NUOVE ASSUNZIONI E STABILITÀ IN SANITÀ
È LA “MANOVRA D’AUTUNNO” DI OCCHIUTO

Una politica per il personale del servizio sanitario della Calabria. È questa la Manovra d’autunno del presidente Roberto Occhiuto, che vuole essere «la prima traduzione pratica delle politiche che la Regione intende mettere in campo per accrescere in via immediata e strutturale, la dotazione di capitale professionale delle strutture sanitarie».

Una vera e propria manovra progettata nel corso dell’estate 2022, e che è stata predisposto da Azienda Zero, ente di governance della sanità calabrese, con la collaborazione del Dipartimento regionale Tutela della Salute, e che è stato illustrato dal commissario di Azienda Zero, Giuseppe Profiti.

Gli interventi previsti sono di due tipi: i primi, di carattere strutturale, «finalizzati a incrementare la dotazione di risorse professionali del sistema sanitario, in modo stabile e con effetti permanenti nel medio-lungo periodo», i secondi, invece, sono di carattere contingenti, «rivolti ad assicurare, nel breve periodo, risorse professionali aggiuntive da impiegare in modo flessibile per assicurare il mantenimento dei livelli dei servizi essenziali, in attesa degli effetti sul sistema generati dalle misure di carattere strutturale».

Tornando agli interventi strutturali, è previsto il consolidamento delle dotazioni di risorse professionali in essere nel 2022 attraverso l’avvio delle procedure di stabilizzazione del personale sanitario (comparto e dirigenza) e la copertura del turn over 2022 nella misura del 100%.

È previsto, anche, il reclutamento aggiuntivo delle figure professionali mediche e delle altre professioni sanitarie per le funzioni di emergenza ospedaliera e territoriale e per le specialità di elezione nelle aree maggiormente caratterizzate dalla mobilità passiva (cardiovascolare, oncologia, ortopedia, urologia).

Dunque, sono 2.589 le unità di personale del comparto, tra tecnici, OSS, infermieri, e 1.044 figure dirigenziali che sono coinvolti in questo processo di stabilizzazione, che saranno suddivise per la stabilizzazione di 740 unità del personale del comparto, mentre sono 135 le figure professionali. Per quanto riguarda il consolidamento del turn over e potenziamento delle funzioni di emergenza/elezione/territorio, è previsto per 1819 unità del personale del comparto e 909 unità di figure dirigenziali.

Tutto questo si svolgerà attraverso l’attivazione di procedure concorsuali a livello centrale di Regione Calabria con successiva assegnazione sulla base dei fabbisogni aziendali; attivazione di procedure concorsuali da parte delle singole aziende sulla base di linee guida di indicazione regionale; attivazione di procedure concorsuali da parte delle aziende (procedura di autorizzazione con silenzio/assenso).

Per quanto riguarda le procedure consorsuali a livello aziendale di consolidamento e stabilizzazione e la procedura consorsuale unitaria a livello regionale per figure professionali funzione emergenza, queste saranno attivate entro ottobre 2022, mentre in una finestra che va da ottobre a dicembre 2022, saranno attivate quelle a livello aziendale per figure professionali e fabbisogni specifici finalizzati al potenziamento delle attività.

«Gli interventi di carattere straordinario – si legge nel dossier – previsti nella manovra d’autunno hanno lo scopo di salvaguardare i livelli dei servizi essenziali scemando, in quanto a rilievo e portata, al crescere degli effetti dalle procedure di reclutamento ordinarie».

Due gli obiettivi da raggiungere: diversificare i livelli di remunerazione dell’attività lavorativa resa all’interno delle funzioni sanitarie quali l’urgenza/emergenza e altri settori critici (anestesia e rianimazione, terapie intensive); diversificare e accrescere i canali di reclutamento delle figure professionali attraverso il ricorso a: Figure mediche in formazione specialistica compatibilmente ai vincoli previsti dalla normativa vigente; Figure medico specialistiche in possesso di qualifica professionale conseguita all’estero.

Una novità importante, è la proposta di legge che prevede delle indennità aggiuntive, che possono arrivare fino a 100 euro l’ora, che saranno destinate ai medici dell’emergenza urgenza, anestesia e rianimazione, terapie intensive.

A rafforzare questa manovra d’autunno, la recente proposta di legge inerente le prestazioni aggiuntive dei medici, che è stata approvata in Commissione Sanità, presieduta dal consigliere regionale Michele Comito.

La proposta di legge, che porta la firma della consigliera regionale Pasqualina Straface, è un provvedimento normativo che affiancherà gli altri contenuti nella cosiddetta “manovra d’autunno” illustrata dal governatore Roberto Occhiuto – in qualità di commissario ad acta, unitamente al Dipartimento della Salute – che porterà a circa 3.500 stabilizzazioni nel comparto sanitario tra medici, infermieri, oss e figure dirigenziali.

L’obiettivo della legge è quello di garantire i livelli essenziali di assistenza nelle unità operative di Anestesia e Rianimazione e nei Pronto soccorso ospedalieri prevedendo misure straordinarie finalizzate anche a ridurre il ricorso alle esternalizzazioni nel reperimento del personale medico per le prestazioni aggiuntive.

«Lo stanziamento ha una previsione di spesa importante nei tre anni – ha spiegato Comito entrando nel dettaglio dell’articolato normativo – per permettere ai medici, che lo vorranno, di effettuare prestazioni aggiuntive in quei reparti che si trovano maggiormente in difficoltà. In tal modo saremo in grado di garantire una presenza prolungata, rispondendo al contempo alle istanze provenienti dagli stessi medici».

La legge inoltre prevede la possibilità di impiego anche per gli specializzandi dell’Università di Catanzaro che prestano già servizio con contratto a tempo determinato.

«Le misure messe in campo dalla Regione Calabria – ha proseguito il consigliere Comito – ci permetteranno di avviare quel rilancio tanto atteso da tutti i calabresi. Per farlo, il primo passo da compiere è proprio quello di puntare sulle risorse umane. E lo faremo non soltanto con le stabilizzazioni, ma anche con i nuovi concorsi per postazioni a tempo indeterminato, grazie ai quali potremo contare su un incremento di dotazione organica all’altezza dei bisogni dell’utenza».

«Su questo non possiamo non rilevare come il presidente Occhiuto – ha concluso – stia dimostrando un netto cambio di passo e di approccio ai problemi, improntato su quel pragmatismo che è il segno distintivo di questa amministrazione regionale».

Insomma, un pacchetto ambizioso quello presentato dal commissario ad acta, che vuole risollevare e far rinascere la sanità calabrese, e che arriva subito dopo l’importante accordo siglato con la Guardia di Finanza volto a «rafforzare la collaborazione tra le parti ai fini dello svolgimento delle attività dirette al contrasto delle violazioni in danno degli interessi economici e finanziari connessi all’attuazione del piano di rientro dai disavanzi del servizio sanitario».

