Il nuovo Arcivescovo Maurizio Aloise ha preso possesso della Diocesi di Rossano-Cariati

Da sabato mons. Maurizio Aloise è il nuovo Arcivescovo della Diocesi di Rossano-Cariati. Il presule era stato accolto in mattinata in diverse realtà pastorali e sociali: nel campo dì concentramento di Ferramonti di Tarsia, nella parrocchia dei Ss. Pietro e Paolo sempre nello stesso comune. A seguire la sosta in preghiera nel Santuario di Santa Maria delle Grazie in Spezzano Albanese, fino ad arrivare nella Cattedrale di Maria Santissima Achiropita per l’insediamento ufficiale.
Ad accogliere Mons. Aloise, l’Arcivescovo Metropolita di Bari-Bitonto, Mons. Giuseppe Satriano, Amministratore Apostolico di Rossano-Cariati, l’Arcivescovo Metropolita di Catanzaro-Squillace, Mons. Vincenzo Bertolone, presidente della Cec, il Vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea, Mons. Luigi Renzo, e il Vescovo di Oppido M. – Palmi, Mons. Francesco Milito. Presenti numerosi presbiteri, fedeli laici e autorità istituzionali, che, assieme al sindaco di Corigliano Rossano, hanno dato il benvenuto a Mons. Aloise.
Mons. Aloise ha salutato nella sua omelia i fedeli e quanti lo hanno accolto.  «Eccellenze reverendissime – ha detto–; carissimo mons. Giuseppe Satriano, che per sei anni hai servito nell’amore il cammino di Chiesa di questa bella realtà arcidiocesana; carissimi presbiteri, diaconi e seminaristi; carissime persone di vita consacrata; sorelle e fratelli carissimi…carissime autorità civili e militari. Si sta concludendo il giorno della festa del cuore Immacolato di Maria, per aprirci al giorno della memoria liturgica del dottore della Chiesa sant’Antonio di Padova. Nella cerniera tra questi due eventi liturgici, con le Letture della domenica undicesima del Tempo ordinario, s’incastona questo giorno solenne della festa di nozze tra il nuovo Pastore e la sua Chiesa particolare di Rossano-Cariati: «Esulterà il mio cuore nella tua salvezza,/ canterò al Signore,/ che mi ha beneficato» (Sal 12, 6). Con le medesime parole esultanti del Salmista, utilizzate nell’Antifona della Memoria del cuore Immacolato di Maria, saluto oggi te, santa Chiesa di Dio che è in Rossano-Cariati, Sposa che mi è stata preparata dal Padre per questo tempo opportuno di nuova seminagione del Vangelo della misericordia, del perdono e della prossimità. Io ti amo, Chiesa di Rossano-Cariati, imitando Giuseppe il giusto, che i Vangeli ci presentano come amministratore dei misteri di Dio, come sovrintendente e custode del santuario, che è la sua sposa-Maria e del Logos che è in lei! Davvero sia san Giuseppe per me l’immagine ideale del Vescovo, uomo sacro a cui oggi viene affidata questa sposa di Rossano-Cariati: ella non è a mia disposizione, ma sono io a completa, totale, generosa e fedele disposizione di te, mia santa Chiesa! Io ti amo, o mia Chiesa particolare, imitando, per quanto mi è possibile, la stessa intensità affettiva con cui ti ama il cuore Immacolato di Maria, donna che custodiva la parola di Dio, meditandola nel suo cuore (Cfr. Lc 2,19). Ti chiedo oggi, in questa festa di nozze dell’Agnello della Pasqua eterna, o mia Chiesa-Sposa, di ricambiarmi il tuo amore gioioso, accompagnato dalla preghiera allo Spirito Santo perché ispiri questa mia prima Omelia episcopale in quest’amato territorio diocesano. Amate il vostro Pastore, sorelle e fratelli carissimi della Chiesa di Rossano-Cariati: presbiteri, diaconi, seminaristi, consacrati, fedeli cristiani laici! Amatemi con lo stesso ardore che infiammava il cuore di sant’Antonio di Padova, tanto venerato nella chiesa di Terranova da Sibari, fondata nel 1542 dai Minori Osservanti col titolo, a me molto caro, di Santa Maria delle Grazie! Amiamo, a nostra volta, con cuore sincero, da Terranova a Terravecchia, tutti coloro che, non potendo