le mie vicende personali, che poi sono le vicende di tutti. In “Fame, mi fa fame”, metto in evidenza la mia patologia, in quanto sono obeso. Il secondo poemetto è incentrato sul ricordo perché ritengo che la memoria sia molto importante per definire la nostra identità».

Il lavoro di Cauteruccio fa leva sulla fame onnivora che tutto ricorda. In scena, affiancato dai suoi fantasmi e dai suoi sensi, il regista/attore affronta lo smembrarsi del tempo, dei fatti, dei luoghi portando su di sé i segni della sua condizione di ammalato di una fame insaziabile. I suoi versi esaltano la possibilità di un ritrovato equilibrio con la natura da cui raccoglie elementi semplici, come quelli evocati dalle ricette culinarie della sua terra, come la sua lingua, ristoro, risorsa e piacere. «Un’alchimia di suoni e sapori da contrapporre al puzzo mefitico di infera memoria che uccide la natura corrompendone la bellezza».

Il direttore artistico della rassegna “Sguardi a Sud”, Mario Massaro, ha dichiarato che «è un onore per noi ospitare una delle personalità più importanti del teatro italiano. L’esperienza e l’umanità di Giancarlo Cauteruccio ci travolgeranno in questo spettacolo cult che riprende un viaggio poetico e personale autentico e di grande impatto». (rcs)

MENDICINO (CS) – Sabato si consegna il Premio “Città del Sole”

Sabato 12 novembre, a Mendicino, alla Villa Pergamena, si consegna il Premio Città del Sole, giunto alla 25esima edizione.

Al tempo, fu costituita l’Associazione per la realizzazione del premio e questo fu denominato, appunto, “La Città del Sole”, con espresso richiamo e riferimento alla città ideale sognata da Campanella: la premiazione, pertanto, era un modo per segnalare quei soggetti che tanto avevano dato alla Calabria e che dovevano diventare modelli di vita per raggiungere la idealità della “polis” per come sognata dal famoso filosofo calabrese. Oggi compongono l’associazione oltre 24 Rotary Club della Calabria.

«L Associazione – si legge – ha come obiettivo primario la diffusione e la valorizzazione della cultura scientifica, sociale, storica, politica, economica dei calabresi re sidenti in Calabria e di coloro che si sono particolarmente distinti nella difesa delle proprie tradizioni e del territorio regionale. In particolare, promuove e supporta scuole, congressi, meeting, seminari ettcc., i cui atti e relazioni possono costituire oggetto di pubblicazione, attività di studio, ricerca, informazione e speri mentazione, ed altre iniziative atte al sostegno ed alla promozio ne dello sviluppo e della valorizzazione della cultura e del territorio della Regione Calabria».

«In tale indirizzo é stato istituito il premio “La Città del Sole” per i” Calabresi di Calabria” – continua – riservato a soggetti che hanno operato ed operano nella regione e che si sono particolarmente distinti per impegno, operosità, coraggio. onesta nel campo delle arti, delle scienze, delle lettere e delle professioni, contribuendo così alla crescita culturale, umana, sociale ed economica della Calabria”. Un modo, quindi, per valorizzare tutte quelle persone che hanno creduto e credono alla crescita del la Calabria e che devono diventare modello di vita per tutti gli al tri calabresi e per dare al territorio una forte spina dorsale per il nuovo e definitivo decollo sociale, culturale, artistico, economico e storico».

Anche quest’anno la Commissione ha scelto per i premiati le persone di Francesco Polopoli, Cultura, Alberto Statti, Imprenditoria, Demetrio Metallo, Industria, Antonio Puccio, Musica, Mario Bozzo, Storico, Alfredo Campennì, Università, Casa di Riposo San Francesco, Volontariato, e Eugenio Gaudio, Premio Speciale.

Parteciperanno alla premiazione Lucio Chiappetta, presidente del R.C. organizzativo di Mendicino, il sindaco Antonio Palermo, il Governatore del Distretto 2102 Giovanni Policastri, e i presidenti e soci dei 24 Club aderenti, oltre a diversi Past Governor, compreso il decano Vito Rosano(rcs)

MENDICINO (CS) – Domenica 13 in scena “Quanto resta della notte”

Domenica 13 novembre, a Mendicino, alle 18, al Teatro Comunale, in scena Quanto resta della notte di e con Salvatore Arena.

Lo spettacolo rientra nell’ambito della rassegna Sguardi a Sud, curata dalla Compagnia Porta Cenere e patrocinata dal Comune di Mendicino.

La compagnia, diretta da Massimo Barilla e Salvatore Arena porterà al teatro comunale di Mendicino uno spettacolo intenso, emozionante, ricco di riflessioni. Quanto resta della notte è un racconto incentrato sulla morte di una madre e sulla necessità di ogni uomo di superare i drammi della vita attraverso i ricordi. Ed è proprio il susseguirsi di ricordi a risvegliare nel cuore del protagonista una verità nascosta.

Quanto resta della notte è un urlo muto, quieto-inquieto, cosparso di lacrime e rimorso, sacrifici inevitabili. È un appellarsi alla coscienza, all’ascolto degli altri per consegnarsi al perdono. L’anima del protagonista, Pietro, è attraversata da innumerevoli sentimenti da cui emerge l’esigenza di andare alla ricerca della fede. Il testo nasce dalla necessità di andare oltre la notte per immaginare un tempo dedicato all’amore, per vivere la malattia come guarigione. La morte della madre rappresenta il riavvicinamento di un figlio alla vita.

In scena, l’attore resta immobile su una sedia, ancorato in quello spazio; non ha alcuna via di fuga. L’immobilità è un confronto estremo con la vita che si muove; è un confronto è con sé stesso.

L’autore e attore Salvatore Arena precisa che «Questo racconto nasce dal bisogno di capire da dove partiamo, dove arriviamo e, soprattutto, dall’esigenza di comprendere che cosa ci attraversa quando viviamo determinate esperienze negative e di scoprire in che modo quelle esperienze ci accompagnano per tutta la vita. In questo spettacolo, emerge il bisogno di riappropriarsi di una coscienza».

«Bisogno – ha proseguito – che il protagonista Pietro avverte nel ritornare da sua madre in fin di vita a causa di una malattia. Malattia che rappresenta l’elemento di riappropriazione della memoria e l’invito ad una riflessione sulla vita. Stando accanto al figlio, è come se la madre partorisse due volte. La prima quando il figlio nasce, la seconda per rimetterlo al mondo. “Quanto resta della notte” è un viaggio che porta il protagonista dalla Sicilia alle campagne di Reggio Emilia, dal sole siciliano alla nebbia di quella terra».

Il direttore artistico della rassegna “Sguardi a Sud” Mario Massaro ha dichiarato che «La compagnia Mana Chuma è una delle più importanti del panorama teatrale italiano. Li ospitiamo per la seconda volta con il bravissimo attore Salvatore Arena. È uno spettacolo particolare nella costruzione perché vede un solo personaggio in scena. Tratta un argomento molto delicato che riguarda la mancanza di una persona cara. Consiglio vivamente di venire a teatro per emozionarsi». (rcs)