«In questi mesi le Aziende sanitarie provinciali e le Aziende ospedaliere, con il supporto di Azienda Zero, hanno lavorato per perseguire un grande obiettivo: siamo al rush finale, ed entro la fine del 2022 vogliamo sapere l’entità del debito della sanità calabrese, per poter tracciare finalmente una linea, ripianare i creditori e ripartire con un governo della sanità che possa mettere in campo anche programmazione e investimenti», ha spiegato Occhiuto in conferenza stampa.

«Avevo detto ancor prima di diventare governatore che avrei chiesto, per questa impresa – ha ricordato il Governatore – il contributo fattivo della Guardia di Finanza, e ringrazio il Corpo per la sensibilità istituzionale dimostrata e per la disponibilità a questa per noi fondamentale collaborazione».

«La Guardia di Finanza avrà carta bianca nell’affiancarci in questa operazione – ha concluso – chi deve avere crediti è bene che si faccia avanti, e la Regione corrisponderà quanto dovuto, ma pretendiamo trasparenza e non ci saranno tempi supplementari. Anche su questo tema in Calabria la musica è cambiata». 

Occhiuto incontra il presidente dell’Ordine dei Medici Anelli

Il commissario ad acta e Presidente della Regione Roberto Occhiuto ha incontrato a  Roma il Presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, la Fnomceo, Filippo Anelli, per trovare soluzione alla carenza di personale.

 Una presa d’atto della situazione di estrema emergenza, anche a causa della carenza di personale, nella quale versa la sanità calabrese, circostanza che ha spinto la Regione ad intervenire con misure eccezionali per il reclutamento immediato, ma provvisorio, di medici provenienti da altri Paesi.

Un impegno a lavorare, ciascuno per la sua parte, per tentare di modificare – dialogando con il nuovo governo e il nuovo Parlamento – la norma di legge che prevede, per l’impiego di medici provenienti da Paesi extra-UE, una deroga per il riconoscimento dei titoli.

Prevedere per tutti i professionisti che esercitano sul nostro territorio l’iscrizione – con iter da individuare per i camici bianchi extracomunitari – agli Ordini italiani, in modo da non avere un doppio binario e una situazione di disparità tra i medici. 

«Ringrazio il Presidente Anelli per il proficuo e positivo confronto odierno – ha affermato Occhiuto –, denso di proposte e che si è chiuso con l’individuazione di una strategia condivisa per affrontare i problemi della sanità calabrese e della carenza di personale sanitario, che non riguarda solo noi ma tutto il territorio nazionale».

«La Regione Calabria – ha spiegato – nel sottoscrivere un accordo per un distacco transnazionale con il governo cubano ha rispettato, avendo come stella polare il bene dei calabresi e il loro diritto alla cura, la legislazione vigente e le deroghe concesse per valutare i titoli e le competenze dei professionisti extra-UE che ci daranno una mano, in via emergenziale, nei prossimi mesi».

«Circostanze di questo tipo – ha proseguito – stanno avvenendo anche in altre Regioni, e potrebbero continuare a replicarsi in futuro».

«Proprio per questa ragione – mentre andremo avanti con l’intesa con Cuba – condivido la necessità  – ha detto ancora Occhiuto – di intervenire affinché in futuro anche i professionisti extracomunitari che prestano servizio momentaneamente nel nostro Paese possano avere la possibilità, con le modalità che andranno individuate, di iscriversi agli Ordini dei medici italiani».

«Allo stesso tempo  – ha concluso – occorrerà intervenire per snellire le procedure di reclutamento dei medici italiani, in modo da colmare almeno in parte la carenza di personale nei nostri sistemi sanitari».

«Abbiamo apprezzato la sensibilità dimostrata dal Presidente Occhiuto nel prendersi a cuore la questione della carenza di medici specialisti in Calabria – ha affermato Anelli – e nel voler trovare una soluzione emergenziale, utilizzando tutte le risorse possibili».

«Da parte nostra – ha aggiunto – abbiamo in più occasioni espresso le nostre preoccupazioni per la sanità calabrese, diventata purtroppo paradigma delle disuguaglianze di salute nel nostro Paese. Ma abbiamo chiesto che la legge sia uguale per tutti, e che gli Ordini possano garantire l’esercizio della professione di tutti i medici che esercitano sul territorio italiano».

«Abbiamo, quindi – ha concluso – condiviso con il Presidente Occhiuto la necessità di una modifica della normativa, che preveda esplicitamente il requisito dell’iscrizione ai nostri Albi anche per i medici extra-UE che esercitino temporaneamente in Italia». /rrm)

Occhiuto: nuove regole per i bandi di assunzione dei medici in Calabria

Presto nuove regole per bandi – afferma il presidente della Regione Roberto Occhiuto –, ma l’accordo con Cuba era necessario, una sola vita salvata per un medico in più in un ospedale vale più di mille polemiche

«Da quando sono commissario alla sanità in Calabria – ha detto Occhiuto – ho dato mandato di fare tutti i concorsi a tempo indeterminato. Ci sono ancora procedure a tempo determinato perché quando si tratta di affrontare la carenza di personale in emergenza a volte i commissari fanno delle manifestazioni di interesse per cercare medici che possano essere utilizzati nell’immediato, ovviamente i tempi dei concorsi per le assunzioni a tempo indeterminato sono molto più lunghi. Abbiamo fatto decine di concorsi e di avvisi, ma non sono arrivate le risposte che auspicavamo: pochissimi candidati che poi non si presentavano alle prove, procedure andate deserte, tantissimi posti rimasti vuoti, vincitori che poi si rifiutavano di prendere servizio. Ne cito alcuni. Presso l’Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria abbiamo indetto un concorso per 8 posti a tempo indeterminato in Medicina Chirurgia Accettazione Emergenza: tutti i candidati non erano in possesso dei requisiti richiesti nel bando. Sempre Presso l’Asp di Reggio Calabria abbiamo fatto un concorso per posti a tempo indeterminato in Anestesia e Rianimazione: i candidati non si sono presentati alle prove.