essere qui presenti per l’uno o per l’altro motivo, ci sentono e ci vedono da remoto, e attendono comunque da noi dei segni efficaci e concreti di amore, prossimità, affetto, solidarietà agapica, tenerezza. Insieme esaltiamo tutti eAltoglorifichiamo la santissima Trinità: la comune preghiera, intesa come ascesa spirituale e mistica a Dio Uno e Trino, magnifichi Dio Uno e Trino come il suo unico Pastore! Esorto perciò voi, ascoltatori e fedeli tutti, a pregare con me, per ottenermi, sotto lo scudo della Beata Vergine Maria, l’aiuto speciale della Grazia divina, a cui chiedo di assistermi nell’esortarvi alla giusta comprensione delle letture di oggi. Esse segneranno non soltanto la giornata odierna, ma l’intero cammino del mio servizio episcopale tra voi e per voi. Due brevi pensieri vi affido perciò, carissimi, ognuno collegato alle Letture oggi proclamate: (1) il primo pensiero riguarda la forza propulsiva della Parola di Dio, ribadita dall’oracolo di Ezechiele sul ramoscello di cedro (il quale metterà rami e farà frutti/ e diventerà un cedro magnifico), e ripresa nelle due parabole evangeliche del seme e del granello di senape; (2) il secondo pensiero ci apre tutti all’istanza escatologica, ovvero alle cose ultime della vita cristiana ed ecclesiale: Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo!».
Il seme gettato nel terreno. 
«Il significativo brano del vangelo secondo Marco, proclamato oggi, riprende l’oracolo di Ezechiele sulla crescita rigogliosa di un seme di cedro. Originario della Cina e India meridionale, il cedro è stato introdotto nell’area mediterranea molto prima dell’era cristiana ed era già coltivato anche nella Giudea, anzi è stato il primo agrume a essere coltivato in Israele, utilizzato in occasione della Festa dei Tabernacoli. Esso simboleggia l’albero della conoscenza, come nel racconto biblico delle origini. La bellissima immagine vegetale del profeta Ezechiele viene ripresa e rilanciata oggi dalle parabole evangeliche del piccolo seme e del granello di senape. Il granello di senape, piccolissimo come la punta di uno spillo, è caratterizzato da estrema piccolezza ma da grande dinamismo vitale, in quanto cresce e, quasi sfuggendo al controllo del contadino, raggiunge anche i tre metri di altezza: «Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami» (cfr. Mt. 13,32). Per questa forza vitale, il granello di senape, è simbolo del Regno di Dio, il cui dinamismo sfugge a ogni umano controllo. Del resto, le parabole del seme nel quarto capitolo del Vangelo di Marco hanno il compito di far “esplodere” davanti ai nostri cuori il senso del Regno di Dio. Dall’evangelista l’immagine agricola viene piegata a dire qualcosa che non è più semplicemente naturale: il mistero di una Chiesa, piccolo arbusto che diventa capace di accogliere tutti i popoli della terra! Grandiosa efficacia della narrazione di Marco! Tutto ciò non suscita immediatamente nel nostro cuore, carissimi, il ricordo del ritratto di Marco, l’unica figura di evangelista rimasta in un codice greco dei Vangeli, anteriore al X secolo, qual è appunto il nostro prezioso Codex purpureus rossanensis? Questa testimonianza emblematica della Rossano bizantina, insieme con l’icona molto venerata dell’Achiropita e con le chiesette bizantine di San Marco e della Panaghia, così come l’abbazia di Santa Mari del Patire, ci ricorda il dovere primario dell’evangelizzazione nuova, a cui siamo chiamati in questo nostro tempo di reset globale, di rinascita e rinnovamento dopo la buia stagione della pandemia, che ancora affligge il mondo. Dobbiamo diffondere il piccolo seme della Parola di Dio. Il Codex, quest’insigne evangeliario, ci ha comunque risparmiato la perdita del Vangelo di Matteo e di quasi tutto quello di Marco. Delle 14 miniature conservate nel codice, di cui