PSICHIATRIA, SERVONO RISORSE E SERVIZI
BASTA INDIFFERENZA E FALSE PROMESSE

di GIUSEPPE FOTILa notizia della psichiatra uccisa da un paziente ha lasciato sgomenti tutti, creando nell’opinione pubblica un forte senso di angoscia e impotenza. Nel periodo attuale vince sempre più una visione riduttiva e poco chiara della complessità umana, conducendo la dolorosa vicenda in questione verso la ricerca spasmodica di un qualcosa che potesse giustificare l’utilizzo della giustizia e della legge come atto di vendetta o per lavarsi la coscienza.

Con questo, sia chiaro, non voglio giustificare chi deve essere punito per i suoi crimini, ma ritengo seriamente poco reale e inopportuno stigmatizzare, ulteriormente, i molti pazienti che soffrono di disagio psichico e che poco centrano con quanto successo. Il rischio di generalizzare e di confondere le idee per coprire le carenze strutturali di base e le responsabilità della politica sono evidenti. Il tutto si può ricondurre, se ricordano bene i nostri cari politici, alla famigerata e spasmodica ricerca del risparmio a tutti costi che ha reso la sanità un cumulo di macerie, a danno di cittadini e operatori che si sentono sempre più abbandonati a sé stessi.

La violenza, che non ha colore, ceto sociale o altra conformazione che la possa rinchiudere in un determinato involucro predefinito, è parte integrante e recondita dell’animo umano e in un passato lontano ci era anche servita per sopravvivere dagli attacchi delle belve feroci. Oggi, per scatenare le masse verso chi non centra o per trovare un alibi che distolga l’attenzione sui reali problemi, si usa la propaganda come richiamo nei vari incontri politici per incantare l’esiguo numero degli utili idioti presenti.

La verità è che sono anni che ripetiamo che il settore psichiatrico necessita di maggiori risorse e invece di ascoltarci lo si impoverisce sempre di più, fin quando, sulla pelle di un’onesta professionista, si è arrivati, miracolosamente, alla deduzione che bisogna interrogarsi nei tavoli istituzionali, non per capire la profondità del problema, ma per cercare sempre di demandare le proprie responsabilità su qualcosa o su qualcun altro. Si sono scomodati in tanti (solo ora e non si sa se concretamente) e tutti concordi che bisogna intervenire al più presto. Ma mi chiedo, e vi chiedo, ma prima dove eravate quando noi operatori denunciavamo pubblicamente che la situazione era critica e ingestibile?

 Noi operatori, quelli delle così infangate e denigrate strutture residenziali, quelli che si sono fatti carico da sempre di tutte le carenze sanitarie pubbliche e nello stesso tempo cercando di dare un servizio dignitoso ai nostri pazienti.

 Le lotte fatte, ancora oggi in atto, non hanno mai registrato la presenza di nessuno di quelli che, del settore e non, gridano alla vergogna e cercano di portare avanti degli argomenti senza senso, solo per proprio vantaggio. Siamo soli, consapevoli di esserlo da tempo, e nel leggere nelle testate nazionali che si chiedono, come volendoci prendere in giro, nuovi strumenti sia dal lato sanitario che della giustizia… La cosa mi lascia seriamente perplesso, amareggiato e tanto arrabbiato. 

Le parole scorrono come fiumi nella mia testa e si vorrebbero infrangere come onde di uno tsunami contro la parete della vostra indolenza e falso perbenismo che porta la psichiatria verso il baratro e hanno portato alla fine di una vita umana, che poteva essere salvata se solo fosse stati attenti ad ascoltarla. Affrontare le gravi criticità psichiatriche e permettersi di parlare della legge Basaglia vuol dire che almeno una volta nella vita, per capire in fondo la problematica, ci si è “sporcati le mani” scendendo dal vostro piedistallo e uscendo dalla sicurezza dai vostri patinati uffici per recarvi nelle trincee, dove quotidianamente si consuma il dolore oscuro dell’anima che affligge migliaia di utenti che cercano solo conforto e aiuto.

La nostra regione, nello specifico, è povera di servizi perché avete promesso tanto e mantenuto poco, anzi niente, perché il disagio mentale non interessa e non porta voti. Aspettiamo da tempo gli accreditamenti delle strutture residenziali del territorio, baluardo, nel bene e nel male, di chi cerca comprensione e riparo da una società che se produci vali e vai avanti, altrimenti verrai smaltito come spazzatura.

Il blocco dei ricoveri, altra prepotenza incostituzionale, ha creato ulteriori disagi a famiglie e utenti e il tutto nel silenzio assordante della politica che si distraeva per non sentire per poi piangere per chi perisce per la loro precedente incuria, promettendo mari e monti come da copione. Non cercheremo più di comprendere perché siamo seriamente stanchi e pretendiamo risposte celeri, non si gioca sulla pelle delle persone e sulla sofferenza e va ricordato che tra le malattie incurabili che l’uomo ha generato e che vanno debellate c’è… l’indifferenza. (gf)

[Giuseppe Foti è operatore psichiatrico a Reggio Calabria]

SANITÀ, DA 20 ANNI NEL RIPARTO DEI FONDI
ALLA CALABRIA TOCCANO SEMPRE DI MENO

di GIACINTO NANCII politici calabresi si stanno accapigliando perché ognuno vuole nella propria provincia la facoltà di medicina e chirurgia perdendo ancora una volta di vista i veri problemi della sanità calabrese che continua ad andare al macello.

Dopo 13 anni di piano di rientro infatti i conti della sanità calabrese continuano ad essere bocciati dalla Corte dei Conti, e siamo ultimi in Italia per applicazione dei Lea, ma la cosa più grave è che a parità di patologia, specialmente tumorale, in Calabria si muore prima che non nelle altre regioni.

Invece di accapigliarsi per avere ognuno la facoltà di medicina nella propria provincia che al massimo sforna laureati che poi emigrano, i politici calabresi dovrebbero battersi per modificare i criteri di riparto dei fondi sanitari alle regioni perché la Calabria è la regione che riceve pro capite, da più di 20 anni a questa parte, meno fondi per la sua sanità pur avendo tra i suoi circa due milioni di abitanti ben 287000 mila malati cronici in più che non in altri due milioni di altri italiani per come certificato anche dall’ormai lontano Dca N. 103 dell’ex commissario al piano di rientro sanitario calabrese Scura del 30/09/2015. Dca vidimato sia dal ministero dell’Economia che da quello della Salute, quindi tutti sanno.

A favorire questa necessaria battaglia dei politici calabresi per una migliore sanità è avvenuto che il governatore della regione Campania l’estate scorsa ha fatto un ricorso al TAR per contestare proprio i criteri di riparto dei fondi sanitari alle regioni che a suo dire penalizzano la Campania. Il ricorso ha una totale validità, tanto che prima che il Tar si sia pronunciato, la Conferenza Stato Regioni e il Governo hanno promesso e programmato per il prossimo anno la modifica dei criteri di riparto dei fondi sanitari alle regioni, comprendendo che il ricorso verrà sicuramente accolto. I politici calabresi avrebbero dovuto già da molto tempo fare loro il ricorso al Tar prima della regione Campania proprio perché la Calabria è molto più penalizzata non solo rispetto alla regione Campania ma rispetto a tutte le altre regioni.

Per rendere l’idea di quanto la Calabria e le regioni del sud sono penalizzate dall’attuale criterio di riparto dei fondi sanitari alle regioni basti dire che nel 2017 è stata fatta una modifica “parziale” (per come specificato dall’allora presidente delle Conferenza Stato-Regioni on. Bonaccini) dei criteri di riparto basati sulla “deprivazione” e non su quelli “demografici” correnti. Ebbene in base a questa parziale modifica (non riproposta ne tantomeno ampliata negli anni successivi e da qui il ricorso al Tar) alle regioni meridionali sono stati assegnati in più nel 2017 rispetto al 2016 ben 408 milioni di euro e se si considera che la modifica era solo parziale si potrebbe moltiplicare la cifra almeno per 4 e se questo riparto fosse stato fatto da 20 anni a questa parte in cui il riparto è stato fatto invece  con il criterio “demografico” la sanità del sud e quella calabrese, che è quella più penalizzata da questo criterio di riparto, avrebbero avuto molte più opportunità.