All’Asp di Vibo Valentia abbiamo indetto un concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura a tempo pieno ed indeterminato di 3 posti di Dirigente Medico: concorso andato deserto. E sono decine e decine i casi simili. Stiamo comunque lavorando da settimane anche a nuove regole per i bandi, per renderli più attrattivi utilizzando tutte le leve contrattuali previste dalla normativa vigente. Presenteremo questi nuovi concorsi tra un paio di settimane. Ma nel frattempo non potevo stare con le mani in mano. Dovevo cercare tutti gli strumenti possibili per garantire ai calabresi il diritto alla salute e per scongiurare la chiusura di reparti o addirittura di ospedali. Per questo ho voluto l’accordo con i medici cubani: una sola vita salvata per un medico in più in un ospedale vale più di mille polemiche». (rcz)

In Calabria impossibile assumere specializzandi nella Sanità (in crisi)

Sanità in Calabria: il presidente della Regione Roberto Occhiuto, commissario ad acta per la sanità,  stigmatizza: troppi paletti per assumere giovani specializzandi. «Secondo Anaao Assomed e Anaao Giovani in Calabria – ha detto il Presidente Occhiuto – ci sono ‘oltre 500 medici specializzandi, con un know-how di conoscenze già integrate nel Ssn, che sarebbero ben lieti di lavorare stabilmente’. Ma purtroppo questi giovani non possono essere tutti assunti dalle strutture del sistema sanitario regionale.

«La nostra Regione, nei mesi scorsi, grazie ad accordi specifici con le Università di Catanzaro, di Messina e di Roma Tor Vergata, ha assunto decine di medici specializzandi del terzo, quarto e quinto anno, ma le maglie abbastanza strette della legislazione vigente non ci permettono di sopperire solo con questi innesti alla carenza di personale dei nostri ospedali. E non è vero che i 500 medici di cui parlano Anaao Assomed e Anaao Giovani sono tutti assumibili, anzi è esattamente il contrario: solo pochi di loro possono essere reclutati.

Il decreto Calabria (art. 1, c. 547 ess., I. 145/2018), infatti, ci dà l’opportunità di coinvolgere i nostri giovani, ma il successivo accordo quadro, emanato con D.I. n. 1276 del 10.12.2021, pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data 20.04.2022, disegna la cornice all’interno della quale le Regioni possono operare. In particolare gli specializzandi possono essere assunti a partire dal terzo anno solo ed esclusivamente nei presidi sanitari che risultano accreditati come strutture formative collegate per le diverse Scuole di Specializzazione.

A tal proposito è necessario che queste strutture posseggano definiti volumi assistenziali. Il collegamento di una Scuola di Specializzazione con le strutture ospedaliere si basa su precisi criteri stabiliti dal DI 402/2017 ed è una scelta delle singole Scuole di Specializzazione. Proprio per questo motivo solo alcune delle strutture del sistema sanitario regionale possono fare parte della rete formativa. E solo queste possono assumere i medici in formazione con contratto a tempo determinato e per un monte orario ridotto (per tanti ospedali è, dunque, impossibile accedere a queste opportunità). Infine – ma forse è l’aspetto più importante – bisogna rispettare il vincolo disciplinare d’interesse: ad esempio, chi è iscritto alla scuola di igiene deve essere assunto da un Dipartimento di prevenzione, non può trovare impiego nei pronto soccorso o in altri reparti, chi è iscritto alla scuola di cardiologia può lavorare solo in un reparto di cardiologia, e così via.

Da come scrive Anaao sembrerebbe, invece, che in Calabria sia presente una flotta di specializzandi da poter assumere nell’immediato e da mandare in qualsiasi reparto di qualunque presidio ospedaliero. Non è così. Insomma, assumere gli specializzandi non è bere un bicchier d’acqua come qualche sindacalista vorrebbe far credere. Ed è anche per questo che abbiamo deciso di firmare l’Accordo di cooperazione con i medici cubani. Ovviamente si tratta di un’intesa emergenziale, e ci auguriamo che il prossimo governo possa intervenire celermente per semplificare il quadro normativo e permetterci nuove e cospicue assunzioni. La Calabria, in questo momento, non ha un problema di deficit, potrebbe assumere subito fino a 2mila medici, ma ha le mani legate». (rrm)

È CRONICA LA MANCANZA DI POSTI LETTO
IN CALABRIA LA SANITÀ È SOTTOFINANZIATA

di GIACINTO NANCI – Il giornale radio regionale delle ore 12 del 22 luglio 2022 di Rai Tre ci ha informato che la saturazione dei posti letto in area non critica occupati da malati covid in Calabria è salita al 33,3% in area arancione e che ciò è dovuto ai turisti giunti nella nostra regione e che si sono contagiati con il covid. 

Una notizia del genere assolutamente non vera contribuisce ad allontanare la comprensione dei veri motivi della disastrosa condizione della sanità calabrese e, quindi, della sua soluzione. 

Il vero motivo per cui siamo la regione con la percentuale più alta di saturazione dei posti letto è che in Calabria i posti letto sono cronicamente insufficienti. La saturazione in media più alta delle altre regioni, nonostante che la percentuale dei contagi covid da noi è la più bassa in assoluto, è stata sempre presente anche nelle altre ondate di pandemia e lo era già in questa ondata già prima dell’arrivo dei vacanzieri. La domanda vera è come mai abbiamo meno posti letto delle altre regioni? 

La risposta è che la Calabria è la regione che ha il suo sistema sanitario sottofinanziato da più di 20 anni a questa parte ed è la regione che da ormai 12 anni è sottoposta al giogo del piano di rientro sanitario che impone e ha imposto tagli alla spesa sanitaria con la chiusura di una diecina di ospedali e la riduzione proprio dei posti letto ospedalieri. Per rendere chiaro quanto finora scritto basta un semplice confronto con la regione Emilia Romagna, che è l’esatto opposto della Calabria. 

Infatti, ogni abitante della regione Emilia Romagna ha avuto nell’ultimo riparto dei fondi sanitari alle regioni un finanziamento pro capite di 400.5 euro in più di ogni calabrese. 

Se la Calabria avesse avuto lo stesso finanziamento pro capite dell’Emilia Romagna avremmo ricevuto ben 779.773.500 in più di quanto avuto. E, se si considera che questo ingiusto metodo di finanziamento sanitario alle regioni dura da più di 20 anni e che l’imposizione del piano di rientro alla Calabria nel lontano 2009 è stato fatto per un presunto deficit di due miliardi e duecento milioni di euro, si può concludere che, con un giusto finanziamento, avremmo potuto chiudere il piano di rientro nel giro di tre anni o non farlo imporre del tutto.

Ed è questo il vero motivo per cui la Calabria con 319 ricoveri di malati covid ricoverati nei reparti ordinari si trova al 33,3% di saturazione dei posti letto covid e invece l’Emilia Romagna con 1760 si trova al 19.6%. L’Emilia Romagna ha solo il 19,9% di saturazione dei posti letto con un numero di ricoverati covid 5,5 volte superiore alla Calabria, con una percentuale di contagi covid del 38,5% sempre maggiore della Calabria che ha il 25% e con una popolazione solo poco oltre due volte quella della Calabria. Inoltre, l’Emilia Romagna ha la possibilità, in caso di necessità, di attivare fino a 9001 posti letto covid mentre la Calabria puo’ arrivare a 957, l’Emilia può, quindi, attivare posti letto oltre nove volte la Calabria pur avendo una popolazione poco oltre due volte la nostra. 

