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L'ADDIO / Alfonso Muleo, l'imprenditore "innamuratu pacciu e Catanzaru"

L’ADDIO / Alfonso Muleo, l’imprenditore “innamuratu pacciu e Catanzaru”

di FRANCO CIMINO –Stavo, come al solito del mio fervore politico e sentimentale, scrivendo d’altro, quando mi giunge la notizia della scomparsa di Alfonso Muleo, per familiari ed amici Fofò. È una notizia di quelle che non t’aspetti. Specialmente, quando, per motivi diversi, ci si perde di vista. È come se il tempo si sospendesse, si mettesse su una nuvola e ci guardasse dall’alto per vederci vivere senza. Senza quel tempo. Senza quel breve o lungo tratto di anni. Senza la fatica di averli vissuti.

Senza la paura che siano passati. E, allora, a una notizia come questa, la sorpresa precede il dolore. E dici: “è morto Alfonso? Alfonso Muleo? E come e quando…?” Sì, perché il tempo che si è fermato lascia in memoria tutto come prima. Oggi, infatti, mi ritorna alla mente, con Fofò, quella bella persona che ho conosciuto molto tempo fa. Persona bella in tutto. Dal cuore alla mente. E quel fisico delicato, quel viso rotondo e chiaro. E quegli occhi romantici. Persona buona delicata e dolce, generosa e mite, combattiva ma non guerreggiante. Uomo
elegante. In tutto, dall’abito al costume, dalla parola alle giacche. Specialmente quelle estive.

Quando ci siamo conosciuti ero giovanissimo io, era “giovane” adulto lui. Ero studente universitario, io, era imprenditore già affermato, lui. Ero marinoto, io. Era rigorosamente catanzarese del Centro, lui. Ero delegato dei giovani democristiani, io. Era un esponente della Democrazia Cristiana, lui. E fu proprio questa comune appartenenza e quella stessa bellissima sede in Galleria Mancuso che ci fece incontrare, anche se lui, per i numerosi impegni professionali, ci veniva solo nelle occasioni date. Sebbene, apparentemente così distanti, anche di carattere, quasi opposti(io un fuoco sempre acceso, lui pacatezza espressiva modulata su un equilibrio straordinario, istintualità giovanile in me, razionalità pensosa in lui) abbiamo subito simpatizzato. Da lì una stima crescente che mai é venuta meno, invece trasformandosi rapidamente in un affetto sincero.

Se ci fosse stata frequentazione, direi in amicizia profonda. Potrei dire lungamente di questa personalità straordinaria e tenere le dita incollate sulla dura tastiera del mio vecchio I Pad. Ma devo andare a salutarlo dove, con riconosciuta dignità da parte dell’Ente, la Camera di Commercio, della quale è stato a lungo presidente, si trova in questi due giorni del suo sonno mortale, prima dell’ultimo saluto nella Basilica dell’Immacolata. Pertanto, non posso dilungarmi. E, però, alcune cose mi sono necessarie. Al mio cuore verso di lui grato, lo sono. Alfonso era un imprenditore, come tale ha presieduto, quasi di sana pianta reinventandola, la Confcommercio, l’associazione che rappresenta i commercianti e gli artigiani dei prodotti commerciali. Quindi, era un commerciante e non un imprenditore, mi si obietterà.

La sua lunga attività nel campo del ristorazione, bar (lo storico Uno+Uno) e ristoranti, in quest’ambito lo includerebbe. Invece, no. A parte la resistente incertezza nella definizione di alcuni mestieri, Alfonso Muleo è stato un vero imprenditore. Per la sua intelligente lettura dei processi economici anche nelle piccole economie, come quella cittadina o provinciale, soprattutto. Lo era per l’ampia visione nell’impiego delle risorse disponibili con l’obiettivo di ricercarne di altre attraverso il sano utilizzo dei giusti guadagni. Investire, allargare ciò che si ha, migliorarne l’efficienza e la qualità. Questo il suo motto silenzioso. Migliorare l’estetica degli esercizi commerciali, intendendola, questa, come un doveroso investimento sulla bellezza della Città. Ché da questa derivano le migliori gratificazioni per “il commerciante”.

