Strana vita, la mia – di Romano Prodi

di BRUNO GEMELLI – Romano Prodi, nella sua biografia-intervista, indugia nell’aneddotica che rende più scorrevole il racconto della sua vita politico-istituzionale. Spiega, a un certo punto, la differenza tra la “spigolosa” Reggio Emilia e la “paciosa” Bologna come l’ha descritta Francesco Guccini: «Bologna è una vecchia signora dai fianchi un po’ molli / col seno sul piano padano ed il culo sui colli, / Bologna arrogante e papale, Bologna la rossa e fetale, / Bologna la grassa e l’umana già un poco Romagna e in odor di Toscana… / Bologna per me provinciale Parigi minore: / mercati all’aperto, bistrots, della “rive gauche” l’odore / con Sartre che pontificava, Baudelaire fra l’assenzio cantava / ed io, modenese volgare, a sudarmi un amore, fosse pure ancillare /».

Non per nulla i suoi detrattori, da destra, lo chiamano ancora oggi “Mortadella”.

Il volume (Strana vita, la mia, pag. 240, 17,50 euro,  Solferino), scritto con la collaborazione di Marco Ascione, giornalista del “Corriere della Sera”, parte dalla rossa Emilia degli anni ’50. Da Scandiano sua città natale, dai nove fratelli, tutti studiosi, poi tutti affermati, tutti democristiani. Con una densa enclave calabrese nel territorio, specialmente cutresi.

Il Nostro è stato ed è un’economista di livello internazionale. Non deve meravigliare la sua laurea in giurisprudenza. Ciampi, che è stato governatore della Banca d’Italia, era laureato in letteratura e giurisprudenza.

Il giovane Prodi aveva come padre spirituale don Camillo, che non è Fernandel ma  il cardinal Camillo Ruini, le cui strade poi divergeranno definitivamente.

La casa editrice Solferino così lo descrive: «Vicino alla Democrazia cristiana, ma non dentro. Fondatore dell’Ulivo, senza farne un partito. Cattolico osservante, ma “adulto”. Atlantista, ma ostinato coltivatore del multilateralismo, impegnato a trarre il meglio anche dal rapporto con i dittatori. I conti da pagare non sono mancati, anche a causa, talvolta, di una certa ostinazione. Eppure ogni passo è stato benzina. Pochi politici in Italia possono vantare la sua carriera: professore universitario a Bologna, negli Stati Uniti e in Cina, due volte a capo dell’Iri e due volte premier, capo della Commissione europea e quasi presidente della Repubblica, affossato da una congiura del suo partito».

È Andreatta a farlo diventare professore ordinario, creando per lui la cattedra di “Economia e Politica industriale” all’Alma Mater. I due non si daranno mai del «tu».

Il Prodi politico è stato proprio inventato da Andreatta di cui era allievo all’Università di Bologna. Quando morì Andreatta, che il 1972 fu tra i fondatori, con Paolo Sylos Labini, dell’Università della Calabria, disse di lui: «Beniamino Andreatta amava più seminare che raccogliere. Questo è un caso unico nell’accademia e nella politica. Voglio ricordare la sua straordinaria generosità, e la capacità di dare indipendentemente dal fatto che fosse lui a raccoglierne i frutti. È un caso unico nell’accademia e nella politica».

Ancora l’abstract editoriale: «”Strana vita, ma fortunatissima”, perché può vantare di averci davvero provato a lasciare un segno. Sia fondendo sotto lo stesso tetto le tradizioni riformiste della Dc e del Pci, sia portando l’Italia nell’euro o pilotando da Bruxelles lo storico allargamento dell’Europa. Il suo racconto, lungo il solco degli aneddoti e delle riflessioni politiche, rimanda l’eco delle riunioni con Beniamino Andreatta e Arturo Parisi nella casa di via Gerusalemme a Bologna, delle lezioni americane, della strana chimica con Putin (ma anche con Gheddafi), degli scambi di battute con Chirac, delle missioni in Africa, dei grandi entusiasmi in piazza Santi Apostoli, dei duelli con Cuccia, delle delusioni dirompenti in Parlamento, del complesso rapporto con D’Alema e con Bertinotti, della profonda distanza con Berlusconi, “anche se la vecchiaia porta saggezza”».

Nel settembre scorso Jasmine Cristallo, coordinatrice calabrese delle Sardine, ha pubblicato sui social le immagini della visita a casa dell’ex presidente del Consiglio, con questo commento: «Io e Mattia Sartori siamo stati ospiti a pranzo nell’abitazione bolognese del professore Romano Prodi e della signora Flavia Franzoni. Un incontro avvenuto in un clima cordiale e informale per conoscersi per la prima volta e parlare di politica. La storia impone alla nostra generazione di indagare quello che fu il Progetto dell’Ulivo e di andare fino in fondo, senza acredine né rivalse, per capire perché fu affossato, su quale altare ne fu chiesto il sacrificio».

Il 14 ottobre 1996, a seguito dell’esondazione del fiume Esaro sul Fondo Gesù di Crotone, l’allora premier Prodi, destinò alla città pitagorica la società Datel in outsourcing. L’allora presidente del Consiglio, in quei giorni in visita ufficiale al Cairo, appresa la notizia dell’alluvione si precipitò subito in città per sincerarsi di persona della tragedia e soprattutto per promettere “un’azione di rilancio” dell’economia locale.

L’ultima presenza istituzionale di Prodi in Calabria avvenne il 22 novembre 2005 in occasione della fiaccolata svolta a Locri contro la ‘ndrangheta e in ricordo di Francesco Fortugno, il vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria che fu ucciso il 16 ottobre dello stesso anno. In quell’occasione il premier in carica disse: «Qui e oggi, in nome della giustizia e della legalità, dichiariamo guerra alla criminalità organizzata. E la politica è chiamata a dare l’esempio. Deve, essa per prima, non avere paura. Noi diciamo a voce alta e a testa alta: i vostri voti non li vogliamo. Noi vi diciamo che preferiamo perdere consensi se essi sono contaminati dal vostro consenso».

Uno dei suoi governi fu salvato dal voto del senatore Pietro Fuda, ingegnere di Siderno, che all’epoca militava nel Pdm, Partito democratico meridionale, la formazione politica inventata da Agazio Loiero quando litigò con la Margherita. (bg)

STRANA VITA, LA MIA
di Romano Prodi
Solferino, ISBN 9788828206408