Tutto questo nonostante che la Calabria è la regione con una percentuale di malattie croniche (e quindi di necessità di finanziamenti e cure maggiori) molto più alta della media italiana per come risaputo dal governo nazionale i cui ministeri dell’Economia e della Salute hanno vidimato il DCA n. 103 del lontano 30/09/2015 dell’allora commissario Scura che con tanto di tabelle calcolava in 287.000 malati cronici in più della media italiana. Cosa fare allora? Ognuno per la sua parte dobbiamo prendere coscienza che il vero male della sanità calabrese è il suo grave e ultraventennale sottofinanziamento aggravato dall’ingiusto, dannoso e perfino beffardo piano di rientro sanitario con il commissariamento e i suoi tagli alla spesa sanitaria.

Ad aggravare il tutto vi è il fatto che i governi nazionali hanno commissariato da ormai 5 anni tutte le aziende sanitarie calabresi e perfino i tre nostri maggiori ospedali. La domanda che tutti ci dovremmo porre è come mai, dopo 12 anni di commissariamento regionale e 5 anni delle ASP e degli ospedali, il deficit invece di azzerarsi continua ad aumentare e continua ad aumentare la spesa dei calabresi per le cure fuori regione che ha raggiunto la stratosferica cifra di 329.000 milioni di euro?

Tutti questi commissari non sono certo degli incompetenti, il vero motivo è quindi il grave sottofinanziamento e i tagli proprio del piano di rientro per cui amministratori, politici, operatori della sanità, sindacalisti, associazioni e anche i giornalisti dobbiamo concorrere a far si che vengano chiusi i commissariamenti e che il riparto dei fondi sanitari alle regioni venga fatto non in base alla demografia (età) e costi standard ma in base alla numerosità delle malattie presenti nelle varie regioni. 

Per cui dobbiamo spingere il governatore Occhiuto a dimettersi da commissario e di andare al prossimo tavolo di riparto dei fondi sanitari alle regioni battendo i pugni sul tavolo e bloccare qualsiasi riparto che non preveda un giusto finanziamento sanitario alla Calabria visto che il voto alla Conferenza Stato Regioni deve essere alla unanimità. (gn)

SEMPRE IN PRIMA LINEA CONTRO IL COVID
PUR CON I TAGLI ALLA SANITÀ CALABRESE

Non è certamente quantificabile l’impegno e la dedizione che i medici, non solo in Calabria ma in tutta Italia, per tutta la pandemia hanno profuso per garantire assistenza a tutti, stando in prima linea di fronte a un nemico inizialmente sconosciuto. Nella nostra regione, poi, dove il sistema sanitario presenta problemi che sono giganteschi, i medici, gli infermieri, e tutto il personale sanitario ha fatto un vero e proprio miracolo, garantendo, con i pochi mezzi a disposizione e le criticità persistenti, assistenza continua ai calabresi.

E, proprio sulle criticità rilevate sul sistema sanitario calabrese, l’Associazione Medici di Famiglia di Catanzaro ha voluto dare i propri suggerimenti ed evidenziare i problemi a cui hanno dovuto far fronte i medici di famiglia.

«Mentre i medici di famiglia – spiega l’Associazione in una nota – erano in prima linea a combattere il covid la dirigenza Asp, invece di attivarsi a limitare i contagi e diminuire i morti per covid, ha trovato il tempo di spendere energie “burocratiche” nel controllo di chi combatteva il virus. L’Asp ha, inoltre, pensato, sempre durante la pandemia, ma poi ci ha ripensato, di trasferire ai medici di famiglia funzioni burocratiche di altre unità operative come la prescrizione dei presidi per i diabetici».

MediAss ha rilevato che «un altro fattore che ha aggravato il lavoro del medico di famiglia è stata la netta diminuzione dei ricoveri degli assistiti MediAss passati dai 100 del 2019 ai 42 del 2020. I medici MediAss hanno dovuto gestire a casa circa 58 pazienti che avrebbero necessitato il ricovero ospedaliero. Tutta questa maggiorazione di lavoro i medici MediAss lo hanno dovuto fare senza l’ausilio degli esami di laboratorio e strumentali, infatti nel 2020 ne sono stati prescritti solo 17310 (e molti neanche eseguiti) ben il 52% in meno rispetto ai 35490 del 2019».

«E, come se tutto questo non bastasse – si legge – i medici di famiglia hanno dovuto curare i propri assistiti, durante la pandemia, con meno farmaci 32535 (il 13,5% in meno) rispetto ai 37316 del 2019, perché il commissario al piano di rientro sanitario calabrese Cotticelli, invece di impegnarsi nella lotta contro il coronavirus (infatti dei suoi innumerevoli decreti emanati durante la pandemia solo uno fa riferimento al covid) ha trovato il tempo di emanare il 6 marzo 2020 il decreto n. 63  ..”azioni di contenimento della spesa farmaceutica…” che in pratica toglie i farmaci ai malati calabresi. L’assunto di questo decreto è che la Calabria consuma il 14,6% di farmaci in più della media italiana».

«Questo assunto sarebbe logico – hanno spiegato – se il numero dei malati calabresi e delle loro malattie fosse sovrapponibile alla media italiana ma si da il caso che in Calabria ci sono proprio il 14,5% di malati cronici in più del resto d’Italia per come certificato dal commissario Scura (predecessore di Cotticelli) con il suo decreto n. 103 del 15/09/2015. Il commissario Cotticelli quindi, proprio durante la pandemia, con questo decreto ha posto delle limitazioni alla prescrivibilità di molti farmaci per le patologie croniche più diffuse, raggiungendo il suo obiettivo risparmiando proprio il 13,5% di spesa farmaceutica, ma impedendo una corretta cura dei malati calabresi esponendoli, proprio perché impossibilitati a curarsi bene alle conseguenze di una eventuale infezione di coronavirus».

«Il commissario lo ha fatto applicando pedissequamente il piano di rientro sanitario – hanno spiegato i medici di famiglia – che lo “obbliga” a pensare solo al risparmio anche durante la pandemia, anche se sa che il malato cronico che non si cura bene peggiora si complica e poi per poterlo curare bisogna spendere molto di più proprio come lo dimostra il fatto che dopo 10 anni di piano di rientro il deficit sanitario della regione Calabria invece di diminuire è raddoppiato raggiungendo 160 milioni di euro, e anche se sa che a parità di patologia in Calabria si muore prima che non nel resto d’Italia e anche se sa che dopo 10 anni di piano di rientro, per la prima volta nella storia della Calabria l’aspettativa di vita invece di aumentare è diminuita».