dodici raffigurano eventi della vita di Cristo, l’ultima è, come tutti sappiamo, il ritratto di Marco, che occupa l’intera pagina. Alla miniatura di Marco voglio oggi con voi guardare particolarmente: l’evangelista viene raffigurato mentre scrive sul rotolo pergamenaceo il suo Vangelo, lasciandosi ispirare da una donna – presumibilmente la Sapienza stessa di Dio, ma perché non vedervi la Vergine Santa –, che gli indica i punti su cui indugiare. Indugiamo oggi sulla potenza del piccolo seme della Parola di Dio: animato dallo Spirito Santo, questo seme possiede in proprio il potere di fruttificare; ma domanda di essere annunciato e seminato da noi sul buon terreno. Facilitiamo la diffusione di questo seme di origine divina, carissimi, lasciamolo germogliare e crescere, seminandolo nelle intelligenze e nei cuori di tutti. Il terreno che lo accoglie produrrà spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto sarà maturo, subito il Coltivatore manderà la falce, perché è arrivata la mietitura. Potenza, primato e forza della Parola di Dio, anche indipendentemente dai suoi annunciatori, presbiteri, predicatori e catechisti! Mettiamoci volentieri al servizio di quest’annuncio, carissimi! Diventiamo una comunità generativa e feconda, diffondendo la Parola fatta carne in Gesù Cristo! Alcuni vorrebbero vedere nel Vangelo di Marco un itinerario di fede specifico per i catecumeni (coloro che ricevono l’insegnamento orale, che ascoltano dalla viva voce). Nelle nostre terre, anche i battezzati sono, talvolta, come dei catecumeni, in quanto devono da capo ricevere abbondantemente il seme della Parola di Dio. Come il Marco raffigurato nel nostro Codice, lasciamoci guidare dalla mano di Cristo, Sapienza incarnata. Cristo è la concretizzazione personale del Regno di Dio, la cui forza di attuazione è dirompente. Non vi sembra questa, carissimi, una chiarissima indicazione di percorso per la nostra Arcidiocesi? Non vorremo noi porre al primo posto la riscoperta del primato della Parola di Dio? Se adesso questo nostro mondo è ancora governato dalla potenza del denaro, dell’inganno e della forza (la potenza di Satana), ci viene oggi ricordato che si fa vicino un diverso momento, in cui Dio stesso prenderà nelle sue mani il potere. Si va instaurando la sovranità della Parola di Dio che significa giustizia, concordia, pace, pienezza di vita. Il regno di Dio è già presente nella persona di Gesù, nelle sue Parole: comunichiamolo alle folle e al mondo, a partire dai presbiteri e dai catechisti, fino all’ultimo dei fedeli: «Siete stati rigenerati non da un seme corruttibile, ma immortale, cioè dalla parola di Dio viva ed eterna» (1Pt 1,23). Perché la Parola produca frutto, carissimi, basta seminarla, assecondando il Vangelo sine glossa: tutto il resto viene da sé. Forse che il contadino, dopo la semina, si ferma nel campo per ricordare al seme che deve germogliare? Il seme non ha bisogno di lui, è autosufficiente: ha in sé tutto il necessario per crescere e diventare spiga matura. Oggi, sorelle e fratelli tutti, abbiamo ascoltato dall’evangelista Marco come tutta la grandezza del regno celeste è paragonata a un granello di senape. E come mai una similitudine così piccola, una similitudine così minima, anzi minima tra le minime, comprende un così grande potere? Questa è tutta la speranza dei credenti, questa è l’attesa più grande di noi fedeli. Questa è la felicità delle vergini, acquistata con le lunghe prove della castità. Questa è la gloria dei martiri, guadagnata con lo spargimento di tutto il sangue. Questo è ciò che occhio non vide né orecchio udì né mai entrò nel cuore di essere umano; questo è ciò che l’apostolo assicura che è stato preparato con un mistero ineffabile per coloro che amano: noi, sorelle e fratelli carissimi, ne siamo gli umili servitori!