La sanità calabrese oltre a questo handicap del criterio di riparto è penalizzata anche dal piano di rientro stesso cui è sottoposta da oltre 13 anni perché esso fa ulteriori tagli alla sua spesa sanitaria, già insufficiente, proprio per ripianare il presunto deficit, e impone una maggiorazione delle tasse (Irap, Irpef, Accise etc..) ai calabresi, peggiorando oltre alla salute anche l’economia calabrese. Che fare allora?

Invece di litigare per la facoltà di medicina la Calabria si deve mettere alla testa delle regioni meridionali (così si ha più forza) perché il criterio di riparto dei fondi sanitari venga realmente e giustamente fatto non solo in base ai criteri della “deprivazione”, come vuole fare il governo e che ci darebbe certamente più fondi, ma  anche in base alla numerosità delle malattie presenti nella varie regioni in quanto essendo la regione con più  malattie croniche ci assegnerebbe i fondi giusti per poterle curare.

Con i fondi in più potremmo, invece di fare campanilismo per la facoltà di medicina nella propria provincia, pensare di creare dei centri di eccellenza per le varie patologie perché uno dei fenomeni che peggiorano i conti della sanità calabrese sono proprio le spese per le nostre cure fuori regione nei centri di eccellenza del nord, che nel 2021 sono giunte alla stratosferica cifra di 329 milioni di euro. Un esempio per capire.

La Calabria con una prevalenza di diabete mellito del 12% non ha un centro per la cura del piede diabetico, la regione Lombardia con una prevalenza di diabete del solo 4% ha più centri per la cura del piede diabetico, per cui i calabresi poi devono andare in questi centri al nord solo per l’amputazione del piede e non per la sua cura. Lo stesso vale per altre patologie.

E se si considera che la creazione di un centro di eccellenza costa pochissime decine di milioni di euro, con i fondi in più che dovremmo ricevere con la modifica dei criteri riparto, potremmo permetterci, oltre ai centri di eccellenza per le malattie croniche, perfino un centro di eccellenza “sullo studio della neurofisiopatolgia del canto del grillo”. Se vogliono fare un favore ai calabresi i nostri politici devono da subito iniziare la battaglia per la modifica del riparto dei fondi sanitari e oggi c’è l’opportunità di farlo visto sia il ricorso al Tar della regione Campania e sia gli ultimi gravi rilievi fatti dal Tavolo Adduce (organo ministeriale che ogni anno monitora le regioni in piano di rientro) al commissariamento della sanità calabrese, al commissario Occhiuto e al piano di rientro calabrese.

Altrimenti come i polli di Renzo, i nostri politici, faranno continuare a finire al macello i malati calabresi (che continueranno a morire prima degli altri italiani a parità di patologia). (gn)

1° GIORNO DEI MEDICI CUBANI IN CALABRIA
AIUTO IMPORTANTE ALLA SANITÀ MALATA

di MICHELANGELO TRIPODI – In questi giorni stanno prendendo servizio negli ospedali calabresi i primi 51 medici cubani (13 donne e 38 uomini) giunti in Calabria a fine dicembre 2022, in base ad un accordo voluto dal Presidente della Regione Roberto Occhiuto e firmato a fine luglio 2022 con la società a partecipazione statale cubana Comercializadora de servicios médicos cubanos (CSMC).

Il soccorso cubano alla Calabria, primo del genere nell’Unione Europea, è il frutto dell’Adpc (Accordo di Dialogo Politico e di Cooperazione) tra l’Unione europea e la Repubblica di Cuba (Decisione (Ue) 2016/2232 del Consiglio del 06 dicembre 2016). I cinquantuno medici sono il primo contingente di un gruppo più ampio: l’accordo riguarda, complessivamente, 497 professionisti e dovrebbe aiutare, per i prossimi tre anni, il servizio sanitario regionale a rispondere all’ormai cronica assenza di personale medico specializzato.

I 51 medici cubani, in queste settimane hanno svolto un corso intensivo di lingua italiana, presso l’Unical di Rende (CS). Da oggi 23 gennaio i medici cubani cominceranno la loro attività professionale nell’Azienda Sanitaria Provinciale di Reggio Calabria (10 nell’ospedale di Gioia Tauro, 16 in quello di Locri, 9 a Melito Porto Salvo e 16 nell’ospedale di Polistena).

L’avvio dell’operazione è stato battezzato dall’ambasciatrice di Cuba, Mirta Granda Averhoff, che è venuta in Calabria per incontrare i medici, insieme al Presidente Occhiuto. Ancora una volta, come Fidel Castro aveva più volte detto in passato, “Cuba non esporta bombe, ma medici che salvano le vite”.

La scelta difficile e coraggiosa assunta dal Presidente Roberto Occhiuto, che non dimentichiamolo è espressione di Forza Italia, è stata motivata dalla condizione disastrosa in cui versa la sanità calabrese, alla quale i 12 anni di commissariamento governativo, con la nomina di personaggi spesso totalmente incompetenti e inadeguati, hanno dato il colpo di grazia.

È una scelta che sosteniamo e condividiamo contro i tentativi di bloccare l’operazione, anche perché si muove controcorrente: in un mondo segnato da muri e barriere è assai importante che dalla Calabria parta un messaggio forte di apertura, dialogo e condivisione.
Oggi la Calabria è collocata all’ultimo posto della graduatoria nazionale per quanto riguarda i Lea (Livelli Essenziali di Assistenza), mentre ogni anno circa 300 milioni di euro del fondo sanitario regionale vengo trasferiti in altre regioni, per coprire la massiccia emigrazione sanitaria (circa il 20% dei ricoveri di cittadini calabresi viene effettuato presso strutture sanitarie del Nord o comunque fuori dalla regione).

Inoltre, una parte importante delle risorse pubbliche vanno verso la sanità privata, che continua ad ingrassare, mentre cala sempre più il livello di garanzia, di tutela e di assistenza sanitaria nel settore pubblico e il diritto alla salute continua ad essere negato. La presenza dei medici cubani servirà, quindi, ad affrontare l’emergenza di una situazione in cui è gravissima la mancanza di medici, visto che molti bandi sono andati deserti, e ad impedire la chiusura di interi reparti e di diversi ospedali, ma la soluzione definitiva dei problemi della sanità calabrese deve ancora arrivare e va ricercata ed individuata con la massima celerità.

In Calabria la sanità ha bisogno di una riforma strutturale, a partire dalla realizzazione di nuovi ospedali, dalla stabilizzazione del personale sanitario precario, dal reclutamento a tempo indeterminato dei medici e paramedici mancanti (si parla di una carenza di almeno 8.000 unità tra medici, infermieri, tecnici, Oss, ausiliari, ecc.), dall’aumento dei posti letto e delle terapie intensive, dal potenziamento della medicina sul territorio, garantendo i servizi sanitari fondamentali, erogando nuovi servizi e prestazioni ai cittadini, eliminando le lunghe liste d’attesa e bloccando l’emigrazione sanitaria per rendere effettivo ed efficace il diritto alla salute per i cittadini calabresi, con un’offerta sanitaria che possa essere soddisfacente.

Più in generale occorre finirla con la politica dei tagli sulla sanità, aumentando le risorse finanziarie investite nella sanità, garantendo una sanità pubblica, efficiente, di qualità e gratuita in tutte le regioni con un servizio universale, senza avere sanità di serie A al nord e di serie B al sud. Inoltre, occorre abolire il numero chiuso nelle Facoltà di Medicina che ha provocato danni enormi e una grave carenza di medici nella sanità italiana.

