PNRR: IL NORD CRESCE, MA IL SUD ARRANCA
DA SVIMEZ L’ALLARME SULLA RIPARTENZA

Con il Pnrr, il Pil in Calabria, nel Biennio 2021-2022, dovrebbe crescere del 2,1%, che è inferiore a quella del Mezzogiorno, stimata del +3,3%, e ancora più all’Italia (+4,7%). È quanto è emerso dalle anticipazioni del Rapporto Svimez 2021, che è stato presentato nei giorni scorsi alla Camera dal presidente Adriano Giannola e dal direttore Luca Bianchi, che evidenzia, ancora una volta, quanto il Pnrr sia fondamentale non solo per la Calabria, ma per tutto il Mezzogiorno.

Dati che sono, comunque confortanti, se si considera che la nostra Regione, è quella che, fra tutte, vedrà alzare di poco il Pil, considerata la flessione, nel 2020, del -9,6%, che è stata quella più alta rispetto all’Italia (-9,1%) e al Mezzogiorno (-8,5%). La pandemia, infatti, in Calabria ha fatto terra bruciata: le maggiori contrazioni in agricoltura (-11,6%), nelle costruzioni (-11,2%), nell’industria in senso stretto (-9,1%), nei servizi (-9,1%). Caduta del reddito delle famiglie (-3,3%), superiore alle altre aree (-2,8% il Mezzogiorno e l’Italia). Il tasso di occupazione è calato per tutte le età, in particolare nella fascia 15-34 anni.

Nonostante il desolante scenario lasciato dal Covid, il prossimo biennio sembra, invece, prospettare un importante miglioramento, anche se piccolo: La spesa delle famiglie dovrebbe aumentare del 2% (+2,8% il Mezzogiorno, +3,2% l’Italia). La ripresa del PIL dovrebbe incrementarsi ancora nel 2022 (+3,0%), sempre però in misura sempre inferiore al Mezzogiorno (+3,2%) e all’Italia (+4,0%); l’aumento dell’occupazione nel 2022 raggiungerebbe il +2,9%, sostanzialmente in linea con Mezzogiorno (+2,8%) e Italia (+2,9, la spesa delle famiglie dovrebbe attestarsi nel 2022 al +2,9% (+3,8% il Mezzogiorno, +4,6% l’Italia).

Quello che emerge, dai dati Svimez, è la fotografia di un’Italia in cui il Nord e il Sud sono uniti nella crisi, ma separati nella ripartenza, in quanto nel Biennio 2021-2022, il contributo del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza alla ripartenza del Mezzogiorno è stimato dalla Svimez «significativo, ma non sufficiente a compensare la minor crescita tendenziale dell’area».

L’Associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno, infatti, «insiste sull’immediato rafforzamento della progettualità degli Enti locali e regionali del Mezzogiorno, e su una governance condivisa, che superi la frammentazione e l’autoreferenzialità delle programmazioni, soprattutto regionali, nel pieno coordinamento tra diverse amministrazioni, al fine di evitare di riaccendere la miccia della conflittualità tra Governo e amministratori locali», e propone la costituzione di centri di competenza territoriale, formati da specialisti nella progettazione e attuazione delle politiche di sviluppo, anche in raccordo con le Università presenti nel territorio, in grado di supportare le amministrazioni locali, e in particolare i Comuni»

Infatti, mentre il «Centro-Nord con la ripresa 2021-22 recupererà integralmente il Pil perso nel 2020, il Mezzogiorno a fine 2022 avrà ancora da recuperare circa 1,7 punti di Pil che si sommano a circa 10 punti persi nella precedente crisi 2008-13, e non ancora recuperati». Nello specifico, «nel 2021 il PIL italiano dovrebbe aumentare del 4,7%; in maniera più accentuata al CentroNord +5,1%, mentre nel Sud è previsto a +3,3%. Nell’anno in corso la crescita è trainata dall’export e dagli investimenti; variabili che esercitano un effetto propulsivo maggiore al Centro-Nord».