« Tutti – ha concluso il presule – infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo. La seconda Lettera di Paolo ai cristiani di Corinto ci presenta oggi il chiaro annuncio del mondo che sta per venire. È l’annuncio del tempo delle cose ultime, che si manifesteranno per ciascuno di noi al momento del transito (credo la resurrezione dei morti) e, per tutti noi, al momento della resurrezione finale (e la vita del mondo che verrà). Pensiamo agli ultimi tempi, carissimi, proprio mentre viviamo nella contingenza e nel frattempo! Pensiamoci quando il dolore si fa più forte, quando le inimicizie, le vendette e i tradimenti ci abbattono, quando sembra che all’orizzonte non ci sia nulla di buono e di promettente… È un invito al senso della precarietà, ma anche della speranza in Dio; un appello a non crederci infiniti, eterni e onnipotenti. È una lezione che abbiamo ricevuto a lungo, in questi mesi, anche dal virus coronato e dai suoi deprecabili effetti nella vita di tanti, che ne sono stati colpiti e abbattuti; abbiamo imparato il significato della precarietà del nostro stare al mondo. Cosa ne deriva per la nostra esistenza quotidiana? Ascoltiamo tutti, a partire dai presbiteri, un’ammonizione di san Policarpo di Smirne: «Anche i presbiteri abbiano viscere di compassione e siano misericordiosi verso tutti, cercando di ricondurre gli sviati, visitando tutti gli infermi, senza trascurare né la vedova, né l’orfano, né il povero; ma sempre solleciti di fare il bene al cospetto di Dio e degli uomini; astenendosi da ogni ira, parzialità, giudizio ingiusto; stando lontani da ogni cupidigia di denaro; non troppo facili a prestare fede alle calunnie contro alcuno, né troppo severi nei giudizi, sapendo che tutti siamo debitori per i nostri peccati» (6, 1). Di qui un analogo appello dello stesso Policarpo a tutti i battezzati: «Se dunque noi preghiamo il Signore di perdonarci, dobbiamo anche noi perdonare; poiché siamo sotto gli occhi del Signore e di Dio e tutti dovremo presentarci al tribunale di Cristo e ciascuno dovrà rendere conto di sé. Serviamolo dunque con timore e con ogni riverenza, come ci fu comandato da Lui e dagli Apostoli, che ci predicarono il Vangelo, e dai profeti che ci preannunciarono la venuta del Signore nostro; siamo zelanti per il bene, evitando quelli che danno scandalo, i falsi fratelli e coloro che, portando ipocritamente il nome del Signore, trascinano nell’errore gli uomini vuoti» (6.2,3).
La Preghiera
O MARONNA E RA CARUPITA, TU M’AIUT E MI SCAVIT, E MI POZZ LIBERAR E TERREMOTI E PESTE E DE GUERRA… O Santa Vergine Achiropita, nostra Madre e Sorella dolcissima, poniamo oggi sotto il tuo rifugio e patrocinio tutti i presbiteri, i diaconi, le persone di vita consacrata, i fedeli laici e tutte le persone di buona volontà di questa Chiesa diocesana! O nostra Amata Patrona, concedi ai presbiteri di procedere sempre d’accordo con la mente del vescovo, come già fanno. Il vostro presbiterato, carissimi, ben reputato degno di Dio, sia molto unito al Vescovo come le corde alla cetra! O nostra Madre benedetta, concedi ai consacrati e ai laici unità e amore concorde, per cantare tutti al tuo Figlio Gesù Cristo: ciascuno diventi un coro, affinché nell’armonia del vostro accordo, prendendo nell’unità il tono di Dio, cantiamo ad una sola voce per Gesù Cristo al Padre, perché ci ascolti e ci riconosca, per le buone opere! Guidaci con la tua mano santa, o Madre, a scrivere nella nostra esistenza quanto la Parola di Dio vuole da noi! Ottienici, o Madre, di trovarci nella inseparabile unità per essere sempre partecipi di Dio e concedici di non ascoltare nessuno che non ci parli di Gesù Cristo nella verità, nell’amore e nella pace. Amen, Amen!