Una buona notizia, comunque, è arrivata recentemente in Calabria con l’attivazione, a partire dell’anno accademico 2023/24, presso l’Unical dei nuovi corsi di laurea in infermieristica e in Medicina e chirurgia: ciò, nel prossimo futuro, darà un contributo importante al sistema sanitario regionale, raddoppiando il numero dei laureati nelle professioni sanitarie che usciranno dalle università calabresi.

Rimane il fatto che la Regione Calabria, guidata da un Presidente che non è mai stato comunista, si vede costretta a “chiedere aiuto ai comunisti” (come, d’altronde, hanno scritto i giornali di destra per attaccare questa operazione), riconoscendo l’eccellenza di un modello sanitario di un paese come Cuba, che è bersaglio della destra neoliberista mondiale ed europea perché, nonostante l’embargo statunitense che dura dal 1962, è riuscita a costruire negli anni un sistema sanitario, educativo, sportivo e culturale di eccellenza, esempio per tutti i paesi in via di sviluppo.

Che i medici cubani aiutassero a salvare vite in ogni parte del mondo era una realtà conosciuta da tempo, ma non pensavamo mai che questa missione avrebbero dovuto compierla in una regione della ricca e potente Europa capitalista. Evidentemente il mondo sta cambiando e questi sono i segnali che sono possibili anche cambiamenti positivi. (mt)

[Michelangelo Tripodi già consigliere e assessore regionale]

L’IGNOBILE ACCISE AGGIUNTIVA SU BENZINA
CHE PAGHIAMO SOLTANTO NOI CALABRESI

di GIACINTO NANCIC’è un gran dibattito sul taglio, da parte del governo, degli sconti delle accise sulla benzina e sul suo conseguente aumento di prezzo. C’è una regione, la Calabria, che ha sulla benzina una accisa aggiuntiva che ha continuato a pagare anche negli anni passati (quando per le altre regioni erano scontate) infatti le paga fin dal 2009 (art. 2 comma 86 legge 191 del 2009) a causa dell’imposizione del piano di rientro sanitario cui è sottoposta fin da allora.

Adesso noi calabresi continuiamo a pagare sulla benzina accise aggiuntive alle altre per cui in Calabria la benzina costa di più. Ma, oltre alle accise sulla benzina, di tasse la Calabria, sempre a causa del piano di rientro, ne paga molte di più delle altre regioni. Noi calabresi paghiamo più ticket sulle prestazioni sanitarie, più Irpef e più Irap più tasse sulla tassa di circolazione etc…

Infatti un lavoratore calabrese con un imponibile di 20000 euro lordi paga, rispetto ad un lavoratore lombardo o piemontese, ben 408 euro di Irpef di più all’anno e sempre da 12 anni a questa parte. Un imprenditore calabrese con un imponibile lordo di un milione di euro paga, rispetto ad un imprenditore veneto e toscano, ben 10.700 euro in più.

Il tutto a causa della imposizione alla Calabria del piano di rientro sanitario nel dicembre 2009 per un presunto deficit della spesa sanitaria in quanto la Calabria spendeva più soldi per la sua sanità di quante ne riceveva nel riparto dei fondi sanitari alle regioni. Lo “sforamento” è dovuto al fatto che la Calabria è la regione che riceve da più di 20 anni per la sua sanità meno fondi pro capite delle altre regioni nonostante che nei suoi circa due milioni di abitanti ci sono ben 287000 malati cronici in più che in altri due milioni di altri italiani. Dato questo certificato, oltre che da tutti gli istituti che si interessano di statistica sanitaria, anche dal Dca n. 103 del lontano 30/09/2015 firmato dal commissario al piano di rientro sanitario calabrese ing. Scura e vidimato sia dal ministero dell’Economia che da quello della Salute, della serie tutti sanno.

Quindi alla regione con molti più malati cronici e quindi con una necessità di spesa maggiore, sono arrivati per tutti questi anni meno fondi in assoluto. Infine la Calabria sta pagando 30 milioni all’anno per 30 anni per un prestito di 424 milioni di euro, fatto alla Calabria dal Governo nel 2011, con un tasso di interesse del 5,89% che è un tasso che si avvicina a quello usuraio per questi tipi di prestiti che è del 6,34%, quindi il governo fa quasi l’usuraio nei confronti della Calabria.

Ed è per tutti questi motivi che i soldi non sono potuti bastare per curare i troppi malati cronici. Il piano di rientro sanitario ha peggiorato sia la salute dei calabresi che i conti della sua sanità. Infatti è facile comprendere che il malato cronico che non si può curare peggiora e poi per essere curato costa molto di più ed è per questo che dopo 12 anni di commissariamento il disavanzo non si è azzerato ma, quello annuo,  è raddoppiato nonostante il lunghissimo commissariamento (dal 2009) e nonostante che dal 2018 in Calabria sono state commissariate oltre la sanità regionale anche tutte e 5 le sue Asp e i tre ospedali principali: Annunziata di Cosenza, Pugliese di Catanzaro e Morelli di Reggio Calabria.

Ed è perfino triplicata la spesa annua dei calabresi per le cure fuori regione che è arrivata alla stratosferica cifra di 329 milioni di euro nel 2021. Anche un bambino si chiederebbe, a differenza dei governi nazionale e dei politici calabresi, come mai il deficit sanitario peggiora nonostante dodici anni di commissariamento totale di tutta la sanità calabrese e nonostante la super tassazione cui i calabresi sono sottoposti per ripianare il presunto deficit sanitario.

È evidente che la causa del presunto deficit è la sproporzione tra il sottofinanziamento a fronte di un alto numero di malati cronici per cui l’unica soluzione sarebbe quella di finanziare le sanità regionali non più come fatto fino ad adesso ma in base alla numerosità delle malattie presenti in ogni regione. Oggi sappiamo quanto costa curare una patologia cronica per un anno, sappiamo quali e quante malattie croniche ci sono in ogni regione e sarebbe possibile finanziare le sanità regionali in base ai reali bisogni delle popolazioni. Tutto ciò e talmente vero che la Campania ha fatto ricorso al Tar proprio perché ritiene ingiusto l’attuale criterio di riparto dei fondi sanitari alle regioni e che la Conferenza Stato Regioni ha dovuto prenderne atto e programmare la modifica del riparto dei fondi per l’anno venturo.

È, quindi, l’occasione perché si faccia un riparto che vada incontro ai reali bisogni dei malati e non riproporre quella parziale modifica (basata sulla “deprivazione” che continua a penalizzare la Calabria) fatta solo nel 2017 che ha modificato, ma solo pochissimo, l’attuale ingiusto criterio di riparto. La Calabria deve richiedere un riparto in base alla numerosità delle malattie non altro.

Adesso o mai più, altrimenti il piano di rientro sanitario calabrese non avrà mai fine e continueremo a non poterci curare nonostante le molte tasse che paghiamo in più delle altre regioni. (gn)

[Giacinto Nanci è dell’Associazione Mediass – Medici di Famiglia Catanzaro]

Debito sanità, Bevacqua (PD): Serve un cambio di passo e netto miglioramento dei Lea

Il capogruppo in Consiglio regionale del PD, Mimmo Bevacqua, è intervenuto in merito alle repliche e controreplice sui debiti della sanità calabrese, evidenziando come si «rischia di far perdere di vista il dato fondamentale: i Lea continuano tragicamente a peggiorare».

«E non sarà un’operazione di analisi finanziaria a farli migliorare; tantomeno una serie di mail inviate ai possibili creditori, alle quali sono pervenute risposte soltanto dalla metà dei destinatari» ha detto Bevacqua, aggiungendo che «nessuno mette in dubbio che la certificazione del debito sia una buona cosa, ma vorremo che fosse altrettanto chiaro che i crediti vantati erano già stati quantificati dal Tavolo Adduce e dalla Corte dei Conti».