Secondo il presidente Adriano Giannola «Le anticipazioni Svimez sono importanti per il momento in cui cade il Pnrr, e servono per verificare la capacità di resilienza del sistema. Solo Lombardia Veneto, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia dimostrano resilienza e nel 2022 avranno recuperato il 2020, tutte le altre no. Il Mezzogiorno appare del tutto lontano da questo recupero. Il Sistema Italia non dimostra resilienza. Sarebbe interessante capire come andrà il resto d’Europa. Non è un giudizio su Recovery Plan ma nelle nostre stime una parte degli effetti del Pnrr è già compresa».

Per la Svimez, «il complesso delle misure determina circa 90 miliardi di spese aggiuntive nel 2021 e circa 42 miliardi nel 2022, con un contributo del Pnrr (comprensivo del Fondo complementare) di 9 miliardi circa nel 2021 e di circa 40 miliardi nel 2022. Sia per le entrate che per le spese, le manovre considerate esplicano maggiori effetti al Sud in rapporto al Pil sia nel 2021 (8,5% contro il 4,9% nel Centro-Nord) soprattutto per effetto della componente delle spese nette, sia nel 2022 (3,0% del Pil al Sud, contro l’1,4% nel resto del Paese). Se invece consideriamo il valore delle manovre in termini pro capite, la distribuzione territoriale sembra privilegiare il Centro-Nord (1698,4 euro per abitante rispetto ai 1610,9 nel Mezzogiorno). Tale differenza appare più significativa se consideriamo soltanto la componente relativa alle spese nette, dove il differenziale a vantaggio del Centro-Nord è di circa 200 euro nel 2021 (1593 euro contro 1393,5 al Sud) mentre tende ad annullarsi nel 2022».

Secondo la Svimez, «gli investimenti, che prima del 2020 avevano avuto un andamento estremamente deludente al Sud, dovrebbero, anche grazie al supporto delle politiche espansive di bilancio, quasi azzerare nel 2021 la perdita registrata l’anno precedente. Al Centro-Nord +8,4%, al Sud: + 7%. Nel Centro-Nord tirano soprattutto i macchinari, al Sud la spesa in costruzioni, comprese le opere pubbliche. Nel 2022, l’espansione del Pil dovrebbe risultare meno accentuata pur rimanendo su tassi comunque elevati: +4% nella media nazionale. Nel complesso, il risultato del 2022 risente di una minore crescita dell’export e di una politica economica relativamente meno espansiva».

«Su scala territoriale – si legge ancora nel Rapporto – il Centro-Nord dovrebbe far registrare un progresso del 4,3% e il Sud del 3,2%. La riduzione di base produttiva ha ridotto l’elasticità dell’offerta meridionale alle fasi ascendenti del ciclo: ovvero il gap di crescita tra le due ripartizioni è destinato a rimanere anche nel futuro se non si aggredisce questo nodo. Tra il 2009 e il 2020 lo stock di capitale lordo relativo ai due principali settori dell’economia di mercato – industria in senso stretto e servizi destinabili alla vendita (al netto del settore immobiliare) – è aumentato del 5,1% nel CentroNord (da 3.111 a 3.270 miliardi di euro a prezzi 2015) ed è diminuito del 22,7 al Sud (da 572 a 442 miliardi a prezzi 2015)».

«La Svimez – si legge in una nota – valuta che, l’insieme delle misure di contrasto alla pandemia definite nel 2021 e la quota del Pnrr, che si stima possa essere attivata nel biennio contribuiscano alla crescita cumulata del Pil nel biennio 2021/22 per il 4,1% nel Sud e per il 3,7% nel Centro-Nord (3,8% in Italia). Un differenziale a favore del Sud che non compensa la più debole dinamica tendenziale del Mezzogiorno mostrandosi, dunque, insufficiente a garantire un sentiero di convergenza almeno nel biennio oggetto di valutazione. 5 Complessivamente le misure considerate determinano un sostegno quantificabile nel 63% della crescita complessiva prevista nelle regioni meridionali nei due anni considerati; percentuale che scende al 39% in quelle del Centro-Nord (44% a livello nazionale). Il fatto che circa due terzi della crescita del Pil meridionale dipenda dalla capacità espansiva delle politiche pubbliche costituisce un tema di grande rilevanza, soprattutto in ordine alla grande sfida che il Paese ha difronte nell’attuazione del Piano di Ripresa e Resilienza».