Mons. Maurizio Aloise il nuovo arcivescovo di Rossano-Cariati

Il Papa insieme con l’Arcivescovo Metropolita di Reggio Calabria-Bova mons. Fortunato Morrone, del clero di Crotone-Santa Severina, ha nominato mons. Maurizio Aloise, del clero dell’Arcidiocesi Metropolitana di Catanzaro-Squillace, Arcivescovo di Rossano Cariati.

Mons. Aloise è nato il 20 aprile 1969 a Catanzaro, nell’Arcidiocesi Metropolitana di Catanzaro-Squillace. Ha conseguito il diploma di scuola superiore presso l’Istituto d’Arte di Squillace ed è entrato nel Seminario Diocesano. Ha svolto gli studi di Teologia presso l’Istituto Teologico Calabro di Catanzaro, ottenendo il Baccellierato.
Dopo l’ordinazione sacerdotale ha approfondito gli studi di Morale Sociale e ha studiato Mariologia alla Pontificia Facoltà Teologica Marianum di Roma. Ordinato presbitero per l’Arcidiocesi Metropolitana di Catanzaro-Squillace il 18 novembre 1995, ha svolto attività pastorale come Amministratore Parrocchiale di San Nicola Vescovo a Gagliato e come Viceparroco di Santa Maria della Pietra a Chiaravalle Centrale.
Nella Parrocchia di Gagliato, nel 1997, collaborando con i volontari delle Caritas parrocchiali e con le organizzazioni civili coinvolte, ha coordinato l’accoglienza dei profughi curdi sbarcati sulle coste di Soverato; dal 1999 è stato Co-Parroco moderatore di Santa Maria delle Nevi a Girifalco e Direttore dell’Ufficio Vocazioni Diocesano. In seguito è stato Amministratore Parrocchiale di Santa Maria Assunta a Zagarise e di San Nicola di Bari a Cardinale. Da un anno è Vicepresidente della Fondazione Betania Onlus di Catanzaro. Finora è stato Parroco di Santa Domenica V.M. e Rettore del Santuario Diocesano Santa Maria delle Grazie a Torre di Ruggiero e dal 2011 Pro-Vicario Generale. È stato Membro di diversi organismi Diocesani. (rcs)
La prima lettera ai fedeli (del 20 marzo 2021)
Sorelle e fratelli carissimi!
1.  Ringraziamo il Tuo nome santo. In attesa di poterlo fare di persona con ciascuno di voi, laici, presbiteri, diaconi e persone di vita consacrata, per ora permettetemi di raggiungervi con questo mio saluto: «”Ecco un bellissimo segreto per sognare e rendere la nostra vita una bella avventura. Nessuno può affrontare la vita in modo isolato […]. C’è bisogno di una comunità che ci sostenga, che ci aiuti e nella quale ci aiutiamo a vicenda a guardare avanti. Com’è importante sognare insieme! […] Da soli si rischia di avere dei miraggi, per cui vedi quello che non c’è; i sogni si costruiscono insieme”. Sogniamo come un’unica umanità, come viandanti fatti della stessa carne umana, come figli di questa stessa terra che ospita tutti noi, ciascuno con la ricchezza della sua fede o delle sue convinzioni, ciascuno con la propria voce, tutti fratelli!»[1]. Sì, sorelle e fratelli tutti, venendo tra voi, come viandante, sono sicuro di trovare una comunità che mi sosterrà e nella quale ci aiuteremo a vicenda per continuare ad andare avanti, soprattutto in questo tempo di pandemia, che sta fiaccando la nostra resistenza! La Chiesa, fiduciosa in Dio onnipotente che ha inviato per noi il Figlio Salvatore, «non aspira a competere per poteri terreni, bensì ad offrirsi come “una famiglia tra le famiglie – questo è la Chiesa –, aperta a testimoniare […] al mondo odierno la fede, la speranza e l’amore verso il Signore e verso coloro che Egli ama con predilezione. Una casa con le porte aperte. La Chiesa è una casa con le porte aperte, perché è madre”. E come Maria, la Madre di Gesù, “vogliamo essere una Chiesa che serve, che esce di casa, che esce dai suoi templi, dalle sue sacrestie, per accompagnare la vita, sostenere la speranza, essere segno di unità […] per gettare ponti, abbattere muri, seminare riconciliazione”»[2].