«Ma non è ripetere le quantificazioni che cambierà la realtà – ha evidenziato –. Perché quel che più conta, è che i conteziosi sono tutti aperti; i bilanci Asp restano buchi neri; le ingiunzioni bloccate per un anno dal Decreto Calabria torneranno vive e vegete nel 2024, forse anche con gli interessi; c’è una montagna di risorse che nessuno spiega perché non siano state utilizzate e dove siano andate a finire; i calabresi non hanno servizi, non trovano ospedali attrezzati, non trovano personale, non trovano assistenza e permangono nella inaccettabile necessità della migrazione sanitaria».

«Lasciamo perdere – ha concluso Bevacqua – gli spot facili a autoassolutori e  anche questo tipo di contrapposizioni che non appassionano nessuno». (rrc)

SANITÀ, LA GRANDE INCOGNITA È IL DEBITO
SCOPRIRNE LE CAUSE E PAREGGIARE I CONTI

di SANTO GIOFFRÈ –  Ho letto con grande e dimessa attenzione quanto riportato dai giornali, intorno alla conferenza stampa del Presidente della Regione Calabria, Occhiuto, sulla repentina cognizione e accertamento del debito sanitario delle Asp e Ao della Calabria, che ammonterebbe a “soli” 1,2 miliardi.

Portandomi la sventura di capire e… vedere, oltre le parole, bisogna dar merito ad Occhiuto di aver detto tante cose vere ma, anche, molte cose lasciate, volutamente, mute. Occhiuto, fin dall’inizio e fino alle Europee, sa che si gioca il tutto intorno al disastro della sanità. All’inizio, e finché non si scottò con uscite improvvisate, maneggiò l’argomento con il tipico atteggiamento dei populisti qualunquisti di destra, simile agli attuali governanti, a caccia di facili applausi o incolpando chi vi era stato prima, compresi i suoi stessi di coalizione, e deliberando atti privi di efficacia, come, ad es. l ‘Azienda Zero, strumento efficace solo dove operano decennali culture consolidate di legalità e normalità.

Quando, poi, pur avuto, trionfalmente, pieni poteri e un governo per amico, incominciò a mettere le mani in pasta, si accorse che dentro la pentola c’era, solo, brodo bollente. Ma, poichè il collasso del sistema dell’emergenza-urgenza, in Calabria, è imminente, infrangendo e violentando qualsiasi postulato ideologico, fregandosene dei remissivi, indignati mugugni dei suoi alleati fascio-leghisti, ha fatto ciò che ad un qualsiasi Presidente di Sinistra della Regione Calabria sarebbe stato impedito con una feroce campagna di stampa nazionale e internazionale e da raggiri tipici nella guerra fredda.

Occhiuto, da navigato democristiano, allora chiama e mette a contratto dei bravissimi professionisti, Medici proveniente da una delle ultime Nazioni al mondo Comunista. Intendiamoci: come già sapete, fin dal principio, io ho appoggiato tale decisione di Occhiuto. Non per questioni ideologiche, ma perché conscio del disastro sanitario che sta arrivando.

Ma torniamo alla sua trionfale conferenza stampa sulla ricognizione del debito. Occhiuto dice che esso ammonta, fino al 2022, ad 1,2 miliardi e che è solo di poco superiore a quello delle altre Regioni. Sì, giusto, solo che nelle altre Regioni che sono dotate, da sempre, di sistemi di controllo della spesa e hanno bilanci consolidati, quel debito è di normale gestione. Quello calabrese, invece, è un debito tossico.

Mi spiego: se su 14 mila pec inviati ai fornitori che risultano di avere in portafoglio crediti delle Asp Calabresi, chiedendo i crediti vantati, rispondono solo in 1300, può, solo, significare o che tutti gli altri, i soldi, se li siano già presi senza che le Asp, o la Regione, lo sappiano o non lo vogliono dire perchè, possedendo decreti ingiuntivi, assegnazioni o altro, non vogliono farlo… In Italia, si può negare la proprietà derivante da un credito vantato verso altri? Potreste dirmi voi: come, le Asp non sanno che, in passato, hanno pagato? Ma come, dal 2000 al 2015, come hanno rubato, chissà quanti miliardi, per es, all’Asp di RC.? Le assegnazioni non regolarizzate, cos’erano?

Presidente Occhiuto, per ciò che è successo in passato, che facciamo, stendiamo un velo pietoso? Perchè non apriamo un grande dibattito su questo? Oppure, come ci rapportiamo con certi poteri che, causando questo sfacelo, hanno tenuto e tengono la Sanità Calabrese dentro i rigori, che è macelleria sociale, del Piano di Rientro? Glielo dico sa perchè? Perchè lei, con grande onestà intellettuale, ha citato l’Ing.Massimo Scura che tentò di fare quello che Lei ora ha fatto e, siccome, per mia sventura da coro greco, io fui testimone diretto di quell’epoca, essendo stato il più stretto collaboratore di Scura, finchè mi lasciarono Commissario dell’Asp di RC.

Quando, sia Scura che il Presidente Oliverio, mi ordinario di tirare fuori tutto il marcio che c’era in quell’Asp, perché, dopo 15 gg dal mio insediamento, mi apparve l’inferno del tranquillo sistema truffaldino che lì, da decenni, operava, facemmo ciò che si potette fare, ma ci mancò il supporto necessario, come Lei, ripeto, con grande onestà riconosce, perché lo Stato ci lasciò da soli, non dotandoci degli strumenti necessari, come nel caso di Reggio Calabria.

Infatti, già allora avevo chiesto il supporto della Guardia di Finanza, attraveso un’interrogazione parlamentare presentata dall’ottimo deputato Sabasiano Barbanti, e la collaborazione totale, e senza tentennamenti, della Banca d’Italia affinchè ordinasse alle varie Banche tesoriere dell’Asp di R.C. ,che si erano succeduti nel tempo, l’elenco completo delle singole fatture pagate attraverso i pignoramenti presso terzi, in modo tale da negativizzarli nel sistema in uso all’ufficio economico dell’Asp stessa. Cosa mai concessomi e sempre rifiutata a me ed ai miei predecessori. Certo, ora il debito è quello. Gran parte è stato pagato.

Sì, ma quante volte? E perche dovranno restare, i ladri, se mai fosse vero, impuniti? Vedo che lei usa il termine “mitologico” che, per anni ha aleggiato nelle stanze della Regione o sui giornali… parlando del debito dell’Asp di RC. che ammonterebbe, da solo, ad un miliardo in base ai decreti ingiuntivi esistenti, ma che sarebbero molti di meno perchè non contabilizzati i 6/700 milioni già pagati, all’interno di un bilancio dell’Asp non esistente fin dal 2013.

Bene, la lascio con due mie constatazioni: 1) È normale che, in un’Europa e nell’Italia del fare, dell’efficienza e di ogni lotta al malaffare, un’Asp si veda bocciato il bilancio, nel 2013, perchè dichiarato non supportato da documenti certi, e tale rimanga per 10 anni senza che nessun facesse nulla o intervenisse? Io, capendo, mi ero intestardito a ricostruire il bilancio, nel 2015, ed allora era ancora possibile farlo. Mi cacciarono prima! 2) Le sempre una cosa normale che, per pagare, forse (?) quei 6/700 milioni di debiti (da Lei citati), dal 2016 e tutt’ora, si siano insediati, presso la stessa Asp, ben 800 Commissari ad Acta, nominati dal Prefetto come effetto di ottemperanza presso i vari Tar perché solo così i tanti fornitori onesti sono riusciti ad avere ciò che era loro dovuto?