La Svimez, che ha espresso una valutazione positiva degli sforzi compiuti per allineare la programmazione del Pnrr al mandato europeo, ha indicato i limiti della programmazione da superare in fase di prima attuazione, che sono quelli legati alle Amministrazioni locali, dove c’è «la mancanza di una ricognizione puntuale dei fabbisogni di investimento sulla quale basare un’allocazione delle risorse aggiuntive stanziate dal Piano coerente con l’obiettivo di ridurre il divario di cittadinanza di chi vive e fa impresa al Sud»; le risorse al Sud, dove «e, una distribuzione territoriale delle risorse più favorevole al Mezzogiorno, e più coerente con l’obiettivo europeo della coesione territoriale (pari al 50%), non solo avrebbe l’effetto di incrementare significativamente la crescita del Pil meridionale e di attivare un ulteriore incremento di posti di lavoro, ma determinerebbe anche una maggiore crescita complessiva dell’economia nazionale. Il Pnrr prevede che, circa 182 miliardi finanziano nuovi progetti, e circa 53 miliardi progetti già finanziati. Non è nota la ripartizione territoriale di queste due voci, elemento che potrebbe ridimensionare la quota del Sud».

Un altro importante punto, è la necessità di «è precostituire le condizioni attuative per passare dagli stanziamenti alla spesa effettiva, al fine di assicurare che gli interventi programmati producano ricadute effettive nei territori a maggior fabbisogno», in quanto «la minore capacità progettuale delle amministrazioni meridionali le espone ad un elevato rischio di mancato assorbimento, con il paradosso che le realtà a maggior fabbisogno potrebbero beneficiare di risorse insufficienti. Se si vuole scongiurare questo rischio, bisognerebbe rafforzare il supporto alla progettualità di questi enti».

Se da una parte è necessario costituire Centri di Competenza territoriale, formati da specialisti nella progettazione e attuazione delle politiche di sviluppo, dall’altra è importante «predisporre strumenti di monitoraggio in itinere dei processi di spesa di tutti i livelli di governo, garantendo che le amministrazioni centrali titolari di interventi previsti nel Pnrr assicurino, in sede di definizione delle procedure di attuazione degli interventi, l’allocazione alle regioni meridionali di almeno il 40% delle risorse».

Un ultimo punto su cui si è focalizzata la Svimez è la coerenza con le politiche di coesione nazionali ed europee: «Poiché all’interno della quota Sud – si legge nel rapporto – sono considerati anche i progetti finanziati con l’anticipazione di 15,5 miliardi del Fondo Sviluppo e Coesione (FSC), risorse che dovrebbero mantenere la loro destinazione territoriale di legge (80% al Mezzogiorno, la Svimez ribadisce che tale scelta è da condividere se finalizzata ad una accelerazione della spesa del Fsc rispetto a quanto previsto dai tendenziali e soprattutto dall’esperienza dell’ultimo decennio».

«La Svimez – si legge in una nota – ha, più volte, sottolineato i forti ritardi che caratterizzano la programmazione e la messa a terra degli interventi del FSC. Rimane tuttavia l’esigenza di prevedere, in analogia con quanto previsto per React Eu, un’indicazione puntuale degli interventi al cui finanziamento contribuisce il Fondo, anche al fine di un migliore monitoraggio del rispetto del vincolo di allocazione delle risorse che comunque saranno “restituite” al fondo con tempistiche molto dilazionate nel tempo: circa 6 miliardi dopo il 2026».

«Infine – conclude la nota – poiché obiettivi e strumenti definiti dal Pnrr sono in larga parte sovrapponibili a quelli del nuovo ciclo di programmazione della politica di coesione 2021-27, con ulteriori ingenti risorse stanziate per il Sud su programmi di spesa delle amministrazioni centrali e regionali dai contenuti in corso di definizione, la Svimez chiede di programmare queste risorse secondo una logica di complementarietà e aggiuntività rispetto a quelle del Pnrr, condizione essenziale che si aggiunge a quelle storiche della velocità e della qualità della spesa». (rrm)