«Tutti questi dati – hanno evidenziato – indicano che il medico di famiglia è stato, anche in questa pandemia, un punto di riferimento, uno dei pochissimi, per gli assistiti dando loro assistenza qualificata infatti gli studi MediAss sono stati sempre aperti, e dalle ore 8 alle ore 20  uno di essi è stato sempre a loro disposizione nonostante che abbiamo ricevuto solo scadenti mascherine e in numero quanto la conta delle dita di una mano e i tamponi ci sono stati fatti a partire dall’11 giugno 2020».

«L’assistenza, anche in sostituzione delle visite specialistiche, con pochi esami, con pochi ricoveri e meno farmaci è stato possibile farla grazie alla qualità dei dati archiviati nel server MediAss legata ad una forma di teleassistenza (ricette telematiche, telefono, email, sms, whatsapp ) e i deceduti nel 2020 sono stati gli stessi del 2019».

L’Associazione, infatti, composta da sette medici di famiglia, cura oltre 10mila catanzaresi e, attraverso la piattaforma Medico ricercatore Healt Search – utilizzata da altri mille medici d’Italia – hanno potuto estrarre i dati dei loro assistiti per verificare la qualità dell’assistenza durante il covid.

«I dati estratti sono dal 01/03/2019 al 31/05/2019 confrontati con quelli dal 01/03/2020 al 31/05/2020 – hanno spiegato – Abbiamo estratto le prescrizioni dei seguenti indicatori: accessi (per accesso si intende che il medico apre la cartella clinica di un assistito e compie in essa un atto medico), esami ematochimici e strumentali, visite specialistiche, terapie farmacologiche, ricoveri ospedalieri, assistiti deceduti e numero delle telefonate al numero fisso confrontandole con quelle dello stesso periodo del 2019. Per ogni indicatore il primo numero si riferisce al 2019 e il secondo al 2020. Accessi 26.344 verso 20.371, esami 35.490 verso 17.310, visite specialistiche 5.016 verso 1.764, terapie 37.316 verso 32.535, ricoveri 100 verso 42 decessi 8 verso 8 e le telefonate 12.026 verso 21.252».

«Da questi dati si evince che la somma degli accessi e delle telefonate degli assistiti con i medici Mediass è superiore nel periodo della pandemia (20371+21252) 41623 verso (26.344+12.026) 38370 del 2019 e se a questi accessi si aggiungono quelli via email, sms e whatsapp (tutti in naturale aumento durate la pandemia) si può concludere che gli accessi dei medici Mediass con i propri assistiti durante la pandemia è nettamente aumentato». 

«Un secondo dato che dimostra un maggiore lavoro del medico di famiglia durante la pandemia – viene spiegato ancora – è la forte diminuzione delle visite specialistiche prescritte durante la pandemia 1764 (e di queste la gran parte neanche eseguite) rispetto alle  5016 del 2019. Una diminuzione del 65% per cui il medico di famiglia ha dovuto fare il monitoraggio dei malati cronici e gestire le loro riacutizzazioni in prima persona. E, visto che la prescrivibilità delle visite specialistiche era solo in modalità “urgente,” la dirigenza Asp ha creduto bene di verificare se l’apposizione dell’urgenza fatta dai medici di famiglia era appropriata per eventuali contestazioni agli stessi».

«L’associazione MediAss, molti anni fa – ha concluso l’Associazione – aveva già proposto alla Asp (e la vorremmo riproporre) una “unità di cure primarie telematica” che in questa occasione sarebbe stata in grado di attivare quei settori oggi rimasti in disparte per la lotta contro il coronavirus». (rrm)

CON IL CIS SANITÀ NASCONO IN CALABRIA
LA CASA E L’OSPEDALE DELLA COMUNITÀ

di FILIPPO VELTRI – Anche la Regione Calabria ha di recente stipulato con lo Stato il Cis (Contratto Istituzionale di Sviluppo) per la realizzazione del piano sanitario predisposto dal presidente della regione nonché commissario ad acta, Roberto Occhiuto.

Sulla base delle prescrizioni dettate dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) sono previste Case della Comunità, Ospedali di Comunità e Centrali Operative Territoriali (C.O.T.).

Si recepisce un caposaldo essenziale indicato dall’Europa. E cioè, il passaggio da un concetto “ospedalocentrico” dell’assistenza sanitaria ad una nuova filosofia che vede al centro il paziente, soprattutto quello fragile, anziano e con malattie croniche.

La Casa della Comunità (CdC) è il luogo fisico di riferimento per la comunità nella quale la stessa si colloca. Un luogo di prossimità e di facile individuazione dove la comunità può accedere per poter entrare in contatto con il sistema di assistenza sanitaria al fine di trovare risposta ad un proprio bisogno di salute. La CdC introduce un modello organizzativo di approccio integrato e multidisciplinare attraverso un’équipe multiprofessionale territoriale.

«Costituisce la sede privilegiata per la progettazione e l’erogazione di interventi sanitari, tenendo conto delle caratteristiche orografiche e demografiche del territorio al fine di favorire la capillarità dei servizi e maggiore equità di accesso, in particolare nelle aree interne e rurali, nel pieno rispetto del principio di prossimità».

Alle Case della Comunità sono ricomprese tutte le aggregazioni dei Medici di Medicina Generale e dei Pediatri di Libera Scelta, avendone in esse la sede fisica oppure a queste collegate funzionalmente; alle Case della Comunità accederanno anche gli specialisti ambulatoriali.

Standard di personale per una Casa della Comunità: 7-11 Infermieri, 1 assistente sociale, 5-8 unità di Personale di Supporto, (Sociosanitario, Amministrativo).
La Centrale Operativa Territoriale (COT) è un modello organizzativo che svolge una funzione di coordinamento della presa in carico della persona e raccordo tra servizi e professionisti coinvolti nei diversi setting assistenziali: attività territoriali, sanitarie e sociosanitarie, ospedaliere e dialoga con la rete dell’emergenza-urgenza.

L’Ospedale di Comunità (OdC) è una struttura sanitaria di ricovero che afferisce alla rete di offerta dell’Assistenza Territoriale e svolge una funzione intermedia tra il domicilio e il ricovero ospedaliero, con la finalità di evitare ricoveri ospedalieri impropri o di favorire dimissioni protette in luoghi più idonei al prevalere di fabbisogni sociosanitari, di stabilizzazione clinica, di recupero funzionale e dell’autonomia e più prossimi al domicilio.
Più specificamente, l’OdC assolve ai bisogni assistenziali dei pazienti: – anziani a rischio di non autosufficienza o temporaneamente non autosufficienti; – affetti da patologie croniche ad alto fabbisogno assistenziale, durante i periodi di riacutizzazione o nelle fasi post-acute; – oncologici e terminali (non affetti da immunodeficienza acquisita); – non sostenuti o con scarso supporto familiare, in alternativa all’assistenza domiciliare integrata; – in fase di pre-ospedalizzazione o di recupero successivo al momento acuto ospedaliero.
Sono garantiti gli esami diagnostici ed i supporti terapeutici di non elevata complessità tecnologica. L’attività di ricovero è svolta in regime h24 e h12.