Il Commissario ad acta, figura eccezionale e quasi non esistente nelle Asp delle Regioni del Nord, non solo ha la prerogativa di poter prelevare le somme dovute da qualsiasi capitolo di spesa, quindi non dedicato, ma il suo onorario viene pagato dal bilancio, già asfittico dell’Asp. E se si moltiplica il numero dei Commissari per ciò che è dovuto loro, si capisce, ancora di più l’enormità del dramma. Ecco, allora, ben venga la sua azione, ma non facciamo di tutta l’erba un fascio o lasciamo che i furbi e i disonesti danzino intorno alla nostra fame di onestà di del fare.

Ci sono, possibili ed auspicabili, due modi di agire paralleli: risolvere l’effetto ma, anche, scoprire la causa. Altrimenti, grideremmo alla luna nel pazzo perchè l’effetto, se non si conosce e si estirpa la causa, permane e può causare il collasso definitivo. (sg)

SANITÀ CALABRIA, PER LA CORTE DEI CONTI
NON È CHIARO L’UTILIZZO DELLE RISORSE

di GIACINTO NANCILa sezione Corte dei Conti della regione Calabria nella seduta del 01 dicembre 2022 ha messo in evidenza le gravi criticità della sanità calabrese evidenziate sia dal suo ultimo posto nella graduatoria nazionale nell’applicazione dei Lea (Livelli Assistenziali di Assistenza) con miseri 125 punti ed anche  in regressione rispetto all’anno precedente, sia per la mancata approvazione del documento contabile che non pone alcuna certezza in ordine alla modalità di impiego delle risorse e sia per la stratosferica spesa di 242 milioni di euro per le cure dei calabresi fuori regione.

Ma come è possibile che possa accadere una cosa simile visto che la sanità calabrese è sotto piano di rientro dal 2009 e commissariata dal 2010 e visto che la regione Calabria da circa 4 anni ha commissariate sia tutte e 5 le sue aziende sanitarie che i tre più grandi ospedali regionali?

L’applicazione del piano di rientro sanitario e tutti gli altri commissariamenti sono stati imposti alla regione Calabria per un presunto deficit della sua spesa sanitaria causata dalla presunta cattiva amministrazione degli amministratori calabresi. Ma se dopo tredici anni di piano di rientro e di un totale commissariamento della sua sanità la Corte dei Conti registra l’ulteriore peggioramento dei Lea, l’ulteriore aumento della spesa sanitaria dei calabresi fuori regione e la mancanza di un documento contabile dobbiamo allora pensare che la causa di tutto ciò non sono stati ne i “cattivi” amministratori calabresi e neanche il fatto che siano stati mandati, dai governi nazionali, in Calabria in questi 13 anni dei commissari tutti incapaci, ma qualcos’altro.

Ed in effetti il vero problema del presunto deficit sanitario, dei Lea in caduta e della disastrosa situazione della sanità calabrese sta nel fatto che da più di 20 anni a questa parte alla Calabria vengono assegnati in assoluto, in confronto con le altre regioni,  meno fondi per la sua sanità nonostante la necessità di una maggiore sua spesa sanitaria per i molti malati cronici in più rispetto alla media nazionale per come è stato certificato perfino dal commissario al piano di rientro Scura già nel lontano 30/09/2015 con il dca N. 103 vidimato, per come prevede il piano di rientro, prima dal Ministero dell’Economia e poi da quello della Salute.

Quindi dal governo in giù tutti sanno che la Calabria riceve meno fondi pro capite in assoluto per la sua sanità nonostante abbia tra i suoi residenti moltissimi malati cronici in più (circa 300.000 per come è facile conteggiarli dalle dettagliate tabelle del Dca n. 103 del commissario Scura) e tutti sanno che è proprio questa la vera causa di quanto denunciato dalla Corte dei Conti. Anche un bambino sa che i pochi fondi arrivati in Calabria non hanno permesso che i suoi molti malati cronici si potessero curare bene e un malato cronico che non si cura peggiora e poi per potersi curare costa molto di più e peggiora a tal punto che poi per curarsi deve recarsi nei costosissimi centri di eccellenza fuori regione con ulteriore peggioramento della spesa sanitaria e del presunto deficit.

Ed è proprio ciò che è accaduto in Calabria, ed è per questo che 13 anni di piano di rientro e quattro di totale commissariamento hanno portato ad un ulteriore peggioramento dei livelli di assistenza e dei conti sanitari della Calabria. Allora si può perfino perseverare con il piano di rientro e i commissariamenti, nonostante che siano essi stessi a far peggiorare la sanità calabrese, ma bisogna assolutamente modificare il criterio di riparto dei fondi sanitari alle regioni basandolo sulla presenza della numerosità dei malati cronici che è il vero indicatore dei reali bisogni delle sanità regionali.

L’ultima conferenza delle regioni ha posto le basi per una modifica del riparto dei fondi per il prossimo anno basato sulla mortalità sotto i 75 anni e sulla “deprivazione” e ciò configura sicuramente  una prima presa di coscienza del problema di un corretto riparto, ma che sicuramente è poca cosa perché questa modifica di riparto dei fondi porta una variazione di pochissime decine di milioni di euro mentre con il criterio della differente numerosità delle malattie croniche nelle  varie regioni la modifica del riparto è dell’ordine di centinaia di milioni di euro. Ed è questa l’unica e vera soluzione per un corretto riparto dei fondi sanitari alle regioni.

Una ultima considerazione che denuncia l’aberrazione del piano di rientro sanitario è il fatto che, a causa di esso è stato imposto dal governo alla Calabria un prestito forzoso ed usuraio di 424 milioni euro per il quale noi calabresi restituiremo ben 924 milioni in 30 anni dal 2011. Stiamo pagando ben 30.7 milioni di euro all’anno invece di 16 perché su quel prestito forzoso ci è stato applicato dal governo un tasso quasi usuraio del 5.89% (tasso usuraio per le anticipazioni di cassa è del 6,3%).

Quindi ci è stato imposto non solo un ingiusto piano di rientro che ha ulteriormente ridotto gli insufficienti fondi alla sanità calabrese ma anche un altrettanto prestito usuraio e come se tutto ciò non bastasse noi calabresi stiamo pagando, sempre a causa del piano di rientro, più tasse degli altri italiani. Infatti per ripagare il presunto deficit sanitario un lavoratore calabrese con un imponibile di 20.000 euro paga da ormai 12 anni a questa parte ben 406 euro in piu’ di Irpef di ogni altro lavoratore italiano ( e lo dovrà continuare a farlo per i prossimi 28 anni) e un imprenditore calabrese con un imponibile di un milione di euro paga ben 10.700 euro in più di Irap degli altri imprenditori italiani così il piano di rientro oltre a far peggiorare la salute dei calabresi mette in rovina anche la sua economia.

Allora per porre fine alle ingiustizie verso i malati calabresi e la Calabria tutta: 1) fine del piano di rientro, 2) fine dei commissariamenti, 3) riparto dei fondi sanitari alle regioni basato sulla numerosità delle malattie presenti, 4) fine della super tassazione e 5) restituzione dei soldi sottratti con il prestito usuraio. (gn)

[Scritto insieme ai medici dell’Associazione Mediass – Medici di Famiglia Catanzaro, Fabiano Esterina, dott.ssa Greco Antonietta, dott. Muscolo Andrea e dott. Rossi Carmelo]

SANITÀ BOCCIATA DALLA CORTE DEI CONTI
IN CALABRIA LIVELLI DI ASSISTENZA A ZERO

di ANTONIETTA MARIA STRATI – In Calabria i servizi sanitari sono inadeguati. Un fatto molto ben conosciuto, ma che diventa ancora più tangibile – e che dovrebbe far riflettere di più – se a metterlo in nero su bianco è la sezione di controllo della Corte dei Conti della Calabria, nella relazione per il giudizio di parifica del Rendiconto 2021 della Regione, che boccia, completamente, la sanità calabrese.

Quello che emerge dal report, infatti, è sconfortante: nell’ultimo monitoraggio i Lea – Livelli Essenziali di assistenza del maggio 2021 in Calabria si sono posizionati all’ultimo posto, totalizzando un punteggio pari a 125 contro il minimo che è di 160. Un trend in negativo, se si considera che, rispetto al 2020, il punteggio ottenuto era di 162.