2.  Per voi vescovo, con voi cristiano. Per questa vostra Chiesa particolare e gloriosa – la Chiesa di Rossano-Cariati – il santo Padre Francesco mi ha eletto Vescovo e Pastore. Sarò Vescovo per voi, con voi fratello: «Da quando è stato posto questo carico sulle mie spalle…, la preoccupazione della mia dignità mi tiene veramente in ansia continua; … Che io abbia perciò l’aiuto delle vostre preghiere così che si degni di portare con me il mio peso colui che non disdegna di portare me stesso. Quando chiedete questo nella preghiera, pregate anche per noi: infatti, questo mio peso di cui vi sto parlando che altro è se non voi stessi? Chiedetene per me le forze, così come io prego che voi non siate affaticati. In verità il Signore Gesù non direbbe “mio peso” se non lo sostenesse con chi lo porta. Sorreggetemi però anche voi in modo che, secondo il precetto dell’Apostolo, portiamo l’un l’altro i nostri pesi e così adempiamo la legge di Cristo. Se egli non condivide il nostro peso, ne restiamo schiacciati; se egli non porta noi, finiamo per morire. Nel momento in cui mi dà timore l’essere per voi, mi consola il fatto di essere con voi. Per voi infatti sono vescovo, con voi sono cristiano. …Infine, quasi trovandoci in alto mare, siamo sballottati dalla tempesta di quell’attività: ma ricordandoci che siamo stati redenti dal sangue di lui, con la serenità di questo pensiero, entriamo nel porto della sicurezza; e, nella grazia che ci è comune, troviamo riposo dall’affaticarci in questo personale ufficio»[3]. Appena ordinato, ponendomi nella linea della successione apostolica, sarò chiamato ad annunciare con cuore di padre a ciascuna e ciascuno di voi che Gesù è il Cristo!
3. Grazie. Ringrazio, perciò, il Vescovo di Roma, papa Francesco, per aver voluto guardare al mio territorio arci-diocesano di provenienza, e per avermi affidato significativamente a voi come padre e pastore, nel mese dedicato a san Giuseppe. Il custode della famiglia di Nazaret e della famiglia delle famiglie qual è la vostra, la nostra, Chiesa particolare c’insegni la tenerezza. La tenerezza scaccia ogni tentazione e ogni pericolo: «Il Maligno ci fa guardare con giudizio negativo la nostra fragilità, lo Spirito invece la porta alla luce con tenerezza. È la tenerezza la maniera migliore per toccare ciò che è fragile in noi. Il dito puntato e il giudizio che usiamo nei confronti degli altri molto spesso sono segno dell’incapacità di accogliere dentro di noi la nostra stessa debolezza, la nostra stessa fragilità. Solo la tenerezza ci salverà dall’opera dell’Accusatore (cfr Ap 12,10)»[4]. Dite insieme con me, carissimi: «Salvaci, Dio della nostra salvezza,/ radunaci e liberaci dalle genti,/ perché ringraziamo il tuo nome santo:/ lodarti sarà la nostra gloria» (1Cr 16,35).