L’OdC eroga prestazioni assistenziali avvalendosi dei medici di medicina generale, degli specialisti, del personale infermieristico, dei tecnici della riabilitazione e dei medici del Distretto socio-sanitario.
L’accesso è programmato ed avviene mediante specifica richiesta di ricovero formulata dal medico di medicina generale o dal medico ospedaliero, la quale deve essere rivolta al medico responsabile della struttura.

Standard di personale per 1 Ospedale di Comunità dotato di 20 posti letto: 9 Infermieri, 6 Operatori Sociosanitari, almeno 1-2 unità di altro personale sanitario e un Medico per almeno 4,5 ore al giorno 6 giorni su 7.
Come si vede, le strutture sanitarie di prossimità modificheranno radicalmente l’approccio verso il paziente, privilegiando la prevenzione delle malattie, soprattutto quelle croniche, ed evitando che gli ospedali sede di pronto soccorso siano congestionati con ricoveri impropri.

Un rapporto familiare tra la struttura di prossimità ed il paziente, ed innovazioni come la telemedicina favoriranno servizi sanitari immediati, la risoluzione di problemi con interventi a bassa intensità clinica e degenze non lunghe. Tutto questo farà sì che il personale della rete ospedaliera (hub, spoke, etc.) possa pianificare ed attuare gli interventi più complessi e difficili con maggiore tranquillità e raziocinio. (fv)

SANITÀ, IN CALABRIA VICINA AL COLLASSO
L’EMERGENZA SI AFFRONTI CON I MILITARI

di FRANCESCO RAO – Da qualche mese iniziava ad aleggiare quel senso di libertà che il Covid, nel corso degli ultimi tre anni, ci aveva sottratto. Da metà giugno vi è stata una crescente fiammata pandemica, attivata dalla variante Omicron 5, la quale a giudizio degli esperti culminerà con un picco per metà luglio. Tali circostanze, si pongono all’interno di un paniere di priorità che non possono essere oggetto di soluzione da riporre esclusivamente sulle spalle del Presidente Occhiuto e della maggioranza che ne sostiene il governo della regione Calabria.

Se l’inflazione è ai livelli del lontano 1986 e il governo centrale, cogliendone il rischio di stagflazione ha lavorato e sta lavorando ad una serie di provvedimenti per tentare di sterilizzare i pesanti effetti non sopportabili dalle fasce sociali maggiormente esposte, la Calabria oggi deve nuovamente fare i conti con la questione sanitaria. Intanto, da ieri, il reparto di anestesia dell’Ospedale “Santa Maria degli Ungheresi” è chiuso per carenza di personale e, di conseguenza, non sarà possibile essere operativi da un punto di vista chirurgico in caso di necessità. Con molto rispetto per la politica locale, intenta a stracciarsi le veste e con la memoria corta rispetto al passato, oggi non basta affermare: “lo avevamo detto”.

Oggi sarebbe stato il tempo per riflettere chiedendosi: “che cosa è stato fatto in passato”? Intanto, a causa degli svariati commissariamenti della Sanità Calabrese, per i quali sono giunte “benedizioni” da tutte le aree politiche di cui gli effetti sono anche quelli prima richiamati, c’è da considerare tutte quelle persone che non hanno modo di ricorrere a cure in solvenza privata, non possono spostarsi perché a corto di mezzi. Adesso bisogna reagire con senso costruttivo, mettendo da parte il vezzo della costante Campagna Elettorale e invece di alimentare inutili polveroni, supportando soluzioni non ufficiali come quelle diffuse ieri (arrivo dei medici cubani), oppure accaparrarsi la scena mediatica per promuovere l’insostenibile. Si guardi la realtà in faccia, considerando oltre all’imminente picco pandemico quale sarà l’imponenza dello scenario autunnale.

Comprendo quanto sia impossibile poter reclutare, in meno di un mese, il personale necessario da affiancare a tutti gli operatori sanitari sino ad ora impegnati a svolgere la loro attività con estrema abnegazione, ricevendo spesso irriconoscenza e facendo a meno di ferie e riposi per senso di responsabilità. La scelta di ridurre i costi per sanare i debiti, messa in atto dai vari manager, ha generato una contrazione di servizi su un territorio che non può essere oggetto di comparazione con altri casi analoghi.

Riferendomi alla Piana di Gioia Tauro, penso ad una popolazione ingabbiata in una serie di difficoltà e asfissiata dall’impossibilità di poter attendere e poter sperare. Il diritto alla salute non prevede opzioni e ripone circostanziate responsabilità che il Presidente Occhiuto, nella qualità di Commissario straordinario, forse farebbe bene a condividere con il Governo centrale e con la Comunità Europea, nell’identica misura con la quale abbiamo giustamente riposto attenzione per l’occupazione Ucraina. Anche noi siamo in guerra e soprattutto anche noi siamo Calabresi, Italiani ed Europei.

A tal fine, come già avvenuto in passato per la gestione della fase vaccinale, perché non si ricorre all’ausilio di personale medico militare da inserire nel più breve tempo possibile nei nostri Ospedali? Se ciò non fosse possibile, si potrebbe immaginare di far giungere in Calabria la Nave ammiraglia “Cavour” per splittare il sistema sanitario regionale, assegnando al Reparto militare tutte le cure afferenti ai casi Covid e lasciando la medicina ordinaria, compresa la diagnostica preventiva al personale sanitario ospedaliero? (fr)

(Francesco Rao, giornalista e Presidente Dipartimento Calabria ANS Sociologi)

UNICAL, GRANDE AIUTO A SANITÀ E SALUTE
LA SUA AREA MEDICA È IN VETTA IN ITALIA

di FRANCO BARTUCCI – L’Università della Calabria può svolgere un importante ruolo in aiuto della sanità e della salute dei calabresi: la sua area di medicina è stata valutata dall’Anvur (Agenzia nazionale di valutazione universitaria e ricerca) ai primi posti in Italia a livello scientifico e il laboratorio STAR, dove ha sede il laboratorio della sorgente a raggi X entrato in funzione qualche settimana, offre un ausilio fondamentale nel campo biomedicale. Una conferma che l’eccellenza premia il territorio e la scelta della Facoltà di Medicina e Tecnologie digitali, in tandem con l’Università Magna Graecia di Catanzaro, si sta rivelando davvero felice.

In questo contesto, risulta utile considerare la visita del sottosegretario alla salute Costa all’UniCal e le sue considerazioni sul futuro e le grandi potenzialità dell’Ateneo cosentino. È soprattutto il segno di un’attenzione crescente verso l’Unical proiettata a diventare un polo di eccellenza anche nel campo biomedico. 