«La Giunta regionale della Calabria – si legge nel report – negli anni non ha mai approvato il bilancio di esercizio consolidato del servizio sanitario regionale in aperta violazione della legge. La mancata approvazione del documento contabile non pone alcuna certezza in ordine alle modalità di impiego delle risorse e dei risultati conseguiti dal servizio sanitario».

Nella relazione orale della consigliera Ida Contino, è stato evidenziato come «la Giunta regionale della Calabria, negli anni, non ha mai approvato il bilancio di esercizio consolidato del SSR in aperta violazione dell’art. 32 del d.lgs 118/2011. La mancata approvazione del documento contabile non pone alcuna certezza in ordine alla modalità di impiego delle risorse e dei risultati conseguiti dal servizio sanitario, e viola, tra gli altri, il principio di accountability in ragione del quale gli amministratori che impieghino risorse pubbliche hanno il dovere di rendicontarne l’uso sia sul piano della regolarità dei conti che dell’efficacia della gestione».

In assenza di bilancio, la sezione ha svolto l’analisi della gestione sanitaria avendo come riferimento i dati del IV trimestre 2021 che «come è noto, sono in continua evoluzione e, soprattutto, non sono attestati come veritieri da alcun organo che se ne assuma la responsabilità» è stato evidenziato nella relazione, in cui viene spiegato che «nell’esercizio 2021, la “Missione 13 – tutela della salute“ del bilancio regionale ha visto l’assunzione di impegni per circa 4,098 miliardi di euro cui sono seguiti pagamenti di competenza per 3,214 miliardi di euro. Anche il rendiconto 2021 della regione Calabria conferma che la spesa corrente sanitaria (€ 3.939.587.413,70) costituisce la componente principale di quella regionale (€ 4.954.832.616,90) con una incidenza pari al 79,51%».

«Nel riparto delle disponibilità finanziarie per l’anno 2021 – si legge – la Regione ha ricevuto a titolo di fondo sanitario indistinto la somma di oltre 3,650 miliardi di euro con un incremento, in termini percentuali, del 2,8% rispetto al 2019. Ha ottenuto altresì oltre 70,605 milioni di euro quale quota del Fondo sanitario regionale vincolato e oltre 31,118 milioni di euro quale quota premiale. Le somme testè indicate sono tutte comprensive delle risorse finanziarie ottenute per il contrasto all’emergenza covid-19».

Inoltre, è stato rilevato come «oltre ai flussi finanziari provenienti dal SSN, la Sanità regionale è stata finanziata dalle entrate extra-fondo (€ 192.252.446,00) e dalle entrate proprie; queste ultime, invero, in riduzione negli ultimi due esercizi. I dati evidenziano, infatti, che in Calabria la compartecipazione dei cittadini al servizio sanitario (attraverso il pagamento dei tickets) si è ridotta, dal 2019 al 2021, del 13,2%», come si è ridotto il saldo derivante dalle attività svolte in regime libero-professionale (intramoenia) che ha subìto un decremento consistente passando da 1,921 mln di euro del 2019 a 1,579 milioni di euro del 2021, con una riduzione pari al 17,81 %».

La sezione di Controllo, invece, ha rilevato come la Regione dimostri uno «scarso indice di attrattività sanitaria, fronte di una elevatissima mobilità passiva di chiaro stampo patologico. Circa il 20% dei ricoveri dei residenti calabresi risulta effettuato presso strutture collocate al di fuori del territorio regionale, a fronte di una media nazionale della mobilita’ passiva pari all’83%. Nel 2021 il saldo della mobilità interregionale è pari a -242 milioni di euro».

«Tuttavia – viene evidenziato – il fenomeno della mobilità incide sui cittadini calabresi molto più di quanto rilevato dal saldo finanziario. Una valutazione complessiva dell’impatto economico della emigrazione sanitaria richiederebbe, infatti, anche la quantificazione dei costi sostenuti dai pazienti e dai familiari per gli spostamenti nonché i costi indiretti per assenza dal lavoro dei familiari, permessi retribuiti ecc».

Rilevato, poi, un sottodimensionamento dei posti letto e personale: «i posti letto del servizio sanitario regionale – viene evidenziato – sono complessivamente, tra strutture pubbliche e private accreditate, n. 5.850, di cui n. 1.967 presso le quattro aziende ospedaliere, n. 1.988 (quindi un numero superiore) presso le case di cura accreditate, n. 1.836 presso gli ospedali a gestione diretta e n. 59 presso gli istituti di ricovero a carattere scientifico. I posti letto, dunque, sono sottodimensionati (di n .654) rispetto a quanto previsto nel Programma operativo 2019-2021, ove ne erano stati programmati n. 6.504, in ragione del DCA 64/2016».

«È stato accertato, negli ultimi cinque anni, infatti – si legge nel rapporto – un sensibile decremento della consistenza del personale di ruolo: nel 2017, il numero complessivo delle unità lavorative era di 20.315 e nel 2021, invece, il numero è di 18.121 al netto delle unità assunte per il contrasto al covid, pari a 1.150 unità. Nell’ambito del comparto, poi, il decremento maggiore riguarda il personale medico che passa da 4.361 a 3.951; nonché del personale assunto a tempo indeterminato».

Un altro problema rilevato riguarda il fatto che la Calabria è tra le regioni che presentano maggiori difficoltà di accesso alla diagnostica strumentale: «Dalle tipologie considerate (acceleratori lineari, angiografi, gamma camera computerizzati, mammografi, risonanze magnetiche) sul territorio calabrese – è stato evidenziato – ne sono presenti 213 di cui 120 in uso presso le strutture pubbliche e 93 in uso nelle strutture private».

«I valori che destano più sospetto – si legge – sono quelli relativi alle risonanze magnetiche, soprattutto ove si rilevi che su un totale di 55 apparecchi, 36 sono in uso a strutture private e 19 in strutture pubbliche. Tra queste ultime ci sono voluti più di nove anni tra l’acquisto e il collaudo di una risonanza magnetica alla azienda universitaria di Catanzaro e più di sei anni e mezzo tra l’acquisto e il collaudo alla azienda ospedaliera di Cosenza e più di cinque anni tra l’acquisto e il collaudo di due risonanze magnetiche all’Asp di Cosenza e tre alla’Asp di Reggio Calabria».

Quelle che emerge, dunque, che è «solo il 19% delle grandi attrezzature in uso in Calabria, dunque, non è obsoleto se si considera che un apparecchio complesso è tale già dopo cinque anni di anzianità».

Inoltre, «la regione Calabria, nel conto economico consolidato al IV trimestre 2021, presenta un risultato di gestione pari ad 26,596 milioni di euro. Con il conferimento di € 119 mln di euro (a titolo di aliquote fiscali, di “quota sociale” delle prestazioni socio-sanitarie presente sul Bilancio regionale 2021 e aggiornamento delle stime fiscali sulle manovre pregresse) il risultato di gestione al 31.12.2021 è pari a +146,001 mln di euro». In poche parole, significa che, considerando «le perdite pregresse al 31.12.2020, pari a -77,443 mln di euro, al 31.12.2021 residua un avanzo di gestione pari a 68,558 mln di euro. Questa sembrerebbe una buona notizia e tuttavia è necessario svolgere alcune considerazioni per leggere correttamente il dato», sottolinea la Corte dei Conti.

Questo perché la copertura del disavanzo «pregresso è stata possibile grazie a una maggiore disponibilità di risorse ottenute per la gestione della pandemia (oltre 251,911 milioni di euro); ma, soprattutto, è stata possibile grazie al ritardo degli interventi che avrebbero dovuto essere messi in atto per l’erogazione dell’assistenza sanitaria».

In sostanza, la Regione i soldi li ha, ma continua a fare debito inutilmente, con conseguente incremento dei costi finanziari.