4. Già mi sento in mezzo a voi. Mentre lascio il Collegio presbiterale di Catanzaro-Squillace per innestarmi, con affetto paterno e fraterno, a quello della Chiesa particolare di Rossano-Cariati, rivolgo un pensiero e un saluto particolare a tutti i presbiteri che – in questa mia sposa, che è la vostra, la nostra, Chiesa particolare -, consentiranno al nuovo Vescovo di essere presente in ogni porzione parrocchiale del territorio. Il mio pensiero va sia ai presbiteri che sono avanzati in età e, come “nonni” di esperienza e impegno, attendono di poterci donare tutto il loro bagaglio di fede in quest’avventura che è la vita sacerdotale; sia a coloro che sono più giovani e che, generosamente dedicandosi al ministero, cercano sostegno nei loro dubbi, incoraggiamento nei loro ideali, prossimità nell’azione evangelizzante, liturgica e pastorale. Sono per voi padre, con voi fratello, carissimi presbiteri, che servite un territorio diocesano che oggi comprende ben 18 comuni con una superficie di 1415 Kmq, con una popolazione di circa 140 mila abitanti aggregati in 56 parrocchie. Voi siete le mani, gli occhi, i piedi… del Vescovo in mezzo alla gente, in mezzo al popolo, che da noi attende il coraggio creativo che riesce a sperare contro ogni speranza: «Il Dio della speranza vi riempia, nel credere, di ogni gioia e pace, perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito Santo» (Rm 15,13).
5.  Portare a tutti il lieto annuncio. In mezzo al popolo di Dio, noi ministri ordinati siamo funzionali al progresso spirituale e umano dei fedeli cristiani laici, donne e uomini, molti dei quali sono aggregati in gruppi, associazioni e movimenti. Vi saluto uno a uno e una a una, carissimi fedeli cristiani laici, a partire dai più piccoli e più giovani fino ai più avanzati negli anni e nell’esperienza! Abbiamo tutti la fortuna provvidenziale di abitare una terra assai rinomata sul piano storico, culturale e religioso, anche a motivo del “Codex Purpureus”, Evangelario greco miniato del sec. VI, conservato nel Museo Diocesano, che è un mirabile “monumento” di sintesi dei due polmoni, orientale e occidentale, della Chiesa cattolica. I testi evangelici ci ricordino che il nostro obiettivo è quello stesso del Signore Gesù: «Lo Spirito del Signore è sopra di me;/ per questo mi ha consacrato con l’unzione/ e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,/ a proclamare ai prigionieri la liberazione/ e ai ciechi la vista;/ a rimettere in libertà gli oppressi» (Lc 4,18). Il Battesimo consacra ogni laico in vista di questo compito di annuncio gioioso, che destinato in primo luogo ai poveri (quanti in mezzo a noi, anche a motivo degli effetti perversi della pandemia sociale!) e agli oppressi dai prepotenti, dai criminali, dalla zizzania mafiosa e disperante.
6. Cristo è vivo! Il colore purpureo dell’Evangeliario rossanense ci richiami costantemente alla nostra testimonianza cristiana, che è compito instancabile di fedeltà a Cristo, disponibili a versare per lui il sangue, se occorresse. Il suo contenuto con il ciclo di miniature relative alla vita di Cristo secondo i racconti evangelici, ci solleciti a tenere sempre davanti agli occhi l’unico Centro vivente della nostra comune fede cristiana: «Se Egli vive, questo è una garanzia che il bene può farsi strada nella nostra vita, e che le nostre fatiche serviranno a qualcosa. Allora possiamo smettere di lamentarci e guardare avanti, perché con Lui si può sempre guardare avanti. Questa è la sicurezza che abbiamo. Gesù è l’eterno vivente. Aggrappati a Lui, vivremo e attraverseremo indenni tutte le forme di morte e di violenza che si nascondono lungo il cammino»[5].
