Prosegue la vertenza dei 7 mila tirocinanti calabresi, che chiedono «a gran voce dignità al lavoro e una regolarizzazione della loro annosa e precaria condizione lavorativa rifiutando nuove proposte di proroghe peraltro illegali e perseguibili dinanzi la Corte europea dei diritti dell’uomo».
«La regione Calabria da terra di eccellenze e di tradizioni è passata – si legge in una nota – da quanto evidenziato dalla più recente cronaca, a “immeritata protagonista per la vicenda dei circa 7.000 tirocinanti calabresi, madri e padri di famiglia che da anni con lo status infamante di “tirocinante” prestano servizio in qualità di veri e propri dipendenti pubblici ma senza alcun diritto spettante a qualsiasi lavoratore in termini contributivi e previdenziali».
«È un fatto alquanto grave e ingiustificato – continua la nota – la maniera in cui è stata lesa la dignità di queste persone che hanno soltanto la colpa di essersi trovati ingabbiati in un percorso di sfruttamento e di umiliazione nei loro confronti che continua fino ai giorni nostri e che non ha mai trovato regolarizzazione da parte della classe politica calabrese e non. Scorretta è stata la pratica di utilizzo di queste persone che però sono state sottese per anni da promesse illusorie in termini di garanzie lavorative vere e proprie da parte di sedicenti aggregati appartenenti alle più svariate etnie politiche per finalità puramente elettorali e clientelari». (rrm)