Inoltre, è importante sottolineare come, per la prima volta, è stata svolta una indagine conoscitiva dalla sezione della Corte dei Conti sugli immobili rientranti nel patrimonio delle aziende sanitarie calabresi, ritenendo che un’attenta valorizzazione dell’ingente patrimonio immobiliare possa rappresentare un passo idoneo per avviare un corretto programma di risanamento.

Infatti, in base ai dati forniti dagli Enti, ci sono 363 apprezzamenti di terreno, o (per un’estensione pari a 4.888,62 are) con un valore di mercato pari a circa 10 milioni di euro; e di 69 fabbricati (per un totale di mq 22.322,00), con un valore di mercato pari a oltre € 11.000.000. Ciò è stato rilevato sono evidenti criticità nella gestione del patrimonio, per il cui esame dettagliato si rinvia alla relazione annessa al giudizio di parificazione. In questa sede sinteticamente si evidenzia che vi sono molti terreni già usucapiti o in corso di giudizio, immobili non accatastati, occupazioni abusive da parte di terzi, inutilizzo di immobili, mancati rinnovi contrattuali, e una non corretta iscrizione del valore dei canoni dei fitti attivi nel conto economico.

Per quanto riguarda, poi, la gestione dell’emergenza covid, la Corte dei Conti ha parlato di «un risultato sconfortante»: «Nonostante la Regione abbia ricevuto, negli anni 2020 e 2021, risorse finanziarie per oltre 251,911 milioni di euro, ad oggi – rileva la Corte dei Conti della Calabria – il 67% della somma (pari a euro 170,227 milioni di euro) non e’ stata ancora trasferita agli enti sanitari».

«Tale dato deve essere letto unitamente – si legge nel rapporto – allo stato degli interventi del piano operativo covid realizzati in Calabria, al 31 dicembre 2021: 12 posti letto in Ti rispetto ai 134 programmati e finanziati; 11 posti letto in Tsi rispetto ai 136 programmati e finanziati; 3 ambulanze rispetto alle 9 programmate e finanziate; nessuna area movimentabile, rispetto alle finanziate; nessun intervento di riorganizzazione e ristrutturazione dei Ps, rispetto ai 18 programmati e finanziati; nessuna rendicontazione da parte delle cinque aziende provinciali del Ssr in merito alle azioni intraprese per l’implementazione dei servizi di assistenza domiciliare integrata».

«La conclusione è evidente – si legge – anche nella gestione della pandemia, nonostante la presenza di cospicue risorse in cassa, il servizio sanitario ha prodotto debiti. Tale anomalia, per come chiarito anche dal Dipartimento della salute, scaturisce da altra ancora più grave: le spese sostenute dagli Enti sanitari per il contrasto del covid non sono state ancora dai medesimi Enti puntualmente rendicontate».

La Corte dei Conti, poi, ha preso atto delle dichiarazioni rilasciate dal commissario ad acta, Roberto Occhiuto,  in merito al quadro delle azioni per affrontare le criticità rilevate, spiegando che «sono stati istituiti gruppi di lavoro con l’ausilio della Guardia di Finanza per la ricognizione del debito; che è stato avviato il processo di circolarizzazione delle posizioni debitorie con l’apertura di una piattaforma e l’invio di 20.000 pec a tutti i fornitori del Ssr per poter concludere la ricognizione della massa debitoria 34 entro il 31 dicembre;; che sono state previste, nella manovra d’autunno, una serie di interventi per rendere più attrattivo il lavoro nel sistema sanitario calabrese; che sono stati avviati importanti investimenti del Pnrr; che è stato predisposto un piano per la dotazione delle tecnologie per ospedali».

Per quanto riguarda i Fondi Comunitari, la sezione «dà evidenza di un preoccupante ritardo nell’attuazione del Programma, che pone a rischio obiettivi di sviluppo e crescita, con conseguente potenziale perdita di risorse comunitarie. È necessario, perciò, dare impulso ed accelerare tutto il processo di spesa per scongiurare la perdita di importanti e significative risorse (rischio calcolato nella misura presunta del 9%),rilevanti per tutto il sistema economico calabrese. Occorre infine, intercettare tempestivamente le economie di progetto maturate o maturabili per riorientare risorse su Assi/azioni più performanti».

Quello che è emerso è un quadro preoccupante, che fa comprendere, ancora di più, quanto sia urgente intervenire sulla sanità calabrese a 360 gradi. Criticità e problemi che sono stati riconosciuti dal presidente della Corte dei Conti, Guido Carlino, intervenuto al giudizio di parificazione della Regione Calabria. Carlino ha assicurato che «l’attenzione della Corte dei Conti è notevole, ovviamente noi faremo la nostra parte per venire incontro alle esigenze degli uffici calabresi».

Anche il presidente del Consiglio regionale, Filippo Mancuso, ha assicurato che «laddove sono state rilevate incongruenze e disfunzioni, si agirà per porvi rimedio».

«Il Consiglio regionale – ha detto – non mancherà di riservare, nell’amministrazione delle risorse pubbliche, un supplemento di responsabilità. L’intenzione è di continuare ad avere con la corte dei Conti un dialogo di costante e leale collaborazione in ossequio ai principi di trasparenza, controllo e risparmio».

«Sono rilievi importanti – ha dichiarato Occhiuto – perché la Corte dei Conti dà contezza di quello che va fatto per migliorare i conti e la qualità dei servizi. Per cui, sono molto soddisfatto dell’esito del giudizio di parifica che per fortuna non produce conseguenze sui documenti contabili che abbiamo approvato, essendoci correzioni nell’ordine di 4 milioni di euro».

«Sono molto soddisfatto – ha proseguito Occhiuto – dell’esito del giudizio di parificazione, che per fortuna non produce conseguenze sui documenti contabili che abbiamo già approvato: ci sono delle piccole correzioni nell’ordine dei 4 milioni di euro, è andata molto meglio dell’anno scorso a esempio. Soprattutto abbiamo raccolto molte osservazioni che diventano una traccia di lavoro per il futuro. Il Rendiconto 2021 contiene in qualche modo la somma di tutte le questioni che si sono cristallizzate e stratificate nella Regione e che piano piano, attraverso risorse coraggiose e strutturali, dovremo affrontare e risolvere».

«Sono impegnato a rifondare un sistema sanitario che ho raccolto in macerie. Non sarà semplice – ha aggiunto Occhiuto – non sarà un’attività che concluderemo nell’arco di qualche settimana o di qualche mese ma sarà un’attività che concluderemo dimostrando che anche la sanità in Calabria può essere governata».

«Nei livelli essenziali di assistenza – ha rilevato – siamo ultimi. Ho detto che il fatto che oggi siamo in avanzo di amministrazione e che questo avanzo è dovuto al fatto che abbiamo riconciliato i conti degli anni precedenti con i ministeri vigilanti non è una buona notizia, perché significa che nelle casse delle aziende sanitarie e del sistema sanitario regionale ci sono le risorse e queste risorse non vengono spese, per cui credo che già dai prossimi giorni approfondiremo anche le questioni legate al governo delle aziende sanitarie e ospedaliere della nostra regione». (ams)

 

CON SCHILLACI MINISTRO DELLA SALUTE
LA CALABRIA ATTENDE SVOLTA SU SANITÀ

di GIACINTO GANCICon la nomina del nuovo ministro della salute di origini calabresi (e fiero di queste origini) Rettore dell’Università Tor Vergata di Roma, Orazio Schillaci, del governo Meloni forse è arrivato il momento per una svolta della cronica e drammatica situazione della sanità calabrese.

I malati calabresi si aspettano che, finalmente, è arrivato qualcuno che aggredisce i veri e conosciuti motivi della drammatica situazione della sanità calabrese.