7. Ogni potere è per il servizio. Tutti, preti e laici, guarderemo con fiducia e speranza alle persone di vita consacrata, che operano e pregano nella nostra arcidiocesi. Per la potenza dello Spirito Santo, siano per noi l’indicazione costante a guardare al mondo che verrà, nel quale non ci saranno più differenze sociali, economiche, di ruolo. Come ci ricordano i loro voti di povertà, castità e obbedienza, viene, infatti, il tempo in cui non ci saranno più ricchi e scartati, potenti e schiavizzati, uomini e donne: «Come infatti il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito» (1Co 12,12-13). I consacrati ricordano a chi ha compiti di responsabilità amministrativa, politica, sociale, economia e finanziaria, che ogni potere è per il servizio.
8. Progettiamo insieme il lavoro pastorale. Carissime e carissimi, la nostra arcidiocesi di Rossano-Cariati è, per la sua storia, aperta ad ampie prospettive nel contesto di una rilanciata esigenza di dialogo ecumenico col mondo ortodosso-bizantino, come sta sollecitando Papa Francesco. Una collaborazione, in questo senso, con la confinante Eparchia greca di Lungro, perla bizantina in Calabria, potrà significare certamente per noi un’ottima spinta anche in questa prospettiva del dialogo ecumenico. I tradizionali valori di buon vicinato, di dialogo e amicizia della nostra gente, favoriranno la dimensione umana del nostro comune agire e consentiranno un lavoro pastorale personalizzato, incisivo e fecondo. Anche il numero e la qualità dei presbiteri diocesani offrono buone premesse per continuare con nuovo impulso ed entusiasmo quanto già è stato avviato dai precedenti Pastori e, ultimo, da Mons. Satriano che saluto affettuosamente augurandogli pronta guarigione, sul piano della carità, della formazione degli operatori pastorali, della valorizzazione dei laici. Il vostro nuovo Pastore, carissimi, intende mantenere e curare un rapporto di paternità con tutti voi; con i presbiteri, in particolare, e con il mondo laicale in generale, la cui collaborazione è fondamentale per un progetto pastorale rispondente alle nuove esigenze della storia e della cultura di oggi. Camminiamo insieme, continuando a far fronte in modo positivo a eventi traumatici, sapendoci riorganizzare per raggiungere nuovi traguardi! Per me vi chiedo di continuare a pregare e con me a collaborare. Raduniamoci idealmente insieme davanti all’antica Icona bizantina dell’Achiropita, risalente all’VIII secolo, a cui la città e l’arcidiocesi sono particolarmente legate da plurimillenaria devozione. Secondo la tradizione l’affresco non sarebbe opera di un uomo, ma opera stessa della Madre di Dio. Il dito di Dio è in mezzo noi, in mezzo alle nostre sofferenze e speranze, alle nostre cadute e rinascite, alle nostre difficoltà e speranza: O dolce Madre, o Santa Vergine Achiropita, in questo tempo di prova e di gioia, siamo qui ai tuoi piedi come figli smarriti, bisognosi di aiuto, ma anche spinti dalla gratitudine. Sotto il tuo manto di luce trovammo rifugio, Maria Santissima, quando ci usasti misericordia, nelle tremende vicende della storia, conservandoci la vita. Oggi torniamo a te con il cuore gioioso per il nuovo Pastore e, insieme, con il cuore contrito per ogni occasione perduta nel vivere secondo la volontà del Figlio tuo. Aiutaci, indirizzaci, proteggici, guidaci al tuo Figlio, nostra Speranza! Vi benedico tutti. Pregate per me.  Amen.
+ Maurizio Aloise
Vescovo eletto dell’Arcidiocesi di Rossano-Cariati
[courtesy calabria.ecclesia.org]
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[1] Francesco, Lettera enciclica Fratelli tutti sulla fraternità e amicizia sociale (3.10.2020), n. 8.
[2] Ivi, n. 276.
[3] Sant’Agostino, Discorso 340, nell’anniversario della sua ordinazione, n. 1.
[4] Francesco, Lettera apostolica Patris corde in occasione del CL anniversario della dichiarazione di san Giuseppe Patrono della Chiesa universale (8.12.2020), n. 2.
[5] Christus vivit. Esortazione apostolica del santo Padre Francesco ai giovani e a tutto il popolo di Dio (25.3.2019), n. 127.
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