Negozi belli fanno la via su cui si affacciano bella. Illuminati, la strada più illuminata. E così la gente viene più contenta e più contenta spende. La Bellezza che genera ricchezza. Quella vera, fatta anche dalle persone sulle strade e sul Corso e sulle piazze e vie di tutta la Città. I quartieri, piccoli centri autonomi, pur se ancora dannosamente distanti, autentici protagonisti della crescita economica complessiva. Per queste qualità, riconosciute a tutti i livelli, fu nominato presidente dell’Ente Camerale, dal cui esempio e relativi insegnamenti hanno tratto beneficio tutti i presidenti che gli sono succeduti. “Innamoratu pacciu e Catanzaru”, lui era. Lo dico come mi viene, non come lui parlava, usando, invece, il dialetto dal suo italiano fine solo quando ne sentiva il bisogno.

Ovvero, per farsi capire meglio dai soliti “ scienziati” nostrani, che non volevano capire per mancata convenienza. Per questo suo immenso amore, manifestato sempre con umiltà e senza smancerie, con spirito di servizio davvero generoso, verso la Città aveva un atteggiamento sempre “ perdonista”, mi si lasci il temine. Non gridava contro chi non amava la Città e non “sgridava” quanti la maltrattavano con distrazioni, indolenza, errori, cattive amministrazioni. Cercava sempre di stimolare a fare di più, a fare meglio. E a trovare soluzioni migliori che potessero correggere anche gli errori. Soprattutto, a farlo insieme.

E a restare uniti, nei momenti più duri per il capoluogo. Per questa unità si impegnava a mediare, quasi sempre riuscendovi, tra assurde contese, incomprensibili rivalità, belligeranti invidie. Ecco, il capoluogo, per lui era la parola da ricostruire, riempiendola di sostanza e forza. È dalla forza che noi daremo a questo ruolo, significati nuovi. Sembra riascoltarlo. É da questo ruolo ritrovato che Catanzaro potrà rinascere fiera del suo passato, orgogliosa delle sue qualità naturali. Questo il fulcro del suo articolato fecondo pensiero.

La sua spiccata intelligenza, era arricchita da illuminate visioni. Dal problema non solo la soluzione, ma la visione. Il mare era uno degli spazi più stimolanti. Una risorsa per la ricchezza, nella quale si sarebbero potute valorizzare tante attività. Ma ci sarebbe voluto un porto vero. Piccolo ma utile ai cento scopi. Adesso il porto, questo porto così pensato, é quasi “arrivato in porto”. Finalmente, sta per essere completato. Tutti se ne prenderanno i meriti, ma pochi sanno che tra i maggiori protagonisti di questo risultato c’è proprio lui, il presidente Muleo. Che a questo obiettivo ha dato l’anima anche da assessore all’industria e al commercio.

Sua, quasi interamente, è stata la creazione del Comalca, il Consorzio del Mercato Agricolo Alimentare al servizio, dalla zona strategica di Germaneto, di tutta la Calabria. Una grande scommessa sul futuro. Da qualche tempo non lo si vedeva più, chiuso con dignità negli affanni e nei “malanni”. Accanto a lui, il figlio Luca dei frequenti ritorni da Bologna.

E sempre sempre sempre, la sua Donna per la vita, la bellissima signora Maria. Vederli insieme, al bar o a passaggi, era educativo per qualsiasi coppia volesse restare unita per sempre. Questo signore dal cuore antico, se n’è andato nel modo in cui è sempre vissuto. Con eleganza. E discrezione. Senza far rumore. Per insegnarci anche la serenità dell’andare. (fc)