La Calabria, infatti, è in piano di rientro sanitario fin dal 16 dicembre del 2009 per recuperare lo sforamento del riparto della sua spesa sanitaria ricevuto dalla Conferenza Stato-Regioni. E come se ciò non bastasse da quattro anni in Calabria sono commissariate dal Governo tutte e cinque le aziende sanitarie e i tre maggiori ospedali.

La cosa che avrebbe dovuto far riflettere è che nonostante questo totale e lungo commissariamento la spesa sanitaria calabrese non è stata sanata anzi negli ultimi anni (proprio quelli del totale commissariamento) il disavanzo annuo è perfino raddoppiato ed è triplicata la spesa sanitaria dei calabresi fuori regione arrivando alla stratosferica cifra di 329 milioni di euro annui. Quindi se i calabresi non amministrano la sanità calabrese da ben 12 anni e da quattro nessuna azienda sanitaria e ospedale e la spesa sanitaria continua a peggiorare vuol dire che ci deve essere qualche altro motivo alla base di questo peggioramento che non sia l’incapacità degli amministratori calabresi e visto che è oltremodo difficile che tutti questi commissari siano tutti degli incapaci.

E il motivo per cui la spesa sanitaria, e con essa le condizioni dei malati calabresi, continua a peggiorare c’è ed è nota ormai a tutti, ed è il fatto che la Calabria, dove ci sono molti più malati cronici che non nel resto del paese, arrivano dei fondi insufficienti per curarli perché il criterio di riparto dei fondi sanitari alle regioni attuato da ormai più di 20 anni dalla Conferenza Stato Regioni penalizza la Calabria. Basta l’esempio dell’ultimo riparto (2021) che ha assegnato fondi alla Emilia Romagna di ben 400,5 euro pro capite in più della Calabria. Se la Calabria avesse ricevuto i fondi pro capite al pari della Emilia Romagna per ogni calabrese (i residenti in Calabria sono 1.947.000) avremmo ricevuto bel 779 milioni di euro in più solo nel 2021 e se questo riparto  fosse stato fatto così negli ulti mi 20 anni si capisce bene di quali cifre si tratta.

Ma la cosa grave è che questi fondi sono così ingiustamente insufficienti proprio per la Calabria che ha tra i suoi residenti molti più malati cronici per come hanno certificato sia Ministero dell’Economia prima e sia quello della Salute poi che hanno vidimato il Dca n. 103 del 30/09/2015 dell’allora commissario al piano di rientro Scura che con tanto di tabelle ha quantificato in 287.000 i malati cronici in più della Calabria rispetto a una pari popolazione di altri italiani. Da notare che ogni decreto dei commissari per essere valido deve essere vidimato prima dal Ministero dell’Economia che deve controllare la spesa sanitaria e poi da quello della Salute che deve controllare la sua validità sanitaria e questo fa comprendere la filosofia del piano di rientro sanitario che, proprio per questa filosofia, ha fatto altri gravi tagli alle già insufficienti risorse sanitarie impedendo ai calabresi di curarsi.

E il malato cronico che non si cura poi per potersi curare costa molto di più e si complica a tal punto che per potersi curare deve recarsi nei centri di eccellenza del nord Italia portando la spesa fuori regione ai 329.000 milioni di euro con ulteriore aggravamento della spesa e il perpetuarsi del piano di rientro. Quindi il piano di rientro non solo è sbagliato in quanto la Calabria ha speso di più non per spreco ma per i malati cronici che ha in più ma è stato esso stesso la causa del peggioramento sia della spesa sanitaria che delle condizioni dei malati calabresi con i suoi tagli (chiusura ospedali, riduzione posti letto, blocco turnover, tempi lunghissimi per le visite specialistiche etc..).  Cosa si aspettano allora i malati calabresi dal calabrese nuovo ministro della Salute? 

Che abbia il coraggio di chiudere con i commissariamenti del piano di rientro e che, cosa ancora più importante, modifichi il criterio di riparto dei fondi sanitari alle regioni non più in base al criterio demografico attuale ma in base alla numerosità dei malati presenti in ogni regione che è il criterio primario che genera la spesa sanitaria. Il ministro potrebbe solo ampliare ciò che ha fatto la Conferenza Stato Regioni nel 2017 che pur modificando in tal senso solo in modo parziale, per come affermato dal suo presidente on. Bonaccini, il criterio di riparto dei fondi ha concesso ben 30 milioni di euro in più alla Calabria rispetto al 2016, se la modifica fosse stata intera i milioni sarebbero stati molti molti di più.

Ovviamente l’esperimento del 2017 non è stato ne ampliato a dovere ne ripetuto. Oggi sappiamo quanto costa curare una patologia cronica, sappiamo quante patologie croniche sono presenti in ogni regione per cui sarebbe semplicissimo ripartire i fondi in base ai bisogni reali delle popolazioni. Il Sig. Ministro Schillaci non è un politico ma un grande medico e quando è al capezzale di un malato sa quello che deve fare per guarirlo ebbene oggi è al capezzale della malata sanità calabrese siamo sicuri che saprà ciò che deve fare per guarirla. (gg)

[Hanno contribuito Bianca Rosa, Fabiano Esterina, Greco Antonietta, Muscolo Andrea, Nanci Giacinto, Rossi Carmelo, dell’Associazione Medici di Famiglia di Catanzaro]

Occhiuto: nessun ospedale perderà fondi. Basta fake news

Il presidente della regione ROberto occhiuto interviene a proposito delle dichiarazioni sulla perdita di risorse finanziarie per gli ospedali della Calabria. «Non facciamo confusione – ha detto.
«Da qualche giorno circola la fake news secondo la quale la Regione avrebbe deciso di tagliare finanziamenti Inail – previsti da un recente Dpcm del governo nazionale – per la ristrutturazione e l’ammodernamento di alcuni ospedali: Locri, Melito Porto Salvo, Castrovillari, Cetraro e Paola.
Chiariamo subito una cosa: nessuno di questi ospedali perderà un euro, anzi, forse qualcuno riuscirà ad avere di più. La Regione ha semplicemente razionalizzato e messo ordine tra le fonti di finanziamento disponibili.
Non per tutti, infatti, è possibile accedere ai fondi Inail, per il semplice motivo che questo istituto può intervenire solo per strutture di sua proprietà, quindi per edifici nuovi o avuti tramite un trasferimento di beni.
Per gli altri la Regione Calabria ha in pancia fondi statali (ex articolo 20) pari a circa 320 milioni di euro, che verranno programmati sulla base del quadro di riferimento strategico e delle priorità di intervento, anche in attuazione del quadro di riferimento normativo e programmatico del Pnrr.
Al riguardo, tutte le esigenze finanziarie che emergeranno dalla nuova programmazione della rete ospedaliera per adeguare i presidi di Locri, Melito Porto Salvo, Castrovillari, Cetraro e Paola verranno coperti dalle risorse statali disponibili».

A proposito dell’Ospedale di Palmi, Occhiuto ha voluto rassicurare gli abitanti della Piana. «Capisco  – ha dichiarato – l’esasperazione dei cittadini della Piana di Gioia Tauro, che da anni aspettano un segnale per la realizzazione di un ospedale che possa servire in modo adeguato una parte importante della Calabria.
Il mio governo ha trovato la situazione complessa che tutti conosciamo, ha accelerato le indagini ambientali, ha messo in campo Arpacal, e proprio oggi abbiamo avuto gli esiti finali di alcuni approfondimenti che adesso verranno esaminati in sede di Conferenza dei servizi.
Superati questi step si potrà passare all’approvazione del progetto definitivo e successivamente di quello esecutivo. L’ospedale di Palmi, queste le linee guida, avrà 339 posti letto e costerà poco meno di 160 milioni di euro.
Queste fasi richiederanno alcuni mesi, ma su questa battaglia sono determinato ad andare sino in fondo. Voglio che la Piana di Gioia Tauro abbia un ospedale degno di questo nome entro la fine del mio mandato, e mi batterò per raggiungere questo obiettivo». (aer)