Il sottosegretario del Ministero della Salute, Andrea Costa, accompagnato da Franco Pichierri, componente della direzione nazionale del partito “Noi con l’Italia” e responsabile del settore sanità, ha fatto tappa all’Università della Calabria per un incontro con il Rettore, che però si è dovuto assentare per ragioni istituzionali in quanto impegnato a Roma con il Ministro all’Università e Ricerca Scientifica, Maria Cristina Messa, per discutere sulle prospettive delle Università del Sud. Ad accogliere il sottosegretario Costa il Pro Rettore, prof. Francesco Scarcello.

Un incontro quello del sottosegretario Costa che gli ha consentito di avere delle delucidazioni e comunicazioni sulle potenzialità dell’Università della Calabria circa le sue competenze in  materia  di sanità e salute grazie alla buona organizzazione che si è concretizzata in questi anni con il supporto iniziale del Dipartimento di Biologia e del Centro Sanitario, dai quali sono scaturite  a seguire l’ istituzione della Facoltà di Farmacia e Scienze della Salute e Nutrizione e finalmente dallo scorso anno, in accordo con l’Università “Magna Graecia” di Catanzaro, l’avvio del primo anno della laurea specialistica in “Medicina e Tecnologie Digitali”, una delle novità in campo nazionale dei percorsi formativi universitari.

All’incontro con il Pro Rettore Scarcello vi hanno partecipato il prof. Marcello Maggiolini, coordinatore del corso di laurea in “Medicina e Tecnologie Digitali” presso l’Università della Calabria, nonché il prof. emerito Sebastiano Andò, già direttore del dipartimento di Biologia, primo ed unico Preside della Facoltà di Farmacia e Scienze della Salute e Nutrizione fino al suo scioglimento a seguito della legge di riforma universitaria Gelmini; nonché già Presidente del Centro Sanitario dell’Università della Calabria, uno dei cinque centri comuni previsti dallo Statuto della stessa Università, di cui al DPR 1 dicembre 1971 n°1329; ma di fatto attivato dal Rettore, prof. Pietro Bucci, nel 1980 con apposito decreto con l’affidamento della delega di direttore sanitario al prof. Sebastiano Andò e direttore amministrativo ad dr. Aldo Orrico.

Funzioni che lo hanno portato a svolgere un ruolo di forte stimolo per istituire all’interno della Facoltà di Farmacia e Scienze della Salute e  della Nutrizione la scuola di specializzazione in “Patologia Clinica” ed il raggiungimento dell’accordo con l’Università “Magna Graecia” di Catanzaro per l’istituzione del corso di laurea in “Medicina e Tecnologie Digitali”, grazie alla particolare sensibilità ed attenzione trovata da parte dei due Rettori, Nicola Leone e Giovambattista De Sarro.

Nel tracciare il ruolo svolto dal prof. Andò durante questi anni di lavoro scientifico, accademico ed anche politico, iniziato fin dagli anni di partenza dell’Università, a cominciare da quello esercitato nel dipartimento di biologia, utilizzando le sue varie funzioni sopra elencate, è il caso di dire inoltre, che per gli interessi scientifici sorti in materia di fitoterapia e fitofarmaci, molto intenso è stato il legame creato con alcune università cinesi e con la Repubblica Popolare Cinese fin dal 1979. Un rapporto che ha portato nel Campus universitario di Arcavacata, per prima in Italia a livello universitario, un consistente numero di studenti cinesi per consentire loro l’acquisizione delle lauree facenti parte del pacchetto dei titoli accademici della Facoltà di Farmacia e Scienze della Salute e della Nutrizione, come anche delle altre, con l’ organizzazione pure di una Scuola di Fitofarmacia, con il contributo pure del prof. Francesco Menichini, che hanno portato alla creazione di  alcuni Master di reciproco interesse e studio di alta formazione nei campi della fitoterapia ed integrazione alimentare.

Come è il caso di sottolineare che in questi ultimi anni l’Anvur (Agenzia nazionale di valutazione universitaria e ricerca) ha collocato l’Area di Medicina, presente a livello scientifico nell’Università della Calabria, al primo posto in Italia stimolando nuovi interessi all’interno della stessa.

La sorgente a raggi X ad alta energia – inaugurata dalla ministra Messa – ha un potere penetrante che consente di esaminare, attraverso l’acquisizione di immagini tridimensionali ad altissima risoluzione, la struttura interna dei materiali a cominciare da quelli utilizzati in campo biologico e biomedicale. 

Con il tavolo anatomico tridimensionale creato all’Università della Calabria ed utilizzato per ragioni di studio dagli studenti del corso di laurea in “Medicina e Tecnologie Digitali” si è potuto effettuare all’Ospedale Annunziata di Cosenza un intervento di chirurgia oncologica avanzata di straordinario valore medico scientifico, coordinato dal prof. Bruno Nardo, Primario della Chirurgia Generale dello stesso Ospedale e Ordinario presso il Dipartimento di Farmacia dell’Università della Calabria, asportando ad una paziente un tumore maligno complesso di  7,5 Kg, frutto di una collaborazione multidisciplinare di diversi professionisti medici e chirurghi.

Un risultato incredibile e innovativo frutto anche del paziente lavoro costante elaborato in questi anni dal prof. emerito Sebastiano Andò all’interno dell’Università della Calabria e che ha trovato il sottosegretario alla Salute Andrea Costa attento osservatore pronto a riconoscere all’Università della Calabria meriti dovuti e soprattutto l’espressione di pensieri e stimoli nel perseguire nuovi percorsi di sviluppo e crescita al servizio della Calabria e del Paese utilizzando progetti nuovi e programmi derivanti dal PNRR.

In entrambi gli incontri presso il rettorato con il pro Rettore, prof. Francesco Scarcello, che presso il Centro Sanitario con la dirigenza, il personale e i giovani ricercatori, il sottosegretario Costa ha rimarcato il significato ed il valore del nuovo corso di Medicina e Tecnologie Digitali quale valida opportunità occupazionale per i tanti giovani che vi accederanno, i quali potranno contribuire a creare servizi sanitari di qualità per i cittadini. «C’è bisogno di creare sinergia e unità d’intenti tra mondo sanitario, della ricerca, sistema universitario e politico, come con la stessa società del territorio, per individuare il modo migliore come attuare una sanità in Calabria di alta qualità ed intenso servizio utile a garantire il diritto alla salute per tutti i calabresi».

Altro argomento trattato ha riguardato la questione del personale che in Calabria risulta carente in varie strutture sanitarie, come nella stessa università, causa i vari tagli che sono stati atti nel corso di questi anni. Occorre anche in questo una pianificazione nuova urgente che il Presidente della Regione Roberto Occhiuto ha inserito nel suo programma di governo del territorio. I fondi del PNRR rappresentano una valida opportunità da non farsi sfuggire. 

«Per la prima volta – ha detto il sottosegretario Costa – abbiamo aumentato il fondo del  servizio sanitario nazionale prevedendo due miliardi all’anno per i prossimi tre anni, raddoppiando le borse di specializzazione e le borse per i medici di medicina generale e oggi c’è consapevolezza che la salute non è una spesa ma un investimento e quindi anche la Calabria certamente potrà averne dei benefici. Dobbiamo insieme costruire una sanità che non si prenda solo cura della malattia ma soprattutto della persona».

La decisione finale dove realizzarlo spetta adesso al Presidente della Regione Roberto Occhiuto e in tanti auspicano una decisione ponderata che sappia ben guardare pure alle potenzialità accumulate in questi anni dall’Università della Calabria in materia di competenze sanitarie per come è stato raccontato in questo servizio. Ed è bene che le istituzioni locali interessate siano aperte ad aprire un rapporto stretto di collaborazione con la stessa Università anche perché ci deve essere uno sforzo comune a portarla a compimento nelle strutture per come disegnato nel progetto strutturale Gregotti. Alla base di tutto per ottenere il successo sperato occorre solo lavorare e credere  nella creazione di un rapporto “sinergico”, la parola miracolosa del nostro futuro. (fba)

SANITÀ, IL GIGANTESCO DEFICIT DERIVATO
DA 12 ANNI DI INFELICE PIANO DI RIENTRO

di GIACINTO NANCIIl sottosegretario alla sanità Andrea Costa nei giorni scorsi durante una sua visita in Calabria ha affermato che “siamo sulla strada giusta per la fine del commissariamento della sanità calabrese”. Vuoi vedere che finalmente al governo hanno capito che il piano di rientro sanitario imposto alla Calabria nel lontano dicembre del 2009 è proprio la causa della disastrosa situazione della sanità calabrese?

Infatti del “percorso positivo che ha già dato dei risultati positivi” citato dal sottosegretario non vi è neanche l’ombra perché dopo 12 anni di piano di rientro sanitario il deficit annuale della sanità calabrese è raddoppiato e la spesa dei calabresi fuori regione è perfino triplicata raggiungendo la stratosferica cifra di 329 milioni di euro. Ripetiamo, forse al governo hanno capito che è stato proprio il piano di rientro a causare e ad incrementare il deficit sanitario e le spese dei calabresi fuori regione. Infatti a governare la sanità calabrese in questi 12 anni non sono stati i calabresi ma i ministeri dell’Economia e della Salute tramite i loro commissari che si sono succeduti, e negli ultimi 4 anni, come se ciò non bastasse, hanno commissariato tutte e cinque le Asp e i tre maggiori ospedali calabresi.

Finalmente hanno capito che se in 12 anni di commissariamento la situazione è fortemente peggiorata vuol dire che c’era e c’è qualche altro motivo a causare il deficit sanitario calabrese che non l’incapacità dei calabresi ad amministrare la salute. E il motivo c’è ed è dovuto al fatto che la Calabria, dove ci sono molti più malati cronici, è la regione che da oltre 20 anni ha ricevuto meno fondi sanitari delle altre regioni, ad esempio nell’ultimo riparto dei fondi tra la regione Emilia Romagna che ha ricevuto più fondi pro capite e la Calabria che è quella che ne ha avuti di meno in assoluto ci sono ben 400,5 euro pro capite di differenza e se la Calabria avesse ricevuto 400,5 euro pro capite in più per i suoi 1.947.000 di abitanti avremmo avuto ben 779 milioni di euro in più.

E questa ingiustizia è ancora più grave considerando che in Calabria ci sono ben 287.000 malati cronici in più rispetto ad altri circa due milioni di altri italiani, dato certificato dai ministeri dell’Economia e da quello della Salute che hanno vidimato il DCA n103 del 30/09/2015 del commissario Scura che quantificava questi malati cronici in più con tanto di specifiche tabelle. Adesso siamo tutti contenti perché arrivano in Calabria per la sanità i 350 milioni del Pnrr, ma viste le cifre appena esposte quanti “PNNR” da 20 anni ogni anno sono stati sottratti alla Calabria?.

Infatti nel 2017 la Conferenza stato Regioni ha fatto una parzialissima modifica (per come dichiarato dal suo presidente Bonaccini) al criterio di riparto dei fondi sanitari alle regioni considerando non solo l’età ma anche la presenza delle patologie nelle varie regioni. Il risultato è stato che alla Calabria sono spettati 29 milioni di euro in più e quasi mezzo miliardo in più a tutto il sud. Se la modifica fosse stata completa i 29 milioni si sarebbero potuti moltiplicare almeno per 4, ovviamente la modifica non è stata ne ampliata ne ripetuta e la Calabria è tornata ad essere la regione con meno fondi pro capite in assoluto. Una promessa del genere l’aveva fatta nientemeno che il ministro della salute Fazio in un solenne comizio a Napoli il primo di Aprile del 2011 (sì già nel lontano 2011) dove aveva detto: “Entro due anni potremo ripartire i fondi in base alla prevalenza delle malattie e non più rispetto al parametro dell’età…”.

Il ministro è passato e il vecchio criterio che ha penalizzato e penalizza le regioni come la Calabria è rimasto. E quando al danno si aggiunge altro danno dobbiamo ricordare che in applicazione del piano di rientro noi calabresi da 12 anni ogni anno paghiamo oltre 100 milioni di euro di tasse e accise in più per ripianare il presunto deficit. E quando al danno si aggiunge anche la beffa noi calabresi siamo condannati a restituire 950 milioni in trenta anni per un prestito di 422 milioni che il governo ci ha fatto all’inizio del piano di rientro con un tasso di interesse del 4,89% che è molto vicino al tasso usuraio che è del 6.03%, mentre quello corretto per questo tipo prestito è dell’1%.

Infine sig. sottosegretario Andrea Costa è un bene la fine del piano di rientro sanitario ma se non viene modificato il criterio di riparto dei fondi sanitari alle regioni che ha penalizzato da oltre 20 anni la Calabria saremo come prima, anzi peggio, perché dopo 12 anni di tagli del piano di rientro che hanno significato chiusura di ospedali, blocco del turn over, aumento di viaggi della speranza fuori regione, allungamento delle liste di attesa, aumento dei ticket che hanno causato come dato conclusivo il fatto che i Calabria a parità di patologia si muore prima che nel resto d’Italia. Ripetiamo non basta la fine del piano di rientro ma il corretto finanziamento della salute, più fondi dove ci sono più malati e non il contrario come è stato da oltre 20 anni a questa parte. (gn)